Incidenza e prevalenza della visita al cimitero nel 2021 nel Rapporto di O.R.M.E. – Istituto Cattaneo

Questo articolo è parte 5 di 5 nella serie ORME

Durante il 2021 il 64% degli italiani si è recato almeno una volta al cimitero. Nella metà dei casi questo momento di visita è avvenuto in occasione del 2 novembre, giorno della Commemorazione dei defunti, o, comunque in prossimità dell’Ottavario dei Morti. Si tratta di una quota inferiore a quella consueta, in forte flessione, perché fortemente influenzata dalle restrizioni imposte, in quell’anno, dalla pandemia. CoVid-19.
Il buon proposito di (almeno) varcare il cancello del cimitero, per render omaggio ai defunti, è lievemente più alto tra le donne che tra gli uomini, cresce fortemente con l’età, ma in modo inversamente proporzionale alle delle dimensioni del Comune di residenza. Nei piccoli centri c’è più attaccamento affettivo a quel presidio storico di memorie e ricordi collettivi detto: “Cimitero”.
Il dato tendenziale di un certo consolidato feeling degli Italiani con la frequentazione dei cimiteri, però, si inverte in rapporto al titolo di studio, e in generale trascorrendo dagli strati più abbienti della popolazione a quelli meno privilegiati sotto il profilo della posizione sociale ed economica. L’indagine O.r.m.e. permette anche di meglio ponderare le dimensioni della frequenza con cui gli italiani si recano al cimitero.

Escludendo il giorno classico della Commemorazione dei defunti, oltre il 23% degli italiani, quindi quasi uno su quattro, dichiara di essere andato al cimitero più di quattro volte nel corso dell’anno precedente (CoVid -19 permettendo…) oltre il 13% di esserci andato una volta al mese, o anche più. Livelli decisamente elevati di frequenza al cimitero sono apprezzabili specie tra la popolazione più anziana.
Già oltre i 55 anni la quota di chi va al cimitero almeno una volta al mese supera il 17%, oltre i 70 arriva al 23,5%. Ma livelli di frequenza elevata si registrano anche nei comuni più piccoli. Nei comuni al di sotto dei 20 mila abitanti una frequenza almeno mensile al cimitero si registra in una quota della popolazione variabile tra il 16% e il 18%.
Nelle grandi città questa è inferiore al 9%. Inoltre la frequenza regolare al cimitero appare un tratto che caratterizza lo stile di vita di chi appartiene alle classi lavoratrici o da queste proviene, come mostra la crescita della percentuale di italiani che dichiara di recarsi al cimitero almeno una volta al mese passando dai diplomati a non diplomati, e dai “colletti bianchi” ai “colletti blu” e su, risalendo per li rami della gerarchia sociale.
La pia pratica di rendere visita ai propri morti sembra quindi persistere nei centri medio-piccoli e piccoli, e nei ranghi delle classi lavoratrici, dove in effetti è sensibilmente più radicata, mentre pare accusare una notevole compressione nelle città medie e grandi, e tra gli appartenenti alle classi medie impiegatizie, alla borghesia urbana media e grande, ai dirigenti e professionisti.
Sarebbe interessante un confronto a rime parallele con i dati sul fenomeno del turismo cimiteriale in forte ascesa, che un po’ di linfa vitale dovrebbe assicurare almeno a chi creda e lavori ad un progetto ambizioso come la valorizzazione culturale del patrimonio di architettura commemorativa ed arte funeraria, rappresentato dal modello del cimitero monumentale italiano.

Se in forza della crescita esponenziale della cremazione il cimitero, tradizionalmente pensato o concepito come luogo di sepoltura per cadaveri umani e loro trasformazioni di stato intermedie perde progressivamente la sua precipua funzione -igienico-sanitaria (le ceneri, infatti, sono il prodotto inerte ed asettico della combustione) resta comunque un’istituzione molto sentita dalla cittadinanza. I campisanti potrebbero tranquillamente divenire musei a cielo aperto, perdendo quell’aura sinistra – sentore di morte – da cui spesso sono ancora ammantati. Il turista cimiteriale deve necessariamente dimostrare almeno uno spiccato interesse per la storia dell’arte, di cui le nostre moderne necropoli sono veri e propri scrigni.
Se dovessimo allora tracciare un profilo di questa nuova tipologia di “utenza” indiretta verso il camposanto, con le sue legittime aspettative (percorsi guidati, materiale fotografico e didattico, informazioni di facile reperibilità, anche on line, facilità di accesso al sito sepolcrale) probabilmente le percentuali sin qui illustrate potrebbero registrare qualche variazione non del tutto marginale o irrilevante, anzi abbastanza rivelatrice di un nuovo trend Gli effetti positivi sarebbero notevoli, sotto il profilo della gestione dell’impianto e del suo mantenimento nel tempo “illimitato” richiesto dalla ciclica attività cimiteriale: essa, com’è ovvio non ammette soluzione di continuità e per la collettività rimane comunque un costo, in generale a carico dell’erario comunale, poiché si tratta pur sempre di demanio specifico e necessario di cui ogni municipalità deve pur sempre disporre.
Allora bene il tour di rito in cimitero per la solennità del 2 novembre, ma si potrebbe osare di più, anche con lungimirante operazioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui tesori celati tra lastre sepolcrali e, non per forza anonimi cippi tombali. Se il cimitero nel suo complesso non attira nuovi visitatori, si corre il rischio con questi numeri di assistere ad un repentino impoverimento del plesso stesso, abbandonato dai vivi e destinato nel volgere di qualche generazione a divenire “terra di nessuno”.

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Written by:

Carlo Ballotta

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