Polizia Mortuaria ed efficace governo del cimitero

Il Comune, quale titolare ultimo dell’impianto, vigila sul buon ed ordinato funzionamento del cimitero (reprimendo eventuali abusi attraverso il ricorso a strumenti sanzionatori di tipo amministrativo-pecuniario es. art. 7-bis D.Lgs n. 267/2000, o con i rimedi caducativi più incisivi previsti dal reg. comunale di polizia mortuaria, (tra cui annoveriamo, ad esempio, la decadenza, quale extrema ratio.).
Il Comune stesso, al medesimo modo, esercita sulle sepolture private nei cimiteri puntuali controlli (non ultimo: la preventiva verifica del titolo di accoglimento ex art. 102 D.P.R. n. 285/1990) proprio per evitare situazioni di illegittimità nell’uso del sepolcri.
La normativa, infatti, ne vieta appunto il mercimonio, ancorché mascherato (negozio in frode alla legge?). Si tratta, appunto, di risorse cimiteriali (sostanzialmente spazio, non dilatabile purtroppo all’infinito!) quindi beni pubblici sottratti alla libera fruizione della cittadinanza per una loro destinazione privata e dedicata, ancorchè limitatamente nel tempo, almeno a far data dal 10/2/1976 data in cui cessa di poter essere concesso alcunché in forma perpetua in cimitero (data di entrata in vigore del DPR 803/1975)
il Legislatore vincola ed anzi, subordina il sorgere di diritti individuali sui sepolcri privati nei cimiteri comunali, al regime della concessione amministrativa demaniale, come demaniale è il cimitero stesso, nel suo complesso.

Nell’esercizio dei suoi poteri autoritativi il Comune deve: cioè è proprio giuridicamente obbligato ad attivarsi ex se, in autotutela una volta accertata la veridicità del fatto (poniamo l’esempio di salma tumulata sine titulo) per ripristinare la disciplina violata sul corretto e responsabile uso delle sepolture a sistema di tumulazione.
Non sono ammesse sanatorie.
Per il feretro “abusivamente” accolto in sepolcro gentilizio si prospettano due soluzioni realmente praticabili:
1) diventa oggetto di diritti di disposizione dei suoi originari congiunti, i quali potranno offrirgli una diversa sistemazione in nuova tomba, con oneri a loro carico;
2) in caso di disinteresse manifesto, si provvede d’ufficio all’estumulazione con apertura feretro se la bara ha già compiuto almeno il periodo di sepoltura legale (= –> 20 anni) in cella muraria. È escluso che il Comune si accolli qualsiasi altro onere non previsto dalla declaratoria sul tariffario cimiteriale sui servizi minimi e gratuiti (es. trasporto in altra sede). Il feretro, una volta squarciato con opportuni tagli il coperchio di zinco verrà interrato in campo speciale indecomposti per almeno anni 5, di solito: in realtà quest’arco di tempo è abbastanza modulabile ed elastico. Se il Comune ritiene più economica la cremazione del possibile resto mortale rinvenuto si procederà in tal senso.
Le eventuali (ma improbabili) ossa saranno avviate all’ossario comune, in forma massiva, anonima, promiscua ed indistinta, così come le ceneri, da conferire di default al cinerario comune.

La formazione, con relativa sottoscrizione tra le parti contraenti, di un regolare atto di concessione (che ha natura para-contrattuale, in quanto non gestibile nella piena autonomia garantita dall’ordinamento ai negozi giuridici prettamente privatistici) è espressamente prevista dall’art. 98 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 quale condizione essenziale per la sussistenza di una concessione d’uso di sepolcri privati, quale ne sia la tipologia, incluso quindi quella che abbia per oggetto un posto a tumulazione singola (loculo).
Va tenuta anche presente la risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 149/E dell’8 luglio 2003 con cui è stato ribadito, ove necessario, che le concessioni cimiteriali hanno decorrenza dalla stipula del relativo regolare atto di concessione oppure da quella, eventualmente, successiva che sia, espressamente, prevista nell’atto di concessione.
Per Legge (Art. 92 comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) ogni concessione deve avere durata certa (max. 99 anni salvo eventuale rinnovo rimesso alla libera scelta dell’amministrazione cittadina), sono infatti vietate le concessioni perpetue una volta previste dalla vecchia legislazione funeraria (ex multis ex 71 R.D. n. 1880/1942).
Lo sviluppo, nel tempo, del rapporto concessorio diviene, così, fondamentale per calcolare il dies ad quem (artt. 2962, 2963 cod.civile.) oltre il quale, con proiezione in un lontano futuro, ossia alla scadenza (si presume per causa naturale e non patologica) della concessione stessa si avrebbe, specie se prolungato ed ingiustificato, un’occupazione sine tutulo – e pertanto abusiva – di un sepolcro privato afferente in quanto tale – al demanio comunale (Art. 824 comma 2 Cod. Civile).
Gli edifici sepolcrali tutti, insistendo su suolo di proprietà pubblica, rientrano per attrazione ed accessione nella sfera del demanio comunale.

