Sul morire in Italia – Il Rapporto 2022 dell’Istituto Cattaneo ai raggi X – 2/3

Questo articolo è parte 3 di 5 nella serie ORME

Anche rispetto all’allestimento delle esequie e al ruolo centrale delle imprese di onoranze funebri, l’indagine condotta dall’Istituto Cattaneo restituisce un quadro d’insieme e complessivo che appare lontano rispetto a molte ricostruzioni “fantasiose” e luoghi comuni iperbolici, circolanti nel discorso pubblico. Le solite voci di strada, dunque?
In primis perché i numeri raccolti suggeriscono che in Italia i livelli di fidelizzazione dei clienti siano insospettabilmente elevati.
In seconda battuta, perché risulta che la soddisfazione nei confronti dei servizi forniti dalle imprese funebri sia tutt’altro che modesta o semplicemente discreta.
Questi due aspetti sono, come si vedrà tra poco, reciprocamente collegati. Consideriamo i risultati del report, nella loro neutra asetticità, anche se dopo sarà possibile offrirne una visione in prospettiva strategica, con qualche ammiccamento politico-amministrativo.

Il primo dato è che le imprese funebri godono di una posizione decisamente solida in questo campo, ossia ben presidiano il campo della loro azione.
I Comuni, non dimentichiamo, si sono progressivamente ritirati dalla gestione dei servizi funerari, le privative non esistono più, così all’Ente Locale è riservato soprattutto l’esercizio delle pubbliche funzioni inerenti alla polizia mortuaria.
È a un’impresa funebre che 9 famiglie su 10 si rivolgono per organizzare un funerale. Nel 61% dei casi è all’impresa di fiducia, quella a cui la famiglia si è tradizionalmente affidata, che ci si rivolge quasi ciecamente.
Questo dato rivela che in questo settore così particolare ed atipico il tanto decantato mercato ricopre un ruolo del tutto marginale. Solo l’1% famiglie, per esempio, dichiara di avere scelto l’impresa cercandola su un giornale o su internet. E perché allora tanta pubblicità specie sulla stampa locale?
Perfino le deprecabilissime “spintarelle” da parte del personale [para]-sanitario – molto enfatizzate presso l’opinione pubblica, allo scoppio dell’ennesimo scandalo sulle tangenti in obitorio – sembrano giocare un ruolo tutt’altro che determinante. Non regnerebbe, dunque, la corruzione, come spesso invece si ritiene nell’immaginario collettivo.

Solo il 4% degli italiani che abbia pensato o partecipato all’organizzazione di un funerale dichiara di essersi rivolto a un’impresa su suggerimento… interessatissimo (!) del personale sanitario di un ospedale o di un hospice. È possibile naturalmente che i suggerimenti impropri ricevuti siano più diffusi, ma il livello decisamente contenuto del loro successo (= l’accaparramento del funerale) segnala lo scarto che sussiste tra la percezione sociale del fenomeno e la sua realtà.
È perfettamente plausibile, infatti, che i livelli di diffusione delle pressioni psicologiche verso i familiari siano in realtà superiori al solo 4%. dichiarato. Spesso, per pudore, gli intervistati non rivelano attraverso quale canale (informale?) siano entrati in contatto con l’impresa di onoranze funebri, poi prescelta.
Tuttavia, perché queste eventuali ingerenze nella libera (ma quanto davvero?) scelta del dolente siano efficaci è necessario raggiungere davvero il loro obiettivo: cioè le persone giuste, quelle che effettivamente assumeranno le decisioni rispetto all’organizzazione del funerale.

In secundis, tali suggestioni falsamente spassionate (costituenti condotta illecita, non dimentichiamo mai!) debbono esser effettivamente ascoltate, prese sul serio e, con qualcuno “avente titolo” che decida di darvi seguito, altrimenti rimarrebbero pur sempre lettera morta, ed improduttive.
Una certa dose di rischio in tali operazioni illegali è sempre presente, anche a causa di controlli più serrati, da parte delle stesse direzioni sanitarie e della pubblica autorità.
Difatti, stando, almeno, ad alcuni filoni di indagine da parte della Magistratura sulla caccia al morto nelle camere mortuarie, tanto per citare qualche titolo ad effetto di cronaca giudiziaria, il meccanismo del marketing occulto, per procacciarsi i funerali sembrerebbe più complesso, e non così facilmente smontabile. I dolenti, comprensibilmente vulnerabili, sarebbero fragili vittime di pratiche commerciali illegittime.
Evidentemente, però, questo accade meno frequentemente e con minor incidenza, soprattutto di quanto si pensi.

