Valutazione di progetti edilizi cimiteriali e sicurezza sul lavoro

Premessa breve: tra le attività svolte dai servizi di Igiene Pubblica, una delle meno conosciute è sicuramente la valutazione dei progetti di edifici funebri, obbligo stabilito dall’art. 94 del D.P.R. n. 285/90
L’azione preventiva di verifica medica sull’edilizia cimiteriale, svolta ai sensi dell’art. 94 DPR n. 285/1990, laddove ancora in funzione, consentirebbe, quando esercitata in modo critico e non solo burocratico, se non altro di raccogliere una casistica delle soluzioni architettoniche sconsigliabili…per il futuro.
Si constata, infatti, come anche dopo l’entrata in vigore dell’ultimo regolamento nazionale di polizia mortuaria alcune tombe (dunque di costruzione successiva al D.P.R. n.285/1990) continuino e persistano pervicacemente ad esser “non a norma”, con le più elementari misure di sicurezza per il personale necroforo in servizio presso i nostri cimiteri.

A titolo di esempio, sottoponiamo ora alla vostra attenzione una combinazione tipica, che riassume i problemi sulla disfunzionalità di certi tumuli, specie se pluriposto, e (parzialmente) ipogei da noi sollevati precedentemente, nel testo qui consultabile, liberamente.
Si tratta di un progetto ergonomicamente inadeguato anche se pur sempre conforme ai requisiti minimi dell’art. 76 DPR n. 285/1990, con un progettista di fatto costretto a non abbandonare i temi architettonici ormai prescelti, per vincoli di piano regolatore cimiteriale, causa – questi ultimi – di tale effettiva impossibilità ad operare in sicurezza.
In frangenti estremi l’uso di queste celle sepolcrali epigee potrebbe persino esser inibito, si veda, ad esempio, il nuovo Reg. Reg. Lombardia, quando entra nel merito della c.d. “procedura di deroga”.

Siamo certi che esempi analoghi siano rintracciabili nel patrimonio di esperienze della maggior parte degli uffici di polizia mortuaria e relativi archivi A.USL (strettamente per il parere tecnico di di competenza).
Viene, dunque, presentato un progetto di tomba a dieci loculi, su cinque piani complessivi (tutti sopra il piano di campagna), con vestibolo: comunemente, edifici di questo tipo vengono denominati “edicole funerarie”, termine che utilizzeremo nel prosieguo dell’articolo.
L’edicola in questione presenta una particolarità: il pavimento è a quota + 0,74. cm. Pertanto, quattro file di loculi (per complessivi otto posti feretro) sono ricavate sopra questo livello, mentre il primo ordine (per complessivi due loculi) è situato sotto il pavimento vero e proprio.
L’unica reale via di accesso ai due loculi del piano sottostante al pavimento (celle ipogee) è dal vialetto, attraverso una botola verticale posizionata centralmente che si apre su di un vestibolo inferiore.

Immaginando lo schema del progetto, nelle sue linee essenziali, nella sezione laterale dovrebbero esser sufficientemente chiare le proporzioni del vestibolo inferiore attraverso cui devono transitare i feretri della prima fila di loculi.
Il motivo di scelte così poco funzionali è facilmente spiegato: l’edificio fa parte di un progetto unitario relativo ad un’intera “schiera” di edicole funerarie con un certo valore storico/architettonico (almeno stando al giudizio dell’amministrazione comunale interessata).
In altre parole, il progettista è legato al rispetto delle soluzioni stilistiche osservabili nelle edicole adiacenti; edificate però in un periodo molto antecedente al D.Lgs n. 626/94, quando ancora la prevenzione delle lesioni del rachide non era un impegno prioritario del Legislatore.
A seguito dell’entrata in vigore del primo corpus normativo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro D.Lgs. n. 626/94 (oggi D.lgs n. 81/2008, nella versione attualmente in vigore, dopo successive modifiche ed integrazioni), alcuni Ministeri ritennero addirittura opportuno emanare direttive applicative riservate proprio alle particolari esigenze di determinate strutture edilizie.

