Nell’ordinamento italiano vige il principio, implicito e quindi fondativo, secondo cui tutti i cadaveri sono sempre trasportabili, naturalmente nei modi e tempi stabiliti dalla legge e dall’autorità competente a vigilare sull’azione di polizia mortuaria (l’AUSL secondo il DPR 285/90 il comune, invece,in alcune recenti riforme regionali sui servizi necroscopici, funebri e cimiteriali).
So consigli ala lettura di tre articoli sulla storia del cofano funebre, cliccando STORIA
Estratto dalla circolare Ministero della sanità n. 24 del 24/6/1993.
9. INDICAZIONI SU CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE PER LE BARE. CAUTELE PER I TRASPORTI FUNEBRI OLTRE UNA CERTA DISTANZA. VALVOLE O ALTRI DISPOSITIVI PER FISSARE O NEUTRALIZZARE I GAS DI PUTREFAZIONE.
9.1. I materiali da impiegare per la costruzione dei contenitori atti al trasporto dei cadaveri devono assicurare la resistenza meccanica per il necessario supporto del corpo e l’impermeabilità del feretro (legno massiccio e lastra di zinco o piombo quando richiesta).
La cassa di legno può essere indifferentemente interna o esterna a quella metallica anche se per motivi estetici è invalso l’uso di disporla all’esterno.
La cassa metallica, deve essere ermeticamente chiusa mediante saldatura (è permessa oltre alla saldatura a fuoco anche quella a freddo) continua ed estesa su tutta la periferia della zona di contatto degli elementi da saldare.
.. omissis .. L’art. 30 del DPR 285/90 fornisce le specifiche tecniche da seguire per la costruzione della bara di legno. Il criterio base è che ogni parete, sia essa più o meno estesa, con funzioni di supporto o contenimento, deve essere costituita da tavole di un solo solo pezzo nel senso della lunghezza, saldamente congiunte con collante di sicura duratura presa. Nel senso della larghezza possono essere utilizzate più tavole secondo quanto indicato dall’art. 30. .. omissis ..
Per i trasporti da un comune ad un altro comune si usano criteri diversi per la confezione del feretro a seconda della distanza da compiere e ciò, indipendentemente dal tipo di sepoltura prescelta. Con l’art. 30 si è inteso stabilire in 100 km il discrimine fra l’uso di una sola cassa (di legno) o della doppia cassa (legno e metallo).
E’ richiesto che lo spessore minimo del legno, a fondo intaglio, dopo la lavorazione, sia di almeno 20 mm. se il trasporto al crematorio è inferiore a 100 Km. 25 mm. se il trasporto al crematorio supera i 100 Km.
I 100 km sono da intendersi come tragitto prevedibile, essendo alla partenza necessario verificare il tipo di feretro da usarsi.
La norma di cui all’art. 30/13 stabilisce l’impiego della sola cassa di legno se la distanza da coprire nel trasporto funebre è inferiore ai 100 km. Essa è pertanto da intendersi nel senso che non è da prevedere né il controferetro metallico, né la cerchiatura con le liste di lamiera di ferro di cui all’art. 30/11 del DPR 285/90. Oltre i 100 km, è d’obbligo la doppia cassa, anche se il feretro è destinato ad inumazione o cremazione. Quella in legno sarà di spessore minimo di 25 mm; quella di zinco di 0,660 mm e quella di piombo di 1,5 mm. Con successivi decreti ministeriali in attuazione dell’art. 31 del DPR 285/90 è stato consentito sostituire la cassa metallica con un involucro interno al cofano, di plastica biodegradabile, con speficiche autorizzate. .. omissis ..
La stessa procedura per trasporti oltre i 100 Km si applica sempre in caso di cadavere portatore di malattia infettivo diffusiva e per i trasporti internazionali da e verso Paesi non aderenti alla Convenzione Internazionale di Berlino.
Per i trasporti da e verso Paesi aderenti alla Convenzione Internazionale di Berlino le caratteristiche tecniche dei feretri sono dettate dall’articolato stesso della Convenzione.
Sotto i 100 km, viene usata una unica cassa solo se destinata ad inumazione o cremazione. Per la inumazione e la cremazione, se il trasporto è fuori del territorio del comune, si userà una cassa di spessore, comunque, non inferiore a 25 mm, La norma è pensata in quest’ottica: un trasporto fuori comune, anche se inferiore ai 100 KM, può risultare abbastanza lungo non tanto per la distanza effettiva, quanto per il tempo necessario (si pensi al traffico caotico delle grandi metropoli rispetto alle quali il cimitero si trova pur sempre all’estrema periferia, con la poco simpatica prospettiva, per il corteo funebre, di dover attraversare sia in uscita dal comune di partenza, sia in entrata di quello d’arrivo, interi quartieri).
Una bara più robusta, allora, offre qualche garanzia in più sulla tenuta del feretro.
E’, tuttavia, opportuno che per i cofani destinati all’inumazione o alla cremazione vengano realizzati gli spessori minimi consentiti ed essenze lignee tenere, facilmente degradabili. I regolamenti comunali di polizia mortuaria potrebbero contenere indicazioni più precise e ficcanti a riguardo, magari rese ancor più incisive dalla concreta minaccia di sanzioni amministrative.
Bisogna, però, considerare alcuni elementi di natura meramente operativa:
1) anche nei trasporti sotto ai 100 Km possono verificarsi fenomeni percolativi, che la sola cassa di legno non può trattenere, poichè i cadaveri possono esser interessati dai processi putrefattivi (produzione di gas e liquidi) già dopo poche ore dalla morte e dall’incassamento.
2) i tempi di attesa per la cremazione sono piuttosto lunghi e spesso i feretri debbono sostare anche diversi giorni in camera mortuaria, dove potrebbero formarsi odori nauseabondi o veri e propri rigagnoli di liquame cadaverico assolutamente antigienici.
Conviene sempre, allora, predisporre la cassa con un rivestimento interno (lenzuolino cosparso di polvere assorbente o dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante) proprio per neutralizzare eventuali miasmi o rilascio di liquidi.
La cassa di zinco esterna sortirebbe lo stesso risultato, ma con molte più criticità: essa infatti:
1) diventa pericolosa durante la movimentazione perchè di solito è priva di maniglie “portanti” e la lamiera è molto tagliente (il vero “imballo” per consistenza del materiale e spessori con cui trasportare una cadavere è pur sempre la bara lignea, mentre la controcassa metallica deve semplicemente garantire, nel tempo, la tenuta stagna.
2)Quando il feretro è pronto per la cremazione bisognerebbe comunque asportare la cassa di zinco, squarciandone il coperchio, con il rischio per i necrofori di ferirsi o di entrare accidentalmente in contatto con i liquami cadaverici che fuoriescono già dalla cassa di legno o si sono raccolti sul fondo di quella in lamiera.
3)Esteticamente la cassa di zinco esterna è piuttosto squallida ed in un funerale l’elemento principe è pur sempre la bara; questo aspetto, da non sottovalutare potrebbe inibire fortemente l’accesso alla pratica cremazionista.
4) E’ un rifiuto cimiteriale difficile da smaltire.
Ai termini di Legge s’intendono sostitutivi della cassa realizzata con nastro metallico, e saldata a fuoco o con equivalenti paste adesive, particolari cassoni di vetroresina o altro materiale facilmente disinfettabile, in cui deporre la bara di solo legno durante la sua movimentazione, essi sono in grado di garantire la perfetta ermeticità durante il trasporto proprio grazie a guarnizioni a tenuta stagna.
Rientra, benchè in senso lato, nel corretto confezionamento del feretro da avviare a cremazione, anche l’eventuale e preventiva rimozione del pace-maker.
Ad oggi non esiste nessun protocollo chiaro ed univoco, ma diversi impianti di cremazione chiedono espressamente l’asportazione dello stimolatore cardiaco, poichè esso, soprattutto se alimentato con batteria a nuclidi radioattivi, a contatto con il forte calore che si sviluppa durante la cremzione, potrebbe provocare improvvisi scoppi particolarmente dannosi per il rivestimento refrattario del forno.
Ai sensi della risoluzione del Ministero della Salute n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004 per gli esiti da fenomeno cadvaerico di tipo trasformativo conservativo (cadaveri inconsunti provenienti da almeno 10 anni di inumazione o 20 anni di tumulazione) non occorre necessariamente la bara lignea richiesta per la movimentazione del cadaveri. Basterà anche un semplice contenitore rigido per reggere il peso del resto mortale e munito di coperchio così da celare la vista del suo pietoso contenuto ad eventuali passanti, curiosi o semplici frequentatori del cimitero.
Questi contenitori, come le normali bare, dovranno sempre esser identificabili riportando gli estremi anagrafici del de cuius In Emilia Romagna e Lombardia bastano Nome, Cognome e data di morte, mentre non è più obbligatoria quella di nascita.
Tali recipienti più “leggeri”, rispetto alla classica bara, potranno esser realizzati con materiali, diversi dal legno massello, facilmente combustibili ed ecologici come cellulosa, pasta di legno, cartone…
Anche per i cadaveri si stanno studiando soluzioni simili, il Ministero della Salute, infatti, con proprio Decreto del 14 aprile 2007 ha autorizzato la produzione di cofani in cellulosa con solo i bordi di legno per inumazione o cremazione.
buongiorno, sono un funzionario dei Servizi Cimiteriale e volevo chiederle come mai le agenzie funebri del Piemonte non rilasciano il verbale di chiusura feretro. Ieri è arrivato un cadavere da Torino, in Sicilia, senza verbale di chiusura feretro. Ho contattato l’agenzia che si è occupata del trasporto la quale mi ha detto che nel Comune di Torino operano in questo modo. Ma se si opera su un D.P.R.nazionale com’è possibile? Grazie anticipatamente della sua risposta
Cinzia
Che un semplice “Necroforo” come me sia titolato a relazionarsi direttamente con i vertici dei servizi cimiteriali del Comune XXXXXX in questa sede e rubrica è motivo di onore; sarebbe, però, opportuno porre il quesito in maniera più specifica nella sezione premium di questo sito, pensata appunto come spazio di dialogo per i professionisti della polizia mortuaria, mentre questo “sportello civico dei servizi funerari on line” è (o vorrebbe essere) più volto ad un primo contatto con l’utente/operatore, con prevalenza del privato cittadino.
