Non è una proprietà, ma un diritto di superficie (se riguarda la terra). Per l’intera durata della concessione la proprietà del manufatto realizzato dal concessionario resta in capo a lui o ai suoi eredi, come l’obbligo manutentivo. La concessione cimiteriale inizia, può essere rinunciata, si estingue alla scadenza e prima può essere revocata da chi l’ha rilasciata o può essere pronunciata la decadenza per giusti motivi. Di seguito alcuni approfondimenti in materia.
E nelle prossime righe potrete trovare i links ad alcuni articoli che trattano la materia, in ordine di data dal più recente al più vecchio come inserimento:
L’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso e appartenenza alla famiglia del concessionario del sepolcro
Con la sentenza n. 266 del 22 dicembre 2022 (pubblicata sulla G.U., 1^ Serie Speciale Corte Costituzionale n. 52 del 28 dicembre 2022) la Corte Costituzionale ha dichiarato l’inammissibilità e la non fondatezza di talune disposizioni del Codice della Strada in materia di divieto di inversione di marcia sulle autostrade. In modo del tutto accidentale nella stessa Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la sentenza della stessa Corte Costituzionale n. 269 del 27 dicembre 2022 che
Polizia Mortuaria ed efficace governo del cimitero
Il Comune, quale titolare ultimo dell’impianto, vigila sul buon ed ordinato funzionamento del cimitero (reprimendo eventuali abusi attraverso il ricorso a strumenti sanzionatori di tipo amministrativo-pecuniario es. art. 7-bis D.Lgs n. 267/2000, o con i rimedi caducativi più incisivi previsti dal reg. comunale di polizia mortuaria, (tra cui annoveriamo, ad esempio, la decadenza, quale extrema ratio.). Il Comune stesso, al medesimo modo, esercita sulle sepolture private nei cimiteri puntuali controlli (non ultimo: la preventiva verifica
Non si tratta di due facce della stessa “medaglia”, ma di due – e ben distinte – “medaglie”
Come noto, l’art. 90 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. prevede che, una volta assicurata una disponibilità di sepolture a sistema di inumazione, debitamente dimensionata secondo i criteri dell’art. 58, il comune possa (se ed in quanto previsto dal piano regolatore cimiteriale, ai sensi del successivo art. 91) concedere a (1) privati, od a (2) enti l’uso di aree (I) per la costruzione, da parte del concessionario, per la costruzione di sepolture a
Sepolcro con vista lago
Un comune con una popolazione inferiore a 15.000 abitanti (per dare riferimento unicamente ai sistemi elettorali per l’elezione dei sindaci e dei consigli comunali), si trova affacciato su di un lago montano, non piccolo da essere chiamato “laghetto”, ma propriamente “lago”. Il cimitero (o, se lo si voglia, uno dei cimiteri) è posto abbastanza in prossimità del lago, cosicché da alcuni punti si ha una gradevole vista sul lago. All’incirca, nel primo decennio del secolo
Le risalenti concessioni perpetue possono essere oggetto di revoca?
A volte vi è stata discussione sul fatto che l’art. 92, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., faccia menzione delle concessioni cimiteriali rilasciate prima dell’entrata in vigore del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 di durata eventualmente eccedente i 99 anni, senza fare cenno alle concessioni altrettanto precedenti rilasciate in perpetuo, in funzione dell’eventuale (se ne sussistano le condizioni) revocabilità. In proposito vi è ormai abbondante giurisprudenza amministrativa, sostanzialmente consolidata, nel
Concessioni perpetue: rinuncia ed eventuale rimborso
In nuce, così da enucleare bene il problema: *come* e *se* normare l’istituto del rimborso, in caso di retrocessione di tomba perpetua. In primis: il rimborso non è mai un obbligo, certo; tuttavia per render più appetibile eventuale rinuncia…. Quindi, nel regolamento municipale, meglio prevederlo espressamente o, per converso, escluderlo apoditticamente? Come calcolarlo, poi? Ovviamente sugli anni di usus sepulchri non effettivamente goduti, ma in una concessione atemporale, l’elemento tempo non è proprio considerabile come
Canone manutentivo extra per le concessioni perpetue?
È notorio come in alcune realtà locali (es.: provincia autonoma di Trento, Regione Emilia-Romagna, per citare solo quelli forse più noti) le amministrazioni stiano “ragionando” sulla controversa soluzione di individuare canoni manutentivi ex novo, in particolare per i sepolcri in concessione perpetua (o, meglio, a tempo indeterminato), ma anche per le costruzioni sepolcrali che presentino elementi di “condominialità” con la presenza di “parti comuni” nei singoli sepolcri. Nel dettaglio: si pensi a tutte le componenti
E dopo l’immemoriale? Obiter dictum della sent. Cass. Civ. n. 21598/2018
“Quando e se realmente applicato l’immemoriale riconosce la sussistenza pregressa di una concessione cimiteriale”, così hanno stabilito le sezioni unite civili della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 21598 del 4 settembre 2018, tra l’altro. Quindi, questi brevi appunti di diritto funerario si concentreranno sull’obiter dictum di tale sentenza, ossia sui risvolti forse anche indiretti e secondari della decisione, ma di grande valore didattico per chi abbia avuto la pazienza di seguirci in questa
Immemoriale: la reviviscenza di un istituto… mai davvero abrogato? – Parte 3/3
ImmemorialeImmemoriale: il fatto da cui origina la pronuncia della Cassazione n. 21598/2018 – 1/3 Immemoriale: la declinazione in diritto nella sentenza della Cassazione – 2/3 Immemoriale: la reviviscenza di un istituto… mai davvero abrogato? – Parte 3/3In questa “trilogia” dedicata alla prova dell’immemorabile abbiamo provveduto a fornire, nei primi due articoli: Analisi della sentenza Cass. Sez. Un. n. 21598/2018: un breve riassunto dell’episodio di cronaca funeraria, giunto sino al Palazzaccio di Piazza Cavour a Roma.
Immemoriale: la declinazione in diritto nella sentenza della Cassazione – 2/3
ImmemorialeImmemoriale: il fatto da cui origina la pronuncia della Cassazione n. 21598/2018 – 1/3 Immemoriale: la declinazione in diritto nella sentenza della Cassazione – 2/3 Immemoriale: la reviviscenza di un istituto… mai davvero abrogato? – Parte 3/3Dopo una completa ricostruzione del fatto processuale da cui origina il ricorso al supremo giudice della Giurisdizione, ricordano i giudici di piazza Cavour che l’istituto dell’immemoriale, o immemorabile, abrogato dall’art. 630 del cod. civ. del 1865 e non riprodotto
Immemoriale: il fatto da cui origina la pronuncia della Cassazione n. 21598/2018 – 1/3
ImmemorialeImmemoriale: il fatto da cui origina la pronuncia della Cassazione n. 21598/2018 – 1/3 Immemoriale: la declinazione in diritto nella sentenza della Cassazione – 2/3 Immemoriale: la reviviscenza di un istituto… mai davvero abrogato? – Parte 3/3Il giudizio instauratosi dinanzi agli organi della giurisdizione amministrativa concerne una concessione di sepoltura privata rilasciata dal Comune agli eredi (o discendenti?) di persona defunta e contrastata da altri eredi di altra persona defunta e legata da rapporto parentela
“Lucro” e “Speculazione” nelle concessioni cimiteriali: gli effetti giuridici di natura punitiva
“Alcuni Autori hanno affermato che i due termini di “lucro” e “speculazione” debbano essere considerati in senso neutro e tecnico, quali definiti dal Codice Civile, in funzione di una certa presa di distanza da altri significati che possano dedursi, a volte, dal c.d. linguaggio comune, laddove, in questo ultimo contesto, possono aversi elementi semantici connotati da giudizi di valore e merito, talora anche negativi”. (Così, almeno, ci rammenta Sereno Scolaro, sulla pagine de: “I Servizi
Concessione fantasmagorica tra jus coniugii/jus sanguinis e jus haereditatis
Gentile Redazione, vorrei consultarVi per un parere pro veritate su un caso capitatomi giusto ieri. Problema: atto di concessione stipulato da Mr. X con un Comune, qui, del modenese, in cui il sepolcro privato a sistema di tumulazione è sibi, familiaeque suae, secondo consuetudine e, soprattutto, definizione contrattuale. La “famiglia” alquanto atipica è solo delineata, poiché composta da sole sorelle, quindi non è nucleo sociale ed affettivo fondato sul matrimonio, da cui origini eventuale figliazione.
Un loculo… per due (strane storie cimiteriali)
“Come fare se un loculo é stato concesso erroneamente a due persone diverse? Il concessionario della seconda assegnazione ha occupato con salma il loculo. Entrambi non vogliono rinunciare alla concessione. Il primo assegnatario richiede la disponibilità del loculo mentre il secondo non vuole liberarlo”. Vagando sul web, mi sono imbattuto nella domanda di cui sopra, che sembra pure banale, nella semplicità dell’esposizione, ma – a mio modesto avviso – nasconde interessanti spunti di discussione. Vorrei,
La competenza ad adottare il provvedimento di decadenza (ipotesi residuali)
Traggo spunto dalle brillanti riflessioni di D. Buson, sulle pagine de: “I Servizi Demografici” n. 5/2009” per alcuni, necessari approfondimenti, in tema di atti caducativi sulle concessioni cimiteriali. È notorio e pacifico come, già con l’avvento della L. n. 142/1990, che abrogò i vecchi TT.UU. delle leggi provinciali e comunali, i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo attengano agli organi (a rilevanza politica, ovvero elettivi) di governo del Comune, mentre la gestione amministrativa, finanziaria
Ancora sull’istituto della “Revoca” ed il suo iter procedimentale
La revoca può essere un istituto validamente esperibile quando il vantaggio maggioritario della comunità possa richiedere un intervento di questo tipo – fortemente “invasivo” nella sfera del privato, da parte dei pubblici poteri, siccome anche la protezione delle opere di inte resse storico od artistico, spesso altamente presenti nei nostri cimiteri monumentali, rientra nel concetto più ampio di pub blico interesse, di cui costituisce una estrinsecazione. Potrem mo asseverare, dunque, che l’esigenza primaria di preservare
Gli Jura Sepulchri spiegati dal Consiglio di Stato – n. affare 00512/2020
Nel nostro ordinamento il diritto al sepolcro rappresenta un complesso di situazioni giuridiche corrispondenti a distinti ed autonomi diritti. Il c.d. diritto primario di sepolcro sorge in capo al privato per effetto della concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale (articolo 824 comma 2 c.c.); è tale concessione, di natura traslativa, che crea a sua volta nel privato concessionario un diritto
Istituto dell’immemoriale: aspetti endo-procedimentali – Parte II
Poiché la struttura medesima dell’immemoriale s’incardina sul postulato dellavetustas, quasi si trattasse di quella “grundnorm”, tanto cara al giurista Kelsen, cioè sul decorso di un lungo lasso di tempo non determinato, nel corso del quale il possesso del diritto sia stato nec vi, nec clam, nec precario, ovvero costante ed incontrovertibile, analogamente all’usucapione (e di qui nascerebbero le opinioni favorevoli alla prescrizione acquisitiva), viene ammesso ogni mezzo di prova, ivi compreso quello testimoniale (che il
Istituto dell’immemoriale: aspetti endo-procedimentali – Parte I
I riferimenti che, in alcuni schemi di regolamenti comunali di polizia mortuaria, conducono a richiamare l’istituto dell’immemoriale (detto altrimenti: “immemorabile”) in relazione a termini temporali (spesso per rapporti concessori che possano essersi originati prima del 1942) non sono del tutto casuali o accidentali, in quanto tale fattore cronologico è in relazione al R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880, anche se la sua entrata in vigore sia successiva, rispetto a quella del 28 ottobre 1941, quando,
Assenza di titolo concessorio: un ultimo appunto…
Nell’ipotesi, estrema ed esiziale, che il non reperimento degli atti di concessione derivasse dalla loro totale omissione illo tempore, fatte salve le possibili responsabilità personali (probabilmente cadute in prescrizione, o comunque estintesi, anche per sopraggiunta morte delle persone coinvolte, stiamo infatti ragionando di concessioni molto risalenti nel tempo), non resterebbe che addivenire a questa dolorosa (almeno per i presunti concessionari e loro aventi causa… se c’è stato subentro!) conclusione: la concessione cimiteriale è tamquam non
Elementi procedurali per provare la sussistenza dell’atto concessorio, in assenza di un titolo formale
Bisogna costantemente premettere come, in linea di massima, e sotto il profilo tecnico del diritto civile, ogni qual volta difetti, per qualsiasi motivo, il titolo formale di un rapporto giuridico, ancorché in essere, o, se prevista, manchi la diligente redazione di un pubblico registro predisposto per la prova documentale e la tutela di determinate situazioni giuridicamente rilevanti, la verifica sulla fondatezza dello stesso o la sua dimostrazione non possa non aversi se non con sentenza
Diritti Perfetti e Jus Superveniens nel rapporto tra il Comune e il concessionario
Il presente contributo in tema di Jus sepulchri è tratto da “Il contenzioso ereditario” scritto da Damiano Marinelli e Saverio Sabatini, ed è liberamente reperibile sul web: “[…omissis] Nel corso della concessione il privato deve rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina, in quanto “lo jus sepulchri attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella e che soggiace all’applicazione
Succede in ufficio di polizia mortuaria: e…se il pre-assegnatario di una concessione muore prima della stipula?
Cara Redazione: nel nostro Comune una signora firma un pre-contratto di assegnazione per alcuni loculi situati in una campata del porticato nel cimitero urbano, poi, però, decede prima che il regolare atto concessorio sia compiutamente rogato. Come comportarsi? Titolo di questa risposta, al quesito testé proposto, potrebbe essere: “la circolazione mortis causa dei rapporti giuridici in via di formazione” e bisogna, con molta fantasia ricostruttiva, attingere a nozioni di diritto privato. Allora, con l’espressione “successione
Polizia Mortuaria: chi firma – davvero – le autorizzazioni? – 2/2
Rispetto ad altre attribuzioni a servizi del Comune presenti nel D.P.R. 285/90, l’ascrivibilità odierna di quest’ultime in capo ad unità, anche complesse, attualmente (si ripete, volutamente, questo concetto, seppure esso risalga al 13/6/1990!) titolate a rilasciare i rispettivi atti autorizzativi, risulta abbastanza chiara o, a volte, perfino lapalissiana (autorizzazioni al trasporto di cadavere, autorizzazioni alla cremazione, regolazione delle esumazioni/estumulazioni, ecc.). D’altra parte altrove è ben altrettanto chiara la titolarità unica sindacale (art. 10 D.P.R. 285/90
Polizia Mortuaria: chi firma – davvero – le autorizzazioni? – 1/2
Tutte le autorizzazioni, così come qualsiasi altro atto amministrativo, perfezionate da un soggetto non titolato ad accordarle non sono nulle, bensì annullabili perché viziate, appunto, da incompetenza, come sancito dalla Legge n. 241/1990 e successive modificazioni/integrazioni (art. 21 octies), mentre se la mancanza del necessario potere funzionale fosse assoluta l’atto sarebbe, invece, secondo almeno un certo filone della dottrina, addirittura inesistente ex art. 21-septies. Ma questa questione sullo stato “patologico” delle autorizzazioni al trasporto funebre
Atto di Concessione Cimiteriale: come calcolare la decorrenza del rapporto concessorio?
La formazione, con relativa sottoscrizione tra le parti contraenti, di un regolare atto di concessione (che ha natura para-contrattuale, in quanto non gestibile nella piena autonomia garantita dall’ordinamento ai negozi giuridici prettamente privatistici) è espressamente prevista dall’art. 98 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 quale condizione essenziale per la sussistenza di una concessione d’uso di sepolcri privati, quale ne sia la tipologia, incluso quindi quella che abbia per oggetto un posto a tumulazione singola (loculo).
Vendita di sepolcri privati? (con molta cautela, c’è chi dice… “NI”)
Va, subito, precisato che l’area cimiteriale e, per attrazione, i sepolcri privati nei cimiteri, in essa sussistenti, fanno parte del demanio comunale, specifico e necessario; e tale condizione ne comporta l’inalienabilità, l’inespropriabilità, la non usucapibilità e la non commerciabilità. Tuttavia la “trasferibilità” dello jus sepulchri , per atti tra privati, rinverrebbe il proprio, intrinseco limite in riferimento alla perpetuità o meno della concessione, a seconda delle epoche e delle discipline normative, sotto il cui imperio, furono
Anche la parrocchia può esser titolare dello Jus Sepulchri (orientamenti giurisprudenziali in itinere)
Attingo sempre ad alta ed erudita dottrina (Dante Buson sulle pagine de: Lo Stato Civile Italiano) per affrontare, con un breve commento, l’eterno, efferato problema, per noi beccamorti gestori di impianti cimiteriali, della concessione di spazi sepolcrali ad enti religiosi, congreghe, confraternite… Spesso, infatti, questi pre-esistono all’assetto del nostro sistema funerario post-unitario. Per enti ecclesiastici s’intendono gli enti di religione o di culto riconosciuti come persone giuridiche nell’ordinamento statale, per quelli di orientamento cattolico-romano si
Cessione tra privati dello jus sepulchri: dottrina e giurisprudenza dicono di NO!
