Effetti “collaterali” dell’abrogazione del R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880 sul diritto di sepolcro

Di tanto in tanto, e con criterio di geo-localizzazione, è possibile leggere pronunce della giustizia amministrativa che danno come fatto scontato che alcune disposizioni, abrogate dal 10 febbraio 1976, siano tuttora “praticabili”.
Si tratta, in particolare, dell’art. 71 R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880, entrato in vigore il 1° luglio 1943, termini temporali comunque successivi all’entrata in vigore dell’attuale C.C.
Esso, tra le altre previsioni, ammetteva la possibilità che il diritto di sepolcro potesse essere oggetto di trasferimento a terzi sia con atti inter vivos sia mortis causa.
Oltretutto con una dichiarata salvaguardia di diritti e posizioni giuridiche dei concessionari “originari” – e loro aventi causa – salvaguardia spesso non tenuta presente.
Su tale aspetto merita segnalazione la pronuncia del TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 17 giugno 2024, n. 2238, reperibile per gli Abbonati PREMIUM e LITE Norme alla Sezione SENTENZE.
In essa si chiarisce senza equivoci come queste disposizioni siano state abrogate dai Regolamenti (nazionali) di polizia mortuaria.
Si precisano altresì le differenza intervenute tanto col D.P.R. 21 ottobre 1975, quanto col D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Quest’ultimo prevede infatti ipotesi integrative attorno al diritto di sepoltura che non erano presenti nel precedente.
Può essere comprensibile come, intervenuto il primo, continuassero ad essere presenti Regolamenti comunali di polizia mortuaria impostati in coerenza con il citato R.D. 1880/1942.
Eventuali loro modificazioni, che tenessero conto della nuova impostazione nazionale, non potevano che essere successive.
A volte queste modifiche sono intercorse, più o meno, abbastanza tempestivamente, altre volte (si potrebbe anche dire: più spesso) si tratta di archi temporali rilevanti.
Talvolta anche alcuni lustri, dopo l’entrata in vigore dell’attuale D.P.R. 285/1990, cosa che può generare atti amministrativi basati su norme abrogate da tempo.
La pronuncia de quo affronta anche questi aspetti, segnalando come il quadro ordinamentale sia stato fortemente modificato e, nell’occasione, anche affrontando una questione di notevole interesse.
Questa consiste nella distinzione tra “sepolcro di famiglia (o, gentilizio)” da un lato e “sepolcro ereditario” dall’altro, ribadendo l’assunto che, in difetto di risultanze espresse (nel regolare atto di concessione originario), presenta la natura di “sepolcro di famiglia (o, gentilizio)” e che una “transizione” dalla prima tipologia alla seconda può avvenire solo con la morte dell’ultimo avente diritto.
Ma questo, correlato anche con l’abrogazione dell’art. 71 R.D. 1880/1942, è tale da modificare, e profondamente, l’insieme delle persone che hanno titolo di essere accolte in un dato sepolcro.
Usando la formulazione attuale dell’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, in cui si parla di “concessionari e dei loro familiari”, la determinazione di costoro risente dei mutamenti normativi avvenuti in ambito nazionale.

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