Comunque, per le vie brevi: C’è un bug di sistema nell’impianto della normativa sul trasporto funebre: manca il riscontro – feed back tra il Comune che autorizza e quello di destinazione ultima del trasporto stesso. Torino ha rilasciato, con ogni probabilità i titoli minimi del trasporto fuori regione dove è parimenti presente l’obbligo della verifica feretro (Paragrafo 9.7 Circ. Min. n. 24/1993), cambiano – come al solito – le rispettive competenze in base alla Legge Regionale.
Le certificazione sanitarie (= verbale chiusura) ex art. 49 D.P.R. n. 445/2000 non sono surrogabili con atti prodotti da soggetti terzi rispetto alla A.USL (o comunque denominata). Quindi:
L’impresa funebre non dice proprio il vero (giusto per lavarsi le mani dal problema?) perchè laddove essa stabilmente operi (Piemonte?) redigere e sottoscrivere il c.d. “verbale” è compito/obbligo proprio dell’impresa funebre – in forza di specifica norma regionale – ma la stessa impresa funebre di Torino non è legittimata al rilascio di un verbale che sottopone anche a conseguenze penali (MAI DIMENTICARE CIO’!) perchè esso ai sensi del vigente D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 spetta di diritto alla vigilanza sanitaria (pubblica autorità), e non è materia di impresa funebre. Siamo al paradosso, ma si dovrebbe procedere così:
Se il feretro, all’arrivo in cimitero, ad un primo esame non risulta provvisto dei titoli necessari si presenta rapporto, in senso gerarchico, sino al responsabile del servizio, mentre la bara sosterà “in transito”, presso la camera mortuaria del cimitero di arrivo) .
Avvisate le rispettive autorità e locale A.USL (Comune di Torino da cui è partito il trasporto sopra tutto) bisogna loro rappresentare il problema di un feretro che sottoposto al controllo di routine, è risultato privo del “verbale di chiusura” di cui al paragrafo 9.7 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24. Si valuti, dopo aver attentamente approfondito e ponderato, se elevare eventuali sanzioni e segnalare alla Procura della Repubblica la possibile omissione in atti di ufficio
Un mio caro congiunto, è venuto a mancare pochi giorni fa. Si è deciso di effettuare la cremazione, ma ho dei dubbi. Ho letto oggi che la bara ( trasportata al tempio crematorio distante 30 km) dovrebbe essere ben sigillata, mentre la ditta funebre ha solo chiuso con viti e trapano ma così la bara può essere aperta quando si vuole. ( Ed abbiamo scoperto che chi ha chiuso non era nemmeno della ditta)( Riciclo di bare?) Inoltre in quel frangente ci siamo accorti che la salma è stata chiusa in un bustone giallo di plastica con cerniera ma al momento per il dolore della perdita e la non esperienza non ci abbiamo pensato. Come è possibile se si tratta di cremazione?plastica e metallo non sono compatibili con l’atto crematorio, inoltre la salma è al tempio già da 5 giorni, quindi come potrebbero eliminarla prima della cremazione? Visto che per il covid non ci fanno seguire il defunto e visto gli scandali sui forni crematori, potrei pensare che riciclano le bare e nemmeno cremano le salme e ci daranno nell’ urna sigillata chissà cosa. Sono terrorizzata da questa ipotesi.
X Daniela,
sul percorso che porta dall’entrata del feretro nell’impianto crematorio, sino alla consegna delle ceneri ci sono precise procedure di sicurezza, per la scientifica tracciabilità della bara, prima, e dell’urna dopo. Poi, come ci insegna la recente cronaca (nera!) giudiziaria, in ambito funebre e cimiteriale: il male trova sempre la sua strada!
Dottore, la ringrazio per la sua risposta.
Capisco quello che vuole dirmi , ma avrei voluto sapere se le procedure del non sigillare la bara, ma chiuderla solo con viti in fori preformati ( da personale poi non addetto) e il bustone giallo di plastica, fossero o no conformi alle procedure legali. So che probabilmente le risposte sono scritte qua e là nelle varie risposte, ma sinceramente col dolore che provo non ho ” voglia ” di cercare. Se non sono legali avrei intenzione di denunciare, cosa che mi pare giusta e legittima, visto che si approfittano del dolore altrui.
Grazie
Occorre l’indicazione della regione in cui è avvenuta la partenza del trasporto
Dalla Lombardia al Piemonte
Le norme sono chiare e stabilite dall’art. 36 del Regolamento regionale 9 novembre 2004 , N. 6 – Regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali
(BURL n. 46, 1º suppl. ord. del 12 Novembre 2004 ), che sotto viene riportato:
Art. 36 – Verifiche preventive al trasporto di cadavere.
1. L’addetto al trasporto di cadavere, prima di effettuare il trasporto, sotto la propria responsabilità, compila il documento, su modulo approvato dalla Giunta regionale, con il quale dichiara che:
a) l’identità del cadavere corrisponde con le generalità contenute nelle autorizzazioni al trasporto e all’inumazione, tumulazione o cremazione; l’identificazione può avvenire in uno dei seguenti modi: verifica documentale, conoscenza diretta, una o più testimonianze;
b) il feretro, in relazione alla destinazione ed alla distanza da percorrere, è stato confezionato secondo quanto previsto dal presente regolamento;
c) sono state adottate le cautele igienico-sanitarie di cui all’articolo 4, comma 3, della legge regionale.
2. L’addetto al trasporto di cadavere, a garanzia dell’integrità del feretro, appone un sigillo leggibile su una vite di chiusura e sul documento di cui al comma 1. Il sigillo dovrà riportare almeno l’indicazione del comune dove ha sede l’esercente e il numero dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività.
3. L’addetto al trasporto di cadavere consegna il feretro a chi è incaricato della sua accettazione nel cimitero, unitamente alla documentazione che lo accompagna, per le registrazioni di cui all’articolo 5 e per la verifica della integrità del sigillo di cui al comma 2.
4. Per i trasporti all’estero le funzioni di verifica di cui al comma 1 sono svolte dal personale sanitario dell’ASL competente del luogo in cui si trova il cadavere.
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Prima di cremare riaprono la bara in attesa al forno crematorio da giorni?
X Giancarla,
il feretro, una volta chiuso e sigillato, non può più esser riaperto o manomesso nella sua integrità, se non per ordine dell’autorità sanitaria o della magistratura.
Ho avuto un lutto vorrei fare un preventivo
Condoglianze. Non siamo impresa funebre. Effettui una ricerca tra le imprese funebri della sua città e le consigliamo di chiedere almeno 2 preventivi.
I notiziari TV ci hanno mostrato le bare delle vittime da coronavirus di Bergamo, trasportate nel marzo 2020 verso altre province per la cremazione;chiedo come sono realizzati i feretri in circostanze di isolamento da pandemia (materiali, procedure, eventuale intervento e rischio corso dai necrofori o esclusione dello stesso) e se le cremazioni furono volontarie o obbligatorie in relazione alle misure emergenziali.
X Franco,
l’assoluta straordinarietà dell’evento (troppi morti da trasferire, tanto da ricorrere a mezzi militari per il trasporto funebre) ha evidentemente forzato le procedure standard, sia tecniche, sia amministrative.
Stante il (residuo???) principio di legalità, comunque, a livello nazionale, e quindi dove sussistano rapporti di extra territorialità tra regione e regione, il trattamento per gli infetti è stabilito dal regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Senza scadere nel macabro: il cadavere, una volta accertata la morte, è direttamente avvolto in un “Sudario”, imbevuto di forte sostanza antisettica e disinfettante, viene direttamente sistemato nel feretro, da saldare quanto prima.
Il regolamento statale di polizia mortuaria, per il trasporto di cadaveri portatori di morbo infettivo diffusivo, prevede che:
il defunto sia deposto e sigillato nella doppia cassa di cui all’art. 30 D.P.R. n. 285/1990.
per doppia cassa s’intende o quella solita di legno e zinco o quella di solo legno foderata e chiusa internamente da un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante che, appunto, sostituisce la lamiera di zinco. Quest’ultima soluzione, senz’altro più pratica, è percorribile solo se l’infetto è destinato a cremazione.
Per l’inumazione di infetti è, invece, d’obbligo il duplice feretro di legno e metallo.
No, la cremazione, quale diritto della personalità assoluto ed incomprimibile, non può esser disposta d’ufficio, nè ordinata d’imperio, almeno sin quando reggerà lo stato di diritto.
