Mamma, mi sono comprato un loculo …

Il titolo è volutamente improprio, per essere molto soft, poiché vuole affrontare imprecisioni spesso presenti nel linguaggio comune, linguaggio che, per quanto a-tecnico, è comunque di fatto in uso, e largamente.
Di fronte a questa diffusione non se ne può ignorare la presenza, anche quando, o specie quando, vi siano erroneità di fondo.
Sono state usate le parole “imprecisioni”, “a-tecnicità”, “erroneità”, ma la questione può essere espressa altrimenti: un sepolcro può essere oggetto di compravendita? Questa formulazione ne ha in sé un’altra, che rimane sottesa: quale è la natura del sepolcro?
Senza entrare nelle diverse tipologie di sepolcri, e per motivi di semplicità espositiva, rimaniamo sulla tipologia usate nel titolo, il loculo (anche se questo presenti, nelle diverse aree, pluralità di termini: colombaro, avello, nicchia, cassettone, ecc.).
Si tratta di un manufatto avente ben precise caratteristiche tecnico-costruttive e destinato ad accogliere i feretri per una tumulazione, pratica funeraria che richiede l’impiego di feretri aventi, a loro volta, precise caratteristiche.

Vi possono essere due tipologie di loculi, fermo restando che si tratta sempre di “rapporti” aventi durata determinata (attualmente non superiori a 99 anni), la prima (quella che le norme considerano) consiste nella concessione di una porzione di area cimiteriale ai fini della costruzione, da parte del soggetto concessionario, di un manufatto sepolcrale a sistema di tumulazione (che può essere sia mono-posto, sia, più frequentemente, pluri-posto); la seconda (non prevista dalle norme di settore, ma comunque legittima, quanto diffusa) consistente nella concessione del diritto d’uso di un loculo costruito dal comune.
Tra le due vi sono differenze, principalmente su quello che è l’”oggetto” della concessione.
Nel primo caso “oggetto” della concessione è l’attribuzione di una sorta di diritto di superficie, ai fini sopra indicati (costruzione di un sepolcro), fini che peraltro sono, per così dire, intermedi ad un altro, cioè alla sepoltura dei feretri delle persone aventine titolo. Nel secondo caso “oggetto” della concessione è, come fatto cenno, il diritto di usare del loculo.

In precedenza è stata usata la parola “concessione”, che trova fondamento e origine dal fatto che il cimitero comunale è soggetto al regime dei beni demaniali, dal ché deriva che le relative aree (o loro porzioni) non possono essere oggetto di compravendita (non perché siano res nullius ma in quanto res publicae, cioè dell’intera comunità locale o, altrimenti, res omnium), né di altri istituti di diritto privato.
Da ciò discende che quanto sia soggetto al regime dei beni demaniali possa essere oggetto di diritti di terzi (rispetto al soggetto titolare della demanialità, nella specie il comune quale entità esponenziale della comunità locale) nei “modi” e nei “limiti” delle specifiche norme che regolano ciascun singolo bene demaniale.
In altre parole, il termine “concessione” esprime queste caratteristiche, in cui la posizione del soggetto terzo (concessionario) è ben diverse, non solo distinta, da quella del proprietario.
Ricordiamo che la proprietà è definita come il diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo ecc., definizione che contrasta con l’assoggettamento al regime dei beni demaniali.

Un ulteriore aspetto va segnalato, quello per cui nella prima tipologia, venendo la costruzione realizzata dal concessionario, il manufatto (come edificato) è di proprietà di questi, mentre nella seconda tipologia la proprietà è e rimane del comune (un po’ come nella locazione, dove la proprietà è del proprietario e il locatario ha diritto di uso – l’esempio è un po’ improprio, ma semplifica l’esposizione).
Questo comporta che nella prima tipologia si debba “separare” il rapporto tra comune e concessionario (afferente al titolo ad usare della porzione di area cimiteriale), rispetto al manufatto in quanto tale.
Emerge qui un punto importante, cioè il fatto che la concessione dell’area ha sì il fine della costruzione del sepolcro, ma questo fine è – in realtà – intermedio ad un fine ultimo, quello della sepoltura dei feretri delle persone che ne abbiano titolo, cioè, di norma, delle persone dello stesso concessionario e di quelle appartenenti alla famiglia di questi.
Qualora, astrattamente, si ammettesse che il manufatto sepolcrale, in quanto di proprietà del concessionario che l’ha costruito (o, fatto costruire), potesse essere oggetto di compravendita, si avrebbe il risultato che l’acquirente assumerebbe gli obblighi del concessionario/venditore (principalmente quello di “mantenere a loro spese, per tutto il tempo della concessione, in buono stato di conservazione i manufatti di loro proprietà”), ma non acquisterebbe alcun titolo all’accoglimento nel sepolcro per sé e per le persone della propria famiglia.
Ma questo contrasta con una credibile finalità che motivi un tale acquisto, presumendosi che esso sia finalizzato per l’appunto alla sepoltura delle persone, contrasto che diventa ancora più evidente quando se ne valutino gli effetti: perché acquistare quelli che sono solo oneri passivi, se non si possono fruire dei benefici attesi da una compravendita?
Avrebbe senso acquistare un qualche cosa che non sia possibile utilizzare per la propria funzione? Nel caso della seconda tipologia la situazione appare più lineare e semplice, non potendosi avere compravendita se non quando la parte venditrice sia proprietaria e non certo quando quest’ultima disponga solamente di un diritto d’uso su beni altrui, beni che sono oltretutto non suscettibili di compravendita.

Un’ultima precisazione: il comune non è “proprietario” dei beni assoggettati al regime dei beni demaniali, pertinendo questi alla comunità locale, ma, in quanto entità esponenziale della comunità locale, assolve a funzioni di esercizio di quest’ultima.
Ricorrendo ad un esempio, ancora una volta improprio, esso si trova ad essere un po’ come l’amministratore dei beni assoggettati al regime dei beni demaniali, cioè in posizione ben diversa da quella del proprietario, secondo la definizione di proprietà sopra esposta.
Infine, il diritto d’uso del sepolcro, in quanto diritto della personalità (diritto personalissimo), non può essere oggetto di cessione, o trasferimento, con atti di diritto privato.
Es.: è possibile la compravendita del diritto al nome, o del diritto all’immagine o dell’appartenenza ad una data famiglia?

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Sereno Scolaro

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