Piglio spunto per qualche nota “catechistica” sullo jus sepulchri da un bell’intervento di Dante Buson sulle pagine de: “Lo Stato Civile Italiano”, in data 31 ottobre 2014, quindi ancora molto attuale, e di grande valore didascalico. Per riassumere questo breve saggio in uno slogan, potremmo asserire questo: “Gli jura sepulchri sono sottratti ai traffici giuridici tra i privati”. E’ notorio che l’uso della sepoltura privata nei cimiteri risulti normato, nel suo inquadramento dogmatico, in primo
Concessione-atto o concessione-contratto?
Con il regolare atto concessorio di cui all’art. 98 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, al privato cittadino (ma potrebbe persino trattarsi di “Ente”, ossia di persona giuridica ex capo XVIII D.P.R. n. 285/1990) viene traslato l’esercizio di un diritto rappresentato, nel caso di specie, dalla possibilità di sfruttare le utilitates connesse al bene pubblico costituito dallo spazio cimiteriale, oggetto di concessione (in tal senso, E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè editore, 2006, 320).
Tasse e tributi cimiteriali (l’interpretazione giurisprudenziale)
Si consolida sempre più in diverse città italiane che, tra le motivazioni per cui i cittadini pagano la TASI, sia annoverata anche, tra i servizi indivisibili, un quota delle prestazioni forniti nelle aree cimiteriali. E’legittimo versare, pertanto, questa somma, quando Comune abbia adottato un Regolamento che definisce l’importo tariffario di TASI riguardante un’area cimiteriale, una tomba ovvero un loculo che lei ha in concessione ovvero ne è l’attuale avente titolo in virtù della discendenza conseguente
Corona virus: è ammissibile requisire i loculi liberi per fronteggiare l’emergenza sepolture?
Estreme esigenze improcrastinabili di spazi sepolcrali permettono ai Comuni di provvedere alla requisizione di loculi cimiteriali. La La “requisizione” è un istituto eccezionale, disciplinato dal secondo comma dell’art. 835 del Codice Civile mediante il rinvio alle leggi speciali (vi è quindi riserva di legge, per di più “speciale”), le quali, però, risultano applicabili solo “quando ricorrono gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili”. Secondo l’orientamento di costante, nel tempo, giurisprudenza alquanto autorevole la requisizione
Requisizione dei loculi già prenotati, per scarsità di spazio sepolcrale
Nel frangente di mancanza di loculi Vi pare legittimo che il Sindaco con ordinanza contingibile ed urgente ex art. 50 comma 5 D.Lgs n. 267/2000, approvi una, ancorchè temporanea, requisizione di sepolcri privati. E su quali presupposti legali, poi si potrebbe adottare quest’atto ablativo (si dice così?)? con riflessi su un rapporto concessorio già in essere e , quindi, perfezionato, anche se, poniamo l’ipotesi, la cella sepolcrale risultasse vuota, ancorché già prenotata? Atteso che ex
Retroattività dei regolamenti comunali sulle concessioni già in essere?
“[…] Il regolamento di polizia mortuaria comunale dovrebbe prevedere al proprio interno un articolo in cui venga precisato che le disposizioni in esso contenute si applicano anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente. Ora non è dato sapere se ciò viene previsto nel regolamento comunale dello scrivente
Come e “se”sanare la mancanza del regolare atto concessorio
Cara Redazione, avrei un quesito: Con delibere di Consiglio Comunale del 1978 vengono affidati per la durata di 99 anni dei loculi già concessi negli anni dal 1965 al 1978, pagati, in parte occupati e dei quali manca l’atto concessorio. Non credo che la delibera di Consiglio faccia la funzione dell’atto di concessione, quindi, per sanare oggi la situazione e stipulare questi atti che non sono mai stati fatti è corretto far riferimento a queste
Concessione di sepolcro privato e voltura della titolarità mortis causa: soluzioni e filosofie a confronto
Muoviamo, in questa breve analisi da un fatto di cronaca, incardinandola sul collaudato schema domanda/risposta, in questa occasione attingeremo ad un parere pro veritate formulato dal SERVIZIO PER GLI AFFARI ISTITUZIONALI E IL SISTEMA DELLE AUTONOMIE LOCALI della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e redatto dal funzionario istruttore Dr.ssa Rosa Maria Fantini Il Comune istante, che nel 1972, in regime di R.D. n. 1880/1942 ha rilasciato una concessione perpetua[1] di sepolcro privato ad un soggetto,
Lex Sepulchri e c.d. “riserva” ex art. 93 comma 1 D.P.R. n.285/1990
Cassazione civile, 19 novembre 1924: “E’ ammissibile la prova testimoniale sulla destinazione del sepolcro datavi dal fondatore. Trattandosi di sepolcro comune, è richiesto il consenso di tutti i partecipanti quando si voglia ampliare il numero delle persone che hanno diritto alla sepoltura. Il sepolcro familiare con l’estinguersi della famiglia, diventa ereditario”. Al momento costitutivo della concessione di cui all’art. 90 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 non sussistono difficoltà al fatto che essa possa avvenire
Durata delle concessioni: rettifica dell’atto per errore materiale.
Quesito: Codesto Comune ha continuato, nel tempo, a rilasciare concessioni cimiteriali di durata eccedente a quella fissata nel regolamento municipale di polizia mortuaria attualmente vigente. Come comportarsi, una volta rilevata la difformità temporale? ***************************** Occorre necessariamente premettere che la natura giuridica dell’atto-contratto cimiteriale è quella della “concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale” (Corte di cassazione civile, Sez. unite, 27
Conflitto tra eredi e consanguinei del fondatore del sepolcro
Cara Redazione, sono l’amministratore dell’Ospedale di X sito nel Comune di Y, e vorrei sottoporVi, una domanda piuttosto spinosa o, per meglio dire, tecnica. Nel 1907 il Conte del casato di Z, a seguito del proprio decesso (dopo tutto muoiono anche i nobili!), e non avendo figli, istituisce suo “erede universale” questo nosocomio. Egli era anche proprietario di una tomba all’interno del cimitero del Comune, sul quale territorio insiste questa struttura sanitaria, sepolcro privato il
La fine delle concessioni perpetue? Percorsi giurisprudenziali in itinere…
Per il principio di irretroattività della norma giuridica (art. 11 delle cosiddette “Preleggi” al Cod. Civile – R.D. n. 262/1942), cristallizzato anche nel classicissimo brocardo latino “Tempus Regit Actum, una concessione perpetua non può d’imperio essere modificata dal Comune in una “a tempo determinato”, ma tale situazione ormai di diritti perfetti ed acquisiti che ruotano attorno all’oggetto della concessione, può essere variata su richiesta dei concessionari, e accolta dal Comune, in linea generale, attivando la
Estumulazione sì o no? Quando il concessionario litiga con i parenti del defunto.
Si deve immantinente cogliere, nel merito, un aspetto importante nella conduzione della complessa “macchina” cimiteriale: spesso vi può essere divaricazione tra concessionari (= titolari della concessione con annessi diritti di gestione) e persone che hanno titolo jure sanguinis o jure coniugii, ossia per vincolo coniugale o di consanguineità a disporre delle spoglie mortali (si fa ricorso a questa espressione volutamente vaga ed indefinita con una precisa intenzione didascalica, al fine di superare la possibili distinzioni
Le cause estintive delle concessioni cimiteriali: l’ABBANDONO AMMINISTRATIVO.
Si consiglia preliminarmente la consultazione di questi due link propedeutici all’argomento sviluppato qui di seguito: (https://www.funerali.org/cimiteri/le-cause-estintive-nel-rapporto-concessorio-il-fattore-temporale-46074.html). (https://www.funerali.org/cimiteri/lo-stato-di-abbandono-del-sepolcri-percorsi-giurisprudenziali-e-regolamentari-di-definzione-45924.html) L’art. 4 comma 4 del regolamento regionale emiliano-romagnolo 23 maggio 2006 n. 4 ci offre lo spunto per qualche riflessione critica e… “di sistema”, questa disposizione, difatti, è sicuramente implementabile anche in altre realtà territoriali, pure recependola nella semplice regolamentazione comunale, nelle more, dunque, di una specifica normazione regionale in materia funeraria. Con esso, infatti, si introduce, con
Voltura della concessione disgiunta dallo jus sepulchri: i possibili effetti distorsivi rispetto al normale sigificato di cessione di un diritto reale.
Giungono spesso, in redazione, domande sull’annoso e poliedrico problema della voltura nelle concessioni cimiteriali: per una trattazione specifica del problema si rinvia preliminarmente a questo link: https://www.funerali.org/cimiteri/la-morte-del-concessionario-e-listututo-del-subentro-7523.html L’incipit di questo breve saggio riassuntivo, necessario all’inquadramento dogmatico dell’affaire: “voltura della concessione disgiunta dallo jus sepulchri: i possibili effetti distorsivi” è formato da una citazione d’autore, tratta da “Cessione giudiziale di sepolcro a ristoro di debito: condizioni di ammissibilità ed effetti” di Sereno Scolaro (I Servizi Demografici
Il problema “Concessione Cimiteriale” in dottrina e giurisprudenza: natura e forma dell’atto.
Piglio l’abbrivo, nella stesura di questo breve saggio, con una citazione d’autore, traendo esplicitamente spunto dalle note di Paolo Richter ne: “Il diritto al sepolcro tra normativa statale, regolamenti comunali e clausole contrattuali”, testo liberamente reperibile on line. “Il vocabolo “concessione” è di derivazione settecentesca, ante rivoluzione francese, siamo, dunque, in piena epoca di assolutismo monarchico, e indicava gli atti di benevolenza sovrana – fons honorum – con i quali si attribuiva un privilegio nel
Atti ablativi sulle concessioni cimiteriali e principio di pubblicità del procedimento ex Artt. 7, 8 e 21- bis Legge n. 241/1990.
Il presente saggio s’incardina su questi due assiomi di ordine comune, almeno per chi pratichi, con qualche dimestichezza, il diritto funerario. 1) La presunzione di conoscenza legale degli atti, correlata all’espletamento delle formalità di pubblicazione prescritta dalla legge o dai regolamenti si riferisce alla categoria degli atti amministrativi generali, che hanno come destinatari un numero elevato di soggetti. 2) Nel caso di specie l’atto di revoca, non rientra nella categoria degli atti amministrativi
Le cause estintive nel rapporto concessorio: il fattore temporale.
Se la decadenza risulta, in qualche modo, “riconducibile” ad un comportamento del concessionario e la revoca corrisponde all’esercizio di una potestà di ritiro in capo all’ente concedente, pur se pesantemente condizionata almeno nella stesura, molto limittiva, dell’Art. 92 comma 2 D.P.R. n.285/1990,, l’estinzione si colloca sul piano dell’oggettività, dell’esistenza di fatti privi di agente con efficienza causativa, di mere situazioni in sé sussistenti. Volendo affrontare la questione in termini volontaristici (…ma ciò potrebbe anche
La “rinuncia” nelle concessioni cimiteriali: modi, forma e natura dell’atto.
La rinuncia, quale atto unilaterale, irrevocabile e, secondo alcuni giuristi, pure recettizio, mentre altri studiosi si attestano su opinione contraria (il comune ha, comunque, quale parte funzionalmente sovraordinata nel rapporto concessorio instauratosi, solo facoltà e non obbligo di accoglierla) è un atto di esercizio della titolarità che il soggetto ha sulla concessione, ed è, in astratto, svincolata da limiti, salvo quello soggettivo. Infatti, il soggetto rinunciante deve essere nel pieno possesso dei diritti afferenti
Lo stato di abbandono del sepolcri: percorsi giurisprudenziali e regolamentari di definzione
La decadenza sanzionatoria (https://www.funerali.org/cimiteri/la-decadenza-delle-concessioni-cimiteriali-915.html), a differenza della revoca per interesse pubblico prevalente, viene pronunciata, con effetto dichiarativo e non costitutivo rispetto all’inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario (ad es. quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato), da precisarsi nel Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria e nell’atto di concessione o nella convenzione (cd. concessione-contratto) che sovente l’accompagna, essendo la concessione, in sè, atto tipicamente unilaterale, mentre il rapporto concessorio che s’instaura ha
La morte del concessionario e l’istituto del SUBENTRO
Un Comune riferisce di aver stipulato negli anni molteplici atti di concessione di area cimiteriale per la durata di 99 anni, con la clausola, in ciascuno di essi, del passaggio, specificamente, del diritto di uso relativo alla tomba di famiglia, alla morte del concessionario, agli eredi, con le modalità all’uopo previste. Il Comune chiede, dunque, se sia necessario reintestare il contratto specifico all’erede o se, invece, il contratto con il ‘de cuius’ operi nei confronti
Atti di disposizione sul sepolcro illegittimi in regime di DPR n.803/1975
Riporto, qui di seguito un fatto realmente accaduto, seguito in prima persona dalla Redazione di www.funerali.org, cui provo a fornire una possibile interpretazione giuridica. Quesito: Cara Redazione, mio Padre, ora deceduto, subentra jure haereditatis per la quota di 1/6 nella titolarità dello Jus Sepulchi su di una preziosa cappella gentilizia, a concessione perpetua, sita nel cimitero di un’importante città emiliana; fingendosi, poi, unico intestatario della stessa e parente dei defunti ivi tumulati richiede, nell’anno 1982,
Essendo gia’ passati 6 anni dalla scadenza della prima concessione di un loculo, e’ corretto che nel contratto di rinnovo proposto venga indicata letteralmente come data di scadenza il termine degli anni concordati dalla data della firma, “o quello della prima sepoltura” ?
Sì, è legittimo, se non diversamente stabilito da convenzioni, usi locali o, meglio, ancora dal regolamento municipale di polizia mortuaria, l’atto concessorio inizia a produrre nel tempo i suoi effetti dalla data della stipula dello stesso.
Tuttavia si possono sollevare alcune obiezioni: l’estumulazione ordinaria dovrebbe esser teoricamente eseguita il giorno stesso della scadenza della concessione, se, come mi par d’intendere, c’è stato un uso di fatto del luculo per consecutivamente 6 anni, dopo l’estinzione del primo rapporto giuridico di concessione, bisognerebbe a ristoro dell’occupazione indebita, versare pro quota il canone concessorio integrativo dei 6 anni di jus sepulchri comunque goduto, anche a titolo concessorio scaduto. Quindi, con bieco calcolo ragionieristico, bisogna attentamente ponderare ambedue le soluzioni proposte…
buongiorno, vorrei chiarimenti sul fatto che i miei genitori, hanno acquistato due loculi nel 1988 per loro, i due sindaci successivi mi hanno sempre detto, a voce, che la data di inizio del conteggio della concessione avveniva nel giorno di tumulazione.
Oggi mi arriva raccomandata dal Comune che mi intima pagamento rinnovo concessione perché scaduta (la durata era trentennale).
Ma i miei genitori sono mancati neanche 10 anni fa.
Chi ha ragione?
X Lucio,
in primis consiglio l’attenta consultazione di questo link:
https://www.funerali.org/cimiteri/atto-di-concessione-cimiteriale-come-calcolare-la-decorrenza-del-rapporto-concessorio-54215.html
poichè il Suo quesito è già stato oggetto di specifica ed approfondita trattazione, in altra sede.
Ad ogni modo, una concessione, per legge deve avere sempre durata certa, max 99ennale, ma modulabile a seconda della tipologia di sepolcro privato che si vuole costituire (in questo caso trentennale) ed essa nel suo sviluppo nell’arco di tempo pattuito è governato innanzi tutto dal regolamento municipale di polizia mortuaria, il quale, se novellato o solo riformato, potrebbe anche esplicare i propri effetti sulle concessioni già in essere, avendo forza integrante ed incisiva sul rapporto concessorio, comunque il tempo in cui esso perdurerà è stabilito al momento della stipula dell’atto concessorio, i due sindaci, forse, non avevano molta cognizione di causa su questa “dannata” materia oscuramente denominata: “polizia mortuaria”.
Nel cimitero della mia città, un concessionario di una cappella, con durata 99 anni ha fatto comunicazione di rinuncia della stessa, con atto formale, in quanto impossibilitato ad eseguire lavori di manutenzione; nella stessa cappella sono tumulate due salme della sua famiglia. Il comune puo’ acquisire la cappella con le salme all’interno in quanto successivamente lo stesso ente deve provvedere alla vendita tramite asta pubblica della cappella? si possono lasciare le salme se il nuovo acquirente è d’accordo?
X Necroforo (evidentemente siamo speculari…!)
Lo jus sepulchri, concretando anche possesso, si atteggia a diritto reale e patrimoniale, oltrechè personalissimo. Diritto di sepolcro primario e diritto sul sepolcro in sè (per gli aspetti patrimoniali ed economici) sono intrinsecamente intrecciati: simul stabunt, simul cadent. La mera e nuda proprietà del manufatto funerario è ontologicamente finalizzata all’usus sepulchri, cioè a dar o ricever sepoltura in un tumulo, ma senza il corpus compusitum materiale costituito dall’edificio tombale (opere murarie, arredi, decorazioni, lastre sepolcrali, lapidi…) lo jus sepulchri non si esercita, o se già in essere, d’imperio si estingue. Sarebbe interessante (so di esser astologante e sadico!) interrogare qualche giurista sulla natura di questa caducazione dello jus sepulchri primario a cagione dell’istituto della rinuncia: fisiologica o patologica?