SALVE, HO ASSISTITO ALLA CHIUSURA DELLA BARA DI MIA COGNATA E HO NOTATO UN FORO NEL COPERCHIO IN METALLO CHE VA SIGILLATO PRIMA DI QUELLO IN LEGNO. IL FORO ERA ALL ALTEZZA DEL VENTRE DELLA DEFUNTA, LHO FATTO NOTARE AGLI ADDETTI I QUALI HANNO TENTATO DI CHIUDERLO O TAPPARLO MEDIANTE LA FIAMMA OSSIDRICA MA SENZA RISULTATO RISCHIANDO DI BRUCIARE L INTERNO DELLA BARA. VOLEVO SAPERE DA VOI SE QUEL FORO ERA REGOLARE. LORO MI HANNO RISPOSTO CHE ERA REGOLARE PER LO SFIATO DEGLI EVENTUALI GAS DELLA DEFUNTA. MA LE BARE NON HANNO UNA VALVOLA APPOSITA? COSA CI FACEVA UN SEMPLICE FORO?. IN ATTESA VI SALUTO
X Ciro,
si ravvisa una pesante irregolarità, il foro sul coperchio di zinco serve come alloggiamento e sfogo della valvola depuratrice che collocata all’interno del feretro, ossia sulla superficie del foglio metallico rivolta verso il cadavere.
La funzione di questo dispositivo è -appunto – ridurre da sovra-pressione dei gas putrefattivi che si formano dentro la bara, in ambiente stagno, così da evitarne, per il possibile, lo scoppio.
Questi composti aeriformi prima di esser immessi all’esterno del feretro debbono esser “lavati” e filtrati dalla valvola altrimenti, in assenza di questo strumento si sprigionerebbero odori acri e potenti del tutto antigienici.
E’da escludersi tassativamente che il cofano di zinco – dovendo garantire la totale impermeabilità a liquidi e gas post mortali – possa presentare fori o anomale aperture.
Purtroppo c’è chi “bara” e non confeziona correttamente la bara, pur essendone civilmente e penalmente responsabile.
X Diego,
Io, onestamente, data la anche comprensibile promiscuità dei vocaboli e del loro uso, per chi non parli abitualmente il linguaggio di noi terribili beccamorti, non ho capito se la tomba di cui Lei mi parla sia a sistema di inumazione o tumulazione.
Nella tumulazione sia essa epigea (= sopra il piano di campagna) o ipogea (= sotterranea) prevale l’elemento del costruito, insomma si ricava una cella, impermeabile a gas e liquidi post mortali entro cui murare il feretro: L’esempio più classico di questa forma di sepoltura è il loculo, singolo o pluriposto.
nelle INUMAZIONI, invece, (sepoltura nella nuda terra senza cassa metallica, ma solo con il cofano ligneo) è del tutto normale (ed anzi, quasi doveroso!) che il coperchio della bara, (sotto il peso della colonna di terreno dal quale è ricoperto) ceda e si spezzi, anche per favorire la penetrazione, in profondità,delle acque meteoriche, così importante perché si compiano i naturali processi disgregativi della materia organica (= lisciviazione cadaverica) altrimenti il rischio concreto sarebbe l’insorgere del fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo di mummificazione o adipocera, invece del rinvenimento delle sole ossa all’atto dell’esumazione ordinaria (di solito almeno 10 anni dopo la sepoltura).
II tumulo sopra la fossa è costituito dalla sagomatura del terreno affiorato dalla profondità (o altro terreno di riporto). Per effetto del naturale compattamento del terreno (o per rottura del coperchio del feretro) nei mesi immediatamente successivi alla inumazione, si ha un assestamento del terreno con abbassamento del tumulo. E’ anche per questo motivo che in vari Comuni italiani viene previsto un lasso di tempo di almeno 6 mesi dalla inumazione in cui non collocare cippi o copritomba definitivi, ma solo lapidine provvisorie.
Per favore vorrei sapere se è possibile che dopo soli otto anni dalla sepoltura in terra, la bara abbia ceduto e che il terreno sia penetrato all’interno? In questo caso come si fa con il recupero futuro dei resti? Mi sono rivolta al custode del cimitero nonché alle pompe funebri( che hanno fatto il servizio a suo tempo) e mi hanno detto che visto che la tomba è sprofondata aggiungono loro della terra sopra. È normale tutto ciò oppure devo fare intervenire qualcun altro? Possibile che il legno sia già marcito visto che quando abbiamo estumulato mio nonno, dopo trent’anni, hanno dovuto rompere la bara di legno che era ancora intera ed i resti erano tutti puliti. Il mio terrore è che non si ritrovino tutti i pezzi di mio padre! Cosa devo fare? Grazie .
X Diego,
la funzione fondamentale tra la nostra cassa funebre ed il casket/coffin americano è la stessa: cioè il contenimento del cadavere ai fini, principalmente del trasporto, ma anche in un secondo momento, differito nel tempo; si pensi alla pratica della tumulazione nei mausoleum (blocchi di colombari ricavati in edifici commemorativi costruiti e gestiti da soggetti privati) che lentamente si sta affermando anche negli Stati Uniti, seppur con modalità tecniche differenti rispetto all’esperienza italiana della tradizionale tumulazione stagna.
Sotto il profilo costruttivo le differenze sono notevoli, per tipologia del materiali e criteri di realizzazione: in primo luogo la bara americana presenta forme più massicce e squadrate (oltreoceano non va di moda il cofano spallato) e soprattutto con il coperchio sdoppiato ed infulcrato nel corpo cassa attraverso un laborioso sistema di cerniere, mentre per la legge italiana le tavole lignee, nel senso della lunghezza debbono esser costituite da un unico pezzo. Anche negli States sono previsti cofani di metallo, ma lo scopo, massimamente estetico, è diverso, perché là i cadaveri vengono sottoposti a preventiva tanatoprassi e non c’è il bisogno del nastro di zinco a tenuta ermetica, per neutralizzare eventuali fenomeni percolativi…o meglio: feretri sigillati sono contemplati anche dalla normativa americana, ma attraverso apposite guarnizioni, molto più discrete e non evidenti saldature lungo la superficie di contatto tra cassa e coperchio, poi, per esser onesti, anche loro soffrono il problema del coffin leakage nelle tumulazioni, cioè del nostrano scoppio del feretro, anche diversi anni dopo la sepoltura. Poi si sa, l’America è il Paese dei paradossi: alcuni megalomani funerari, con il solito cattivo gusto prodotto dall’eccesso di $ nelle tasche, ordinano, su misura, cofani di pregiato titanio, materiale esotico e costosissimo impiegato, in larga scala, nell’industria bellica, aerospaziale e, di ricaduta, nei supertecnologici motori di Formula 1.
che differenza c’e’ tra una bara americana ed una italiana ?
X Anna,
In buona sostanza si chiede se sia legale rimuovere il coperchio della bara prima di inserirla nella cella crematoria, magari per un “travaso” del cadavere in un nuovo contenitore.
No, la risposta, tassativa e categorica è negativa, nel modo più assoluto, in quanto l’unico caso di lecita manomissione del feretro è contemplato, per espressa previsione del legislatore, dall’Art. 75 comma 2 e, di rimando, dall’Art. 86 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 ed esso riguarda non la cremazione, bensì la sola inumazione dei feretri composti dalla duplice cassa lignea e metallica.
La norma finale che disciplina questa fattispecie origina dal combinato disposto tra diverse disposizioni di differente rango, legislativo e regolamentare, ha, comunque, portata generale e vale, perciò, su tutto il territorio della Repubblica, non fosse altro perché il caso in esame ricade nell’Art. 349 Cod. Penale, poiché l’ordinamento penale ex Art. 117 comma 2 lett. L) Cost. non è in balia, per fortuna, dei “capricci” localistici di leggi e leggine regionali, essendo esso assoggettato alla sola potestà legislativa statale; e, tra l’altro, la applicazione della Legge Penale è obbligatoria entro i confini nazionali (Art. 3 Cod. Penale) senza distinzione alcuna tra i vari enti locali.
In effetti, ai sensi dell’Art. 30 DPR n. 285/1990, il trasporto funebre dal luogo di confezionamento del feretro alla volta del crematorio può esser svolto solo con cassa debitamente CHIUSA e sigillata ex paragrafo 9.7 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, mentre ex Art. 80 comma 1 DPR n. 285/1990 il processo di combustione deve riguardare l’intero feretro (= cassa + cadavere), in quanto è vietato aprire il cofano funebre, violandone i sigilli, per rimuovere successivamente il corpo, anche per ovvie ragioni igienico-sanitarie e di tutela della salute pubblica. non si sottovaluti mai l’ Art. 349 Cod. Penale che ha, appunto (anche se ribadire il concetto è un’inutile tautologia) rilevanza penale!
Vorrei sapere, visto che è così avvenuto, perché non si può aprire la bara prima che avvenga la cremazione! Varia da regione a regione o è una predisposizione generale?
Grazie a chi vorrà rispondere!
X Massimo,
Il legislatore è pienamente consapevole che, nella cosiddetta tumulazione stagna, possono avvenire fatti, mai, invero, del tutto prevedibili, i quali determinano perdite di liquami e cattivi odori, e così, sulla scia dell’esperienza maturata dai cimiteri italiani nell’ultimo secolo, quando la tumulazione diviene pratica di massa, ha elaborato una serie di norme tecniche per contrastare questo aberrante fenomeno:
1) partendo dalla cassa che è composta di 2 involucri rigidi (uno di legno e l’altro di metallo): artt. 30 e 77 D.P.R. 285/90;
2) richiedendo un confezionamento particolare del feretro e cioè con l’inserimento tra la cassa di legno e quella di zinco di un materiale assorbente: art. 30 comma 2 D.P.R. 285/90; senza poi dimenticare l’impiego della valvola depuratrice, in sostituzione dell’inefficiente cerchiatura della bara con le reggette.
3) prescrivendo la perfetta?impermeabilità ai liquidi e ai gas del loculo: art. 76 D.P.R. 285/90;
4) garantendo l’inclinazione del piano di posa feretro nel loculo verso l’interno, per evitare percolazioni esterne.
