Cremazione e specifici adempimenti necroscopici sul prelievo del D.N.A.

Nella “strana” e eclettica legge statale n. 130/2001 vi è una disposizione che molti, nel silenzio dello Stato Centrale, avrebbero volentieri mantenuto congelata ed inattiva.
Traggo qualche considerazione da un bell’articolo focus di approfondimento a cura del Dr. Donato Berloco, su: “Lo Stato Civile Italiano”, anno 2018.

Ai sensi dell’art.3, 1 comma, lett. a) della L. n.130 del 30 marzo 2001, infatti, l’autorizzazione alla cremazione compete ora all’Ufficiale dello stato civile del Comune di decesso.
Egli la rilascia acquisito un certificato in carta libera del medico necroscopo, dal quale risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato ovvero, in caso di morte improvvisa o sospetta segnalata dall’A.G., il nulla osta della stessa A.G., recante specifica indicazione che il cadavere possa essere cremato.
È pacifico come tale norma vada necessariamente posta in relazione con il – temporalmente precedente – art. 116 delle disposizione di attuazione del c.p.p., secondo cui: “Se per la morte di una persona sorge sospetto di reato, il Procuratore della Repubblica accerta la causa della morte e, se lo ravvisa necessario, ordina l’autopsia secondo le modalità previste dall’articolo 360 del codice ovvero fa richiesta di incidente probatorio, dopo aver compiuto le indagini occorrenti per l’identificazione….omissis.
Nei predetti casi la sepoltura non può essere eseguita senza l’ordine del Procuratore della Repubblica. Omissis.”

Risulta con ogni evidenza come nei casi di morte potenzialmente dovuta ad ipotesi di rilevanza penale, possano sussistere dei dubbi effettivi sulla causa letale che solo gli accertamenti diagnostici potrebbero dissipare in modo definitivo ed inoppugnabile.
Però, se il cadavere della persona deceduta per morte sospetta o dovuta a reato dovesse esser eventualmente cremato, verrebbe annullata ogni la possibilità del riscontro diagnostico (alias autopsia). ex post.
Ed è per questa finalità preventiva di giustizia che lo stesso art.3, comma 1, lettera h) della legge n.130/2001 prevede “l’obbligo per il medico necroscopo di raccogliere dal cadavere, e conservare per un periodo minimo di 10 anni, campioni di liquidi biologici ed annessi cutanei, a prescindere dalla pratica funeraria prescelta, per eventuali indagini per causa di giustizia”.
La norma ha suscitato sin da subito perplessità interpretative in relazione all’inciso “ a prescindere dalla pratica funeraria prescelta”.

A questo punto di confusione massima alcune leggi e/o regolamenti regionali( vedasi ad esempio il Regolamento della Regione Puglia n.8 dell’11-3-2015), provvidenzialmente hanno imposto, ad esempio, che il medico necroscopo, in caso di richiesta di cremazione, compili la certificazione attestante l’esclusione del sospetto che la morte sia dovuta a reato, secondo L. n. 130/2001 e prelevi dal cadavere campioni di formazioni pilifere.
Detti campioni, prelevati per “strappamento” con idoneo mezzo (pinza anatomica o garza), sono riposti in busta di carta, su cui sono riportate le generalità del cadavere e del medico necroscopo, data e luogo del decesso, data e luogo di prelievo e conservati in sicurezza, in armadio o locale ben aerato, per un periodo non inferiore a dieci anni, per eventuali indagini disposte dall’autorità giudiziaria.
Ora, a prescindere da una espressa e certosina previsione normativa regionale, come quella sopra riportata in ampi stralci, il Ministero della Salute, intervenendo sul problema di una norma ancora tutta da implementare, in maniera omogenea, a questo punto coinvolgendo le Regioni ha emanato la Circolare n.0014991 del 30-5-2016 indirizzata agli Assessorati regionali alla Sanità, con la quale, elaborando una interpretazione sulla statuizione contenuta nell’art. 3, comma 1, legge 30 marzo 2001,n. 130, ha rappresentato come i principi statali contenuti nell’art.3, comma 1 cit. per la loro precisione siano [ormai] da considerarsi suscettibili di diretta applicazione precettiva e cogente, anche in assenza di una legge regionale che avesse – per avventura – già attuato o disciplinato nel dettaglio le materie e gli istituti contemplati dagli stessi principi statali.
Il discusso art. 3 comma 1 è finalmente riconosciuto come fattualmente in vigore, da parte dello stesso Potere Esecutivo, dopo anni di…latenza.