E’residualmente – forse – l’unico atto di disposizione (rectius: gestione) per acta inter vivos ancora lecito – seppur in via negativa – che possa esser fatto valere su di un sepolcro privato. Spogliarsi del diritto reale significa anche lasciar decadere il diritto primario sul sepolcro e questa scelta ha riflessi sul passato (per i feretri già tumulati) e si riverbera sul futuro, per coloro, portatori, in vita, dello jus sepulchri (legittima aspettativa) i quali vedranno compresso ed inibito il loro potenziale jus sepulchri per il tempo in cui avranno cessato di esistere. Per tali ragioni il concessionario rinunziante deve con diligenza ed oneri a proprio carico, provvedere all’estumulazione dei feretri già tumulati ed alle opere di riattamento del sacello sepolcrale, affinchè esso rientri appieno nella disponibilità del Comune, per esser riassegnato secondo modalità e procedure dettate dal locale regolamento municipale di polizia mortuaria, oppure demolito, quando la cattiva manutenzione o, peggio ancora, l’omissione della stessa abbiano provocato gravi lesioni strutturali allo stabile adibito ad accogliere i defunti di una determinata gens (= famiglia).
Buongiorno,si può detrarre la spesa per l’acquisto di ossario comunale sostenuta per un decesso ?e la spesa per la cremazione?
Grazie mille
X Francesca. Attualmente si può detrarre fino a 1550 euro pagati per un decesso. Vale il criterio di cassa cioè se paga nel 2019 va nella dichiarazione dei redditi di quell’anno. Se quindi ha già detratto le spese x fattura funerale non può detrarre altre spese a meno che il funerale costi (ma si ritiene sia del tutto impossibile meno di 1550 euro). Tenga presente che il beneficio fiscale non è di 1550 euro ma del 19% di 1550 euro.
Buongiorno
Volevo chiederle un informazione
La mia mamma concessionaria del loculo è defunta è subentrata come cessionaria mia sorella ora è da riprestinare il tutto , noi restanti fratelli abbiamo l’obbligo di partecipare a tale spesa?
Dipende dai Vostri rapporti.
Giuridicamente la manutenzione è in capo al concessionario, ma se nella sepoltura vi è la mamma defunta è lecito chiedere una compartecipazione alla spesa agli altri fratelli.
Consigliamo di regolare i rapporti con una scrittura privata tra voi. Se ad esempio nessun fratello diverso dalla attuale concessionaria intende poi usufruire della sepoltura e questa rinuncia ad un diritto di sepoltura viene codificata in uno scritto, a quel punto l’uso futuro di quel loculo compete solo alla persona oggi subentrata e quindi provvederà lei alla manutenzione.
Insomma, usi il buon senso e vedrà che le questioni economiche si risolvono
Salve,
anni fa, mio nonno e mio zio (fratelli) hanno ottenuto una concessione amministrativa su un’area cimiteriale ove hanno edificato una tomba di famiglia.
Circa 10 anni fa, mio nonno è venuto a mancare.
Il regolamento di polizia mortuaria del Comune prevede che si deve procedere al subentro nel termine di 3 anni altrimenti si decade dalla concessione amministrativa.
In primo luogo, tale norma può considerarsi legittima?
In secondo luogo, quali possono essere le conseguenze della decadenza?
In ultimo, l’erede non dovrebbe subentrare in automatico nella concessione essendo trasmissibile mortis causa anche il relativo diritto al sepolcro?
Grazie
X Loredana,
1) modalità e tempistica del subentro (laddove ammesso) sono esclusivamente disciplinate dal regolamento municipale di polizia mortuaria
2) nel nostro ordinamento giuridico vige un principio, implicito e quindi fondativo: per la certezza dei diritti nessun bene immobile può rimanere vacante, ossia senza alcun titolare (art. 827 Cod. Civile)
3) la decadenza, che ha valore dichiarativo e non costitutivo, è pronunciata in base ad un’inadempienza da parte del concessionario o dei suoi aventi causa, poichè il rapporto di concessione instauratosi tra Comune e privato cittadino non è un semplice contratto da gestirsi in piena autonomia tra le parti: esso risponde ad esigenze di prevalente interesse pubblico e, pertanto è fortemente sbilanciato a favore della pubblica amministrazione.
4) Sull’idoneità di norme contenute nel regolamento comunale ad integrare automaticamente il contenuto delle concessioni cimiteriali ai sensi dell’art. 1339 cod. civile Si veda T.A.R. Piemonte, Sez. I, Sentenza 12 luglio 2013, n. 871
5) gli effetti principali della decadenza sanzionatoria sono questi: i concessionari sono tenuti, a loro spese, a liberare il sepolcro da feretri, cassette ossario, contenitori di resti mortali o urne cinerarie ed a conferir loro diversa sistemazione. Debbono, inoltre, riattare il secpolcro (rimozione di lapidi, sanificazione dei loculi, in maniera tale che il Comune possa nuovamente ri-concedere il manufatto cimiteriale.
6) la trasmissione del diritto di sepolcro mortis causa (se il prefato sepolcro ha natura famigliare e non ereditaria) non è un automatismo (rectius: deve esser ontologicamente preceduto dall’istituto del subentro, per altro, tariffabile).
Quesito
se una persona è indigente non può pagare il loculo è il comune a sostenere il costo di questo loculo? in tal caso il contratto di concessione viene rilasciato comunque alla persona che non può pagare il loculo o non viene stipulato il contratto? Il proprietario temporaneo della concessione chi è il comune o la persona parente del defunto che non puo pagare il loculo ed alla scadenza dopo 30 anni della concessione cosa accadrà??
X Giuseppe,
la tumulazione non è un diritto assoluto, poichè si configura SEMPRE come una sepoltura privata e dedicata. E’la percezione del cittadino comune ad esser profondamente distorta.
Essa, pertanto, è sempre a titolo oneroso per il richiedente (solitamente i famigliari del de cujus) ed il Comune non può, d’ufficio, accollarsi le relative spese, a pena di segnalazione alla corte dei conti regionale per danno erariale.
Insomma: detto più brutalmente: se si è poveri il loculo rimane una pia illusione!
IL funerale “ a carico” del Comune per indigente comporta, così, obbligatoriamente forniture di bassa qualità e la destinazione prestabilita dalla Legge è l’inumazione in campo comune, intesa quale tecnica istituzionale per lo smaltimento dei cadaveri, o la cremazione, secondo alcuni giuristi, qualora il de cuius, ancora in vita avesse espresso volontà in tal senso, e nei limiti della disponibilità del bilancio
Di recente ho avuto in lutto in famiglia è deceduta mia madre. La salma è stata tumulata in un loculo nuovo-
Ma dopo alcuni mesi non sono ancora stato contattato dal comune per definire il contratto di concessione e pagare il loculo
Come funziona? Devo andare io al comune o devo essere contattato?
Per Luigi,
…E dire che senza la stipula del regolare atto di concessione (formula aulica, ma sempre molto icastica!) la concessione stessa non dovrebbe sussistere, rendendo così la sepoltura di fatto, illegittima e sine titulo (tecnicamente: occupazione abusiva di un bene cimiteriale)
Tuttavia senza esser così drastici e catastrofici molto dipende dal regolamento municipale di polizia mortuaria (senza tener conto di eventuali inerzie da parte dei preposti uffici comunali) in merito al “timing” in cui costituire il rapporto concessorio (e quindi perfezionarlo!) il quale deve, per legge avere durata certa ed esser supportato da un contratto formale, nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata registrabile in caso d’uso.
Come chiarito dall’’Agenzia delle entrate con risoluzione n. 149/E dell’8 luglio 2003 con le concessioni cimiteriali hanno decorrenza dalla stipula del relativo regolare atto di concessione oppure da quella, eventualmente, successiva che sia, espressamente, prevista nell’atto di concessione. Tuttavia, non va esclusa, ove espressamente indicata nel Regolamento comunale di polizia mortuaria, la possibilita’ che la decorrenza venga fatta decorrere dal momento in cui ne inizia l’utilizzo (ad esempio: sepoltura) o, per talune fattispecie, anche dal momento del versamento della tariffa stabilita perche’ si faccia luogo alla concessione.
Le conviene, pertanto contattare subito il locale servizio di polizia mortuaria!
Salve, io e i miei fratelli stiamo cercando di acquistare la concessione di una nicchia, é possibile cointestare la nicchia a tutti i 4 fratelli oppure dev’essere intestata ad uno soltanto?
X Anais Canzano,
al momento costitutivo della concessione di cui all’art. 90 dPR 10 settembre 1990, n. 285 non sussistono difficoltà al fatto che essa possa avvenire nei confronti di più persone, anche se non appartenenti ad un’unica famiglia, ma in tal caso occorre avere l’avvertenza di regolare i rispettivi rapporti tra i diversi concessionari (regolamento su cosa comune ex art. 1106 Cod. Civile, o di prevedere, meglio se espressamente, la loro titolarità indistinta, lasciando che l’utilizzo sia determinato dagli eventi luttuosi. In tal caso, le persone che possono essere accolte nel sepolcro privato così concesso sono pur sempre le persone dei concessionari e dei membri delle loro famiglie, quali definite a tale fine dal Regolamento comunale e/o dall’atto di concessione.
Buongiorno, mi scuso per l’intrusione,
ma non so come entrare nel forum, ma ho un problema urgente da risolvere.
Da sempre redigiamo i contratti di concessione cimiteriale apponendo la pura spesa della concessione e aggiungiamo la dicitura “dall’importo sono escluse le prestazioni e diritti” che facciamo pagare a parte.
Qualche utente si è lamentato, e vuole l’intera spesa sostenuta evidenziata sul contratto di concessione.
Siamo interdette, perchè non riusciamo a risalire alla legge che regola la modalità per redigere i contratti di concessione cimiteriale.
grazie infinite spero se possiate rispondere anche se mi sono intromessa in modo anomalo
Carla
X Carla,
il canone concessorio propriamente inteso attiene, nella sua corresponsione, al bilancio del Comune, esso è stabilito con deliberazione della Giunta Comunale, il regolare atto di concessione può avere la forma juris di atto pubblico (rogato dal segretario comunale?) o della scrittura privata autenticata, eventualmente registrabile in caso d’uso.
L’imposta di bollo, invece, concerne l’erario statale.
Siamo davanti a SPESE (comunque percepite come tasse sul morto da parte dell’opinione pubblica), ad ogni modo necessarie da sostenersi per l’avvio del procedimento amministrativo ed il suo corretto svolgimento, che competono a plessi diversi della pubblica amministrazione e dunque non possono esser inglobate in un’unica soluzione.
approfitto della Vs. competenza per un quesito.
il comune dovrebbe effettuare interventi di ristrutturazione su una cappella nella quale sono presenti una serie di ossari occupati da oltre 50 anni.
la prima domanda è a chi competono i costi per le traslazioni?
poi i resti dove possono essere riposti se in ossario comune o chiedere ai familiari la disponibilità di un loculo dove trasportarlo?
grazie
X Antonio,
E’ ormai pacifico ritenere al di là delle previsioni molto restrittive e spesso impraticabili, della legislazione statale, del tutto legittima la revoca per interesse pubblico prevalente, tutta la giurisprudenza, infatti, pare orientarsi verso questo indirizzo univoco ed omogeneo.
In primis, merita di essere ricordato come “oggetto” della concessione sia il diritto d’uso del singolo posto per contenitori mortuari (feretri, cassette ossario, urne cinerarie).
Dato che sembrerebbe non vi sia stato provvedimento che abbia disposto la soppressione del cimitero, la quale richiederebbe, in ogni caso, l’avvenuta realizzazione, e collaudo, di un nuovo cimitero, é da escludere che le concessioni, cui qui si fa riferimento, possano essere oggetto di “ri-allocazione” in altro sito nel medesimo cimitero, fatta salva l’ipotesi che i concessionari non richiedano, del tutto spontaneamente, una nuova concessione, corrispondendo le tariffe attuali, richiedendo il trasferimento delle cassette ossario nella nuova concessione, corrispondendo le relative tariffe ed assumendo a totale loro onere ogni altro intervento che si renda eventualmente necessario ai fini della traslazione, e avvenuto il trasferimento, rinuncino alla concessione precedente, quando non raggiunta da una misura ablativa come appunto avverrebbe per l’adozione dell’istituto della revoca di cui sopra.
In tale evenienza, ogni onere é a carico dei concessionari, e non può essere assunto, neppure in parte, a carico del bilancio comunale, altrimenti si determinerebbe il sorgere della responsabilita’ patrimoniale di cui all’art. 93 T.U.E.L. (oggetto di segnalazione alla procura della Repubblica presso la sez. reg. della Corte dei Conti, ricordando come l’omessa segnalazione, o il suo ritardo, determini corresponsabilità nel danno patrimoniale).
Non si dimentichi come le concessioni cimiteriali, quale ne sia la tipologia, costituiscano sempre sepolcri privati nei cimiteri, con conseguente “sottrazione” del relativo spazio cimiteriale alla fruizione da parte della comunità locale, da cui consegue che non possano derivarne, in alcun caso, oneri a carico del comune, neppure per quanto riguarda il necessario recupero delle spese gestionali cimiteriali.
Sarebbe, tuttavia – secondo almeno un certo filone della dottrina, cui aderisce anche questa Redazione, preferibile che il Comune autorizzasse questi spostamenti col minimo di riflessi per il/i cittadino/i interessato/i, accollandosi buona parte dei costi delle traslazioni, e ciò per evitare che sia il giudice, unico titolato ad esprimersi sul possibile ricorso di un interessato, a imporre questi oneri. Mentre per le spese di trasferimento dei resti ossei si propende per un accollo totale al Comune, quelle per il ripristino della tomba, dovrebbero invece essere concordate con l’interessato, il quale potrebbe anche approfittare dalla situazione per compiere opere di restauro e di manutenzione che normalmente sono a suo carico (art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285). In diversi casi è stato concordata, a fronte dell’acquisizione al patrimonio comunale di una tomba, con la procedura della revoca, l’assegnazione gratuita agli interessati, nel nuovo complesso cimiteriale, di un numero di posti salma equivalente a quelli della originaria concessione, con trasferimento delle spoglie mortali a carico del comune. Cercare quindi una soluzione concordata può essere un modo per ridurre il possibile contenzioso, facilmente prevedibile in casi del genere.
Buonasera, vorrei un parere. I miei genitori hanno risposto ad un avviso di prenotazione di loculi cimiteriali con concessione 99ennale sottoscrivendo una prenotazione x 2 loculi dopo aver preso visione dei prezzi di concessione pubblicati sull’avviso e versando un acconto del 50% dell’importo dovuto. Quando i lavori di ampliamento del cimitero sono terminati, sono stati convocati x firmare il contratto definitivo portando dietro la ricevuta del restante 50%.Il giorno della firma hanno sottoscritto l’atto di concessione dei loculi ma c’era scritto che la concessione è di 50 anni e non 99 come nell’avviso. si può chiedere l’annullamento del contratto e la restituzione della somma versata?
X Debora,
Occorre premettere che la natura giuridica del contratto cimiteriale è quella della “concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale” (Corte di cassazione civile, Sez. unite, 27 luglio 1988 n. 4760). L’art. 92 del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 prevede che le concessioni di sepolcri privati nei cimiteri (quale è quella concernente una tumulazione individuale, cioè il loculo) devono essere formalizzate mediante specifico atto di concessione che costituisce la condizione essenziale per la sussistenza di una concessione d’uso di sepolcri privati. Si tratta, pertanto, di un atto unilaterale con il quale il Comune attribuisce a un terzo il diritto d’uso di un bene demaniale per una determinata durata, sul quale si innescano condizioni di tipo contrattuale, di natura quindi bilaterale e pattizia (ad esempio, relativamente alle condizioni d’uso). Decorrenza e durata degli atti di concessioni cimiteriali non rientrano nella volontà pattizia delle parti, ma devono rispettare le norme regolamentari comunali in vigore al momento della stipula, ivi compresa la durata, pro tempore fissata dal dettato regolamentare vigente in sede locale.
Si può ipotizzare che nei casi descritti dal quesito, l’indicazione della durata, in luogo di quella originaria costituisca un mero errore materiale (rectius: una irregolarità involontaria) da correggere con le modalità previste dall’ordinamento.
Non è superfluo rammentare, a proposito della rettifica dell’atto amministrativo, che l’errore materiale nella redazione di un provvedimento amministrativo si concretizza quando il pensiero del decisore sia stato tradito ed alterato al momento della sua traduzione in forma scritta, a causa di un fattore deviante che abbia operato esclusivamente nella fase della sua esternazione. La rettifica, concernendo un errore materiale:
• non richiede una motivazione rigorosa (come invece risulta necessario nel caso dell’annullamento d’ufficio, con conseguente sottoposizione alle condizioni prescritte dall’art. 21-nonies, comma 1, della legge generale sul procedimento amministrativo – Legge n.241/1990 e ss.mm.ii.).