È quindi l’insieme di queste misure a ridurre gli effetti di una situazione che è da considerare in qualche modo, per quanto patologica, sempre possibile, soprattutto quando vi sia alternanza tra caldo e freddo, tra il loculo assolato e non, ecc.
Un cittadino acquista delle forniture, una prestazione di regolare confezionamento da parte di una impresa funebre, inoltre paga la concessione di un loculo che deve essere stato realizzato secondo i parametri di legge, infine, sostiene l’onere di una tumulazione con relativo tamponamento a regola d’arte.
Egli è il concessionario dell’uso di un manufatto e lo sversamento esterno (di liquidi e gas) è immediatamente a lui imputabile, salvo rivalsa di quest’ultimo su tutti i soggetti che hanno provveduto a somministrargli beni e servizi sopra menzionati.
Se il comune o comunque il gestore del cimitero provvede anche al tamponamento del loculo il mio consiglio è di fornire il servizio di bonifica senza oneri per il cittadino, in quanto sarebbe agevole il ricorso all?Autorità giudiziaria per ottenere il rimborso delle spese avute, con in più quelle legali.
Difatti in base all?articolo 76, comma 3 del D.P.R. 285/90, il loculo stagno (visto che è permesso anche quello aerato), deve essere realizzato in modo da essere impermeabile ai liquidi e ai gas, con costruzione realizzata dopo la entrata in vigore del D.P.R. 803/75.
Pertanto il mancato rispetto della impermeabilità ai liquidi è imputabile a difetti costruttivi e, in ultima analisi all’ente concedente, non certo al concessionario, mentre più difficile è dimostrare la cattiva tenuta ermetica del feretro tumulato
L’utilizzo di cofani con spessore inferiore al minimo di legge, o, che, per converso, eccedano la misura massima consentita, ai sensi del paragrafo 9.1 Circ. Min. n.24 del 24 giugno 1993, nonché il ricorso a materiali non biodegradabili in caso di inumazione, la mancanza della prescritta cassa metallica, quando occorrente, implicano la non ottemperanza rispettivamente agli articoli 30, 75 o 77 del D.P.R. 285/90; detti comportamenti antigiuridici sono punibili con sanzione amministrativa monetaria da applicare per ogni violazione pari a Euro 3098,76 ossia a Lire 6.000.000 del vecchio conio.
Alcune imprese adottano questa politica della qualità totale: rispondono di eventuali rotture del feretro anche al di là del tempo massimo di garanzia previsto dal Codice Civile, proprio per preservare una buona immagine… magari regalando anche il cassone esterno di zinco per il cosiddetto rifascio ex Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10.
L’acquisto di un cassone da avvolgimento, nell’economia generale di una ditta, non rappresenta certo una spesa da tracollo, al contrario può esser un gesto importante per mantenere e corroborare il rapporto di fiducia tra l’impresario e la sua potenziale clientela.
Il messaggio negativo ed assolutamente ingiusto di un’impresa funebre che spaccia cofani di bassa qualità, tra l’altro illegali, potrebbe esser deleterio, soprattutto nel breve o medio periodo sino a quando non si sia fatta luce sulla vicenda.
Post scriptum: Per i feretri tumulati eventuali irregolarità relative alla tenuta stagna sono più difficili da individuare siccome a volte, il feretro è interessato da fenomeni percolativi anche se si sono rispettate tutte le prescrizioni di Legge ed il “rifascio”proprio perché esterno non permette di esaminare spessori e qualità del nastro metallico o della saldatura.
Ho letto tutte le risposte che lei ha correttamente dato agli utenti e le faccio davvero i complimenti per la competenza e disponibilità. Tutte le domande nascono dall idea , errata , che con la morte dell individuo tutto cessi: invece non e’ cosi . dopo la morte hanno inizio i fenomeni di decomposizione che sono biologicamente evolutivi per anni. A me e’ capitato la scorsa settimana un problema analogo a quello già descritto da altri: odore ripugnante dal loculo di mio padre deceduto a dicembre 2010. Dovremo in settimana procedere con la estumulazione e rifascio tutto a nostre spese.Ora le mie domande da non addetto ai lavori sono : se la ditta di pompe funebri non può garantire a vita sulla tenuta della cassa perché non si avvisano i parenti al momento del acquisto del rischio suddetto di modo la lasciare la scelta libera verso una eventuale cremazione? Se la cassa e’ fornita di valvola che si apre a 2 atmosfere di press e se è’ vero che i fenomeni di decomposizione procedono negli anni anche in virtù di cambi termici perché non si estende ” la garanzia” del prodotto – cassa- ad un tempo più lungo visto che si tratta di tessuti biologici contenuti all’ interno e non di un elettrodomestico? Noi parenti possiamo vigilare ed essere responsabili della corretta inclinazione del loculo al momento della costruz ma che colpa abbiamo se la cassa che non deve esplodere , invece per cause che non dipendono da noi esplode? Questo mi lascia solo pensare che il fenomeno sia tanto diffuso che le ditte di imprese funebri se estendessero la loro responsabilità ex lege anche ai casi di percolazione da scoppio di cassa si troverebbero a reintervenire in una percentuale discretamente alta di casi ; il tutto sarebbe per loro economicamente molto svantaggioso. I fenomeni corrosivi della cassa di zinco o lo scoppio nelle zone deboli sono eventi non prevedibili e come tale , se non prevenibili , da riparare a spese non nostre ma di chi ha confezionato la cassa. L’ esplosione della cassa non è’ prevista dal legislatore : allora credo sia necessario ritornare a legiferare in merito ai canoni di costruzione tecnica della cassa funeraria .grazie infinite
X Claudio:
Consiglio preliminarmente la consultazione di questo link: https://www.funerali.org/?p=581 dove potrà reperire tutte le informazioni necessarie.
Ad ogni modo cercherò, qui di seguito di fornerLe alcune ulteriori indicazioni sui cosiddetti fenomeni percolativi nelle tumulazioni stagne.
Secondo gli studi di una ditta, che si è specializzata nell’introduzione sul mercato funerario di un dispositivo per riparare all’eventuale perdita dei liquidi corporei dai cofani destinati alla tumulazione, la spoglia mortale umana in un soggetto adulto, indicativamente, contiene e sviluppa anche sino a 50 litri d’umori organici, naturalmente questo calcolo varia in base alla dimensione corporea.
Quest’insieme di fluidi fisiologici infine, consiste, principalmente nella massa acquea, racchiusa all’interno dei diversi tessuti molli del corpo (muscoli, organi e strati di grasso).
Dai risultati d’alcune stime mediche si suppone che, forse, oltre 75% del nostro peso corporeo sia da imputare alla presenza della sola acqua contenuta nell’organismo.
Quando sopravviene la morte in un individuo si verifica un cambiamento del tutto insignificante nella quantità liquida trattenuta nei tessuti del corpo, a prescindere dai trattamenti conservativi cui la salma è sottoposta oppure dallo stato degenerativo post mortale che aggredisce la materia organica.
Tutti i corpi, siano essi di persone ancora in vita, o di defunti, contengono determinati microrganismi aerobici, batteri anaerobici ed enzimi.
I microbi cominciano ad attaccare, scomporre e digerire le strutture molecolari e proteiche che formano tessuti della salma immediatamente dopo il decesso.
Secondo determinate circostanze, relative alla causa ed al tipo di morte, all’eventuale trattamento conservativo ed alla temperatura ambientale, questi enzimi e gli stessi acidi gastrici, combinati all’effetto degli agenti batterici, possono indurre anche un cadavere anche se sottoposto ad interventi antiputrefattivi, come, appunto la siringazione cavitaria con 500 cc. di formalina, ad entrare normalmente nella tumultuosa fase colliquativa della decomposizione cadaverica entro un tempo quantificabile nel lasso compreso tra i trenta giorni e tre mesi.
Il corpo non imbalsamato, invece, può iniziare il processo di liquefazione spontanea anche dopo una sola settimana dalla celebrazione delle esequie e dalla conseguente sepoltura, quale che sia il metodo prescelto, ovvero tumulazione o semplice interramento.
D’altra parte lo scoppio del feretro sepolto in nicchia muraria, sgradevole evento che spesso infesta i colombari, è strettamente collegato ai fenomeni putrefattivi di cui sopra, siccome si sviluppa parallelamente a quest’ultimi e può manifestarsi anche in tempi piuttosto diversi, dalle poche settimane sino ai due o tre anni,
Quando un cadavere attraversa tale stato colliquativo gli organi cavi all’interno del torace, le viscere situate nell’addome e l’encefalo protetto dal cranio si trasformano in un liquame nerastro e pastoso dall’aspetto viscido e dall’odore acre, terribilmente ripugnante.
In questo momento l’acqua, prima trattenuta nella fibra muscolare o nel tessuto grasso è completamente rilasciata all’esterno.
Tutto il liquido d’imbalsamazione iniettato nel sistema circolatorio, costituito dalla rete di arterie e vene, esce dai vasi sanguigni che si sfaldano e viene riversato completamente fuori della propria sede naturale, soprattutto attraverso i principali orefizi, almeno nei primi momenti.
Nel momento in cui si attua questo stato della decomposizione, tutti i liquidi organici si riversano sul fondo del cofano mortuario, costituito in molti casi da una vasca metallica.
Liquami, balsami conservativi come il formolo ed il sangue residuo, contenuti nel comparto artero-venoso, sono rilasciati anche attraverso l’intera superficie corporea, a causa del disfacimento della pelle che, normalmente, mantiene i fluidi fisiologici all’interno del corpo durante la vita.