Non vogliamo sostenere che le determinazioni adottate nei decenni da più Ministeri siano trasferibili anche nell’ambito dell’edilizia funeraria: abbiamo menzionato questi decreti solo perché testimoniano dell’interesse alla applicazione del D.Lgs. n. 626/94. relativo ad un’intera “stecca” di edicole funerarie con un certo valore storico/architettonico (almeno stando al giudizio dell’amministrazione comunale interessata).
In altre parole, il progettista è vincolato al rispetto delle soluzioni stilistiche osservabili nelle edicole adiacenti (art. 91 D.P.R. n. 285/1990); edificate però in un periodo molto antecedente alla prima legge organica sulla sicurezza, quando ancora la prevenzione delle lesioni del rachide non era un impegno prioritario.
Il pavimento sopraelevato in queste concessioni cimiteriali, con loculi anche ipogei) è un interessante ed ingegnoso artificio per porre in risalto gli arredi funebri custoditi nei vestiboli delle edicole, ma è difficilmente compatibile con l’utilizzo di un montaferetri per l’accesso ai loculi delle file più alte (l’apparecchiatura dovrebbe essere sollevata manualmente fino a quota + 0,74 cm ): l’accesso ai loculi è perciò condizionato all’esclusiva mobilizzazione manuale dei feretri, con appoggio su ponteggi mobili.
Per l’accesso ai due loculi sottostanti al pavimento, il problema è ancora più delicato e grave. Come già detto, a tale livello il transito delle casse deve obbligatoriamente avvenire attraverso la botola verticale che si affaccia sul vialetto, e che si apre su un vestibolo inferiore così angusto da non consentire neanche la posizione inginocchiata.

C’è un ulteriore inconveniente per i colleghi necrofori: la botola di accesso non è nemmeno in linea con i loculi (è in posizione centrale), e ciò comporta la necessità di imprimere movimenti di scorrimento laterale alle casse.
È intuibile la faticosità di tale esercizio da contorsionista quando l’unica postura praticabile è quella semisdraiata.
La scarsità di spazio nel vestibolo inferiore ostacola anche i lavori di tamponatura e smuratura dei due loculi giustapposti.
Le manovre con martello e scalpello, la rimozione delle macerie, la successiva chiusura con calce e mattoni, non sono azioni da svolgere in quello spazio claustrofobico che, più di un vero vestibolo… è un cunicolo!
Nonostante tutte le criticità finora elencate, il progetto risulta comunque a norma con quanto disposto dal D.P.R. n. 285/1990: sotto il profilo puramente formale non si possono sollevare o muovere obiezioni, poiché per ogni loculo è (teoricamente) assicurata la diretta accessibilità.

Non sarebbe perciò giustificata l’imposizione da parte dell’ASL di modifiche drastiche come l’abbassamento del pavimento a filo di terreno.
Non è purtroppo ipotizzabile che il progettista presenti spontaneamente questa variante, visti gli obblighi di uniformità con le edicole adiacenti, che escludono anche un adeguamento di minore portata quale il raddoppio della botola verticale.
In occasione del parere di competenza del Servizio di Igiene Pubblica, si concorda una soluzione alternativa: la realizzazione di una apertura sul pavimento dell’edicola.
L’intervento di lieve entità elimina il disagio costituito dalla insufficiente altezza del vestibolo inferiore, ed ha il pregio di non alterare minimamente la facciata dell’edicola.
Laddove non espressamente abrogati, eventuale intervento ed il giudizio sanitario dell’A.USL costituiscono pur sempre solo un parere tecnico-strumentale rispetto alla potestà ordinativa del Comune.
Ecco il grande limite di una verifica, comunque opportuna e semmai solo da riformare, da parte di ente terzo rispetto alla dinamica Comune Concedente – Privato Concessionario.
Un simile contributo comunque potrebbe introdurre nel frammentato micro-ordinamento di polizia mortuaria anche elementi importantissimi di medicina del lavoro, per la reale sicurezza del lavoratori: insomma necrofori sì, acrobati no!

Written by:

Carlo Ballotta

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