• non richiede neppure di valutare comparativamente l’interesse pubblico e l’interesse privato coinvolti, essendo finalizzata a rendere il contenuto del provvedimento conforme alla reale volontà di chi lo ha adottato. Per un migliore approfondimento del lettore, si consiglia la lettura della recente massima del Supremo Giudice Amministrativo (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – SENTENZA 5 marzo 2014, n.103) Nel caso di specie è ragionevole ritenere che non si debba procedere ad annullamento per due importanti ragioni: per il principio di conservazione degli atti amministrativi ed anche per evitare un inutile dispendio di spese di contratto che in questo caso andrebbero a gravare sull’ente locale/concedente. In pratica si dovrà procedere con apposite determinazioni dirigenziali (anche una determina unica, che contenga però l’elencazione di tutti gli atti concessori censiti e soggetti a rettifica). Copia del provvedimento amministrativo dirigenziale andrà notificato a ciascuno degli interessati.
X è titolare di una concessione di area cimiteriale. Le condizioni di cui alla scrittura privata cui cui fu stipulato l’atto concessorio testualmente recitano “il Comune dà e concede, per la durata di 99 anni decorrenti da oggi, alla summenzionata che accetta, per sé e i suoi eredi, il terreno nel cimitero di ___”. Trattasi di edicola familiare o di edicola ereditaria?
Premetto che all’interno della stessa riposano i miei nonni (non solo materni ma anche paterni), nonché il fratello di mio papà (cognato di mia mamma). E’ possibile chiedere che vengano spostati i nonni paterni e/o lo zio?
Inoltre, le spese di manutenzione sono esclusivamente a carico del concessionario o possono essere suddivise con gli eredi di mio zio?
X Un Privato Cittadino
(evidentemente a caccia di risposte ai suoi dilemmi funerari, qui, su questo blog) Come ha giustamente rilevato la Suprema Corte di Cassazione, in diversi, storici pronunciamenti in materia di jus sepulchri, per presumptio juris tantum il sepolcro sorge, salva diversa volontà del fondatore, sibi familiaeque suae cioè abbandonando per un attimo il caro latinorum di cui spesso gli Ermellini abusano nella stesura delle loro sentenze, per il concessionario primo e la di lui famiglia (la definizione di famiglia non è mai univoca, influenzata com’è, da sempre dai fattori sociali, culturali e geografici, ma è data in primis dal regolare atto di concessione e nel suo silenzio, di default dal regolamento municipale di polizia mortuaria). Fattispecie residuale, ma presente nel nostro panorama funerario italiano, è poi rappresentata dal cosiddetto “SEPOLCRO EREDITARIO”, sibi haeredibus suis, ma questa destinazione così atipica deve esser espressamente impressa all’atto della stipula della concessione stessa.
Il sepolcro ereditario si differenzia sostanzialmente per due aspetti, da quello tradizionalmente famigliare o gentilizio:
1) la riserva: cioè la rosa di persone portatrici, quando ancora in vita dello jus sepulchri, quindi titolari del diritto di sepoltura, che in quest’ultimo caso saranno gli eredi (designati?) laddove la posizione di erede, in ambito civilistico, assume valenza eminentemente patrimoniale
2) l’eventuale subentro: alla morte del concessionario primo si avvicenderanno nella titolarità della concessione non i famigliari, bensì gli eredi secondo le consuete e collaudate regole successorie civilistiche che disciplinano il trapasso del patrimonio mortis causa.
L’obbligo di manutenzione del sepolcro è sempre in capo al concessionario o in caso di pluralità (nel tempo a causa di ripetuti subentri e volture potrebbe anche essersi prodotto, involontariamente, uno spacchettamento in quote dello jus sepulchri con annessa titolarità del rapporto concessorio, , tutti i co-titolari della concessione sono gravati, in modo solidale nel confronti della pubblica amministrazione, da quest’obbligazione manutentiva. NOn si escludono (molto improbabili) atti di liberalità da parte di soggetti non giuridicamente tenuti a garantire, con oneri a proprio carico, il sepolcro in solido e decoroso stato.
La movimentazione delle spoglie mortali segue invece la ferrea regola dettata dall’art. 79 comma 1 II periodo del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria: pertanto gli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri sono governate dallo jus coniugii ed in subordine dallo jus sangiunis, vale a dire che possono esser esercitati unicamente da chi fosse legato ai defunti da vincolo coniugale o rapporto di consanguineità, questo potere, di fatto, è inibito al semplice concessionario il quale potrebbe trovare nella tomba a sè intestata anche morti estranei al proprio nucleo famigliare, suprattutto nel caso di sepolcro ereditario, poichè la figura delle erede potrebbe anche non coincidere con la qualificazione di parente di cui agli artt. 74, 75, 76 e 77 Cod. Civile.
Salve volevo solo un informazione mio padre e morto a giugno e per fare il marmo/lapide devono passare un Po di mesi .. il tempo che la terra si sesti un Po.. adesso nessuno mi ha contattato ho saputo che la lapide e stata fatta dalla compagna che lui aveva ma non è un erede.. volevo sapere puo lei aver potuto fare la lapide senza il consenso degli eredi.?
X Manuel,
il copritomba, in campo comune di terra, non è obbligatorio, poichè consiste in un semplice arredo funerario di tipo lapideo. Necessario, invece, è il cippo identificativo, fornito d’ufficio, dal gestore del cimitero.
Le spese funerarie per le suppellettili ornamentali della sepoltura possono esser assunte anche in regime di liberalità…insomma basta che qualcuno paghi, poichè si tratta pur sempre di prestazioni a titolo oneroso per l’utenza!
L’Amministrazione rimane estranea, in quanto non interessata, ad eventuali diatribe tra gli aventi diritto, in caso di lite sulla tipologia della lastra sepolcrale sarà il Giudice a pronunciarsi.
Salve, anch’io mi scuso per pubblicare richiesta in risposta a questo post ma non riesco a registrarmi.
Questo è il quesito e la ringrazio fin d’ora se può rispondermi.
Nel 1984 la sig.ra Sempronia fu tumulata al Cimitero del Verano all’interno di una cappella data in concessione nel 1946 al sig. Caio. Nel 1984 quando fu tumulata Sempronia, Caio era defunto e l’unica erede sig.ra Mevia (deceduta nel 2005) autorizzò tale tumulazione. Sempronia non aveva alcun legame con la famiglia di Caio (e quindi di Mevia) per cui, probabilmente, il posto fu acquistato.
Nell’annotazione protocollata con il benestare della direzione del cimitero c’era anche l’autorizzazione alla tumulazione della figlia di Sempronia, Tizia. Al recente decesso di Tizia, contattato il Verano per la tumulazione di questa come da annotazione del 1984 a tergo dell’atto di concessione del 1946, la direzione mi dice che ciò non è possibile senza l’autorizzazione ad aprire la cappella da parte degli eredi di Mevia. Questi, però, si rifiutano di concedere l’autorizzazione sostenendo che quando la cappella sarà piena (al momento ci sono ancora 18 posti liberi) gli eredi dovranno poi sostenere un costo e ciò non è giusto.
E’ possibile che tale diritto di Tizia derivante da annotazione in un atto pubblico e non da scrittura privata possa in tal modo venire leso? E’ possibile attivare una causa e chiedere al giudice l’apertura del manufatto?
grazie ancora,
Saluti
X Simone,
tanto per incominciare (ed a costo di esser pedanti e noiosi):
1) nel 1984, anno di tumulazione di Sempronia, vigeva il vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR n.803/1975 il quale, avendo abrogato l’art. 71 commi 2 e segg. R.D. n. 1880/1942 sostanzialmente vietava già la compravendita dei sepolcri (= inibiti gli atti di disposizione sugli stessi per acta inter vivos o di ultime volontà), norma ora transitata anche nell’attuale ordinamento nazionale di polizia mortuaria di cui al DPR 10 settembre 1990 n. 285 (Art. 92 comma 4) e parallelamente non ammetteva ancora l’istituto della benemerenza, introdotto “solo” dal 27 ottobre 1990 con l’art. 93 comma 2 DPR n. 285/1990, al quale opero rinvio per questioni meramente di brevitas espositiva. La benemerenza è una regola per cui in deroga alla natura famigliare del sepolcro gentilizio possono esser tumulate nello stesso anche persone estranee al nucleo famigliare (esempio: i conviventi o gli affini) del fondatore del tomba. Il vizio, allora, è ab origine, quindi o Sempronia è congiunta di Caio o non può esser accolta nel sacello. Rimane un mistero capire chi abbia autorizzato la sua tumulazione a dispetto delle norme vigenti a quell’epoca. Con ogni probabilità nel 1984 il Comune di Roma non aveva ancora riformato il proprio regolamento comunale e continuava a ritenere legale una pratica, invece, contra legem e nulla di diritto dal 10 febbraio 1976, quando il DPR 803/1975 entrò in vigore.
2) All’atto della costituzione del sepolcro (famigliare o ereditario che esso sia), quando, cioè le parti contraenti stipulano l’atto di concessione si statuisce la c.d. LEX SEPULCHRI ovvero la “riserva” delle persone portatrici dello jus sepulchri, in proiezione del loro post mortem. Costoro acquisiscono ex capite il diritto alla tumulazione in quanto (o famigliari o eredi) i loro nomi sono scritti e contemplati nell’atto concessorio che non può esser integrato o modificato se non ricorrendo ad una novazione ex art. 1230 e 1235 Cod. Civile, delle obbligazioni sinallagmatiche contratte (ossia si estingue il rapporto giuridico già posto in essere e se ne crea uno del tutto nuovo, con diversi presupposti)
Bisogna poi ricordare come non sia il concessionario a stabilire o individuare arbitrariamente chi possa essere sepolto nel sepolcro in concessione, quanto il fatto dell’appartenenza alla famiglia (e la definizione di famiglia a tal fine è data dal regolamento comunale di polizia mortuaria) o all’asse ereditario se il sepolcro in oggetto sorge, appunto quale ereditario, ma è l’ipotesi più remota.
3) Chi, in vita ha maturato legittimamente il diritto di sepolcro vanta il titolo di accoglimento a prescindere dall’opposizione dei discendenti del concessionario, i quali difettano di questo potere di interdizione.
E’sempre possibile adire il giudice ordinario in sede civile, con tutta l’alea che un giudizio pur sempre comporta, il Comune si limiterà a garantire lo status quo sino a quando la controversia non sarà ricomposta o risolta con sentenza passata in giudicato.
Post scriptum: abbia o meno Tizia lo jus sepulchri (circostanza tutta da verificare) gli eredi di Mevia sono tenuti ad assicurare comunque, la manutenzione della cappella, assumendosene i relativi oneri ex art. 63 DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Grazie Dott. Carlo
mi era sfuggita la risposta del 27.10 ed ho ripostato il mio quesito
Scusi tanto!!
Grazie moltissime delle risposte grandiose e mille scuse !!
Gentile Sig. Carlo
rieccomi a disturbare ma, mi creda,3 avvocati delle parti non riescono a risolvere – da quasi un anno – il problema.
Allora :nella Concessione c’è scritto che”” le salme di coloro che nell’atto di concessione sono indicate tra gli aventi diritto al sepolcro, possono essere escluse dal seppellimento soltanto per disposizione del concessionario””
Mi sono informata e pare proprio che sia così.
Il concessionario superstite di fatto è l’unico responsabile e l’unico a decidere.
Difatti la concessionaria superstite si rifiuta di far seppellire nei posti “ereditati” dal fratello, i congiunti di questo ( in barba alla riserva in concessione) , cioè il genero etc. Deve essere sepolto solo il fratello e la moglie e non altri.
( ricordo che tutti gli altri eredi non sono interessati )
E’ possibile che si possa rifiutare ?
Lei mi ha detto :
6) Non è il concessionario a scegliere arbitrariamente o ad escludere chi vanterà il diritto di sepolcro, una disposizione in tal senso “profuma” di illegittimità lontano un miglio, nel sepolcro di tipo gentilizio o famigliare la concessione sorge sibi familiaaque suae ossia per il concessionario e la di lui famiglia, laddove il concetto di famiglia è basato sui relazioni di sangue o di coniugio, questo principio è inderogabile.
Io credo a Lei ma vorrei convincere anche gli avvocati.
Come faccio?
Se non si risolve questo problema la zia concessionaria non firma per la chiusura del conto in banca – c’è rimasto poco, si mangia tutto la banca!! dal 2013 che è morto lo zio!! –
Una tragedia!!
Come si può ovviare a tale immobilismo?
Secondo me lo zio ha ragione, può essere sepolto lui o chi decide lui.
Altrimenti sarà la comunione solidale e la premorienza nelle sepolture a decidere, a svantaggio della zia che vedrà anche i suoi posti in comunione e occupabili.
Come si può ovviare a questo ostacolo ?
Grazie della pazienza!!
Solo Lei può risolvere il conquibus!!
X Sconsolata,
sono in preda a crisi depressiva acutissima ed a delirio megalomaniaco d’onnipotenza (o forse, più semplicemente ho i nervi interessati da tipici fenomeni degenerativi post mortali con sfaldamento delle catene proteiche, quindi in altre parole: questo caso mi fa morire di crepacuore, perchè non riusciamo ancora, nonostante la mia disperazione, ad individuare un linguaggio comune per intenderci e capirci!).
La materia funeraria delle concessioni cimiteriali è poco conosciuta e praticata anche dagli stessi causidici e legulei che affollano i nostri Tribunali (per fortuna, non appartengo a questa vil razza dannata di azzeccagarbugli di manzoniana memoria, anche se nutro il massimo rispetto per gli operatori del diritto…almeno per quelli veri!). Non mi sconvolgo più di tanto se gli avvocati cominciano a litigare tra loro facendo correre la carta bollata a go-go, in fondo “tot capita tot sententiae” motto latino che declinato nella vulgata vascorossiana dovrebbe così risuonare: “c’è chi dice qua…c’è chi dice là… io non mi muovo, io non ci credo!”
Questa litigiosità endemica è è lo specchio dei tempi: manca una verità ufficiale comunemente accettata da tutti e nessuno vuole ammettere di aver torto. Basta con questo relativismo giuridico dove non c’è nè bianco nè nero ma soltanto una palude di sfumature grigiastre: ritorniamo al pensiero FORTE di tipo hegeliano!
“Rallegratevi, piuttosto, perchè i vostri nomi sono scritti nei cieli”, afferma il Gesù dei Vangeli Canonici, ora io evangelista non sono, non fosse altro per motivi strettamente anagrafici, ma parafrasando la sapienza del Signore oserei dire: “cari potenziali aventi diritto esultate poichè i vostri nominativi sono scolpiti nella lex sepulchri, ovvero nella stramaledetta “ROSA” delle persone riservatarie dello jus sepulchri, ex art. 93 comma 1 I Periodo del regolamento nazionale di polizia mortuaria, di cui al DPR 10 settembre 1990 n. 285.
L’atto di concessione oggetto del nostro disquisire è viziato ab origine, in quanto contiene una clausola contraria alla Legge, e si tratta di una norma tassativa, imperativa e categorica!
Si mediti, però, attentamente su questi pronunciamenti della Suprema Corte di Cassazione e dei diversi periodi storici in cui queste sentenze sono state emesse:
1) Cassazione civile, 7 agosto 1941 “Quando non risulti una contraria volontà del fondatore del sepolcro familiare in relazione anche all’atto di concessione da parte del Comune integrato, occorrendo, dalle disposizioni del regolamento comunale, le figlie maritate di esso, fondatore, hanno diritto di essere inumate. La sola iscrizione sepolcrale con l’indicazione del nome della famiglia non basta a fare ritenere che la volontà del fondatore sia stata quella di limitare il diritto al sepolcro ai membri della propria famiglia che continuassero a portare lo stesso cognome.
2) Cassazione civile, Sez. II, 19 maggio 1995 n. 5547 “La costituzione di un sepolcro familiare, ove non risulti una diversa volontà del fondatore, conferisce il diritto alla sepoltura (“ius inferendi mortuum in sepulchrum”) al fondatore medesimo ed a tutti i suoi discendenti, facenti parte della famiglia, per cui (salva l’eventuale contraria volontà del fondatore) anche i discendenti di sesso femminile, benché coniugati e con diverso cognome, acquistano (“iure proprio”) il diritto alla sepoltura in quanto facenti parte della famiglia, nella cui cerchia, avuto riguardo al significato semantico del termine generalmente usato ed accetto, debbono farsi rientrare tutte le persone del medesimo sangue o legate tra loro da vincoli di matrimonio, ancorché non aventi il medesimo cognome”.
Bisogna poi ricordare come non sia il concessionario a stabilire / individuare arbitrariamente o per proprio capriccio, chi possa essere sepolto nel sepolcro in concessione, quanto il fatto dell’appartenenza alla famiglia (e la definizione di famiglia a tal fine e’ data dal regolamento comunale di polizia mortuaria). Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo memento) ed ai sensi dell’Art. 83 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore del sepolcro sibi familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulcrhi. Il concessionario, pertanto, è sprovvisto del potere di escludere un avente diritto dalla sepoltura.
Sull’idoneità di norme contenute nel regolamento comunale ad integrare automaticamente il contenuto delle concessioni cimiteriali ai sensi dell’art. 1339 cod. civile Si veda T.A.R. Piemonte, Sez. I, Sentenza 12 luglio 2013, n. 871
Il diritto di decidere sulle spoglie mortali inerisce a tutt’altra relazione giuridica e si colloca sul piano dei diritti personali di pietas. Quando non vi sia sovrapposizione tra queste due diverse legittimazioni, il concessionario non può ostacolare o, per converso, imporre l’atto disposizione sulle spoglie mortali verso chi ne sia titolare, coartando la sua libertà di agire.