La cute, in effetti, è resa umida e scivolosa dalla filtrazione del liquido siero-sanguinolento.
Se per ipotesi si procedesse ad esumazione straordinaria di un feretro interrato oppure alla rimozione del coperchio in una cassa racchiusa in cella muraria parecchi mesi dopo la sepoltura o la tumulazione, con ogni probabilità si rinverrebbero da 10 – 25 galloni, oppure una quantità anche maggiore di liquami che ristagnano nella cassa lignea oppure depositati nel guscio impermeabile della controcassa metallica.
La forte pressione esercitata dai gas putrefattivi provoca il sanguinamento di ferite, la perdita di materiale guasto dai diversi orefizi, il prolasso del retto e dell’utero, sino al rigurgito del contenuto gastrico dalla bocca.
Quando questi disgustosi mutamenti, cui è sottoposto il corpo umano, dopo il decesso, si consumano nel sottosuolo, come accade in caso di sepoltura in fossa comune gli enzimi naturali ed il proliferare della attività batteriche non producono alcun impatto emotivo o effetto sgradevole nei visitatori del cimitero.
Nessuno, infatti, avverte il lezzo nauseabondo l’odore dei fetidi miasmi e nessuno può osservare nel cadavere la rovinosa perdita di liquidi della decomposizione.
Un corpo, invece, che liquefà all’interno del loculo in cui è stato deposto, oppure in un posto salma ricavato nelle nicchie di una cappella gentilizia è molto più esposto all’accidentale contatto con il pubblico, perché qualunque visitatore del camposanto potrebbe imbattersi nell’orribile spettacolo non solo visivo di un denso liquame nerastro che cola a terra insinuandosi nelle fessure della lapide .
Le circostanze specifiche che possono favorire o direttamente causare il grave problema della percolazione di liquidi cadaverici all’esterno del tumulo sono:
1. Temperature calde con forti escursione tra le diverse stagioni dell’anno;
2. Loculo tamponato con chiusura impermeabile a gas e liquidi che non tiene conto della ventilazione interna al sepolcro,
3. Cella muraria costruita con materiali, come, ad esempio, il cemento, che trattengono fortemente il calore.
4. Mancata evaporazione dell’umidità prodotta dai miasmi della decomposizione,
5. Inefficienza del necessario sistema di drenaggio per liquidi organici e fluidi d’imbalsamazione che facilmente fuoriescono tramite le brecce ricavate tra le assi o le pareti foderate di nastro metallico delle casse ormai corrose o marcite.
I cosiddetti cofani sigillati a tenuta stagna una volta chiusi secondo le regole con cui sono stati progettati e confezionati possono esser assimilabili ad una sorta “di pentola a pressione” che racchiude perfettamente e senza nessuno scambio con l’esterno le spoglie mortali, conservate entro le pareti di lamiera della controcassa inossidabile.
Così corpo può gonfiarsi a dismisura, tendersi allo spasimo sino all’esplosione del ventre e rilasciare dai diversi orefizi residui, frammenti di organi e tessuti che si depositeranno nel cofano o, nei frangenti più sfortunati, inizieranno ad insinuarsi nella cella muraria, sino a filtrare all’esterno della tomba.
Occasionalmente, la suddetta situazione può provocare il fenomeno conosciuto senza troppe formalità o aulici giri di parole nel gergo dell’industria funeraria come esplosione del feretro.
Lo scoppio è, principalmente, dovuto ad un’eccessiva accumulazione di pressioni elevatissime all’interno della bara sigillata.
Quando questo gravissimo inconveniente accade, il cofano può davvero saltare in aria, nel senso più letterale del termine, liquidi e parti degli organi del corpo ormai disfatte si spargono e dilagano lungo tutta la superficie del forno.
Tale evento nefasto può provocare il serio danneggiamento della tomba stessa; ovviamente il cofano e la spoglia mortale in esso contenuta subiranno l’estrema ingiuria di una grave compromissione che potrebbe condurre, addirittura, anche all’esplosione, nel cadavere, dei tessuti molli del ventre.
Le sostanze liquefatte liberate da un corpo in decomposizione sono altamente volatili, se ragioniamo della loro composizione chimica, quindi tendono naturalmente ad evaporare se rimangono per lungo tempo al contatto con aria fresca ed asciutta.
La loro forte componente silicea, però le rende, al contempo, molto corrosive.
Gli acidi putrefattivi possono, in casi estremi, bucare la vasca metallica ed insinuarsi tra le assi del cofano ligneo prima di spargesi liberamente nel tumulo per poi fuoriuscire anche da quest’ultimo, persino molti anni dopo la tumulazione.
ringrazio x la risposta avuta,volevo sapere se è normale che dopo quasi 16 anni chiuso nella cassa ci possano assere queste uscite di liquido.
X Claudio:
per reperire un’esauriente risposta al Suo quesito potrà proficuamente consultare il commento scritto dalla redazione e pubblicato in data 21 novembre 2009 sempre in fondo a questa pagina.
volevo sapere se esiste una garanzia sulla bara e di quanti anni, visto che il mio problema è stata la fuori uscita di liquido dopo quasi 16 anni dalla morte di mio padre grazie.
X Nunzia
Non è questa la sede per raffinate disquisizioni scientifiche sulla pericolosità o meno dei vapori cadaverici: diverse, infatti sono le opinioni in materia; tuttavia la fattispecie da Lei rappresentata è del tutto patologica ed insalubre. Feretri e sepolcri destinati alla tumulazione (Capo XV del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 debbono esser “stagni” cioè confezionati, realizzati e chiusi in modo tale da risultare perfettamente impermeabili a gas e liquami fetidi sprigionati dai processi putrefattivi. I cadaveri durante la loro naturale decomposizione rilasciano putrescina e cadaverina, due sostanze tossiche, ecco il motivo della necessità di sigillare sia la bara sia il tumulo.
L’ermeticità della tomba, dopo apposita opera di sanificazione, può esser ripristinata attraverso il cosiddetto “avvolgimento” della cassa lesionata, forse per il cedimento di una saldatura sul fondo o tra vasca e coperchio; in altre parole si estumula il feretro e lo si rifascia con un nuovo cassone esterno di zinco, poi si procede ad una nuova tumulazione con tamponatura del loculo.
salve volevo sapere …………mio padre si è fatto tumulare in un cimitero di napoli circa 7 mesi fa.da quando è scoppiato il caldo da quel luogo fuorisce un odore sgradevolissimo.vorrei sapere sono nocivi alla salute di noi familiari ?spesso portiamo anche i bambini a salutare il nonno………..la ringrazio
Nella conversazione con un impresario, attivo in una regione del Centro-Sud, dove ancora vige interamente solo il DPR n.285/1990, è emersa questa problematica: nel Mezzogiorno sono pochissimi gli impianti per la cremazione, siccome ai minimi termini è ridotta la stessa pratica funebre dell’incinerazione, così quando una famiglia chiede l’ignizione di un defunto bisogna organizzare un trasporto da comune a comune piuttosto lungo (ben oltre i 100 KM) verso il più vicino forno crematorio.
Spesso, dunque, sorgono dissidi sul corretto confezionamento del feretro, siccome il gestore dell’ara crematoria chiede espressamente che la bara sia priva della controcassa metallica (molti crematori non sono in grado di bruciare lo zinco) mentre i vigili sanitari, o, comunque, in funzione delle riaspettive norme regionali, le Autorità di controllo, per apporre i sigilli di cui al paragrafo 9.7 Circ. Min. n.24/1993 impongono l’adozione della duplice cassa.
Allora, un lenzuolino di plastica biodegradabile da inserire come traversa sul fondo della cassa oppure un materassino assorbente sistemato sotto la schiena del cadavere possono sostituire vasca e coperchio zincati?
La legge, comma 13 Art. 30 DPR 285/90 e paragrafo 9 della circolare n. 24 del 24 giugno 1993, emanata dal Ministero della Sanità, per una volta, almeno, non presenta ambiguità.
Per il trasporto oltre i 100 KM è d’obbligo la cassa metallica a tenuta stagna che, però, in particolari circostanze (cremazione o inumazione, esclusi gli infetti, in caso di inumazione) può esser sostituita da un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante, capace di garantire la perfetta ermeticità a liquidi e gas per il tempo strettamente necessario al trasporto del cadavere ed al suo avvio verso la forma di sepoltura prescelta.
Si vedano, in particolare recenti Decreti Ministeriali che, ai sensi dell’Art. 31 DPR n. 285/90, legittimano l’uso dell’involucro plastico ad effetto “barriera” in sostituzione della cassa di zinco.
Il semplice materassino assorbente, è obbligatorio solo nelle casse da tumulazione come spessore da collocare nell’intercapedine tra cofano ligneo e vasca metallica, secondo il disposto del comma 2 Art. 30 DPR 285/90.
Nelle bare confezionate con la sola cassa di legno può esser utile, per trattenere eventuali percolazioni di liquidi post mortali, ma non è per nulla in grado di contenere miasmi ed esalazioni gassose.
La vera criticità dei feretri da cremare è il periodo d’attesa. Essi possono rimanere in “parcheggio” anche per diversi giorni presso l’ara crematoria, siccome i nostri impianti per l’ignizione dei corpi umani non sono il massimo in fatto di efficienza.
Il paragrafo 14.1 lett. a) della sullodata circolare n. 24 del 24 giugno 1993 prescrive per i feretri in attesa di cremazione il deposito temporaneo presso la camera mortuaria del cimitero di cui all’Art. 64 DPR n.285/1990.
