Norme correlate: Art. 57 d.P.R. 10/9/1990, n. 285
Massima
Le scelte di pianificazione urbanistica sono caratterizzate da ampia discrezionalità e costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità; in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale le decisioni dell’Amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali - di ordine tecnico discrezionale - seguiti nell’impostazione del piano stesso (cfr. Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 22 dicembre 1999, n. 24, nonché, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6483; 28 giugno 2018, n. 3987).L’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710); una destinazione di zona precedentemente impressa non determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo P.R.G., conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2016, n. 2221; 8 giugno 2011, n. 3497); la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all'atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall'amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014, n. 1459).
Testo
N. 07936/2025REG.PROV.COLL.
N. 07624/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7624 del 2023, proposto da Francesco D., Piero D. e Maria Fiorenza D., rappresentati e difesi dall’avvocato Gian Luca Lemmo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Agropoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Leoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale, Ministero della Cultura e Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le Province di Salerno e Avellino, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Regione Campania e Provincia di Salerno, non costituite in giudizio;
Azienda Sanitaria Locale Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Rosa Russo e Pierpaolo Pesce, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 01581/2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Agropoli, della ASL Salerno, dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale, del Ministero della Cultura e della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le Province di Salerno e Avellino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 maggio 2025 il Cons. Rosario Carrano e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con il ricorso di primo grado, i ricorrenti Francesco D. (usufruttuario), Piero D. (nudo proprietario) e Maria Fiorenza D. (affittuaria), premesso di essere titolari, nelle rispettive qualità, di alcuni terreni occupati da due aziende agricole esercenti un’attività di allevamento bufalino, hanno impugnato il piano urbanistico comunale (di seguito, PUC) di Agropoli, approvato con delibera del Consiglio comunale n. 86 del 28 dicembre 2020, nella parte in cui classifica i suddetti terreni in area cimiteriale e di rispetto cimiteriale, in area destinata a parcheggio pubblico, a parco pubblico, ad espansione turistica ad intervento diretto, nonché in zona agricola, anziché in zona E2 – “Aree agricole con elevata dotazione di risorse naturali”, contestando quindi la zonizzazione e localizzazione della nuova area cimiteriale.
A sostegno della propria domanda, hanno dedotto, in estrema sintesi, che tale localizzazione sarebbe stata illogicamente e immotivatamente disposta senza che: a) si fosse adeguatamente ponderata la posizione soggettiva dei titolari dei suoli da essa incisi, qualificata, in termini di affidamento, dall’attività imprenditoriale ivi da tempo insediata; b) si fossero sufficientemente vagliati, in sede di esame delle osservazioni al PUC, la presenza di una falda acquifera molto superficiale, incompatibile con le prescrizioni dettate dall’art. 57 del d.p.r. n. 285/1990; il sovradimensionamento della struttura programmata rispetto al trend demografico di Agropoli; le distanze dalla S.S. 18; l’inquinamento idrico arrecabile dalla struttura anzidetta all’ambiente circostante, e segnatamente, alla sottostante falda acquifera ed all’attiguo fosso pubblico, defluenti verso valle, fino al nucleo abitato e commerciale, al fiume Solofrone ed alla relativa foce in mare, nonché ai pozzi serventi le due cennate aziende agricole; l’inquinamento olfattivo da queste ultime arrecabile all’utenza cimiteriale; c) senza che si fosse debitamente considerata la scarsa qualità panoramico-naturalistica dei suoli ad essa riservati, avuto riguardo alla destinazione ad espansione turistica ad intervento diretto.
2. – Con la sentenza impugnata, il T.a.r., dopo aver respinto l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse, ha rigettato il ricorso nel merito.
2.1. – In particolare, ha escluso la sussistenza dei vizi di illogicità e di difetto di motivazione alla luce dell’ampia discrezionalità in materia pianificatoria (pag. 4 della sentenza impugnata), oltre a non ravvisare l’esistenza di situazioni di affidamento qualificato (pag. 6-7 della sentenza impugnata).
2.2. – Inoltre, ha evidenziato l’assenza di vizi di legittimità della scelta localizzativa del nuovo cimitero, in quanto “a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione residente ed alla prossima saturazione dell’esistente cimitero comunale, posto a ridosso del centro abitato ed ormai non più espandibile, essa ha, infatti, congruamente previsto la creazione di un nuovo cimitero su un’area decentrata, pianeggiante, agevolmente accessibile, assistita da un’adeguata rete viaria e suscettibile di essere munita di parcheggi e servizi igienici idonei, la quale – alla stregua delle riproduzioni fotografiche e ortofotografiche esibite in giudizio – risulta oggettivamente preferibile rispetto a quella indicata in via alternativa dai ricorrenti, ubicata entro una più impervia zona collinare-boschiva, attraversata da corsi d’acqua” (pag. 7 della sentenza impugnata).