Sempre facendo salve eventuali particolari previsioni del regolamento comunale, specie per quanto riguarda gli aspetti del procedimento, il titolo a disporre della salma/cadavere/resti mortali, in quanto diritto della personalità, prevale sulle posizioni giuridiche concernenti il sepolcro (come mero manufatto) le quali sono solo funzionali al diritto (personale) di dare o ricever sepoltura.
Come abbiamo detto, il diritto di sepoltura non è collegato solo all’appartenenza alla famiglia del fondatore del sepolcro (ambito di famiglia quale descritto dal Regolamento comunale), ma anche all’ampiezza contenitiva del sepolcro, si deve, allora, constatare come per i membri della famiglia il diritto venga ad esser effettivo non sul versante teorico (legittima aspettativa?), quand’essi siano ancora in vita, ma al momento del decesso (prima rimane solo un mero desiderio in proiezione dell’oscuro post mortem). In altre parole, se al momento del decesso, la persona deceduta è appartenente alla famiglia ha titolo ad essere sepolta nella tomba data concessione.
Oh Dott. Carlo mi dispiace!!!
sono responsabile del suo mal di testa!!
In compenso mi sembra di aver capito ( alla buon’ora dirà Lei!)
Volevo chiederLe il permesso di far conoscere questo scambio letterario all’avvocato se Lei me lo permette, altrimenti non comunico nulla.
Aspetto la Sua autorizzazione sperando che me la conceda.
Grazie moltissime della pazienza…mi rendo conto…e scusi tanto!!
X Sconsolata,
autorizzazione accordata, pertanto nulla osta a render pubblico il nostro carteggio epistolare. Si proceda pure!
Per qualsiasi nuova informazione Lei sa sempre dove, come e quando trovarmi. Io sono sempre qua…ehh già!
Grazie!!
OK
vediamo se si riesce a chiudere questa benedetta storia.
Per fortuna che Lei è sempre lì……
Altrimenti come faccio io?
Grazissime!!
Buongiorno Dr. Carlo,
mi scuso se mi intrometto nel campo “risposta”, ma nn trovo altra modalità x poterLe porre una domanda su una questione che, da tempo, mi affligge, nonostante la “poca entità” del fatto: si possono stabilire delle regole circa gli oggetti (piante e fiori a parte) da disporre in una cappella privata, ad opera di eredi contitolari? Oppure, in virtù del “senso di pietà”, si può trasformare il luogo in uno sconcertante bazar di cineserie?
E’ tutto. La ringrazio sin d’ora x la Sua cortese disponibilità a darmi una risposta.
Mauro Romano
X Mauro,
in questo frangente dove la Legge dovrebbe esser dettata dall’intelligenza e dal buon gusto, norme troppo capillari ed intrusive rischiano di esser criminogene, perchè troppo esposte alla discrezionalità del singolo. E poi: chi controlla, soprattutto dentro una cappella privata, e con quale metro di giudizio? Dov’è il giusto e lo sbagliato? A volte il confine è così labile!
Senz’altro il regolamento comunale di polizia mortuaria può e deve disciplinare l’apposizione di fiori ed arredi votivi nelle parti comuni del cimitero (campi di terra e file di loculi in batteria) al fine di render maggiormente fruibili e decorosi gli spazi, ma oltre non è consentito spingersi per ovvie ragioni di effettiva opportunità.
In linea di massima queste controversie si risolvono nel far valere – anche avanti il Giudice Ordinario – il cosiddetto diritto secondario di sepolcro, ossia la facoltà personalissima di godimento verso un bene sepolcrale, di compiere sullo stesso atti di pietà e devozione, in onore dei propri morti nonchè di opporsi a gesti che creino grave ed ingiusto pregiudizio verso la sacralità di quell’ambiente.
Sarà il Tribunale – nella sua prudente ponderazione e MEDIAZIONE tra gli interessi contrapposti – a stabilire il limite da osservarsi scrupolosamente.
VORREI APPROFONDIRE QUESTA RISPOSTA CON QUESTA DOMANDA: NEL CIMITERO DEL MIO PAESE
IL REGOLAMENTO PER GLI ORNAMENTI DELLA LASTRA DEL LOCULO E’ MOLTO RIGIDA: LETTERE TUTTE UGUALI, CORNICE PORTALAMPADA E PORTAFIORI SIMBOLO SACRO E FIORI INCISI O DIPINTI CHE DEVONO ESSERE DI CERTE DIMENSIONI MASSIME E’ REGOLARE QUESTA COSA ?
INOLTRE AL MOMENTO DELLA STIPULA DEL CONTRATTO VIENE RICHIESTA UNA CAUZIONE DI 500 EURO CHE VIENE RIDATA A FINE LAVORI SE TALI SONO CONSONI AL REGOLAMENTO SE NO INVECE VIENE TRATTENUTA DAL COMUNE , E’ AMMISSIBILE ? ANNI FA SO CHE UNA FAMIGLIA HA INCISO SULLA LASTRA UNA CHITARRA CON UNA ROSA CHE LA AVVOLGE E SONO ANDATI IN TRIBUNALE PERCHE’ IL COMUNE VOLEVA TOGLIERLA PERCHE’ DICEVA CHE NON ERA UN SIMBOLO RELIGIOSO ED I PARENTI HANNO VINTO LA CAUSA HANNO DATO LA NOTIZIA ANCHE SUL TG 1 GRAZIE
Generalmente, questi problemi sono ragionevolmente risolvibili, con gli strumenti attuativi del piano regolatore cimiteriale, in limine litis, ma occorrono, da parte dell’Amministrazione Cittadina lungimiranza ed intelligenza, siccome norme troppo stringenti, intrusive e capillari, quasi oppressive, rischiano di trasformarsi in affliggenti e criminogene, così i giudici amministrativi territoriali, avverso queste – secondo me – erronee previsioni, altro non possono se non rilevare la loro illogicità manifesta, cassandole, in quanto la scelta degli arredi funebri di complemento (bronzi, iscrizioni, foto-ritratti, dediche, vasi portafiori…) si estrinseca in un gesto di pietas, cordoglio e devozione verso i propri morti, tutti sentimenti di rilevanza giuridica che la Legge tutela, promuove e protegge.
Attenzione, però: un diritto non può mai degenerare nell’abuso e nel capriccio: eventuali disposizioni comunali, mirate a preservare l’integrità architettonica e la sacralità del luogo vanno, comunque osservate.
Sub lege libertas, come dicevano gli antichi romani, ma, naturalmente, la normativa deve essere sottesa da quei valori e principi di cui sopra, lasciando un certo margine di libertà ai dolenti, nella scelta delle suppellettili funerarie, purchè, sempre, queste ultime non siano eccessive o di cattivo gusto: dove inizia il genio artistico, nell’oggetto commemorativo, capace anche di trasgredire, destando stupore ed emozioni, e, invece, comincia il kitsch? Ma questa disputa è materia da critica d’arte ed esorbita dagli angusti confini dell’oscura polizia mortuaria, mi dichiaro, quindi, soggettivamente incompetente a dirimere la diatriba.
Gentile Sig. Carlo
scusi l’insistenza, non sono un’esperta.
Le norme, il Regolamento di Roma etc. parlano tutti del caso della Concessione SINGOLA : regole di successione, subentro, eredità o altro….
Qui invece si tratta di una tomba di 12 posti e di DUE concessionari di pari valore, fratelli e consanguinei tra loro ma con due famiglie diverse e con discendenze diverse.
Uno è morto senza eredi e gli succedono quelli iscritti nella concessione secondo le sue volontà originarie cioe“”” Per sè, il coniuge ( ed in effetti loro sono già lì sepolti), discendenti, parenti ed affini in ogni grado e linea””” quindi è andata in eredità la parte
sua : solo manufatto? solo jus sepulchri ? o tutti e due?Non hanno fatto subentro o altro.
Ma anche l’altro concessionario ha fatto la stessa cosa, la concessione è unica ma sono DUE “riserve” diverse perché diverse sono le famiglie .
Allora com’ è la situazione?
I discendenti vivi del defunto possono occupare tutti i posti vuoti secondo le premorienze contro la famiglia e la discendenza dell’altro Concessionario che ha firmato anche lui un contratto di concessione per sé, il coniuge, i discendenti, parenti ed affini in ogni grado e linea””?
La riserva del Concessionario superstite non vale più?
I discendenti del defunto che NON sono i discendenti del superstite possono occupare tutti i posti?
Ci sono due situazioni di diritto diverse , come sono regolamentate nelle leggi sui sepolcri? Come viene tutelata la volontà del Concessionario superstite?
Scusi molto e grazie se ha la pazienza di rispondere.
X Sconsolata,
in questa risposta sarò “autoritario” ed apodittico, altrimenti rischiamo di naufragare nelle gore dell’accademia dotta ed erudita e della più contraddittoria giurisprudenza civile o amministrativa.
Replico, quindi, alla Sua missiva, per singoli punti tematici.
1) E’il fondatore del sepolcro, normalmente, a concentrare nelle sue originarie mani tutto lo jus sepulchri (attivo, passivo, secondario e sul sepolcro in sè, attinente, quest’ultimo agli aspetti meramente patrimoniali). Per comune convenzione si muove sempre da questo presupposto: di solito i co-titolari della concessione sono anche portatori dello jus sepulchri, inteso nella duplice facoltà di dare e ricever sepoltura in quel determinato sacello gentilizio. I due diritti, possono però, in particolari circostanze divergere con questo paradossale risultato: gli obbligati alle spese manutentive, in quanto intestatatari della nuda proprietà sul manufatto sepolcrale (diritto sul sepolcro in sè) potrebbero non esser parimenti titolari del diritto d’uso: vale a dire la tomba è sì mia in senso civilistico (ma limitatamente le spese da sostenere!) ma io non ne potrò fruire per il mio post mortem. Per converso posso benissimo esser titolare dello jus sepulchri senza esser parimenti, (co-)intestatario del rapporto giuridico concessorio, basta, infatti, che il mio nominativo sia considerato espressamente nella lex sepulchri per garantirmi il diritto di sepolcro.
2) Se non c’è stato subentro in senso pieno, con i subentranti capaci di acquisire tutto lo jus sepulchri proprio del concessionario primo, (perchè non contemplato dal regolamento comunale di polizia mortuaria, o per altre ragioni, ad esempio nessuno lo ha attivato nei tempi e nei modi previsti dal regolamento municipale) concessionario unico ed identificabile rimane il fondatore del sepolcro ancorchè deceduto, gli oneri manutentivi si trasmettono jure haereditatis, con le usuali regole che governano la successione mortis causa è la “riserva”, ossia la rosa delle persone appunto riservatarie dello jus sepulchri, non subisce compressioni o dilatazioni, rimanendo quella (= lex sepulchri) statuita a suo tempo al momento della stipula dell’atto di concessione.
3) Se la riserva non subisce modificazioni, per effetto del subentro il titolo di accoglimento in quella data tomba sarà ad esaurimento, giusta e sacrosanta è, salvo patti contrari e di natura inter-privatistica tra gli aventi diritto da notificarsi solamente al Comune, l’adozione dei criterio della premorienza, unico parametro oggettivo da applicarsi. Lo Jus sepulchri, infatti, è diritto della personalità, assoluto, sebbene declinato nell’ambito di una concessione amministrativa, e pone su un livello di pari ordinazione tutti i soggetti legittimati dalla lex sepulchri, ancora viventi, così sarà l’ineluttabile cronologia degli eventi luttuosi a stabilire per le salme l’ingresso nel sepolcro…insomma basta che si sia posto e chi prima muore meglio alloggia! Oltre alla massima capacità fisica e recettiva della tomba lo jus sepulchri spira ex se e non è più esercitabile, per ovvi motivi di spazio.
4) La voltura di una concessione (cioè il subentro) può ben essere a titolo oneroso per il richiedente.
5) L’eventuale rinuncia deve esser formalizzata al Comune con atto scritto e debitamente autenticato (una semplice scrittura privata non pare strumento idoneo data l’ufficialità della dichiarazione unilaterale ed irreversibile)
6) Non è il concessionario a scegliere arbitrariamente o ad escludere chi vanterà il diritto di sepolcro, una disposizione in tal senso “profuma” di illegittimità lontano un miglio, nel sepolcro di tipo gentilizio o famigliare la concessione sorge sibi familiaaque suae ossia per il concessionario e la di lui famiglia, laddove il concetto di famiglia è basato sui relazioni di sangue o di coniugio, questo principio è inderogabile.
7) Un’eventuale regolazione giudiziale dei posti feretro disponibili implica giusto un giudizio in sede civile, sempre che il giudice aderisca ed acceda a questa tesi piuttosto ardita, la quale, però, pare contraddire il postulato della famosa “comunione solidale ed indivisibile” di cui spesso parla la Cassazione, in pronunciamenti suscitati proprio daa liti endo-famigliari, sullo jus sepulchri.
Gentile Sig. Carlo
scusi l’insistenza, non sono un’esperta.
Le norme, il Regolamento di Roma etc. parlano tutti del caso della Concessione SINGOLA : regole di successione, subentro, eredità o altro….
Qui invece si tratta di una tomba di 12 posti e di DUE concessionari di pari valore, fratelli e consanguinei tra loro ma con due famiglie diverse e con discendenze diverse.
Uno è morto senza eredi e gli succedono quelli iscritti nella concessione secondo le sue volontà originarie cioe“”” Per sè, il coniuge ( ed in effetti loro sono già lì sepolti), discendenti, parenti ed affini in ogni grado e linea””” quindi è andata in eredità la parte
sua : solo manufatto? solo jus sepulchri ? o tutti e due?Non hanno fatto subentro o altro.
Ma anche l’altro concessionario ha fatto la stessa cosa, la concessione è unica ma sono DUE “riserve” diverse perché diverse sono le famiglie .
Allora com’ è la situazione?
I discendenti vivi del defunto possono occupare tutti i posti vuoti secondo le premorienze contro la famiglia e la discendenza dell’altro Concessionario che ha firmato anche lui un contratto di concessione per sé, il coniuge, i discendenti, parenti ed affini in ogni grado e linea””?
La riserva del Concessionario superstite non vale più?
I discendenti del defunto che NON sono i discendenti del superstite possono occupare tutti i posti?
Ci sono due situazioni di diritto diverse , come sono regolamentate nelle leggi sui sepolcri? Come viene tutelata la volontà del Concessionario superstite?
Scusi molto e grazie se ha la pazienza di rispondere.
X Sconsolata,
inconsolabile ed addolorato sono io perché non riusciamo proprio a capirci: quasi quasi “ho perso le parole” come cantava qualche anno fa Ligabue o parafrasando Vasco “io non so più cosa fare” con i miei discorsi seri ed inopportuni…qui le nebbie della polizia mortuaria, invece, di diradarsi, s’infittiscono, e già calano inquiete ombre notturne sulle mie vanità di glossatore dei misteri funerari nell’Ordinamento Italiano.
Vabbè: rewind, riavvolgiamo il nastro e ricominciamo tutto daccapo.
1) al momento del perfezionamento del rapporto concessorio nulla osta a che si faccia concessione a più persone, ma dal punto di vista del Comune, quale ente concedente, cioè dall’unica prospettiva qui a rilevare davvero , la concessione è una ed una sola, così come la “riserva” da qui si legittima il concetto di comunione solidale ed indivisibile tanto caro alla Suprema Corte di Cassazione in diverse sue pronunce su cause inerenti allo Jus Sepulchri (= rissa furibonda tra parenti per accaparrarsi un posto feretro).
2) Il diritto di sepoltura é circoscritto e delimitato, per legge, ai sensi dell’art. 93 comma 1 D.P.R 285/90 al concessionario e alle persone facenti parte della di lui famiglia. Il punto nevralgico e dirimente è il concetto di famiglia: esso a questi fini, va precisato nel Regolamento comunale di polizia mortuaria e non solo in teoria, altrimenti, per default opererebbero, pur sempre gli artt. 74, 75, 76 e 77 del Cod. Civile, come visto precedentemente. Poiché un sepolcro, ab origine familiare, si “tramuta” in ereditario quando vi sia estinzione della famiglia del concessionario, nel caso di specie, gli eredi conseguono la condizione di titolari del sepolcro, assumendo così (salva diversa specificazione nel regolamento comunale che, per altro, qui si afferma essere silente) anche la qualificazione di concessionari e, in caso di loro pluralità, di co-concessionari, in termini di indivisibilità, dato il regime di comunione solidale che si instaura nel rapporto concessorio, il quale sorge sempre “intuitu personae”, è bene non dimenticarlo. Comprensibilmente, l’impiego dei posti feretro residuanti ed ora disponibili, sarà decretato dall’ordine (non preconizzabile, ma comunque certo!) di … riempimento in base alla cronologia degli eventi luttuosi, sempre nell’ottica del massimo volume ricettivo della tomba, insomma se non c’è materialmente spazio per immettere nuovi feretri nel tumulo il diritto di sepolcro si esaurisce ex se e chi prima muore…meglio alloggia! La questione posta è un po’ complessa, siccome, in linea di massima, dovrebbe sussistere nella titolarità della concessione tra più persone una comunione indivisibile, anche se possano esservi “regolazioni” pattizie tra diversi soggetti (regolamento su cosa comune ex art. 1106 Cod. Civile?), sempre se ed in quanto dichiarate ammissibili o consentite dal Regolamento comunale (altri studiosi si attestano su posizioni contrarie dato il particolare regime di comunione che verrebbe ad instaurarsi!) In tale ipotesi, l’utilizzo, pro-indiviso, si verifica in conseguenza di fattori esterni alla volontà degli interessati, cioè all’evento del decesso di persone aventi diritto, in quanto concessionarie o appartenenti alla famiglia del concessionario, e fino al raggiungimento della saturazione del sepolcro stesso. È tradizione che vi sia una sorta di divisione dei posti in base alla quota di proprietà del sepolcro, ma questo non è elemento di diritto. Fermo restando il necessario rinvio al Regolamento comunale (che, in questi casi, senza mai dimenticare l’art. 117 comma 6 III Periodo Cost. assume/svolge un ruolo importante, quando non assoluto), potrebbe – forse – anche riuscire comprensibile un intervento giudiziale di “regolazione”, del diritto di sepolcro; qualora il giudice acceda a questa tesi detto frazionamento, per altro, comporterebbe una sorta di compressione dei diritti di ciascuno degli altri soggetti interessati, venendosi così ad alterare il postulato per cui il titolo ad essere sepolti andrebbe ponderato in occasione del suo immediato utilizzo. Il regolamento municipale, però, è “fonte” spesso lacunosa, in merito all’istituto del subentro nell’intestazione di un rapporto concessorio, ed in questa sfortunata ed esiziale circostanza si deve considerare quale unico concessionario ancora il fondatore del sepolcro.