Dalle bare in sosta presso la camera mortuaria potrebbero, però, levarsi odori violenti e nauseabondi, anche dopo poche ore dal deposito, soprattutto nella stagione calda, a meno di non dotare il deposito stesso di un costoso impianto di refrigerazione.
La maggioranza dei forni crematori italiani (con poche eccezioni, oramai) non è predisposta per bruciare anche lo zinco, siccome non è dotata di filtri per abbattere le polveri sottili derivanti dall’abbruciamento del nastro metallico.
In altre zone si colloca la cassa di lamiera esterna rispetto al cofano di legno, al momento di introdurre il feretro nella cella crematoria bisogna, però, tagliare il coperchio zincato (con perfusione di germi in abbondanza ed un olezzo inenarrabile) al fine di estrarre la cassa di legno da introdurre nel forno.
Se il cadavere sta già colliquando, con ingente produzione di liquami putridi, c’è il rischio di diffondere i miasmi nell’ambiente esterno, con grave pregiudizio per l’igiene del luogo.
Tale operazione risulta molto scabrosa, così diversi impianti crematori pretendono che il feretro giunga al forno già correttamente chiuso e pronto per la cremazione, senza doverlo nuovamente manomettere per rimuovere la cassa di zinco.
Il taglio della lamiera allora, deve esser svolto in precedenza, magari nella camera mortuaria, appena l’autofunebre giunge in cimitero con tutte le necessarie cautele del caso (disinfezione di pavimenti e pareti, lavaggio delle superfici interessate dalla percolazione cadaverica, uso preventivo di sostanze atte ad abbattere l’emissione di odori…).
La stessa circolare n. 24 del 24 giugno 1993 presenta qualche ambiguità interpretativa: al paragrafo 9.1 prescrive per il trasporto, entro i 100 KM, di cadaveri destinati a cremazione oppure inumazione l’uso della sola cassa lignea, ma con uno spessore maggiorato di 25 millimetri rispetto agli ordinari 20 millimetri indicati dall’Art. 75 comma 4 DPR 285/90, però, poi sempre al paragrafo 9.1 raccomanda per il confezionamento di suddetti feretri da cremare o interrare cofani realizzati con gli spessori minimi consentiti ed essenze lignee tenere, facilmente degradabili.
Una cassa, già in sé di legno massello[1] e, per giunta, con assi piuttosto massicce, magari pensata per la tumulazione (25 millimetri è, infatti, lo spessore indicato all’Art. 30 del DPR 285/90 per le bare da tumulazione) si dimostra, però poco efficace nel trattenere i miasmi cadaverici, mentre per bruciare richiederebbe un notevole dispendio di energia, senza, poi, considerare il rilascio di fumi inquinanti[2] dovuto alle colorazioni sintetiche con cui è stato verniciato.
Il consiglio è, quindi, di confezionare il feretro con un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante, seguendo in ogni caso le disposizioni di legge.
Si tratta, forse, della soluzione più razionale ed economica.
I cosiddetti “barriera” non costano tantissimo e, se usati correttamente, sono molto efficaci; poi, soprattutto, sono ammessi dalla legge nazionale, rendendo, così, possibile il trasporto in qualunque comune italiano, anche se si varcano i confini regionali.
Norme approvate solo dalla regione sulle caratteristiche dei feretri (spessori, materiali di costruzione…) perderebbero, infatti, ogni valore per i trasporti fuori[3] regione.
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[1] A differenza di altri Paesi dove è permesso l’uso di casse “leggere” in Italia il feretro, qualunque sia la sua destinazione deve esser costituito da una bara in legno massello, con la sola eccezione della in cellulosa di cui al D.M. 12 aprile 2007. Solo per cremazione o inumazione di resti mortali (cadaveri inconsunti) è consentito il ricorso a semplici contenitori cartacei o di plastica biodegradabile.
[2] Diverse legislazioni regionali, come accade in Lombardia e Piemonte, cominciano a richiedere per la cremazione bare costruite con particolari criteri (casse di legno dolce non verniciate), proprio per ridurre le emissioni inquinanti.
[3] E’, forse, il più grave limite di una riforma della polizia mortuaria avviata “dal basso” attraverso un’iniziativa delle autonomie locali non coordinata dallo Stato attraverso una normativa quadro.
La percolazione di liquami cadaverici in un loculo posto sopra il piano di campagna, e, quindi, non ipogeo, è un evento molto doloroso per una famiglia.
Si tratta di un inconveniente che costringe drammaticamente a prender atto degli aspetti più sgradevoli intrinseci alla sepoltura in opera muraria.
Il DPR 285/90 stabilisce:
· le caratteristiche dei loculi (art. 76 commi 6, 7, 8 e 9)
· l’onere per la conservazione dei manufatti (art. 63/1)
· le caratteristiche dei feretri all’atto della tumulazione (art. 77);
· il tipo di sistemazione del feretro (perfetta tenuta) quando si provvede ad un suo trasferimento in altra sede (art. 88).
Secondo la legge, dunque, la circostanza della mancata tenuta del loculo non è prevista.
Il DPR 285/90, infatti, richiede espressamente che l’impermeabilità ai liquidi ed ai gas debba essere mantenuta nel tempo.
L’onere del mantenimento nel tempo è del concessionario, quando il manufatto è di sua proprietà, in base all’art. 63/1 del DPR 285/90 (è il caso, ad es., di edicola funeraria costruita da privato su un’area avuta in concessione dal Comune).
Se il proprietario è il Comune, che ha concesso l’uso del loculo, l’onere è del Comune.
Purtroppo, però, le escursioni termiche stagionali o comunque le alte temperature raggiunte in estate provocano situazioni critiche che possono dar luogo a rotture della cassa metallica con successive perdite di liquami cadaverici all’interno del tumulo.
Questo malaugurato frangente determina interventi da parte dei servizi cimiteriali e sanitari per ripristinare la tenuta stagna del feretro, generalmente con rifasciatura esterna alla cassa di legno che contiene vasca e coperchio di lamiera.
nelle vicinanze della tomba interessata da fenomeni percolativi l’aria si fa irrespirabile a causa degli odori nauseabondi.
I necrofori sono costretti a lavorare in condizioni operative disagiate a causa dei miasmi maleodoranti e spesso corrono anche un grave rischio di contaminazione perchè i fluidi post mortali sono vettori di agenti patogeni, si pensi, ad esempio, a liquami provenienti da cadaveri portatori di morbo infettivo diffusivo.
Sfilare la bara dal loculo è sempre un momento pericoloso perchè alta è la probabilità di sversamento di tutti i liquidi trattenuti a fatica dal cofano di zinco in cui si sono aperte falle.
Se la percolazione è abbondante nemmeno il materassino assorbente o lo stato di segatura, torba o polvere sono in grado di neutralizzare la perfusione del materiale putrefattivo.
L’industria funeraria italiana negli ultimi anni ha elaborato prodotti e strumenti per migliorare drasticamente, anche ai fini dell’applicazione del D.Lgs 626/94 le condizioni di lavoro spesso problematiche degli affossatori in servizio presso i nostri cimiteri.
Invece di estumulare subito la cassa, dopo aver rimosso la lastra marmorea, se presente, si pratica un foro con un trapano di sezione opportuna nel tamponamento del loculo costituito o da muratura o parete di cemento.
Con una pompa o ancor meglio con un compressore si spruzza nella cella sepolcrale un composto a base enzimatica capace di metabolizzare il percolato cadaverico, riducendone il fetore e la carica ammorbante, solo in un secondo momento si interviene con la normale smuratura così da avere diretto accesso al feretro.
I trattamenti necessari per il risanamento del tumulo possono essere individuati in specifici articoli del regolamento comunale. di polizia mortuaria.
In assenza di specifica norma prevista dal regolamento cittadino di polizia mortuaria comunale compete al Sindaco (ai sensi dell’art. 51 DPR 285/90), su proposta del dirigente del servizio cimiteriale e dell’A.USL, emanare apposita ordinanza che preveda, in via generale, un protocollo operativo.
Il regolamento (o l’ordinanza sindacale) dovranno fissare:
a chi competa disporre l’intervento (di norma il responsabile del servizio cimiteriale)
l’attribuzione del relativo costo (al proprietario del manufatto)
i criteri di esecuzione
le modalità di avviso o notifica al concessionario se proprietario del manufatto
chi dovrà eseguire l’intervento (in genere il gestore del cimitero, ma in caso di cappella privata potrebbe esser anche una ditta esterna).
In mancanza di tale individuazione preventiva, si opera, di volta in volta, attraverso ordinanza del Sindaco, ai sensi dell’art. 51 del DPR 285/90.
Ci sono soluzioni empiriche abbastanza efficaci messe a punto nel corso degli anni come:
impermeabilizzazione della parte inferiore del loculo (base di appoggio del feretro e lateralmente per circa 10 cm. in altezza)
Spargimento sul fondo del loculo di una generosa quantità di calce o altra sostanza assorbente.
adeguata pendenza del piano di appoggio verso l’interno, secondo il dettato del comma 6 Art. 76 DPR 285/90.
collocazione di vaschetta impermeabile sotto il feretro
adozione di valvole o altri dispositivi atti a neutralizzare i gas di putrefazione ai sensi dell’Art. 77 DPR 285/90
L’impermeabilità pretesa dal regolamento di polizia mortuaria è in molte occasioni uno wishfull tinking (pensiero desiderativo) ossia una pia illusione, perchè spesso nella parete posteriore della cella, data l’inclinazione del piano d’appoggio compare una macchia, mentre il fenomeno percolativo in molte occasioni riesce ad infiltrarsi nei loculi sottostanti ed adiacenti.
