Confraternite & morosità

In una situazione locale, caratterizzata da una diffusa presenza di confraternite titolari di concessioni cimiteriali, si è verificata una situazione particolare.
Una confraternita ha richiesto a familiare di persona defunta, il cui feretro era stato accolto, avendone i requisiti, nei posti a tumulazione realizzati sull’area in concessione alla confraternita, il pagamento di una somma a titolo dell’uso del sepolcro.
Questa quota, in precedenza, non era stata versata, oltretutto per un periodo di una certa consistenza.
Si trattava di una somma, apparentemente, di una certa rilevanza, dal momento che il mancato versamento era persistito per lungo tempo.
Rapportandola alla durata dell’uso si ricavava un importo per anno nettamente infimo.
La persona interessata ha richiesto informazioni per conoscere se fosse tenuta al pagamento.
Nelle ipotesi di concessioni cimiteriali fatte ad “enti”, tra cui rientrano quelle fatte a confraternite, si instaurano due livelli di rapporti giuridici:
il primo è dato dal rapporto di concessione dell’area, ai fini della costruzione, da parte dell’ente (confraternita) concessionario, di un manufatto sepolcrale a sistema di tumulazione,
il secondo, subordinato, intercorrente tra l’ente (confraternita) e le persone che vi appartengono.
All’interno di questo si colloca lo ius sepulchri, qui inteso quale “riserva” all’accoglimento, rapporto, di diritto privato, che richiede il rinvio (a) all’ordinamento dell’ente e (b) all’atto di concessione.
Ne consegue che l’”appartenenza” all’ente (confraternita) è necessariamente rimesso alle previsioni dell’ordinamento interno dell’ente.
Appartenenza che deve necessariamente sussistere al momento del decesso e (connesso temporalmente) accoglimento del feretro della persona defunta in quanto avente acquisito il titolo di “appartenente”.
Fingiamo di ignorare come non siano assenti casi di ordinamento che prevederebbero il sorgere di una tale “appartenenza” anche post mortem.
Si tratta di ipotesi che espone, quanto meno, al divieto posto dall’art. 92, comma 4 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (per inciso, ricordando che vi è un culto, regolato dall’art. 8, comma 3 Cost., che ammette che possano essere accolti nella “chiesa” anche defunti, con specifiche modalità).
All’interno di tale seconda tipologia di rapporto, le modalità di fruizione di quanto collegato a questa appartenenza sono oggetto di regolazione esclusiva dell’ente.
Per cui la durata della permanenza nel sepolcro, gli oneri connessi a ciò, i termini, anche temporali, per il pagamento, gli eventuali concorsi ad altre esigenze e/o utilità dell’ente non hanno relazioni con la prima tipologia di rapporto giuridico, intercorrente tra il comune e l’ente (confraternita).
Per questa distinzione, ed autonomia, tra i due livelli, il fatto che persone aventi rapporti con l’ente (confraternita) o derivanti dal fatto che persone della famiglia li abbiano avuti e fruiscano dell’uso correlato all’appartenenza de qui, non solo lasciano estraneo il comune, ma si collocano nell’ambito del diritto privato.
Quanto meno nel senso di un diritto non statuale.
Il fatto che gli enti si collochino anche in altri contesti, a volte appartenenti ad altro ordine, non produce effetti se non all’interno di quanti siano, in qualche modo, parte di essi.
Chi ne sia interessato non può che fare riferimento al Libro IV “Delle obbligazioni” del C. C.
Di conseguenza la situazione di protratta morosità va affrontata, sia dal versante del creditore che da quello del debitore, con la strumentazione offerta dal C.C., ferma la totale estraneità del comune cui non è data neppure una qualche funzione conciliatoria.

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