3) la proprietà del manufatto, pur sempre vincolata alla funzione sepolcrale, in sé è sempre intermedia e ontologicamente finalizzata al godimento dello Jus Sepulchri che è diritto di tipo personale, o sin anche personalissimo, esso non si eredita nelle consuete forme del trapasso del patrimonio, secondo successione mortis causa, ma si trasmette unicamente per vincolum coniugii o per vincolum sanguinis, cioè per vincolo coniugale o di consanguineità.
4) L’atto di concessione (per la fattispecie concreta e particolare ex art. 1372 Cod. Civile) ed il regolamento comunale di polizia mortuaria (come parametro generale ai sensi degli artt. 1, 3 e 4 – Disposizioni sulla Legge in Generale di cui al R.D. n. 262/1942) hanno entrambi valore normativo, ovviamente il regolamento comunale è funzionalmente sovraordinato, in quanto si colloca a monte, come premessa necessaria, in tutti i procedimenti di polizia mortuaria che interessino il Comune. Sarebbe, allora, assai opportuno definire la relazione gerarchica tra atto di concessione e regolamento comunale
Rimango, comunque, sempre a disposizione, per ulteriori chiarimenti o delucidazioni.
Gentile Sig. Carlo
Ho postato sotto il mio vecchio quesito ma penso che non si veda come successione temporale dei quesiti.
Mi scusi se lo riposto.
Rispondo solo ora perché ho acquisito alcuni dati necessari al presente quesito che fa seguito a quello di luglio
La concessione è intestata a fratello e sorella e la riserva scritta nell’atto è :
“””La concessione del suddetto sepolcro è riservata alla tumulazione delle seguenti salme: Per loro, loro coniugi, discendenti, parenti ed affini in ogni grado e linea”””
E’ morto il fratello,senza eredi diretti ,l’eredità è passata ai fratelli.
Nessuno ha fatto il Subentro da Lei richiamato in articolo.
Quindi la “”comunione solidale e indivisibile”” tra chi è?
Ho capito che il manufatto segue il codice civile per quanto riguarda la successione ereditaria ma lo jus s. se non è stato chiesto il subentro come si attiva?
Se il concessionario è rimasto nella carta solo la sorella vivente come rimane lo Jus s. ?
Un fratello dice che tutti i posti del sepolcro vanno utilizzati secondo le premorienze, cosa che la sorella concessionaria rifiuta perché 6 sono i “suoi”avendo pagato la concessione.
Ma se i fratelli “eredi” non hanno fatto il subentro – mi sembra che si deve pagare qualcosa – il concessionario rimane solo la sorella?
Nella Concessione c’è scritto che”” le salme di coloro che nell’atto di concessione sono indicate tra gli aventi diritto al sepolcro, possono essere essere escluse dal seppellimento soltanto per disposizione del concessionario””
Il concessionario mi sembra essere ancora e solo la sorella.
Cosa ne pensa?
Per tagliare la testa al toro 4 eredi ( sono 6 erano 7 con il defunto ) hanno pensato di fare una scrittura privata dicendo che 6 posti sono della sorella concessionaria e non si toccano e per i 4 posti residui del fratello ( due sono occupati da lui e dalla mogli) lasciano tutte le loro quote di j.s. e di manufatto metà al contestatore metà al concessionario: totale due alla sorella già titolare di 6 posti ( in concessione non sono però definiti) e due al fratello contestatore.
E’ Valida?Cosa ne pensa?
La tomba è al cimitero flaminio roma.
Grazie mille della Sua gentilezza.
Questa è una lettera che ho scritto a due Sindaci (in due momenti) di Orvieto
Egregio Signor Sindaco
Per evitare di scrivere, questa lettera, online, su ….. (NdR, emittenti locali depennate), le scrivo tramite facebook. Nel 2007, quando è deceduta, prematuramente, mia figlia Cambi Roberta (43 anni). Chiesi al Comune (con una lettera angosciata) se potevo ACQUISTARE, un loculo vicino alla mia ADORATA figlia (avevo già 80 anni). In virtù della legge, che prescrive: PER ACQUISTARE UN LOCULO E’ NECESSARIO ,CHE UNO DEI DUE CONIUGI SIA DECEDUTO. Conoscevo già questa legge, però, feci presente che in un comune nei dintorni di F……, ci fu una DELIBERA (data l’età del richiedente) per superare questa Legge. Dopo tante decisioni e indecisioni ,mi fu risposto: Non possiamo eludere la legge.
Circa 2 anni fa (87 anni)ho avuto un colloquio con Lei, gentilmente, mi fece conferire con il Sig. “”””””(ottimo amico e addetto anche ai cimiteri).
Non si può eludere La Legge . “”””””” purtroppo, se non c’è una delibera … SALVO CHE.…non si può fare niente
Oggi , di anni ne ho 89+due mesi. La legge è stata fatta per evitare speculazioni, in campo cimiteriale, MA a 89 io e 84 mia moglie…(già in precarie condizioni) che tipo di speculazione ci possiamo fare??
Volevamo, e si vorrebbe, un posto vocino a nostra FIGLIA…tutto qui… Anche per non lasciare, ai miei famigliari , questa incombenza.. Le ho scritto su facebook, perché desidero che anche gli amici di questo meraviglioso gruppo siano consapevoli del mio SFOGO. Cordiali saluti Piero Cambi.
….. P.S.
Bastava che la legge,(con una semplice postilla ) prescrivesse: La concessione per due coniugi,(89 anni e 84) ancora in vita è fattibile , basta che abbiano un famigliare stretto,(nello stesso Cimitero) come : figli , sorelle o fratelli. Ogni giorno, i loculi vicino a mia figlia ..inesorabilmente vengono a mancare.
Chiedo scusa: Piero Cambi
x Piero Cambi
la Redazione ha pubblicato questo Suo appello.
Non c’è una legge che vieta l’assegnazione di loculi per lei, bensì può esserci un regolamento di polizia mortuaria comunale che lo disponga o una deliberazione del competente Organo comunale (in genere è materia di Consiglio comunale). In sostanza viene fatta assegnazione di loculo solo in presenza di salma. Le eccezioni sono esplicitamente previste dallo stesso atto comunale.
Se l’atto comunale impedisce l’assegnazione die 2 loculi vicini alla salma di sua figlia Lei ha tre possibilità:
– contattare qualche membro del Consiglio comunale per far cambiare le regole;
– acquistare una concessione cimiteriale di una tomba a 3 o più posti e poi fare la traslazione della salma della figlia in quest’ultima tomba.
– scegliere per lei e la moglie – quando sarà il momento – la cremazione e far collocare l’urna cineraria nel loculo dove è sepolta sua figlia. La procedura (nei limiti fisici di capienza del loculo) è permessa in base al paragrafo 13.3 della circolare del Ministero della sanità del 24 giugno 1993, n. 24.
Mi scusi,non vorrei sembrare strano ma
se uno muore, muore.
Può sembrare banale ma se si fa questo passo,fregandosene di “rinnovi” e ” diritti”,si vivrà meglio.
Ho capito che è una discussione tecnica e Lei giustamente ci aiuta,pero viene sempre il dubbio che alla fine ci sia una non accettazione e che tali documenti,che ricevo anche io,”ricordino” sempre la stessa cosa.
Quando spegni,spegni.
Salve Carlo, avrei da porle un quesito, dato che con le mie scarse nozioni in materia, proprio non ne vengo a capo. Parto dall’inizio e vado via spedito… 1983 mia nonna acquista un loculo cimiteriale,avvertendo tutti i figli della spesa fatta e dicendo loro di aver avuto la concessione per 99anni. Mancherà prematuramente nel 1985. A luglio 2016,il comune ci scrive chiedendo il rinnovo perché la concessione sarebbe saduta a 29 anni (nel 2014 insomma). Noi purtroppo non abbiamo una straccio di contratto e non possiamo dimostrare nulla ma siamo sicuri che mia nonna non fosse matta quando asseriva dei 99anni, dunque a meno che all’epoca non fu “ingannata”, in comune stanno rivedendo un po tutto. Gli stessi signori, interpellati, hanno confermato la inesistenza di un contratto, avvinchiandosi a varie “sentenze”,di vari TAR (Puglia, Campania e Sicilia)– giurisprudenza amministrativa di 1’grado(?)–, riguardanti la non perpetuità della concessione e la ovvia demanialità del cimitero, senza, a mio parere, andare al nocciolo della questione.
Mi chiedo e dico, in paese (un piccolo paese, sono decine i casi simili):
È legittimo che il comune possa agire così,rimangiandosi la parola a suo tempo data? – se ha bisogno di spazio per nuove sepolture, non chiedesse nuovamente il costo della concessione –
È ingiusto(?!) che abbia pagato concessione per 99 anni e a nemmeno un terzo del tempo mi si richieda nuovamente il canone.
C’è qualcosa che non mi torna, sul nuovo regolamento che hanno approvato a Marzo 2016 dicono che le concessioni di loculi hanno durata di 29 anni mentre quelle dei suoli di 99 anni….Mi chiedo dunque, basta avere abbastanza denaro da potersi pagare un suolo(al fine di edificarci cappella gentilizia) per avere i 99 anni di concessione?
Chissà se mi potrà dare una sua risposta in merito. Grazie molte per intanto. Cordialmente, Francesco Mele
X Francesco,
problema interessante, invero, e non semplice da affrontare compiutamente
Provo a rispondere per singoli punti tematici:
1) in effetti si sta, tra mille oscillazioni e cavillosi distinguo, formando, un certo filone di giurisprudenza amministrativa, ancora di primo grado (senza, quindi, che si sia ancora pronunciato definitivamente il Consiglio di Stato sui casi pendenti) sulla reale possibilità di trasformare le concessioni perpetue in rapporti a durata determinata (max. anni 99, salvo facoltà di rinnovo) in base a questo assunto: il regime sub specie aeternitatis della concessione a tempo indeterminato, comunque legittimo sino al 10 febbraio 1976, occulterebbe un velato diritto di proprietà su un bene demaniale, quale è il cimitero e ciò sarebbe in contrasto con la natura stessa, pubblica per antonomasia, del moderno sepolcreto ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile.
2) Questo orientamento della più recente giurisprudenza, ancora da consolidarsi, pare contraddire posizioni più conservative e tradizionaliste dei T.A.R. e dello stesso secondo grado della Giustizia Amministrativa secondo cui per il principio generalissimo del Tempus Regit Actum una concessione perpetua non può esser unilateralmente e d’imperio portata dal Comune a tempo determinato, perchè questo atto se non consensualmente adottato, violerebbe la bona fides a base di ogni relazione contrattuale tra l’Ente Locale ed in privato cittadino….chi ci capisce è bravo, e districarsi nelle gore interpretative dei Tribunali Italiani non è certo operazione semplice ed indolore!
3) Tra l’altro segnalo come lo stesso Consiglio di Stato, abbia, almeno in un’occasione, dichiarato illegittime le norme comunali che per le concessioni perpetue prevedessero, con una sorta di canone ricognitivo, il rinnovo della concessione ad esempio ogni tren’anni, a pena di pronuncia di decadenza (o estinzione disfunzionale del rapporto concessorio per abbandono amministrativo???)
4) Nella situazione da Lei prospettata il loculo concesso nel 1983, cioè molto dopo il 10 febbraio 1976 è comunque a tempo determinato, infatti, Lei mi parla, correttamente di una probabile concessione 99ennale, dunque la giurisprudenza di cui sopra è citata un po’ a sproposito.
5) Senza un regolare atto di concessione (titolo cartaceo ed in bollo) la concessione cimiteriale è da considerarsi insussistente, questo è pacifico ed assodato, con tutte le logiche, ma spiacevolissime conseguenza di un (ab)- uso sine titulo di uno spazio sepolcrale altrimenti fruibile da soggetti terzi (= recupero delle somme pro rata per gli anni già goduti di jus sepulchri e rischio concreto di vedersi sfrattare il morto ivi sepolto in campo di terra riservato agli indecomposti, con imputazione dei relativi oneri)
6) Per le concessioni già in essere, ma sprovviste di ufficiale atto (titolo), molto probabilmente, per cause non riferibili a coloro che vantino, de facto, il medesimo diritto d’uso sui sepolcri i rimedi possono essere molteplici. Se si dispone di elementi anche formali di prova (ricevute o, comunque, le registrazioni dei versamenti per il canone concessorio pagato all’epoca), è possibile sanare la situazione con un atto ricognitivo del Dirigente di servizio, nel quale si dia atto della sussistenza della concessione, del momento del suo insorgere, del soggetto che ne sia titolare (il versante, in linea di massima) e quindi si provveda, oggi per allora, alla formazione del titolo, cioè dell’atto di concessione.
7) In questo caso, mi sento di suggerire che “usare” il procedimento di sanatoria per definire la concessione attorno agli attuali soggetti che facciano parte della famiglia che pretende il diritto su un determinato sepolcro, assumendo questi quali fondatori del sepolcro e quindi facendo discendere dal momento dell’adozione del “provvedimento finale” di riconoscimento della esistenza del diritto di sepolcro preteso tutti gli effetti che deriverebbero da una concessione disposta in quel momento, cioè oggi, con la sola eccezione della durata, che dovrebbe essere quella originariamente definita, ammesso che sia possibile reperire questa informazione.
8) Obiter dictum: ci sono poi alcune noie di lana caprina per soli cultori del diritto funerario che per brevitas affronto, qui, in appendice:
La prima questione, probabilmente più delicata, è quella di stabilire la “famiglia” e il c.d. “fondatore del sepolcro”, nonché i criteri di trasmissione e subentro dei diritto sul sepolcro.
La seconda infine, è quella di capire se la definizione canonica di “famiglia”, che consente di individuare gli aventi diritto sulla sepoltura, sia come diritto di disposizione, sia come diritto di utilizzarla (= esservi sepolti, jus sepulchri), nonché i criteri di trasferimento dei diritti mortis causa, debbano essere quelli dell’attuale regolamento comunale di polizia mortuaria, oppure si debba fare riferimento alle norme in vigore al momento originario della concessione stessa, nel qual caso potremmo trovarci di fronte a situazioni non omogenee nel tempo.
Molti di questi dilemmi e di queste difficoltà potrebbero essere superate nel caso in cui l’applicazione dell’istituto dell’immemoriale (https://www.funerali.org/cimiteri/ricognizione-sullo-jus-sepulchri-listituto-dellimmemoriale-1172.html) avvenisse adendo il Giudice, in sede civile e con tutta l’alea che un giudizio sempre comporta, sempre ché il ricorrente abbia l’avvertenza di richiedere la regolazione anche di questi aspetti.
Altrettanto, una soluzione potrebbe essere individuata nel caso in cui l’istituto dell’immemoriale venisse accolto come procedimento amministrativo normato dal regolamento comunale di polizia mortuaria, qualora nella sua architettura non ci si limitasse a delineare esclusivamente l’iter burocratico, ma bensì anche gli esiti della conclusione del procedimento, magari anche condizionando, in un certo qual senso, il ricorso a tale procedimento amministrativo all’accettazione di questi risultati dell’istruttoria.
X Sconsolata,
Sì, sembra un paradosso, ma è proprio così: la sepoltura famigliare sorge, appunto, sibi familiaeque suae, per il fondatore e la di lui famiglia, ma se quest’ultimo ha la S-fortuna di campare molto a lungo, e di sopravvivere a tutti gli altri aventi titolo, rischia di non trovar più posto, se gli avelli sono già tutti occupati.
Ribadisco il concetto: nello Jus Sepulchri non si ha mai eredità, se non limitatamente agli oneri manutentivi, i quali possono pure trasferirsi jure haereditatis, in quanto obblighi di tipo patrimoniale e suscettibili di valutazione economica, ma essi, in questa evenienza, possono pure divergere, pesantemente dal diritto d’uso, cioè dallo jus sepulchri primario.