2.3. – In secondo luogo, ha ritenuto “soggettivo ed opinabile” il rilievo circa l’asserita scarsa qualità panoramica-naturalistica dei suoli riservati alla contestata destinazione ad espansione turistica ad intervento diretto (pag. 7 della sentenza impugnata).
2.4. – Infine, ha escluso la necessità di una apposita motivazione alle osservazioni proposte in sede procedimentale, trattandosi di meri apporti collaborativi “tenuto pure conto che le criticità con esse denunciate non risultano sufficientemente provate” (pag. 8 della sentenza impugnata).
3. – Con un unico motivo di appello (pag. 5-19), i ricorrenti hanno contestato la localizzazione del nuovo cimitero e la zonizzazione delle aree in questione, ritenendo tale scelta illogica e arbitraria, deducendo: a) una lesione di un affidamento qualificato in ragione della preesistenza di un impianto produttivo; b) l’insufficiente e generica motivazione sulle osservazioni presentate; c) motivazione postuma in ordine alla localizzazione del cimitero; d) insussistenza dei presupposti previsti dalla legge (art. 57, d.P.R. n. 285 del 1990) per la realizzazione del cimitero sul terreno in questione (caratteristiche di consistenza e profondità del terreno, falda acquifera molto superficiale); e) eccessiva ampiezza rispetto alle previsioni di crescita demografica, problemi di inquinamento ambientale alla falda sottostante e del fosso pubblico, esistenza di due pozzi di acqua per consumo umano al di sotto del limite di 200 metri dal cimitero, inquinamento olfattivo dell’allevamento rispetto al cimitero; f) effetto espulsivo dell’attività imprenditoriale, in quanto la realizzazione del cimitero nell’area in questione determinerebbe l’immediata cessazione della produzione di latte; g) scarsa qualità panoramico-naturalistica dei suoli destinati ad espansione turistica ad intervento diretto in luogo di una più adeguata destinazione agricola.
4. – Con apposita memoria si è costituita l’amministrazione resistente che ha contestato il ricorso chiedendone il rigetto.
5. – Nelle memorie difensive, le parti hanno ribadito le proprie tesi. In particolare, il Comune ha specificamente contestato il dedotto effetto espulsivo allegato dal ricorrente, ritenendolo inesistente (sarebbero incisi solo 5 ettari su 41, con conseguente “minor disturbo possibile” e possibilità di continuare l’attività).
6. – Nella memoria di replica l’appellante ha contestato tale ultimo assunto, allegando che dovrebbero “sostenere spropositati costi di adattamento e ammodernamento strutturale (senza peraltro considerare gli ingenti investimenti già effettuati che andrebbero dunque dispersi” (pag. 1 della memoria del 16 aprile 2025), con specifico riferimento alle emissioni acustiche ed olfattive (cfr. pag. 2 della memoria del 16 aprile 2025), precisando che “non censura la realizzazione del nuovo cimitero ma semplicemente la localizzazione dello stesso” (pag. 3 della memoria del 16 aprile 2025).
7. – All’udienza del 15 maggio 2025, la causa è stata trattenuta per la decisione.
8. – L’appello è infondato.
9. – In linea generale, vanno richiamati e confermati i consolidati principi secondo cui:
– le scelte di pianificazione urbanistica sono caratterizzate da ampia discrezionalità e costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità;
– in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale le decisioni dell’Amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti nell’impostazione del piano stesso (cfr. Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 22 dicembre 1999, n. 24, nonché, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6483; 28 giugno 2018, n. 3987).
In questo caso, infatti, viene in considerazione una aspettativa generica del privato alla non reformatio in peius delle destinazioni di zona edificabili, cedevole dinanzi alla discrezionalità del potere pubblico di pianificazione urbanistica, ed analoga a quella di ogni altro proprietario di aree che aspira ad una utilizzazione più proficua del proprio immobile.
Inoltre:
– l’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710);
– una destinazione di zona precedentemente impressa non determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo P.R.G., conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2016, n. 2221; 8 giugno 2011, n. 3497);
– la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014, n. 1459);
– una motivazione “rafforzata” è richiesta solo in presenza di superamento degli standard minimi, di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, di pronunce di annullamento di diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento, passate in giudicato (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, sentenza 25 giugno 2019, n. 4343).
