La Corte di Cassazione, Sez. V Pen., 23 luglio 2024, n. 30322 (reperibile per gli Abbonati PREMIUM alla Sezione SENTENZE, chiamata a decidere sul ricorso avverso a precedente decisione della Corte d’Appello, ha confermato questa, con plurime considerazioni, in particolare sul fatto che la visita necroscopica da parte del medico necroscopo debba avvenire de facto, oltretutto ponendo in evidenza la differenza che intercorre tra la certificazione che sia rilasciata dal medico curante e la certificazione spettante al medico necroscopo.
Non solo, ma anche mettendo i c.d. puntini sulle i sulla qualificazione quale atto pubblico del certificato necroscopico (richiesto anche ai fini dell’art. 74, comma 2 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m.), nonché sulla qualificazione di pubblico ufficiale in capo al medico necroscopo, anche nei casi in cui, eventualmente, questi operi senza averne ricevuto formale atto d’incarico.
Nella pronuncia si ha anche cenno al fatto che, nella vicenda, vi sarebbero stati anche certificati firmati in bianco e utilizzati (indebitamente?) da terzi.
Si tratta di un aspetto che solleva qualche dubbio, nel senso che, se sia vero che il Codice Penale considera anche la fattispecie dei certificati firmati in bianco (artt. 486, 487 e 488 C.P.), un conto è se si tratti di certificati afferenti a dati e notizie contenuti in pubblici registri, altra l’ipotesi in cui il certificato abbia a proprio oggetto contenutistico quello dell’avvenuto svolgimento di un’attività il compimento sia necessario, caso nel quale proprio non potrebbe aversi la fattispecie di una firma in bianco.
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