Un po’ più alto riesce, invece, il ruolo dei consigli e dei garbati indirizzi che possono circolare all’interno delle reti parentali o amicali.
Un quinto degli intervistati dichiara di consultare un parente o un amico per la scelta dell’impresa funebre.
A ben vedere, però, anche questa modalità costituisce una variante della fidelizzazione, anziché un segno della presenza del mercato, con le sue regole ferree di concorrenza e trasparenza.
Le onoranze funebri suggerite, infatti, sono le imprese di cui parenti e amici, appunto, si fidano e che, per questa ragione appunto, sono oggetto di consigli.
La reputazione delle imprese, quindi, circola all’interno delle cerchie di conoscenze personali.
In questi contesti sociali svolgono un ruolo rilevante figure in grado di esercitare un’influenza positiva sui comportamenti altrui proprio in virtù della posizione privilegiata di cui godono all’interno di tali milieu.
La credibilità, qui, risulta come una risorsa centrale nella distribuzione delle opportunità di crescita a disposizione delle imprese per incrementare la propria posizione di…”mercato”, sui potenziali e futuri fruitori dei servizi funebri offerti.

Il rapporto tra servizi che vengono acquisiti sul mercato da una parte, e servizi che vengono acquistati in base a relazioni fiduciarie e all’interno di reti sociali personali dall’altra, però, non è caratterizzato dall’esistenza di una rigida separazione tra i due ambiti.
Anzi. Se, infatti, scrutiniamo la distribuzione dei livelli di soddisfazione espressi dalle famiglie italiane verso i servizi ricevuti a seconda della modalità con cui hanno scelto l’impresa funebre alla quale si sono rivolti, riscontriamo una relazione interessante. Tanto più si riduce la fidelizzazione, tanto più si comprime la soddisfazione finale del consumatore.
Passando dall’impresa decisa in base alla fiducia (impresa di famiglia o consigliata da amici o parenti), a quella scelta sul mercato, la soddisfazione registra flessioni di dimensioni tutt’altro che trascurabili.
Ne consegue che, in questo campo, oggi in Italia il mercato è meno efficiente, dal punto di vista della qualità dei servizi e della soddisfazione dei clienti, del legame familiare, del “passaparola positivo”, del rapporto fiduciario personale intergenerazionale di lungo periodo.
I numeri mostrano, però, che questo tipo di legame, basato su di una fiducia quasi meta-giuridica e sulla tradizione, in Italia oggi non si distribuisce uniformemente sul territorio.

La quota di famiglie italiane che scelgono le imprese funebri in base alla tradizione o a relazioni fiduciarie si riduce passando dai comuni più piccoli, a quelli medi e diventa ancora più modesta nei comuni di dimensioni più grandi.
L’allontanamento dai modelli di imprese funebri tipici dei piccoli centri sembra, quindi, accompagnarsi livelli non insignificanti di criticità rilevata, o percepita, del servizio.
Ma quali sono le caratteristiche che gli italiani apprezzano delle imprese funebri?
E quali, all’opposto, sono meno apprezzati?
Sono soprattutto la professionalità e la solidità organizzativa, la disponibilità che le imprese mettono a disposizione dei dolenti, la serietà che offrono e la gentilezza, a essere segnalate da coloro che hanno dichiarato di essere rimasti soddisfatti del servizio ricevuto.
È una impresa consigliata da parenti/amici/sacerdote o l’impresa più comoda/vicina/trovata su internet: i sistemi di ricerca che prevalgono.

Chi, invece, segnala insoddisfazione per i servizi ricevuti dalle imprese alle quali si è rivolto, lamenta prezzi eccessivi, difetto di sensibilità e scarsa empatia.
Infine, la ricerca rivela l’esistenza di uno spazio marginale residuo per altri attori.
La chiesa, che mantiene un ruolo rilevante nel nord-est e al sud dove oltre un terzo, contro un quinto in Italia, si rivolge a un sacerdote.
Le amministrazioni locali, ovvero i Comuni, nei centri più piccoli.
Le confraternite e le congreghe in particolare al Centro, soprattutto la Toscana, e nei comuni di dimensioni medie.
Non sono poi assenti casi di decessi che non si traducono in richieste di attività da parte delle imprese, o perché il funerale non viene celebrato, o perché viene intenzionalmente rifiutato dalle famiglie, anche su richiesta dei loro cari in prossimità della morte (c.d. formula: a funerali avvenuti in forma strettamente privata).

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Written by:

Carlo Ballotta

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