Il Regolamento comunale è norma secondaria (secondo alcuni, anche … “terziaria” se immaginiamo l’Ordinamento Italiano in un fantasiosa struttura geometrica “esplosa” in almeno tre dimensioni), per cui cede e soccombe di fronte alla norma primaria.
Il Regolamento municipale di polizia mortuaria è, però, una strana “entità giuridica” (monstrum vel prodigium?… Una bestia rara?) soprattutto dopo la Legge di Revisione Costituzionale n.3/2001, perché esso trae fondamento non tanto da legge ordinaria (Art. 7 D.Lgs n. 267/2000) quanto da norma superiore, di rango costituzionale, ex Art. 117 comma 6 III Periodo Cost., (la polizia cimiteriale, infatti, è espressamente comunale ex Artt. 337, 343 e 394 R.D. n.1265/1934 ed Art. 824 comma 2 Cod. Civile)
L’atto di concessione (per la fattispecie concreta e particolare ex art. 1372 Cod. Civile) ed il regolamento comunale di polizia mortuaria (come parametro generale ai sensi degli artt. 1, 3 e 4 – Disposizioni sulla Legge in Generale di cui al R.D. n. 262/1942) hanno entrambi valore normativo, ovviamente il regolamento comunale è funzionalmente sovraordinato, in quanto si colloca a monte, come premessa necessaria, in tutti i procedimenti di polizia mortuaria che interessino il Comune.
Sarebbe, allora, assai opportuno definire la relazione gerarchica tra atto di concessione e regolamento comunale.

A volte, però, possano esservi situazioni critiche di mancata stipula dell’atto di concessione non imputabili tanto alla negligenza della parte interessata (concessionario), quanto piuttosto a fattori esterni, talvolta anche riferibili all’attività degli uffici comunali.
Si ritiene che, se ne esistano i presupposti regolamentari (meglio una norma scritta ad hoc) possa procedersi alla rogazione, seppure tardiva, dell’atto di concessione, salva, se occorrente, la integrazione dell’imposta di bollo, cui l’atto di concessione è oggetto fin dall’origine, nella misura attualmente vigente.
Tutte le concessioni cimiteriali sono ovviamente a titolo oneroso per il richiedente ai sensi del combinato disposto tra gli arttt. 95 e 103 D.P.R. n. 285/1990.
Nell’eventualità in cui il canone concessorio stabilito per la concessione (e con i criteri contabili di cui all’art. 4 comma 2 D.M. 1 luglio 2002) non sia stata versato, e il mancato perfezionamento dell’atto di concessione sia presumibilmente imputabile a questo fatto, si deve considerare come la concessione non sia in essere.
In tali evenienze, si sarebbe in presenza di un uso indebito del loculo, questa grave anomalia comporterebbe l’esigenza che il comune provveda a richiedere la corresponsione delle somme per l’utilizzo di fatto avvenuto, sulla base di tariffe vigenti o, in mancanza, di somme non inferiore ad un pro-rata annuo delle tariffe di concessione presenti nel tempo, incrementati degli interessi almeno nella misura del saggio legale (artt. 1277 e 1284 C.C.).
In difetto, sorgerebbe la responsabilità patrimoniale (art. 93 D.Lgs. 18 agosto 1990, n. 267 e succ. modif.). Restano salve le norme sulla prescrizione (art. 2946 Cod. Civile).
La regolarizzazione può comunque avvenire previo pagamento delle somme previste dalla tariffa attualmente in vigore e con decorrenza dalla data della stipula dell’atto di concessione.

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Carlo Ballotta

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