In particolare, nell’atto istruttivo, è sottolineato l’obbligo per il medico necroscopo di raccogliere dal cadavere e conservare per un periodo minimo di dieci anni, campioni di liquidi biologici ed annessi cutanei, a prescindere dalla pratica funeraria prescelta, per eventuali indagini per causa di giustizia.
Alla prefata Circolare – a dire il vero di contenuto nebuloso ed oscuro – ha fatto seguito una successiva riportante il n. 0022159 del 28-7-2016 dello stesso Ministero, con cui è stato specificato che l’incombente per il medico necroscopo di raccogliere dal cadavere e conservare per un periodo minimo di dieci anni campioni di liquidi biologici ed annessi cutanei, riguarda esclusivamente il caso di avvio della salma alla cremazione.
Inoltre, viene indicato, anche al fine del contenimento dei costi, il seguente protocollo operativo:

– il medico necroscopo, assolti gli obblighi certificativi, in caso di cremazione della salma, effettua dal cadavere il prelievo di annessi cutanei, comprensivi di bulbi piliferi, in zona nucale o pubica;
– per il campionamento di liquidi biologici utilizza preferibilmente i filtri in carta per analisi o, in mancanza, procede al prelievo dei liquidi stessi disponendo idoneo stoccaggio;
– riporta i dati anagrafici del defunto, la data e la sede del prelievo, oltre al nominativo della persona che lo ha eseguito.
Il prelievo viene conservato in adeguati archivi per almeno 10 anni, sotto la responsabilità del Direttore del Servizio di Medicina Legale. Le delucidazioni addotte dal Ministero, a prescindere dalla eventuale previsione regionale a questo punto pure superflua, se non addirittura ultronea, hanno il vantaggio ed il merito di diradare, su questo delicatissimo versante, dubbi operativi e procedurali specie per gli operatori sanitari addetti al Servizio necroscopico.
È palese che tali nuove incombenze comportino problemi logistici nei vari Uffici delle A.USL o comunque denominate); ma è questione, d’ora in poi, meramente organizzativa e gestionale, non potendosi più invocare una comoda (per le strutture di medicina necroscopica) lacuna legis.

Sulla ancora obliqua e titubante posizione di certe A.USL, nonostante il richiamo ministeriale, di nuovo interviene una Regione, segnatamente la Campania con il divieto espresso di cremazione quando non si sia propedeuticamente provveduto al prelievo di campioni di D.N.A, dalla salma.
Senza addentrarci nelle motivazioni del provvedimento in sé, (dura lex, sed lex) potremmo, invece, molto più proficuamente formularci una diversa domanda.
Ad esempio, come sul piano meramente di operatività cimiteriale e necroscopica ricavare dal cadavere i relativi campioni di D.N.A. Se lo stesso è – a suo tempo – già stato racchiuso nella doppia cassa.
L’unica soluzione parrebbe proprio la preventiva apertura della cassa di zinco, per estrazione di campioni biologici, poi la richiusura del cofano stagno, ed infine la cremazione di tutto il feretro, riconfezionato.
È macchinosa, antigienica e diseconomica, ma è anche l’unica realmente praticabile.

Suggeriamo al nostro pubblico di sviluppare autonomamente una breve riflessione sull’argomento, perché la stessa questione, in diversi termini, si pose con l’esclusione di morte dovuta a causa violenta o peggio ancora dovuta a reato per le salme da avviare a cremazione dopo un primo tempo di ordinaria sepoltura, ad es. in loculo.
L’impossibilità di appurare con certezza e preventivamente la morte naturale, avrebbe costretto a contorsionismi interpretativi e molte presunzioni e certificazioni “ora per allora”, per evitare il solo rimedio realmente esperibile: autopsia/riscontro diagnostico, sul cui esito rilasciare poi l’aut. alla cremazione.
Quale linea seguire?

Pur se legalisti per vocazione e necessità, non si possono proporre indicazioni, anche da fornire qui su queste pagine, troppo rigide e formaliste, si finirebbe con creare unicamente ulteriori problemi, con costi esorbitanti per il cittadino e l’impasse di molti iter amministrativi per la concessione delle aut. alla cremazione, che, invece, dovrebbero esser ulteriormente snelliti (quando sussistano – ovviamente – agli atti tutti i requisiti ad sustantiam: ad. es. la volontà manifestata).
Comunque: se non si è in situazione di “resto mortale”, occorre sempre il prelievo DNA per un defunto di cui si debba cremare il corpo, pure dopo un precedente periodo di sua diversa sepoltura in tumulo stagno.
Molto cavillando, si potrebbe argomentare, a favore di un’atteggiamento più elastico e minimale, che vi sarebbe un esplicito dovere di legge ad eseguire questi prelievi necroscopici, solo se il decesso sia avvenuto dopo la data della circolare del Ministero della Salute, prima richiamata.
Ciò a questo punto, vale (…o dovrebbe valere) su tutto il territorio italiano, vista la circ. Min. Salute de qua, di portata inequivocabilmente nazionale e vincolante.
Non si ha notizia di come le A.usl, abbiano, poi, concretamente affrontato questo nuovo adempimento medico-legale, invero abbastanza ridondante…ci sia consentito.

Written by:

Carlo Ballotta

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