L’unica forma di successione mortis causa ammessa, allora, è per coniugio o consanguineità, ed è normata solo ed esclusivamente dallo strumento principe per il buon governo del fenomeno funerario a livello locale: trattasi del regolamento municipale di polizia mortuaria; essso in tema di subentro eventuale gode di amplissimi – pressoché assoluti, margini di manovra ed intervento, in base ad usi, costumi e sensibilità della cittadinanza.
Tutto gravita attorno alla cosiddetta “LEX SEPULCHRI”, statuita, con valore di legge tra le parti ex Art. 1372 Cod. Civile, in sede di stipula dell’atto concessorio, ossia alla “riserva” di cui all’Art. 93 comma 1 I Periodo DPR 10 settembre 1990 n. 285; essa altro non è la designazione, in vita (stante l’Art. 50 DPR n. 285/1990 la concessione deve pre-esistere all’effettivo utilizzo), della rosa di persone portatrici e titolari dello Jus Sepulchri; tale diritto è l’unico ad esser esercitato in proiezione dell’oscuro post mortem, e quando si è ancora vivi come un qualunque altro diritto potenziale si riduce non a certezza, ma a mera, legittima aspettativa.
Secondo la giurisprudenza più autorevole e consolidata lo Jus Sepulchri primario (nella fattispecie Jus sepeliri, ovvero diritto ad esser sepolti in una tomba privata) si estingue nel momento in cui il feretro viene deposto nella tomba, secondo altri giuristi, invece, proprio in questo momento comincia a produrre tutti i propri effetti (ex plurimis: requiescant in pacem in ossequio al postulato della stabilità delle sepolture) per tutta la durata residua della concessione.
A questo punto se con la morte cessa la capacità giuridica i morti, in quanto tali non sarebbero logicamente più titolari di alcun diritto, ecco allora attivarsi lo jus inferendi mortuum in sepulchrum, cioè il diritto/potere dei vivi a dar sepoltura ai propri cari, magari nella tomba prescelta dal de cuius con lo jus eligendi sepulchri. Vale a dire: la Legge tutela i defunti in quanto essi, con le catene d’amorosi sensi di foscoliana memoria, formano l’oggetto di un interesse (esempio: lo Jus Sepulchri secondario, il quale si traduce nella facoltà di render visita ed omaggio ai propri cari scomparsi) cui l’Ordinamento riconosce piena cittadinanza e protezione. Quale teoria scegliere? E’indifferente. Preferirei, pertanto, sottrarmi ad un dibattito un po’ troppo accademico ed ozioso, almeno per questo blog di indomiti beccamorti.
Solitamente, specie in caso di co-titolarità della concessione in capo a più soggetti, è saggio, al fine di prevenire liti endo-famigliari alle volte devastanti (si finisce, spesso, in Cassazione per situazioni simili), addivenire ad una “riserva” dedicata nominativamente con i nomi degli aventi diritto, in qualche maniera, scolpiti nella LEX SEPULCHRI, ancor prima che sulla lastra sepolcrale. Solo in questa fase costitutiva è permesso ampliare o restringere il significato di “famiglia”, (mononucleare, allargata, patriarcale…) in forza delle disposizioni del regolamento comunale di polizia mortuaria il quale potrebbe offrire una definizione canonica di nucleo famigliare, altrimenti opererebbero pur sempre, come extrema ratio, per evitare lo stallo ed il vuoto normativo gli Art. 74, 75, 76 e 77 Cod. Civile.
Se non si ha quest’accortezza, ed a tal proposito consiglio caldamente di consultare con attenzione l’atto concessorio o la convenzione da cui sovente è accompagnato, nella quale le parti (Comune e privato cittadino) definiscono le rispettive obbligazioni sinallagmatiche si applicherà, per default, il criterio della premorienza…insomma “chi prima muore meglio alloggia”, sino alla naturale saturazione degli avelli, ai sensi dell’Art. 93 comma 1 II Periodo DPR 10 settembre 1990 n. 285, da intendersi, comunque, in senso dilatato ed estensibile non più ai soli feretri, ma anche alle cassette di resti ossei, ai contenitori di resti mortali o alle urne cinerarie, infatti, un avveduta politica di gestione della sepoltura (estumulazioni programmate, ricorso alla cremazione…) permette di recuperare periodicamente spazio, per l’accoglimento di nuovi defunti, con un notevole e responsabile ri-uso di un patrimonio cimiteriale di per sé limitato e finito…ed a volte insufficiente ad accontentare tutti.
Gentile Sig. Carlo
rispondo solo ora perché ho acquisito alcuni dati necessari al presente quesito che fa seguito a quello di luglio
La concessione è intestata a fratello e sorella e la riserva scritta nell’atto è :
“””La concessione del suddetto sepolcro è riservata alla tumulazione delle seguenti salme: Per loro, loro coniugi, discendenti, parenti ed affini in ogni grado e linea”””
E’ morto il fratello,senza eredi diretti ,l’eredità è passata ai fratelli.
Nessuno ha fatto il Subentro da Lei richiamato in articolo.
Quindi la “”comunione solidale e indivisibile”” tra chi è?
Ho capito che il manufatto segue il codice civile per quanto riguarda la successione ereditaria ma lo jus s. se non è stato chiesto il subentro come si attiva?
Se il concessionario è rimasto nella carta solo la sorella vivente come rimane lo Jus s. ?
Un fratello dice che tutti i posti del sepolcro vanno utilizzati secondo le premorienze.
Ma se non hanno fatto il subentro – mi sembra che si deve pagare qualcosa – il concessionario rimane solo la sorella.
Nella Concessione c’è scritto che”” le salme di coloro che nell’atto di concessione sono indicate tra gli aventi diritto al sepolcro, possono essere essere escluse dal seppellimento soltanto per disposizione del concessionario””
Il concessionario mi sembra essere ancora e solo la sorella.
Cosa ne pensa?
Per tagliare la testa al toro hanno pensato di fare una tutte le loro quote di j.s. e di manufatto metà al contestatore metà al concessionario.
Cosa ne pensa?
Grazie mille della sua gentilezza.
P.s.
Scusi
Per tagliare la testa al toro hanno pensato di fare una scrittura privata lasciando tutte le loro quote di j.s. e di manufatto metà al contestatore metà al concessionario.
E’ Valida?
Gentile Forum
sottopongo un quesito che sta creando intoppi ad una successione ereditaria.
Una tomba di 12 posti è stata voluta da due fratelli che ne sono i concessionari.
E’ recentemente morto uno dei due fratelli senza eredi. La moglie era deceduta. Quindi la sua quota passa a tutti gli altri fratelli compreso quello con il quale ha fatto la concessione, totale sei fratelli viventi, erano sette.
Nessuno ha fatto il subentro e/o la variazione della titolarità della quota di concessione del defunto.
In questo caso la titolarità della tomba rimane al concessionario superstite con oneri e onori ?
Come si fa a capire cosa aspetta in eredità ai fratelli ? fermo restando che è una eredità particolare su bene demaniale.
Il fratello superstite ha diritto ai suoi 6 posti in quanto l’asse ereditario non è il suo ma del fratello morto e i suoi posti non vanno in eredità .Giusto?
Nei 6 posti del defunto ci sono lui e la moglie e rimangono liberi 4 posti Giusto?
Dei 6 fratelli compreso il titolare degli altri 6 posti ,quattro rifiutano la tomba.
Come debbono essere divisi i 4 posti residui tra i due fratelli che hanno accettato l’eredità così chiamata ?
( un fratello ha già 6 posti + la quota ereditaria e un fratello che ha la quota ereditaria).
Io ho fatto così : 4 posti : 6 fratelli =0,666666
4 non vogliono la quota ,allora come funziona il tutto?
Vanno avanti da mesi e non si trova un accordo anche perché qualcuno dice di volere nella massa ereditaria anche i 6 posti del concessionario superstite.
Quali sono le leggi e le regole in questo caso?
Il regolamento di polizia mortuaria tace al riguardo.
Grazie se mi rispondete
X Sconsolata,
Non si possono accampare diritti “spartitori” sui sepolcri.
Sull’istituto del subentro ho già scritto troppo, pertanto si rimanda, per un preliminare chiarimento, al seguente link: https://www.funerali.org/cimiteri/la-morte-del-concessionario-e-listututo-del-subentro-7523.html
Muovo, nella risposta, da una citazione dotta, ciceroniana, in lingua latina, mutuando alcuni frammenti di dottrina (e saggezza funeraria) dall’antico diritto romano: Hoc monumentum heredem non sequitur espresso anche con l’acronimo H.M.H.N.S. ossia il monumento funerario (leggasi la cappella gentilizia) è un bene indisponibile anche per l’erede.
E’, allora, tutta l’impostazione concettuale del quesito ad essere viziata – ab origine – e non è tanto un mero problema di forma, quanto una questione ad sustantiam.
Il diritto delle successioni mortis causa dettato dal Cod. Civile, infatti, attiene sempre e solo ad una condizione patrimoniale (= il trapasso del patrimonio), mentre gli jura sepulchri quali diritti personalissimi non rientrano MAI nell’asse successorio, ne sono avulsi, proprio per la loro natura indisponibile. A parte la demanialità del sepolcri su cui si potrebbe a lungo disquisire per trarne sempre nuovi spunti di discussione lo jus sepulchri sorge ex capite e jure proprio per il solo fatto di esser in un determinato rapporto di coniugio o parentela con il fondatore della tomba all’atto istitutivo della lex sepulchri, quando le parti in causa stipulano il contratto di concessione.
E’pertanto illogico simulare una ripartizione aritmetica del diritto di sepolcro, alla quale (= regolazione in quote dello jus sepulchri) si potrebbe giungere solo in via pattizia (con atto inter-privatistico da notificare al comune, al quale l’Ente Locale rimane estraneo in caso di sopravvenuta lite, limitandosi a garantire lo status quo in attesa di definizione della controversia) o giudiziale, sempre che eccitato un giudizio con rito contenzioso, il Giudice, in sede civile, acceda a questa tesi del frazionamento rigido, poichè in caso di co-titolarità sulla concessione siamo dinanzi ad una comunione solidale ed indivisibile, dove tutti gli aventi diritto (individuati dalla Lex Sepulchri e per default dall’Art. 93 comma 1 I Periodo del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) sono collocati su un piano di pari ordinazione e legittimazione nelle fruizione dello spazio sepolcrale per il loro post mortem, sarà così la naturale cronologia degli eventi luttuosi a scandire l’entrata delle salme degli aventi titolo nella cappella gentilizia, sin quando la capacità ricettiva della tomba non giunga a saturazione, oltre questa soglia fisica, infatti (…se materialmente non c’è più posto c’è poco da fare!!!) lo stesso jus sepulchri spira ex se e non è più esercitabile ai sensi dell’Art. 93 comma 1 secondo Periodo DPR 10 settembre 1990 n. 285. Consiglio pure di consultare attentamente questo link: https://www.funerali.org/cimiteri/divisione-di-sepolcro-gentilizio-5283.html
Lo stesso principio vale per le obbligazioni patrimoniali di carattere manutentivo sul sepolcro ex Art. 63 DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Se alcuni degli aventi diritto vogliono liberamente rinunciare al loro jus sepulchri primario (dare o ricever sepoltura in quel determinato sacello gentilizio) rinvio per brevitas a questo link, per ponderare attentamente gli effetti giuridici, anche in prospettiva futura, di tale decisione: https://www.funerali.org/cimiteri/la-rinuncia-nelle-concessioni-cimiteriali-modi-forma-e-natura-dellatto-45953.html, rammentando solo come si giungerà tra i restanti aventi diritto ad un accrescimento nella loro residua titolarità di jus sepulchri.
Gentile Sig. Carlo
spendida risposta! Grazie.
Non ho capito però una cosa : il sepolcro è una comunione solidale ed indivisibile quindi comunione anche con gli eredi del concessionario morto.
Il concessionario superstite quindi ,che ha costruito e voluto il suo sepolcro per sé ed i suoi, vedrà cadere in “comunione solidale” anche il suo posto, quello del coniuge e dei 4 figli giovani ( totale 6 posti come aveva domandato in concessione) e perderà – se ho capito bene- il diritto ad esercitare sia lo jus s. sia la proprietà sul manufatto in quanto chi muore prima prende tutti i posti e vedendo le età il superstite rimarrà fuori dal ” suo “sepolcro.
Ho capito bene?
Buona sera. Mi trovo di fronte ad una situazione particolare: mia nonna è morta qualche giorno fa; possedendo una tomba di famiglia, l’idea era quella di darle sepoltura lì. Per fare ciò, però, è necessario rimuovere un parente precedentemente defunto. Nel momento di compiere una scelta sulla rimozione, facciamo caso al fatto che nella tomba di famiglia è stato sepolto anche una persona che non ne faceva parte. Andando a controllare i documenti, sembra che il permesso per dare sepoltura alla persona in oggetto sia stato concesso anni e anni fa (tant’è che la persona che lo ha dato è già deceduta) e ora non è possibile in alcun modo rimuoverlo perché necessario il consenso dei familiari. A quanto pare, si tratta di una persona sola, che non aveva parenti. Come bisogna procedere?
Altra cosa strana: fino a due/tre anni fa, siamo certi che nella tomba in oggetto, il nome del defunto sulla lapide non ci fosse, allora abbiamo sempre creduto fosse vuota. Ora, nel momento in cui è sorta la questione, abbiamo fatto caso al fatto che la lapide è nuova e diversa da quelle soprastanti e il nome è stato aggiunto recentemente!
Come si può risolvere? Ci troviamo la tomba di famiglia occupata da questo soggetto ignoto e mia nonna è in attesa di una collocazione. Grazie in anticipo.
X Margherita,
consiglio, preliminarmente, la consultazione di questo link: https://www.funerali.org/cimiteri/tumulazione-illegittima-373.html , da cui si potranno evincere dettagliate informazioni sui possibili rimedi da intraprendere.
richiamato l’Art. 102 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285, in forza del quale il titolo di accettazione in un sepolcro privato (quali sono le tumulazioni tutte!) deve esser attentamente vagliato dal competente ufficio comunale di polizia mortuaria, attraverso apposita fase istruttoria, anche non particolarmente articolata (basta, infatti, una semplice ricerca anagrafica per risalire al legame di parentela) al fine di prevenire comportamenti indebiti ed abusi (come, appunto, l’ingresso nella tomba della spoglia mortale di un NON avente diritto, in quanto estraneo al nucleo famigliare riservatario del diritto di sepoltura), si ricorda come lo Jus Sepulchri, sia classificato dalla Cassazione, ed a più riprese, con orientamento, quindi, costante, come un diritto di natura reale e patrimoniale, oltreché personale (laddove il sostrato materiale di opere murarie e suppellettili funebri è funzionale, cioè teleologicamente finalizzato, nel post mortem degli aventi diritto , all’accoglimento delle loro spoglie mortali) tutelabile in via possessoria con le relative azioni di difesa previste dal Cod. Civile.
Stante l’attuale situazione di paralisi, il Comune, infatti, non può autorizzare sine titulo un’estumulazione allo scopo di recuperare spazio, bisogna, allora, adire il Giudice Ordinario, in sede civile, magari sfruttando l’Art. 700 Cod. Proc. Civile per ottenere un provvedimento d’urgenza.
Il problema si complicherebbe, non poco, se l’ignoto, fosse stato tumulato – purtroppo per Lei – legittimamente in base all’istituto della benemerenza ex Art. 93 comma 2 DPR n. 285/1990, introdotto “solo”dal 27 ottobre 1990, ogni atto in tal senso precedente a tale data sarebbe, pertanto, nullo di diritto (in buona sostanza il concessionario, o secondo altri giuristi, tutti i soggetti interessati da una potenziale compressione del loro Jus Sepulchri, in deroga alla famigliarità del sepolcro, autorizza l’immissione nella tomba di feretro di persona non appartenente alla famiglia, ma ad essa unita da particolari vincoli morali ed affettivi), in questo caso saremmo davvero all’impasse, poichè lo Jus SEpulchri si esercita, logicamente, giusta l’Art. 93 comma 1 I Periodo del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, sino alla naturale saturazione dei loculi, ovvero sin quando vi sia spazio sepolcrale per tumulare nuove bare, oltre questo limite fisico lo Jus Sepulchri spira ex se (insomma se non c’è più posto c’è poco da fare!) e da legittima aspettativa quando si è ancora in vita (= facoltà potenziale) non si traduce in un diritto effettuale al momento del decesso.
GENTILE redazione mi giunta una richiesta da parte di un concessionario titolare di un concessione di un loculo cimiteriale il dichiara “di essere possessore presso il cimitero di Monte San Biagio del loculo n. 354 occupato dalle spoglie mortali della propria madre. In riferimento a tale loculo chiedo di trasferire tutti i diritti e doveri e posizione della sudetta concessione del loculo a mia cognata”.
La mia domanda: è possibile procedere al subentro di una concessione cimiteriale tra vivi?
di prassi accolgo le richieste di voltura per decesso del concessionario a favore degli eredi che a loro volta con propria dichiarazione resa all’ufficio decidono di nominare un subentrante tra gli aventi diritto.
Nel caso specifico ho dei dubbi nel procedere. resto in attesa di vostro gentile riscontro grazie.
