“Lucro” e “Speculazione” nelle concessioni cimiteriali: gli effetti giuridici di natura punitiva

“Alcuni Autori hanno affermato che i due termini di “lucro” e “speculazione” debbano essere considerati in senso neutro e tecnico, quali definiti dal Codice Civile, in funzione di una certa presa di distanza da altri significati che possano dedursi, a volte, dal c.d. linguaggio comune, laddove, in questo ultimo contesto, possono aversi elementi semantici connotati da giudizi di valore e merito, talora anche negativi”. (Così, almeno, ci rammenta Sereno Scolaro, sulla pagine de: “I Servizi Funerari”, n.1/2016″).

Il primo termine è presente negli artt. 1129, 2056 e 2578 C.C. (per altro, nella prima di queste fonti si considerano, tra le altre, altresì le “società private senza scopo di lucro con finalità sociali proprie dell’….”), mentre il secondo rinvia ad un’operazione commerciale o finanziaria consistente nell’acquistare per rivendere, o nel vendere per ricomprare, con il fine di conseguire un profitto dalla differenza di prezzo (di merci, valute o titoli) in diversi momenti del mercato, raffinato giuoco di rimandi e simmetrie altamente instabili, che, se si vuole, riporta al c.d. “utile d’impresa”.
L’art. 92, comma 4 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 sancisce il divieto di porre in essere concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o di speculazione, la stessa previsione era presente all’art. 93, comma 3 D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, costituendo, in qualche modo, la conseguenza logica e necessaria del riconoscimento del carattere demaniale dei cimiteri attuata, seppure con formulazioni testualmente differenti, sia con il T.U.LL.SS., R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 sia con il Libro III del C.C. (Libro III appunto, entrato in vigore il 28 ottobre 1941).

La proibizione ope legis opera ogni qual volta il fine impresso alla la concessione cimiteriale sia quello di fare oggetto della medesima di un’attività economica, la quale comporterebbe non solo la sussistenza del lucro e della speculazione, ma altresì l’indebita usurpazione di funzioni altrui, per giunta di natura pubblicistica.
Non può trascurarsi come, stante questa inibizione, non possano mancare situazioni nella quali si pongano in essere comportamenti elusivi, od occultativi, casi nei quali la finalità lucrativa e speculativa venga ad emergere in un momento successivo al sorgere della concessione cimiteriale, per cui l’infrazione del divieto medesimo assume il carattere di condizione per la necessaria e imprescindibile, dichiarazione di decadenza dalla concessione così fatta, essendosi in presenza di una condizione di vera e propria nullità del fine e, conseguentemente, dell’atto di concessione, viziato, così, ab origine.
Oltretutto, in tale evenienza, potrebbe aversi anche la situazione per la quale la concessione cimiteriale abbia già avuto modo di accogliere feretri (o, urne cinerarie e cassette ossario), sollevando l’ulteriore questione circa la destinazione di questi “contenitori mortuari”, e, soprattutto, circa i soggetti che abbiano titolo a rispondere di quanto avvenuto.

In occasione di ogni accettazione in sepolcri privati il comune dovrebbe, caso per caso, accertare, con apposita istruttoria ricognitiva, la sussistenza del titolo per l’accoglimento nello specifico sepolcro (art. 50, comma 1, lett. c), nonché art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285),  non di meno non si può ignorare come ciò non sempre ciò avvenga.
Per altro, i familiari (cioè chi abbia titolo a disporre delle spoglie mortali dei singoli defunti), se in buona fede, si troverebbero nella condizione di poter far valere la generale azione di arricchimento (art. 2041 C.C.) nei confronti del soggetto dichiarato decaduto, necessariamente estesa agli oneri, sempre gravanti su tale soggetto, derivanti e connessi all’esigenza di trovare una diversa sistemazione ai feretri (o, urne cinerarie e cassette ossario) dei defunti.

Questa breve analisi non può chiudersi, infine, senza omettere come, qualora il soggetto dichiarato decaduto avesse indotto, con formulazioni e proposte commerciali non corrette od infedeli, i familiari ad una situazione di affidamento, potrebbe aversi la fattispecie considerata dall’art. 640 C.P. (es. in una situazione, improponibile, in qualche modo avvicinabile a quella considerata, una società avrebbe proposto in materia pubblicitaria, accoglimenti in sepolcro a carattere perpetuo, cosa che contraddice la determinatezza della durata delle società).
E, ovviamente, anche in tal caso, ogni onere – annesso e connesso – ad una ri-allocazione dei feretri (o urne cinerarie) fa carico al soggetto dichiarato decaduto.
Non senza considerare come i familiari potrebbero anche aggiungere alle predette azioni quella civilistica, per il c.d. danno biologico, dal momento che queste illecite pratiche commerciali hanno inciso sugli affetti, sul lutto e sulla pietas.

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Carlo Ballotta

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