Concessioni cimiteriali date in perpetuo, ma solo apparentemente

È del tutto ben noto come l’ammissibilità di costituire concessioni cimiteriali a tempo determinato (e, senza limiti massimi) oppure date in perpetuo sia venuta meno nel “passaggio” tra il R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880 e il D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803.
Il primo ha cessato di essere efficace allo spirare dell’ultimo istante (per usare la formulazione dell’art. 2963, comma 2 C.C.) del 9 febbraio 1976, cessazione che ha travolto tutte le sue disposizioni, quando non riformulate, eventualmente anche con diversa portata, cosa di cui non mancano quanti non se ne siano avvertiti.
Il secondo ha avuto il suo momento iniziale al 10 febbraio 1976. Una situazione per alcuni versi simile, anche se con minori effetti, si è avuta nel “passaggio” dal predetto D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 al successivo D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (cioè 26 e 27 ottobre 1990).
L’art. 28, comma 13 del primo prevedeva: “Per il trasporto da un comune all’altro comune che disti non più di 25 km, salvo il caso previsto dall’art. 23, e sempre che il trasporto stesso, dal luogo di deposito della salma al cimitero, possa farsi direttamente e con idoneo carro funebre, non si applicano le prescrizioni di cui al primo comma del presente articolo”.
Mentre il corrispondente art. 30, comma 13 prevede: “13. Per il trasporto da un comune ad un altro comune che disti non più di 100 chilometri, salvo il caso previsto dall’art. 25 e sempre che il trasporto stesso dal luogo di deposito della salma al cimitero possa farsi direttamente e con idoneo carro funebre, si impiega la sola cassa di legno.”.
In entrambe queste situazioni si hanno successioni nelle norme, a volte sostanziose, altre volte abbastanza scarsamente influenti, ma che hanno avuto impatti meritevoli di considerazione.
In particolare quando tali norme vengano “trasfuse” nei Regolamenti di polizia mortuaria dei singoli comuni, secondo un modus operandi un tempo diffuso (ancora oggi?) per cui la fonte regolamentare comunale presentava una riproduzione spesso testuale di norme già autonomamente vigenti e spesso di rango superiore.
Si pensi, per fare solo uno dei tanti esempi possibili, alle disposizioni dei Regolamenti comunali di polizia mortuaria che riproducevano, pari pari, disposizioni del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238 che era norma di rango primario (Cfr.: art. 449 C. C.).
In entrambe le situazioni considerate si potevano avere i Regolamenti comunali di polizia mortuaria che, proprio per la loro impropria riproduzione normativa, risultavano non più coerenti con norma nazionali, spesso sovra ordinate.
Cosa che comportava la necessità di un adeguamento, ma questo poteva avvenire in termini del tutto più estesi rispetto a quelli di avvenuta entrata in vigore (e cessazione delle disposizioni precedenti abrogate più o meno corrispondenti), sempre che questi adeguamenti avvenissero.
Non mancano Regolamenti comunali in materia che ancora si rifanno al D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, ma, altresì, al R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880.
Rispetto alla seconda situazione, relativa alla distanza chilometrica da considerare per ritenere ammissibile il trasporto funebre con l’impiego della sola cassa in legno, occorre far richiamo agli artt. 3 [1] e 4 [2] delle “Disposizioni sulla legge in generale” (spesso indicate come “Preleggi”), per cui consegue che i Regolamenti comunali non possano dettare norme contrarie (e diverse) e quelle dei regolamenti emanati dal Governo.
La conseguenza è che, entrato in vigore il D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, il disposto del suo art. 30, comma 13 è divenuto in vigore, anche se il Regolamento comunale di polizia mortuaria prevedesse diversamente, cioè riproducesse ancora la disposizione (più o meno corrispondente) precedente, ormai abrogata.
Ovviamente, comportando un adeguamento, in conseguenza dell’impropria “riproduzione” di disposizioni autonomamente efficaci.
Se per questo motivo detta impostazione non abbia generato scarse problematicità, maggiori si sono invece avute per la prima delle situazioni considerate.
Cioè per la persistenza di previsioni, a volte di mera prassi, attorno alle concessioni a tempo determinato oppure, in alternativa, date in perpetuo.
Non mancano casi in cui gli atti di concessione cimiteriale siano stati formati sulla base di “tracce”, di modulistica, in cui erano presenti formule o durate ben diverse al massimo divenuto ammissibile o, anche, in perpetuo.
Modulistica in cui, in attesa di dismetterne l’utilizzo, si attendeva di introdurre, qui o là, le conseguenti modificazioni ed aggiornamenti regolamentari.
A volte, il Regolamento comunale neppure forniva indicazioni, lasciando che questi elementi avessero mera fonte quella (molto materiale) della modulistica in uso.
Da qui la presupposizione, in particolare delle persone parti, che si trattasse realmente di concessioni cimiteriali date in perpetuo o date a tempo determinato per durate superiori ai 99 anni.
Ora, anche in questa situazione, non può evitarsi di prendere atto, piaccia o non piaccia, delle disposizioni dei già richiamati artt. 3 e 4 delle “Disposizioni sulla legge in generale”.
Anche se ciò comporti l’esigenza, sotto il profilo documentale, di un adeguamento all’atto di concessione, riguardo alla (sia permesso il termine) “rettifica” di indicazioni concernenti la durata, questo è un intervento che rientra tra le funzioni propriamente dirigenziali ai sensi dell’art. 107, commi 2 e 3, lett. h) T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m. (e per i comuni privi di personale di qualifica dirigenziale si fa rinvio al successivo art. 109, comma 2).
Ciò in quanto la fonte regolamentare nazionale non solo prevale sempre sulle previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria, ma – ed a maggiore ragione – prevale sulla modulistica a suo tempo utilizzata (che non è costitutiva di diritti, ma mero supporto amministrativo).
Ovviamente, non andranno omessi gli obblighi di osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 7 e ss. L. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.


[1] Disposizioni sulla legge in generale – Art. 3. (Regolamenti).
[I] Il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere costituzionale.
[II] Il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti delle rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari.
[2] Disposizioni sulla legge in generale – Art. 4. (Limiti della disciplina regolamentare).
[I] I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi.
[II] I regolamenti emanati a norma del secondo comma dell’art. 3 non possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo.

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