Sul morire in Italia – Il Rapporto 2022 dell’Istituto Cattaneo ai raggi X – 1/3

Questo articolo è parte 2 di 5 nella serie ORME

“O.R.M.E.”, nome altamente evocativo, è l’acronimo di Osservatorio per la Ricerca sulla Morte e le Esequie.
Costituito presso la fondazione di Ricerca Istituto Cattaneo di Bologna, esso si propone di colmare una vistosa lacuna nelle conoscenze in questo nostro vituperato campo – almeno nel Bel Paese – con la pubblicazione, a cadenza annuale, di un rapporto sulla domanda e l’offerta di servizi funerari in Italia.
Il presente riscontro documentativo consiste, quindi, solo nel primo approfondimento statistico di un’articolata serie, della quale attendiamo i prossimi aggiornamenti, con cadenza periodica.
Esso è dedicato alla descrizione del quadro d’insieme relativo proprio alla domanda di prestazioni per il post mortem in Italia, dal momento della eventuale preparazione religiosa o psicologica all’exitus, alla fase successiva della sepoltura, passando per l’organizzazione dei funerali, senza mai dimenticare la definizione delle cerimonie e dei riti funebri, le forme di trattamento del corpo dopo la morte e la pia destinazione alla sepoltura/cremazione.
Oltre alle info-grafiche e alla descrizione dei principali risultati della ricerca, il dossier è corredato da un ricchissimo apparato di tabelle e dati del tutto inediti per la nostra esperienza nazionale e che, per la prima volta, scattano – con dati affidabili e scientificamente solidi frutto di una indagine su un ampio campione altamente rappresentativo di tutta la popolazione italiana – una fotografia sugli atteggiamenti degli italiani e delle italiane verso la morte, su usi e costumi e funzioni funebri (anche civili), sulle caratteristiche della domanda che le imprese funebri devono affrontare in una fase caratterizzata da cambiamenti epocali piuttosto rapidi, da una notevole volatilità e imprevedibilità della domanda, e anche da cambiamenti strutturali in corso sul lato dell’offerta (case funerarie? Tanatoprassi in un domani prossimo…o remoto?).

Qui già si rileva una possibile criticità, quando non si scrutinano anche le relazioni – spesso viziate da reciproche incomprensioni, tra cittadinanza e P.A. preposta agli adempimenti di polizia mortuaria, nei termini sia di capacità di ascolto delle issues provenienti dal corpo sociale sia di soluzioni concrete da porre in essere, attraverso l’adozioni di opportuni atti di indirizzo politico-amministrativo da parte del Comune (ordinanze, Regolamento Municipale).
L’Ente Locale è naturalmente la cellula dove s’incardina tutto il nostro modello e sistema, cui appartiene la prerogativa di regolare il fenomeno funerario e vigilare sul corretto svolgimento delle attività funebri e cimiteriali, sulla base territoriale determinata dalle circoscrizioni amministrative.
Eventuali Leggi Regionali a parte, la titolarità piena sulla polizia mortuaria è del Comune, il quale si avvale dell’A.USL (o comunque denominata), geograficamente competente come interfaccia tecnico-strumentale, rispetto alle propria potestà ordinativa, sancita da norma addirittura costituzionale (art.117 comma 6 III Periodo Cost.).
Si rammenta come la medesima A.USL sia scevra di idoneità giuridica a porre diritto in materia riservata per legge alla Municipalità.

Se non si indagano questi meccanismi amministrativi e gestionali, di cui il comune cittadino è spesso ignaro, diventa pressoché impossibile garantire il diritto alla trasparenza per quella particolare categoria di persone (leggasi: il dolente) che si trova ad affrontare un evento luttuoso in condizioni di evidente debolezza psicologica. Chi conosce davvero e domina, da posizioni di forza, il bisogno di servizi funerari, altrimenti, finirebbe per accumulare troppo potere, cadendo – alle volte – nell’eccesso, o peggio ancora nel abuso.
Oggi in Occidente il mondo moderno e secolarizzato frappone fra sé ed i morti degli schermi, che secondo Ariés “sono di triplice natura: la bara, il sepolcro, le recinzioni del cimitero” (ed, aggiungiamo noi, la fascia sanitaria di rispetto attorno alle tentacolari necropoli di oggi, post editto di St. Cloud).
Scopo visibile di questi diaframmi rigidi è la paura della profanazione delle tombe, un desiderio di igiene, una rappresentazione estetica del potere detenuto in vita dal defunto.
Il rapporto tra i vivi ed il cadavere cambia da Paese a Paese in relazione allo stadio di complessità raggiunto dalla società.
Secondo Urbain “dovunque, quasi sempre, lo spettacolo della tanatomorfosi, della decomposizione è motivo di ribrezzo, anzi di paura, ed è fondamentale, per mantenere la funzionalità delle mitologie rassicuranti, impedirne la vista”.

Affido a queste poche righe sottostanti le mie prime ed opinabilissime osservazioni sullo studio di cui all’oggetto.
In pochi pensano al proprio post mortem, o al fenomeno funerario nel suo complesso, su cui non si documentano…per tempo.
La fortissima asimmetria informativa tra inerme ed indifeso cittadino comune ed i professionisti del post mortem è anche causa di un mercato sì anelastico per sua natura, ma addirittura imperfetto, e con molte zone d’ombra, sempreché nell’ambito dei servizi funerari si vogliano applicare criteri economici e matematici, di leale concorrenza, tutela del consumatore dolente e della libertà d’impresa.
Il tabu morte è proprio imperante, perché solo un 50% del campione sottoposto ad indagine demoscopica si preoccupa del “E Dopo la mia morte?”, in termini molto terreni e di pratica funebre prescelta.

 Disinteresse ed indifferenza sono un potenziale bacino da scandagliare attentamente, perché possono pure significare quanto segue.
– Problemi burocratici (muore qualcuno, nessuno ci ha mai pensato, e adesso che si fa?) gestionali, di programmazione per gli spazi sepolcrali.
Sembra un’esagerazione, ma alla fine chi non pensa alle proprie esequie, con anticipo, pone lo stretto famigliare nella condizione ideale per dirottarsi su inumazione (quasi inerziale) o l’ancor più pragmatica cremazione, strano, vero?
In particolar modo nella metropoli, dove i casi di vita sola saranno sempre maggiori, anche a motivo di disgregati legami sociali (anziani accolti in strutture sanitario-residenziali, nuove famiglie, coppie di fatto, potrebbero rappresentare il milieu, il sostrato del c.d. “istituto comportamentale del disinteresse” tanto temuto dagli uffici comunali di polizia mortuaria e dai servizi sociali che con questi si relazionano per liquidare le effettive spese da sostenere.
– Una platea comunque certa di futuri fruitori di servizi esequiali ignara dell’ABC della polizia mortuaria e dei suoi riti amministrativi o medico-legali, nonché dei suoi oscuri costi impliciti Se per organizzare un funerale si procede alla cieca il rischio di comportamenti poco ortodossi o di marketing improprio da parte delle I.O.F. è concreto.
– La cremazione è una scelta ormai interclassista, e del tutto trasversale, benché sia attualmente a titolo oneroso, ma la tumulazione per le fasce di popolazione più conservatrici rimane l’opzione prediletta, soprattutto nel Meridione
– L’inumazione continua ad esser legalmente la sepoltura di massa, ma nei fatti è soppiantata da cremazione soprattutto ed anche tumulazione.
Rimane un retaggio (antistorico?) sulla povertà di questa destinazione per le spoglie umane. Il funerale francescano non attecchisce, insomma.

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Written by:

Carlo Ballotta

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