Il tema delle pregresse concessioni cimiteriali date in perpetuo, quando ciò era ammesso, continua a costituire un punto centrale nelle gestioni dei cimiteri.
Anzi le criticità che ne discendono sembrano perfino crescere con i mutamenti nelle tipologie delle pratiche funerarie.
E, rispetto al passato, portano ad una differente tipologia, anche qualitativa, della “domanda” di sepolture.
Tuttavia, le criticità che si possono lamentare non agiscono unicamente nell’ambito delle gestioni cimiteriali, ma soprattutto nei riguardi dei c.d. “aventi titolo”.
Cioè delle persone e famiglie che, discendendo dal “fondatore del sepolcro”, si trovano ad osservare, senza limiti temporali, i non derogabili oneri manutentivi (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.).
Anche quando i posti feretro non siano pienamente utilizzabili o si trovino nelle condizioni che richiederebbero l’applicazione dell’art. 106 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
O, ancora, per la loro realizzazione all’origine con misure di spazi liberi interni inferiori a quelle delle attuali produzioni industriali dei cofani, ormai fortemente standardizzate.
Inoltre, non andrebbe trascurato come le dimensioni familiari tendano a non essere più quelle che si registravano al momento dell’erezione del sepolcro, risultando ormai sovrabbondanti.
Non molto tempo addietro erano state formulate prospettive volte a favorire, su richiesta dei concessionari aventi titolo, un mutamento del rapporto concessorio.
Premessa la rinuncia unilaterale alla perpetuità, esse proponevano di fruire di norme più attuali, in primo luogo introducendo concretamente principi di rotazione delle sepolture.
Ma anche la possibilità di considerare con maggiore estensività l’insieme delle persone appartenenti alla famiglia del concessionario.
Prospettazioni che sembrano non avere trovato molta diffusione.
Poco è stata discussa, passando sostanzialmente sotto silenzio, una disposizione regionale [1] che è intervenuta sulla durata delle concessioni cimiteriali, stabilendone un limite massimo, anche se rilasciate in data anteriore …, in sostanza rimuovendo la perpetuità sorta quando ammissibile.
Probabilmente, questo intervento non ha lasciato molto spazio alla discussione, in quanto non propriamente coerente con la potestà legislativa regionale.
Difatti la regolazione dei rapporti giuridici de quo attiene alla materia dell’ordinamento civile, materia di competenza legislativa – esclusiva – dello Stato (art. 117, comma 2, lett. l) Cost.).
Basterebbe richiamare l’art. 823 C.C. per pervenire a questa qualificazione per materia.
Certo che le norme di legge regionale, anche se si possa rilevare un qualche vizio di legittimità costituzionale, hanno forza di legge, sempre ché non vi sia l’impugnazione (fortemente facoltativa) ai sensi dell’art. 127 Cost.
Oppure quando non sia sollevata in giudizio la questione di legittimità costituzionale.
In entrambe le ipotesi, occorre intervenga la Corte Costituzionale che, laddove dichiari l’illegittimità costituzionale, comporterà che la norma cessi di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 136, comma 1 Cost.).
Sul tema, la giurisprudenza – in particolare amministrativa – sta registrando una serie di pronunce che sembrano portare a disegnare approcci meno rigidi.
Anche se, al momento, pare difficile possa parlarsi di posizioni consolidate e condivise.
Al più si potrebbe parlare di un “percorso” che si sta sviluppando, anche se il tema della perpetuità richiederebbe norma di legge statale.
Particolarmente interessante in proposito merita di citarsi, ex plurimis con puntuale precisazione di alcuni aspetti su effetti e decorrenze, la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VII, 4 marzo 2024, n. 2111, che recita:
(i) si ammette la possibilità di trasformazione della durata di concessioni cimiteriali originariamente date in perpetuo in concessioni a tempo determinato, nonché
(ii) che ciò avvenga intervenendo sul Regolamento comunale di polizia mortuaria e, infine,
(iii) che quest’ultima durata determinata ex novo venga a decorrere a partire dall’entrata in vigore dello strumento regolamentare locale con cui ciò è stato disposto.
E non certo computando la durata così determinata dal momento in cui originariamente era sorta la concessione.
Ammettendo che questa linea venga condivisa e possa, prima o poi, divenire impostazione generalizzata e consolidata, conseguirebbe che i “vantaggi” (ma meglio sarebbe parlare di “effetti”) di una scelta di questo tipo non siano immediati.
Ma, piuttosto, proiettati nel futuro e, probabilmente, anche raggiungendo i 99 anni…
Anzi, considerando che gli effetti si avrebbero “dopo” questo termine, si potrebbe parlare anche di qualche fattore temporale un po’ maggiore.
In genere queste problematiche si pongono, specie nelle sedi locali, in situazioni che richiederebbero soluzioni abbastanza ravvicinate, mentre avere effetti dopo 99 anni o comunque diversi decenni sarebbe poco … stimolante.
Oltretutto, dal momento che il sistema giuridico italiano non accoglie il principio dello stare decisis, per la separazione tra potere legislativo e giudiziario, non si consiglia di seguire questo orientamento interpretativo come qualcosa di indiscusso.
Chi “mette le mani” sul Regolamento comunale di polizia mortuaria, cercando di introdurre queste prospettive, non può sottrarsi dal considerare come tale impostazione potrebbe esporre a possibili contenziosi in sede giurisdizionale, il cui esito non sarebbe certo a priori.
Si tratta di un tassello che si aggiunge ad altri, ma che non porta alla modifica di norme.
Ma qualche cosa sembra stia mutando negli orientamenti della giurisprudenza.
[1] – Trattasi dell’art. 3, comma 1, lett. b), n. 2, modificante l’art. 4, comma 2, lett. c) L.R. (Friuli-Venezia Giulia) 9 giugno 2014, n. 22 con cui è stata modificata la L. R. (Friuli-Venezia Giulia) 21 ottobre 2011, n. 12 (Norme in materia funeraria e di polizia mortuaria).
La specifica disposizione ha riguardo al regolamento comunale di polizia mortuaria:
c) fissa le modalità delle concessioni e la loro durata, il cui limite massimo è di novantanove anni, anche se rilasciate in data anteriore a quella di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803 (Regolamento di polizia mortuaria).
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