Nel 1997 sulle pagine de:”La Nuova Antigone”fu pubblicato un bel saggio dal titolo “Cause e soluzioni alla corrosione precoce delle casse di zinco tumulate”, in cui si dimostrava con dovizia di dati tecnici come l’aggiunta di magnesio all’interno del feretro potesse ritardare l’insorgere dei fenomeni corrosivi ed evitare, così, la perdita dei liquami.
Potrebbe esser la giusta direzione in cui lavorare per sviluppare un prodotto di qualità e risolvere, finalmente, un problema che, da sempre, attanaglia i nostri cimiteri.
L’autorizzazione all’uso di questo sistema dovrebbe esser di competenza statale, come ribadito anche dalla Circolare del Ministero della Salute del 21.05.2002 n. 400.VIII/9L/1924, perché ricadrebbe, a buon diritto, nella fattispecie inquadrabile nella previsione di cui all’articolo 115, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 112 del 1998 (inerente ai compiti ed alle funzioni amministrative conservati allo Stato): “adozione di norme, linee-guida e prescrizioni tecniche di natura igienico-sanitaria”.
Si tratta, tutto sommato, di un dispositivo piuttosto semplice, perchè non testarlo seriamente?
Dipende. Se è da 20 mm. di spessore e di essenze lignee tenere pesa di meno, diciamo sui 40 chili. Piu’ il legno e’ duro e spesso più pesa e si può arrivare anche a 70 e passa chili x bare normali cioè spallate. Se poi sono americane il peso aumenta ancora. Ovvio che indiano pure pochi o molti intagli, ma anche il tipo di coperchio.
Salve,
volevo chiedervi una curiosità, per caso potete dirmi quanto pesa mediamente una bara di legno nuova e vuota??
Se la chiesa dove si terranno i funerali è di rito cattolico romano il divieto di celebrare la funzione funebre “a cassa aperta” è contemplato da una specifica norma dell’ORDO EXEQUIARUM, ossia il protocollo liturgico con cui la Chiesa Apostolica Romana disciplina il sacro officio delle esequie cristiane. (Per i cristiano ortodossi, invece, vale il principio opposto) Per la legislazione italiana se il trasporto funebre di cadavere (= corpo umano privo delle funzioni vitali dopo il periodo d’osservazione e l’avvenuta visita necroscopica) “a cassa aperta” interessasse più comuni si incoerrerebbe in una violazione dell’Art. 30 DPR 10 settembre 1990 n. 285 punita ai sensi dell’Art. 358 TESTO UNICO DELLE LEGGI SANITARIE.
Si potrebbe non escludere che vi possano anche essere stati interventi (o, anche, indebite pressioni) di soggetti interessati a conservare condizioni di “esponibilità” del cadavere in funzione esequiale (ipotesi costantemente esclusa, quanto meno dal 1865 dalla legislazione statale postunitaria ed, alemeno… fino a certe modifiche rivoluzionarie , alle quali si è spinto il legislatore regionale in Toscana).
Il principio di riferimento è il seguente: per tutti i cadaveri (ma non per le salme) il trasporto si esegue sempre e solamente a cassa chiusa, quale che sia la destinazione ultima del feretro, cioè inumazione, tumulazione o cremazione.
salve vorrei sapere se in Puglia esiste una norma che vieti la celebrazione del funerale (messa) IN CHIESA CON LA BARA APERTA.
Salve il mio nome è Roberto, vorrei sapere se è posso chiedere a voi oppure a chi potermi rivolgere per avere informazioni su come fare per iniziare un attività di costruzione di bare, i vari permessi e a chi rivolgermi per i macchinari per la lavorazione del legno e di quanti dipendenti avrei bisogno partendo dal materiale (legno) grezzo, al pezzo ultimato da mettere in vendita. La regione dove avrei intenzione di iniziare la mia attività e la Toscana in provincia di Lucca. Spero di ricevere vostre notizie, nel frattempo vi auguro buon lavoro.
Grazie.
Per una risposta esauriente e molto precisa sul versante “tecnico” si veda, sempre in questa pagina il post n. 21 pubblicato il 21 novembre 2009.
regione : Veneto
Salve
Ho lo stesso problema di fuoriuscita di liquame cadaverico da un loculo.
Sono passati circa 5 anni dalla sepoltura e il Comune mi ha chiesto di provvedere alla questione.
Non sapendo a chi dare la colpa; volevo sapere se c’e’ una garanzia minima per legge sulla tenuta stagna delle bare.
Grazie
Buongiorno,ho lo stesso problema dopo 4 anni dalla sepoltura cè la fuoriuscita del liquido, gentilmente mi puo dire come ha risolto?e chi è responsabile? chi si deve occupare del caso? chi è il responsabile? l’impresa funebre? potrebbe essere la valvola di sfiato che non ha funzionato, oppure chi ha tamponato la parte esterna? grazie per una risposta
X Lina ed Elisabetta (rispondo in “stereo” ad ambedue con un unica replica, data l’analogia tra i due quesiti proposti,
nei confronti del Comune/gestore del cimitero responsabile (https://www.funerali.org/cimiteri/scoppio-della-bara-e-sanificazione-del-loculo-chi-paga-46735.html) , in ultima analisi è il concessionario che potrà civilisticamente rivalersi sull’impresa funebre in caso di cattivo o, comunque, non corretto confezionamento del feretro (per altro tutto da dimostrarsi in un eventuale Giudizio).
Si consiglia per approfondimenti la consultazione di questo link:
https://www.funerali.org/cimiteri/scoppio-del-feretro-responsabilita-civile-e-probabili-cause-tecniche-46749.html
aiuto chi mi da consiglio come diventare direttore tecnico urgentemente e spendendo il meno possibile . vivo brianza ,ringrazio anticipatamente
supertoni50@virgilio.it
a una persona portatrice di valvola mitralica meccanica è possibile fare la cremazione????
la regione proveniente è la lombardia.
saluti
X Marco valvola mitralica. La valvola e’ costituita da un anello in lega di acciaio ricoperti di carbonio e da due foglietti mobili anche loro di carbonio. Pertanto non ci sono problemi di eventuale danneggiamento del crematorio. FAO fare una dichiarazione in tal senso dal tuo medico. La cremazione si può fare.
No, ai sensi dell’ Art. 20 DPR 10 settembre 1990 n. 285 occorre necessariamente un veicolo stradale adibito al trasporto feretri, ossia un’autofunebre.
salve , io vorrei un informazione sul trasporto di una bara ,
io dovrei trasportare un bara con il morto al suo interno , ovviamente chiusa e sigillata , potrei trasportarla sino al paese con un normale furgone ?
o devo per forza avere un mezzo adibito al trasporto di salme ?
grazie mille anticipatamente
Dipende dalla Regione cui Lei appartiene. Di solito per la’attività di onoranze funebre bastano:
a) Licenza di agenzia d’affari ex Art. 115 TEsto UNico Leggi Pubblica Sicurezza (ora, dopo il DPCM 26 maggio 2000, adottato in forza del Decreto Legislativo n.112/1998 di competenza comunale).
b) Licenza di commercio non alimentare (categoria merceologica 14) ora liberalizzata dopo il Decreto “Bersani”.
Diverse regioni, però, prevedono il rilascio di un’autorizzazione comprensiva delle due sopraccitate, con criteri molto più selettivi come:
Disponibilità di autoveicoli per trasporti funebri
Dotazione di adeguato personale (almeno 4 necrofori) debitamente addestrato secondo i requisiti formativi dettati dalla stessa regione)
possesso di uffici per la trattazione degli affari, di autorimesse e magazzini.
Salve,
vorrei delle informazioni.
Mio Padre ha l’onoranze funebri, adesso lui vuole chiudere a 70 anni come faccio io per passare da onoranze funebri e diventare una Agenzia di onoranze funebri?
cosa devo fare?
dove devo andare?
Grazie
La risposta “d’ufficio” è certissima e sicura: dal Decreto Legislativo 626/1994, confluito, poi, nel Decreto Legislativo n.81/2008 il peso che ogni lavoratore deve poter sopportare, senza incorrere in incidenti sul lavoro (slogature, lombalgie, dolori muscolari, eccessivo sforzo del rachide…) è previsto dalla Legge ed (a memoria) non può superare i 30 KG per ogni portatino.
Molte norme regionali, poi, prevedono appositi percorsi formativi per addestare i necrofori alla sicurezza sul posto di lavoro.
L’impresa funebre titolare del servizio deve garantire questi standards minimi di qualità ed incolumità per i propri dipendenti.
SE i famigliari insistono per portare personalmente “a spalla” il feretro (in Emiliaq Romagna, ad esempio, è possibile) l’impresa funebre, dovrà comunque, assicurare adeguato supporto, così da prevenire eventuali infortuni e richieste di risarcimento in sede civile.
sono obbligatori per legge i portatori a mano ( spalle ) delle bare durante i funerali, o chi non li richiede può farne a meno ? desidererei una risposta sicura grazie
Fra le obbligazioni principali del venditore, il legislatore indica quella di garantire il compratore dai vizi della cosa venduta (art. 1476 c.c., n.3). Il comma I dell’art. 1490 c.c. precisa che “il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata, o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”.
Cremazione
a) di cadavere
indice percentuale: 100,0%
Imponibile: 468,79
IVA 93,76
Totale 562,55
b) di resti mortali
indice percentuale: 80,0%
Imponibile: 375,03
IVA :75,01
Totale: 450,04
c) di parti anatomiche riconoscibili
Indice Percentuale: 75,0%
Imponibile: 351,59
IVA: 70,32
Totale: 421,91
d) di feti e prodotti del concepimento
Indice Percentuale 33,3%
Imponibile: 156,26
IVA: 31,25
Totale: 187,51
Dispersione di ceneri in cimitero
Indice Percentuale: 100,0%
Imponibile:189,41
IVA: 37,88
Totale: 227,29
(*) IVA nel caso in cui sia applicabile, cioè laddove non vi sia una esenzione oggettiva o soggettiva.