10. – Ciò posto, la parte appellante ha contestato la localizzazione del nuovo cimitero contenuta nel PUC di Agropoli deducendo una serie di censure di carattere tecnico mediante il rinvio ad una relazione tecnica di parte, assumendo l’irragionevolezza della scelta compiuta dall’amministrazione in ragione di una asserita incompatibilità “con le caratteristiche oggettive del territorio e con la realtà imprenditoriale esistente” (pag. 6 dell’appello).
10.1. – Innanzitutto, con riguardo alle condizioni geomorfologiche del terreno previste dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, recante il regolamento di polizia mortuaria, va osservato che se da un lato è vero che l’art. 57 dispone che “Il terreno dell’area cimiteriale deve essere sciolto sino alla profondità di metri 2,50 o capace di essere reso tale con facili opere di scasso, deve essere asciutto e dotato di un adatto grado di porosità e di capacità per l’acqua, per favorire il processo di mineralizzazione dei cadaveri” (comma 5), dall’altro lato è anche vero che il medesimo articolo prevede anche che “Tali condizioni possono essere artificialmente realizzate con riporto di terreni estranei” (comma 6).
Ne consegue, pertanto, l’eventuale assenza di naturali condizioni geomorfologiche non rappresenta di per sé un motivo ostativo alla localizzazione del cimitero nell’area in questione, ben potendo tali condizioni essere artificialmente realizzate in sede di esecuzione dell’opera.
10.2. – In secondo luogo, si deve osservare come le censure relative alla asserita incompatibilità della nuova destinazione urbanistica con l’attività imprenditoriale esistente, oltre a non essere sufficientemente dimostrate in giudizio, sono formulate anche in termini ipotetici e con riguardo a situazioni future (con riferimento al dedotto effetto espulsivo).
Né può ritenersi idoneo a tal fine il mero richiamo alla perizia di parte (cfr. pag. 17 dell’appello) il cui contenuto viene ripreso nell’atto di appello per sostenere la natura tecnica delle censure.
Tale perizia, infatti, in quanto atto di parte, non assume di per sé una valenza probatoria in ordine alle considerazioni ivi svolte.
10.3. – Più in generale, poi, va osservato come le censure di parte appellante non siano idonee ad evidenziare profili di manifesta illogicità delle scelte pianificatorie compiute dall’amministrazione, venendo in rilievo l’esercizio di un potere pubblico ampiamente discrezionale.
Invero, i rilievi di parte ricorrente sono finalizzati non tanto ad evidenziare l’irragionevolezza della scelta localizzativa, quanto piuttosto l’esistenza di soluzioni alternative, in ipotesi, ugualmente idonee a soddisfare il medesimo interesse pubblico perseguito dall’amministrazione (con la precisazione che la soluzione alternativa prospettata è stata comunque contestata dall’amministrazione resistente, in quanto ritenuta non idonea).
Tuttavia, una simile impostazione finisce per sconfinare in una contestazione del merito amministrativo, insindacabile in sede giurisdizionale, non potendo il giudice sostituire la propria valutazione opinabile con quella, altrettanto opinabile, dell’amministrazione, fatta eccezione per i tassativi casi di giurisdizione estesa al merito, non ricorrente nella specie.
Inoltre, deve pure escludersi la necessità di una apposita motivazione alle osservazioni proposte in sede procedimentale, in quanto, per giurisprudenza consolidata, si tratta di meri apporti collaborativi che non implicano un dovere di analitica confutazione da parte dell’amministrazione (c.d. polverizzazione della motivazione).
11. – Infine, con riguardo alla censura relativa alla scelta dell’amministrazione di prevedere per gli altri terreni di proprietà dei ricorrenti una destinazione AT (area di espansione turistica ad intervento diretto), deve ritenersi che tale censura sia inammissibile per difetto di specificità, dal momento che la parte si è limitata a riprodurre il contenuto testuale dell’osservazione prot. n.19171 del 19.06.2021 (pag. 17-19 dell’appello), senza tuttavia muovere alcuna specifica censura avverso il capo di sentenza (pag. 7 della motivazione) che ha respinto sul punto il relativo motivo articolato in primo grado.
12. – In conclusione, quindi, l’appello deve essere respinto.
13. – Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di lite nei confronti delle parti costituite che si liquidano in complessivi € 6.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese nella misura del 15%, di IVA e di CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Neri, Presidente
Michele Conforti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere
Rosario Carrano, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Rosario Carrano)
IL PRESIDENTE (Vincenzo Neri)
IL SEGRETARIO