X Duilio,
Ogni tanto qualcuno ci prova sempre nella compravendita di sepolcro, anche se questa operazione è illegittima e, dunque, nulla di diritto, da almeno 40 anni, cioè dal 10 febbraio 1976, anzi essa contravvenendo all’Art. 92 comma 4 del vigente Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, (sono proibiti il lucro e la speculazione) dovrebbe comportare, di rigore, la pronuncia di decadenza sanzionatoria sulla concessione stessa.
L’unica forma di avvicendamento, tra l’altro, solamente mortis causa nella titolarità di beni cimiteriali, dati in concessione, è rappresentata dall’istituto del subentro, sono pertanto vietatissimi gli atti di disposizione per acta inter vivos, come appunto la cessione, sui sepolcri, poiché il il Legislatore ha sancito e statuito con norma positiva:
1) la demanialità (e si mediti sul suo profondo significato!) dei cimiteri con le tombe in essi insistenti (Art. 824 comma 2 Cod. Civile con le logiche conseguenze di cui all’Art. 823 Cod. Civile)
2) l’espressa abrogazione avvenuta con il D.P.R. n. 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976 di ogni normativa incompatibile (si trattava dell’Art. 71 commi 2 e ss. Regio Decreto n. 1880/1942) con la natura demaniale dei cimiteri e quindi con la NON trasmissibilità per acta inter vivos dello Jus Sepulchri.
Questa è la Legge!
L’unica soluzione percorribile per “liberarsi” del loculo in questione, se non interessa più all’attuale concessionario, è la sua retrocessione al Comune, il quale provvederà a riassegnarlo, secondo modalità e procedure fissate nel regolamento municipale di polizia mortuaria.
Salve, scrivo dal Comune di Battipaglia, in provincia di Salerno. Mia madre ha avuto in concessione un’area del cimitero per l’inumazione di mio nonno, nel Novembre del 1990, quindi per una durata di 99 anni. Oggi, a seguito del decesso di mia nonna, per esaudire il suo desiderio di stare con il marito, si era ipotizzato si esumare mio nonno, pulire le ossa e metterle nel cassettino ed inumare mia nonna lì, insieme al cassettino.
Ci era stato detto che ciò era possibile e che sarebbero proseguiti i 99 anni. E’ corretto?
In ogni caso, avvenuta l’esumazione, ci accorgiamo che sul cadavere di mio nonno non è avvenuto il processo di mineralizzazione e che lo stesso si è mummificato (era in un feretro di zinco). A questo punto richiudiamo tutto, mio nonno resta lì dov’era e mia nonna viene posizionata altrove, ma il direttore del cimitero ci dice che abbiamo perso la concessione dei 99 anni e che la stessa è diventata di 20 anni perchè abbiamo fatto l’esumazione. E’ corretto?
Grazie
X Anto,
Sua madre nell’ormai lontano novembre del 1990 ha avuto in concessione un campetto ad inumazione (forse monoposto?), ad ogni modo la Legge (Art. 90 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285) prescrive che le aree su cui impiantare sepolture a sistema d’inumazione siano dotate di adeguato ossario, questo – forse – per favorire una rotazione ed un riuso responsabile dello spazio sepolcrale, altrimenti l’ordinario disseppellimento ( =turno di rotazione) andrebbe effettuato solo alla scadenza della concessione (in via analogica Art. 86 comma 1 DPR n. 285/1990), con un notevole immobilizzo per la capacità ricettiva del sepolcro stesso, poichè lo Jus Sepulchri si esercita pur sempre sino alla naturale saturazione della tomba, superata la quale esso spira ex se, senza più la possibilità di immettere nuovi morti. (se materialmente non c’è più posto è facile addivenire logicamente a questa soluzione “cristallizata”, comunque anche in norma positiva dall’Art. 93 comma 1 II Periodo DPR n. 285/1990)
Spesso, soprattutto in passato i Comuni commettevano l’errore di legare, specie per i sepolcri monoposto, il perdurare, nel tempo, della concessione al mantenimento dello stesso defunto nella medesima sepoltura privata: è il caso del cosiddetto “sepolcro nominativamente dedicato”, in cui la sussistenza del rapporto concessorio instauratosi tra Amministrazione Comunale e privato cittadino concessionario è vincolata solo alla tumulazione/inumazione di quel particolare feretro individuato espressamente nell’atto di concessione, con questo ulteriore effetto: un’eventuale esumazione/estumulazione finalizzata al trasporto in altra sede del defunto (Art. 88 DPR n. 285/1990) avrebbe prodotto l’estinzione della concessione per esaurimento dei suoi stessi fini (= il godimento dello jus sepulchri costituito in favore di quell’unica salma).
Ma se Suo nonno continua ad esser sepolto proprio in quel campetto ad inumazione, eccetto clausole di minor favore inserite nell’atto di concessione che io, però, non conosco, il problema non dovrebbe neppure porsi.
Ad ogni modo il Comune non può alterare unilateralmente un rapporto giuridico che esso stesso ha liberamente posto in essere, tra l’altro senza avere né obbligo a contrarre, né, tanto meno il dovere di stipulare l’atto di concessione, con relativa durata 99ennale a determinate condizioni.
Fermo restando che il Comune, quale ente concedente, non può modificare o intaccare un rapporto giuridico che ha concorso a formare, magari sulla base di una propria regolamentazione locale all’epoca vigente, va ricordato che potrebbe risultare ammissibile solo un accoglimento della rinuncia unilaterale da parte del concessionario (e sempre che questi sia ancora in vita se concessionario debba intendersi il soggetto che ha stipulato l’atto di concessione o suoi discendenti, se così previsto dal regolamento comunale di polizia mortuaria vigente al momento dell’atto di concessione).
La ringrazio per la risposta. Ma non ho capito se la soluzione che mi era stata prospettata inizialmente era corretta (“cassettino” per mio nonna e feretro di nonna entrambi nello stesso fosso per 99 anni a partire dal 1990).
Inoltre, a ciò che ho scritto in precedenza, si aggiunga che il Direttore del Cimitero ci ha richiesto l’atto di concessione del 1990, di cui – però – noi non siamo in possesso e che – quasi certamente, non è stato mai consegnato a mia madre all’epoca!!
Pertanto il Direttore ci ha addirittura detto che non abbiamo alcuna prova della detta concessione!! Com’è possibile fare tale affermazione? E a che titolo mio nonno sarebbe stato seploto lì per ben 26 anni?! Cortesemente, mi prospetterebbe una soluzione per sanare la questione in modo definitivo e senza avere ulteriori brutte “sorprese” in futuro? E possibile reperire tale concessione? E se non fosse mai stato materialmente redatto un atto di concessione?? (consuetudine di quel periodo). Grazie mille per la sua precisione e disponibilità.
Saluti
X Anto,
la soluzione inizialmente prospettata sarebbe stata l’unica davvero legittima: attenzione, però, le ossa raccolte in cassetta ossario non vanno deposte nella stessa fossa con il feretro, ma in un apposito spazio (esempio: pozzetto ipogeo o manufatto comunque di lieve entità architettonica, come potrebbe essere un parallelepipedo edificato sul piano di campagna) ricavato all’interno dell’area avuta in concessione: è infatti, vietato inumare le ossa, perché esse possono solo esser o tumulate in nicchia ossario o disperse nell’ossario comune.
La situazione che si registra (assenza del contratto di concessione) sembrerebbe imputabile non tanto ai concessionari quanto (forse) a una non piena diligenza del comune, in quanto, sotto il profilo del diritto amministrativo, solo la presenza del “regolare atto di concessione”, per usare il termine aulico, costituisce titolo d’uso sui sepolcri privati, ma se vi sono stati i pagamenti (la concessione, infatti, è sempre a titolo oneroso per il cittadino) è senz’altro possibile provvedere a regolarizzare la situazione formando ora gli atti di concessione, con riferimento ai concessionari originari, se ancora viventi, secondo i canoni concessori vigenti all’epoca del pagamento, e con le condizioni di concessione (tra cui, la durata) allora prevista.
Ciò comporta solo che i concessionari versino o l’importo o l’integrazione delle somme dovute per l’imposta di bollo e per la registrazione (se vi si debba provvedere), nonché per le spese contrattuali, dato che queste somme non possono che essere quelle vigenti al momento della formazione dell’atto di concessione.
Dato il tempo trascorso, per altro, potrebbero esservi alcune “criticità”, tipicamente quella per cui i concessionari individuati negli atti deliberativi non siano più in vita, ma non è il Suo caso.
Si potrebbe, forzando un po’ i margini della rigidità formale della norma in questione superare questo aspetto, con un atto deliberativo (di giunta comunale) con il quale, dandosi atto della situazione per come essa si sia naturalmente evoluta, si giunga nella considerazione di una “sanatoria”, consentendo ora di stipulare i relativi atti di concessione.
Per altro, sembrerebbe di cogliere come l’amministrazione possa avere l’orientamento per un intervento che le consenta di modificare le condizioni inizialmente previste (come, la durata), ipotesi a cui si potrebbe, a certe condizioni, anche giungere, ma considerando le concessioni de quibus come inesistenti, bisognerebbe attivarle ex-novo, corrispondendo oggi le tariffe attuali (e quindi con la durata attuale), ma facendo altresì pagare l’occupazione “sine titulo” pregressa, magari sulla base delle tariffe di anno in anno vigenti nei diversi periodi di “occupazione” di fatto dei posti di sepoltura.
Qualora questo sia l’orientamento dell’amministrazione, il quale, oltretutto, potrebbe anche essere individuato come quello preferibile dal punto di vista giuridico, dovrebbe anche essere messa in conto una probabile “resistenza” da parte delle famiglie interessate, che spesso hanno la percezione di essere, dato il tempo trascorso e l’uso (non precedentemente contrastato dall’amministrazione) protrattosi, titolari di un diritto consolidato, perfetto ed acquisito.
Spesso, infatti,, le famiglie, ignare delle procedure di polizia mortuaria e cimiteriale, non percepiscono molto la necessità della sottoscrizione di un regolare atto di concessione, magari nella convinzione, umanamente comprensibile, per cui avrebbero assolto i propri obblighi con il mero pagamento della tariffa, a suo tempo eseguito. O, in altre parole, non va escluso un atteggiamento di buona fede da parte loro, che l’Ordinamento comunque tende a proteggere.
X Ruggiero,
Il diritto di superficie oggetto di concessione amministrativa da parte del Comune, quale proprietario dell’impianto cimiteriale (o, meglio, il riferimento analogico a questo) sussiste per quanto riguarda il rapporto, appunto, concessorio, cioè il rapporto giuridico di diritto pubblico, intercorrente tra comune e confraternita.
Il rapporto tra confraternita e confratelli (o, consorelle) è una relazione di tipo associativo cui il comune è, abbastanza estraneo, una volta che abbia verificato l’appartenenza, in vita, del defunto alla confraternita.
Nel caso di concessioni di sepolcri (o di aree ai fini della costruzione di sepolcri) a confraternite, si hanno due distinti rapporti giuridici, il primo, intercorre tra il comune e la confraternita è di diritto pubblico e il secondo, invece, è intrattenuto tra la confraternita ed il confratello (o, consorella) ed è di diritto meramente privato.
Quest’ultimo non costituisce, né può costituire, una cessione del diritto sussistente in capo alla confraternita ma si configura una modalità di esercizio della “riserva” di cui all’art. 93, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, essa è regolata da due strumenti: a) l’atto di concessione, b) l’ordinamento della confraternita.
In altre parole, la confraternita non “cede” alcunché (né potrebbe “trasmettere”), ma, realizzando le proprie funzioni, assicura che il confratello (o, consorella) a fine sepolcrale, fruisca, a tempo debito, del fatto di essere appartenente alla confraternita medesima.
I rapporti tra confratello (o, consorella) con la confraternita sono disciplinati dall’ordinamento della stessa. Per altro, il “manufatto” costituente il sepolcro è nella titolarità, fin tanto che duri la concessione, della confraternita, cui spetta, eventualmente, ogni azione a tutela dello stesso.
Salve, vorrei porre un quesito riguardo l’effettivo uso dei loculi in concessione dato dalla confraternita.
Mio nonno come si evince dalla ricevuta in mio possesso, ha acquistato nel 1943 la concessione n. 2 loculi all’interno della cappella della confraternita, poi successivamente nel 1967 ne acquista altri n. 2 loculi dove verrà poi seppellito sia il nonno e la nonna.
La questione è che oggi gli unici familiari viventi mia madre e mio zio, vorrebbero utilizzare questi 2 posti acquistati nel ’43 per loro.
Solo che recandoci presso la Confraternita ci hanno detto che siccome il nonno intestatario della concessione è stato seppellito in un altro loculo, quest’ultimo decade e non può essere utilizzato dagli stessi familiari, perchè l’utilizzo di questi loculi è per uso personale.
Grato per le vostre cortese risposte.
X Ruggero,
Ma il cimitero di cui Lei mi parla è direttamente di proprietà della confraternita, cioè privato e particolare ex Art. 104 comma 4 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria o è comunale e quindi pubblico? Chiedo questo perché, al di là degli aspetti vetero-patrimonialistici sui sepolcri presenti nella vecchia legislazione, ormai abrogata dal nuovo e vigente ordinamento di polizia mortuaria le tombe, data la demanialità ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile dei moderni sepolcreti e dei sepolcri privati in essi insistenti, non si acquistano, nel senso proprio della compravendita, ai sensi dell’Art. 823 Cod.Civile, semmai si ottengono in concessione (acquisendone il diritto d’uso?) a titolo oneroso per il richiedente.
Allorquando un contratto di concessione (parlare in questi termini, sembra un ossimoro perché il contratto è, per antonomasia, atto almeno bilaterale, mentre la concessione è, invece, atto unilaterale ed ottriato, come suggerisce lo stesso nomen juris) di un sepolcro privato (sono tali tutte le “allocazioni” cimiteriali diverse dall’inumazione in campo comune) indichi espressamente i nominativi dei defunti per cui esso è predisposto, il mancato utilizzo o il parziale uso o, ancora, l’estumulazione ex art. 88 D.P.R. 285/90, cioè del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria comportano l’estinzione (naturale o…per causa patologica?) della concessione, come conseguenza dell’esaurimento dei fini per cui era sorta: infatti la consegna di un loculo, ad esempio, da parte del Comune al concessionario potrebbe essere assimilata, in termini civilistici, ad una sorta di obbligazione di risultato ( con questa ratio: chi lo riceve in concessione d’uso si impegna ad utilizzarlo per ivi collocare una determinata salma (= un famigliare) ovvero il corpo esanime di soggetto appartenente ad una determinata categoria sociale quando ricorrano gli estremi per la concessione ad Enti ex Art. 90 D.P.R 285/90 ).
La concessione palesa profili para-contrattuali, non è, infatti, un contratto privato gestibile in piena autonomia, essa, infatti, implica degli incombenti pubblici, nell’interesse della collettività, a cui la società stessa si deve attenere.
Anche il “non uso” può esser un’inottemperanza cagione di decadenza, si pensi, ad esempio ad una “tomba prenotata” rimasta vuota anche dopo la morte dell’avente diritto ad esservi tumulato, il quale, ovviamente sia stato sepolto in altro sito, con il conseguente animus, per facta concludentia, di lasciare definitivamente il sepolcro.
La decadenza non è pronunciata, ma dichiarata: sembra solo nominalismo, ma è importante sottolineare come la dichiarazione di decadenza non abbia effetti costitutivi, bensì puramente ricognitivi (la decadenza si attiva per effetto dell’inadempimento da parte dei concessionari).
La concessione individuale, tipica dei loculi monoposto (cioè limitata ad un solo defunto) si ritiene un errore logico se si ha l’obiettivo di massimizzare ed ottimizzare insieme utilizzo del patrimonio cimiteriale già costruito.
Ovviamente ciò comporta anche un sistema tariffario capace di tariffare ogni entrata e ogni variazione di stato in maniera adeguata.
Se la concessione di sepoltura è fatta ad una persona in vita, hanno diritto ad esservi sepolti (se il concessionario non restringe o allarga tale concetto di riserva, nell’atto originario e mai più dopo) i familiari del concessionario e lo stesso, in ordine di data di decesso, fino al raggiungimento della massima capacità ricettiva(il concessionario può riservare il posto per sé stesso).
Se la concessione è fatta a persona che la richiede in presenza di una sepoltura da effettuare, le spoglie mortali del soggetto sepolto devono permanere – tranne che per traslazione richiesta da avente diritto a chiederla – in qualunque forma siano state introdotte o trasformate (cadavere, resti mortali, ossa, ceneri) fino a scadenza della concessione.
Altri aventi diritto alla sepoltura, generalmente familiari dell’intestatario della sepoltura o suoi subentrati (se si usa il metodo del concessionario scorrevole) possono essere sepolti in ordine di data di decesso, secondo il criterio, dunque, della premorienza, e fino al raggiungimento della capienza massima del sepolcro, oltre la quale lo stesso Jus Sepulchri spira “ex se”, non essendo più esercitabile per ovvia mancanza di spazio, il quale, com’è noto negli edifici funerari non è dilatabile all’infinito.
il cimitero è pubblico, al cui interno ci sono delle cappelle che sono gestite direttamente dalla singole confraternite, che hanno un proprio bilancio e una propria cassa cimiteriale.
La ringrazio anticipatamente.