I canoni delle concessioni sono determinati dall’Art. 4 comma 2 Lettere a) e B) del Decreto Ministeriale 1 luglio 2002, ma possono variare a livello locale, siccome, in ultima istanza, è il comune a stabilirli.
Si tratta delle tariffe massime consentite, in quanto ex Art. 92 comma 4 DPR n.285/1990 (senza dimenticare il paragrafo 14.3 Circ.Min. n.24/1993) l’attività cimiteriale, per la sua intima natura di servizio istituzionale (D.M. 28 maggio 1993) non ha fine di lucro.
Gli articoli funebri sono invece commercializzati a prezzo di libero mercato, siccome le onoranze funebri sono servizi erogati in regime di concorrenza.
Solo l’urna (purchè semplice, infrangibile e sigillata) è compresa nella tariffa della cremazione ai sensi dell’Art. 1 comma 1 lettera e) DEcreto Ministeriale 1 luglio 2002. Per l’utenza il costro degli articoli funebri (cassa, addobbi, necrologia, composizioni floreali) varia notevolmente in base a tradizione, costumi e situazione economica locale daelle famiglie italiane.
nicoletta da gorizia
ciao, qualcuno mi sa dire dove posso trovare i prezzi per articoli funebri ? come urne, tombe e per la cremazione..
grazie
Per approfondire l’aspetto sanzionatorio sullo “scoppio del feretro” si suggerisce di consultare questo link: https://www.funerali.org/?p=328
Per questioni aperte (anche tariffarie e di imputazione di eventulai oneri) e problemi irrisolti riguardo alla tumulazione si consiglia di consultare questo link: https://www.funerali.org/?p=581 con i relativi approfondimenti sotto forma di quesiti, ai quali ha già risposto, a più riprese, la Redazione.
x la faccenda delle bare scoppiate
E’ compito del concesisonario del loculo provvedere per il rifascio del feretro, difatti l’inquinamento è causato dall’uso del manufatto (getto pericoloso di cose – art. 674 codice penale).
L’inclinazione verso l’interno del loculo è previsto dalla normativa di polizia mortuaria proprio perché ogni tanto succede che si rompa una cassa di zinco, per cui non è certo quella la causa della puzza. Semmai potrebbe essere la causa del percolamento esterno.
Chi deve pagare è quindi il concesisonario del loculo, ma poi questi si può rivalere su chi ha provveduto alle forniture o ai servizi non a regola d’arte.
In altri termini se l’impresa funebre invece di mettere una cassa di zinco dello spessore di 0,66 mm. ne ha messo una più sottile, o la cassa era stata oggetto di danneggiamenti nel magazzeno e impiegata egualmente, il concessionario si può rivalere su chi ha fatto una fornitura e/o un assemblaggio difettoso (ad es. un chiodo o una vite che va a finire contro la cassa di zinco).
Ma se chi doveva fornire la bara l’ha confezionata correttamente non ne ha colpa.
Egualmente se chi doveva fare la chiusura (tamponamento del loculo) ha seguto le regole, non ne ha colpa e quindi alla fine, se non si ritrova chi ha colpa deve sempre pagare il concessionario del loculo.
Per daniela secondo me indipendentemente dalla rottura delle casse io imputerei responsabilità al costruttore del loculo in quanto x legge i piani dappoggio dei feretri devono avere inclinazione interna. Saluti
Vorrei sapere chi è da ritenere responsabile nel caso in cui fuoriesca il liquame cadaverico. E’ successo ad un mio parente. La prima volta il comune ha posto rimedio semplicemente disinfettando e gettando calce fresca per meglio chiudere il colombaro dove è tumulata la salma. Ora è successo di nuovo sempre d’estate. Il comune dà la colpa alla valvola della bara chiusa incorrettamente. Mi sapete consigliare cosa fare? Io che ho pagato so solo che non vorrei trovarmi a dover pagare nuovamente.
Chi è da ritenersi responsabile se fuoriesce del liquame cadaverico dopo soli 4 anni dalla sepoltura in colombaro e per ben due volte?
Il comune asserisce che devo pagare io come parente, però pare che la colpa sia della valvola posta sulla bara e chiusa incorrettamente? Io non ne so molto a riguardo ma so che ho pagato avendo fiducia che un episodio del genere non sarebbe mai successo. Ora il Comune vuole che io ponga rimedio, mentre io vorrei che le pompe funebri che all’epoca fecero il lavoro riparino al danno. Posso rivalermi sulle pompe funebri? Come funziona la valvola. Scusate ma sono completamente ignorante in materia.
Grazie per la risposta.
In Puglia vige ancora pienamente l’Art. 30 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 il cui comma 13 esprime questo concetto:
Per il trasporto da comune a comune (fatto salvo il caso di infetti per i quali è sempre richiesta la doppia cassa) se ovviamente la destinazione del feretro non è la tumulazione stagna e quindi il cadavere sarà inumato o cremato si usa la sola cassa di legno, iol cui spessore, tuttavia, deve essere di 25 mm come prexcisato dalla Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24.
Faccio poi notare come ai sensi dell’Art. 6 comma 3 della legge regionale pugliese in materia funeraria (L.R. 14 dicembre 2008 n. 34) si sposti in capo al comune la vigilanza sui trasporti funebri, mentre rimane all’ASL un ruolo di consulenza per gli aspetti igienico sanitari.
Se, ovviamente, il trasporto avviene dopo il periodo d’osservazione (cioè a cassa chiusa) è d’obbligo da parte degli incaricati del trasporto stesso l’apposizione dei sigilli (anche se si impiega la sola cassa di legno) e la bara non può esser più riaperta senza autorizzazione dell’ASL o dell’Autorità Giudiziaria, ma va subito avviata verso la sua destinazione ultima.
Ai sensi dell’Art. 10 comma 6 della sullodata legge regionale l’autorizzazione al trasporto è adottata con un unico provvedimento del comune ed il trasferimento del cadavere deve avvenire attraverso l’uso di mezzi idonei (casse in primis, ma anche autofunebri).
Il nostro dirigente sanitario provinciale ci obbliga a sigillare la cassa da un comune ad un’altro comune (della Puglia) anche se la distanza e di 5 km., noi abbiamo problemi con le famiglie, in quanto arrivano salme nel nostro territorio da distanza di 70-80 kilomentri, aperte, e si chiedono come mai?
se la distanza e la stessa?
Vorrei sapere se c’e’ una garanzia minima per legge sulla tenuta stagna delle bare per la non fuoriuscita di liquidi .Se qualcuno puo’ rispondere a questo quesito ne sarei molto grato
La garanzia non è legata alla tenuta della cassa di zinco dentro il loculo, ma solo che la cassa di zinco sia corrispondente a quello che la legge prevede (art.30 DPR 285/90) e cioé “Lo spessore di lamiera della cassa metallica non deve essere inferiore a 0,660 mm se di zinco, a 1,5 mm se di piombo.”.
I prodotti sono garantiti da vizi di costruzione o difetti di materiale riscontrati entro i ventiquattro mesi dalla data di consegna al consumatore (non tra fabbricane e impresa funebre, che ha ordinariamente la garanzia stabilita nel contrato di acquisto, oppure 12 mesi se non previsto all’acquisto).
In base al nuovo articolo 1519-ter del codice civile, il fornitore finale ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi a quanto previsto dal contratto di vendita.
Il legislatore precisa che i beni devono essere conformi alla descrizione fatta e possedere le qualità del bene eventualmente presentato come campione o modello.
I beni, in ogni caso, devono presentare le qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi tenuto conto della natura del bene e delle dichiarazioni fatte da produttore o fornitore in pubblicità o sulle etichette. Qualora il consumatore scelga il bene per soddisfare un uso “particolare” e porti a conoscenza del fornitore tale volontà di utilizzo, il bene dovrà soddisfare detto uso “particolare” salvo che il fornitore non dimostri di non aver mai accettato la destinazione d’uso “particolare” richiesta dal consumatore.
Si veda per maggiori informazioni: sito GdF
Difatti sono troppe le variabili in gioco che incidono sulla possibile rottura dello zinco:
ad es. l’esposizione del loculo e l’alternanza di caldo e freddo, la temperatura esterna massima, i medicinali con cui è stato trattato il defunto, la tipologia della morte (ad es. gli annegati hanno una produzione copiosa di liquidi cadaverici), la non corrispondenza dello spessore minimo (stabilito dala legge) della cassa d zinco, un confezionamento della bara non corretto (ad es. a vite o il chiodo con cui si monta un piedino della bara può essere tropo lungo e “passare” lo spessore del legno, la tipologia del legno (ad es. i castagno ha una forte componente di tannini che favoriscono la passivazione dello zinco), il tempo intercorso (lo zinco passiva naturalmente, la consumazione dello zinco per effetto della “pila” che si crea tra armatura in ferro del loculo e lo zinco stesso, in presenza di ambienti umudi, ecc.
Si aggiunge che una rottura dello zonco può essere stata determinata da una saldatura del coperchio non corretta, o ancora per un accatastamento in magazzeno non corretto.
Di tute queste cose è ben consapevole il legislatore che all’art. 76 del DPR 285/90 ha previsto:
I piani di appoggio dei feretri devono essere inclinati verso l’interno in modo da evitare l’eventuale fuoriuscita di liquido.