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Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 ottobre 2025, n. 7936
Le scelte di pianificazione urbanistica sono caratterizzate da ampia discrezionalità e costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità; in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale le decisioni dell’Amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali - di ordine tecnico discrezionale - seguiti nell’impostazione del piano stesso (cfr. Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 22 dicembre 1999, n. 24, nonché, ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2018, n. 6483; 28 giugno 2018, n. 3987).L’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710); una destinazione di zona precedentemente impressa non determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo P.R.G., conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2016, n. 2221; 8 giugno 2011, n. 3497); la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all'atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall'amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014, n. 1459).
TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 57 d.P.R. 10/9/1990, n. 285
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Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 settembre 2025, n. 7207
L'art. 16 L. R. (Friuli-Venezia Giulia) 21/10/2011, n. 12 prevede che le case funerarie siano ubicate a una distanza minima di 50 m dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dai cimiteri e dai crematori: dal tenore letterale della norma, ma verso la medesima conclusione depone la sua zratio, si evince che la distanza, evidentemente preordinata a salvaguardare interessi igienico-sanitari, deve essere calcolata a partire dal luogo fisico che ospita e dove si svolge, concretamente ed effettivamente, l’attività d’impresa della casa funeraria, potenzialmente ed eventualmente foriera di pregiudizi di carattere igienico-sanitari, non dovendosi invece considerare strutture pertinenziali quali parcheggi o piazzali antistanti, che difettano di questa pregiudizialità
TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Regione Friuli-Venezia Giulia, L. R. 21/10/2011, n. 12
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Consiglio di Stato, Sez. V, 27 agosto 2025, n. 7121
Il principio del tempus regit actum va effettivamente inteso nel senso che, nei procedimenti ad istanza di parte, l’amministrazione è tenuta ad applicare la disciplina vigente alla data dell’adozione del provvedimento, non quella vigente alla data dell’istanza, salvo eccezioni di legge.
In tema di cremazione di persona deceduta nel 1967, è legittima l’autorizzazione comunale fondata sull’art. 3 L. 130/2001 e sul regolamento locale: in mancanza di volontà contraria del defunto, basta il consenso della maggioranza dei parenti di pari grado. Opera il giudicato (TAR Marche n. 234/2024) che vincola la riedizione del potere, precludendo di riesumare discipline previgenti o transitorie (DPR 803/1975, DPR 285/1990, circ. 1993) e questioni sull’estumulazione. Irrilevanti condotte dei genitori all’epoca del decesso; lo ius sepulchri e la perpetuità della concessione attengono al giudice ordinario. Appello respinto.TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 3 L. 30/3/1990, n. 130
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Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 agosto 2025, n. 7083
Nela regione Puglia, la cui legge regionale consente "in deroga a quanto previsto dal comma 2, il Comune può approvare, nei centri abitati, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, sentita l'ASL competente per territorio, la costruzione di strutture per il commiato e case funerarie, la giurisprudenza ha ritenuto che il permesso di costruire in deroga di cui all’art. 14, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 è un istituto di carattere eccezionale rispetto all’ordinario titolo edilizio e rappresenta l’espressione di un potere ampiamente discrezionale che si concretizza in una decisione di natura urbanistica, da cui trova giustificazione la necessità di una previa delibera del consiglio comunale; in particolare, in tale procedimento il consiglio comunale è chiamato ad operare una comparazione tra l’interesse pubblico al rispetto della pianificazione urbanistica e quello del privato ad attuare l’interesse costruttivo; peraltro, come ogni scelta pianificatoria, la valutazione di interesse pubblico della realizzazione di un intervento in deroga alle previsioni dello strumento urbanistico è espressione dell’ampia discrezionalità tecnica di cui l’amministrazione dispone in materia e dalla quale discende la sua sindacabilità in sede giurisdizionale solo nei ristretti limiti costituiti dalla manifesta illogicità e dall’evidente travisamento dei fatti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent., 20 novembre 2023 n. 9924). In questo contesto non vi è quindi spazio, attesa la natura di scelta pianificatoria, per una motivazione specifica da parte del Consiglio circa il sacrificio dei proprietari degli immobili ricadenti nella fascia dei 200 ml; nello specifico si tratta di una scelta razionale atteso che si tratta di una attività collocata nella fascia di rispetto cimiteriale in una zona ove già insiste il cimitero e le attività ad esso connesse.
TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Regione Puglia - L.R. 15/12/2008, n. 34
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Consiglio di Stato, Sez. VII, 14 agosto 225, parere n. 7042
[ I ] Relativamente alle concessioni cimiteriali, una volta costituito il rapporto concessorio, questo può essere disciplinato da una normativa entrata in vigore successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio dello ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dall'ambito soggettivo di utilizzazione del bene.
[ II ] Stante la natura di durata del provvedimento concessorio, è ben possibile che i relativi rapporti, nel loro concreto ed effettivo dipanarsi nel tempo, possano essere sottoposti anche ad una disciplina diversa da quella esistente al momento del provvedimento concessorio, riguardante vicende e situazioni non ancora verificatesi o i cui effetti non si siano ancora definitivamente consolidati.
[ III ] Non può condividersi la tesi secondo cui solo l’originario concessionario e fondatore della cappella di famiglia sia titolato a consentire, in deroga alle regole del sepolcro gentilizio, l’uso della sepoltura a soggetti estranei alla famiglia, e tali non siano i suoi familiari o discendenti, i quali sono, invece, titolari iure proprio del solo diritto (indisponibile) alla sepoltura. Al contrario, il diritto a consentire alla sepoltura nella cappella di famiglia delle salme di persone estranee spetta, ricorrendone i presupposti di legge, anche al concessionario subentrato nella concessione, quale è l’appellato, essendo questi erede e discendente dell’originario fondatore della cappella di famiglia. Del resto, diversamente, qualora non fosse anche concessionario, in forza di subentro nell’originario rapporto concessorio verrebbe a configurarsi un difetto di legittimazione attiva al ricorso, che attenendo alla regolare costituzione del rapporto processuale, integra un profilo rilevabile anche d'ufficio da parte del giudice, così come quelli attinenti alle carenze delle altre condizioni dell'azione (cfr. Cons. Stato, sez. II, 26 settembre 2022, n. 8263; Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 2022, n. 3963). Inoltre, sotto altro concorrente profilo, qualora fosse condivisa la tesi sul diritto del solo fondatore all’autorizzazione all’inumazione di estranei, lo stesso, in assenza di detta qualità, non sarebbe titolare della posizione legittimante al gravame, in quanto nel caso in esame il relativo diritto al sepolcro non è in concreto pregiudicato dall’inumazione di due salme né dall’autorizzazione alla sepoltura di non familiari in sei nicchie della cappella di famiglia.TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 93 d.P.R. 10/9/1990, n. 285
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TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 4 agosto 2025, n. 15246
Quando il Comune ravvisi l'opportunità di non procedere a concessione di sepolcri a tumulazione a carattere familiare in funzione di costituire una "riserva" di posti a disposizione per far fronte a situazioni eccezionali o particolari la connessa scelta gestionale va attribuita alla Giunta comunale la quale, quindi, può sì decidere (di fatto) di sottrarre sepolture alla disponibilità dei richiedenti, ma assumendosene la piena responsabilità di fronte alla cittadinanza con un atto pubblico deliberato in conformità alle norme statutarie e regolamentari dell’ente che palesi le esigenze straordinarie ed eccezionali che impongano una decisione in tal senso. In particolare, qualora una situazione di ridotta disponibilità sia dovuta a incompleti lavori di ampliamento, il Comune è chiamato ad adottare misure di razionalizzazione od ampliarne gli effetti se già adottate.
TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 90 d.PR. 10/9/1990, n. 285
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Consiglio di Stato, Sez. I, 5 agosto 2025, parere n. 855
[ I ] Essendo dunque l’affidamento delle ceneri a privati ammesso anche prima dell’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001 e non avendo pertanto la disciplina sopravvenuta carattere innovativo sotto questo profilo, deve ritenersi che la modalità di conservazione in parola è prospettabile anche in relazione alle ceneri derivanti dalla cremazione, successiva all’esumazione o all’estumulazione, di salme inumate o tumulate prima dell’entrata in vigore della legge n. 130 del 2001. In secondo luogo, va rilevato che per principio generale - qualora si reputi il carattere non retroattivo di una disposizione - la sua applicabilità ratione temporis dipende dal momento in cui è integrata la fattispecie che la stessa disciplina. Nel caso in esame, la fattispecie disciplinata dall’articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001 non è costituita dal decesso o dall’inumazione o dalla tumulazione (in ipotesi avvenute prima dell’entrata in vigore della legge medesima), bensì dalla cremazione di salme inumate da almeno dieci anni e di salme tumulate da almeno venti anni. Ne consegue che la disposizione suddetta non può che trovare applicazione con riferimento a tutte le cremazioni di salme, esumate o estumulate dopo il periodo prescritto ed eseguite successivamente alla sua entrata in vigore, a prescindere tanto dal momento del decesso, quanto dal momento dell’inumazione o della tumulazione della salma medesima.
[ II ] In conseguenza dell'orientamento della Suprema Corte, sussiste quindi una gerarchia tra lo ius eligendi sepulchrum di cui è titolare il de cuius e lo ius eligendi sepulchrum riferibile al coniuge o ai parenti più prossimi, nel senso che il secondo può operare soltanto nell’ipotesi in cui il primo non sia stato esercitato. In tale ipotesi, tuttavia, lo ius eligendi sepulchrum dei congiunti è un diritto, di contenuto analogo a quello di cui è titolare il de cuius, “spettante iure proprio ai congiunti più prossimi”.
[ III ] Il presupposto che sia la volontà del defunto a dover essere dimostrata non è coerente con il quadro normativo statale vigente e con l’interpretazione che ne discende, come suesposta, perché la volontà manifestata dal coniuge o dai parenti più prossimi, in assenza di una volontà del de cuius, è volontà propria di questi ultimi e non manifestazione della volontà del de cuius (in ipotesi mancante in quanto mai da questi espressa in alcun modo).
[ IV ] Muovendo dalle coordinate ermeneutiche applicabili con riferimento alla titolarità e all’esercizio dello ius eligendi sepulchrum, da un lato, e alla rilevanza attribuita dalla legge alla volontà del coniuge e dei parenti più prossimi (dei quali soltanto è richiesto l’“assenso”) in ordine alla cremazione delle salme esumate o estumulate dopo il periodo prescritto (articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001), la Sezione ritiene la stessa disciplina debba trovare applicazione con riguardo alla destinazione delle ceneri rivenienti dalla suddetta cremazione. Se, infatti, decorso (rispettivamente) il decennio o il ventennio dall’inumazione o dalla tumulazione la legge consente espressamente di autorizzare la cremazione di salme in virtù del solo “assenso” del coniuge o dei parenti più stretti (articolo 3, comma 1, lett. g) della legge n. 130 del 2001), e dunque anche in assenza di una volontà espressa in tal senso dal defunto, a fortiori deve ritenersi possibile l’affidamento delle relative ceneri ai familiari (esclusa, per ragioni proprie che verranno di seguito illustrate, la dispersione), ancorché, anche in questo caso, in assenza di una volontà espressa dal defunto in tal senso. Questa conclusione risulta peraltro conforme alla ricostruzione dello ius eligendi sepulchrum in termini di diritto proprio del coniuge o dei parenti più prossimi, il cui esercizio è subordinato all’assenza di una volontà manifestata dal defunto in ordine alla destinazione delle proprie ceneri.
[ V ] La volontà del defunto in ordine alla destinazione delle ceneri debba essere manifestata, e dunque comprovata, con le medesime modalità stabilite dall’articolo 3, comma 1, lett. b) della legge n. 130 del 2001 (ivi inclusa “qualsiasi altra espressione di volontà” – così il n. 3 – oltre alla disposizione testamentaria, alla dichiarazione autografa e all’iscrizione ad una delle associazioni di cui al n. 2) con riferimento alla cremazione. Qualora il defunto non abbia manifestato la sua volontà in ordine alla destinazione delle ceneri con una delle suddette modalità, saranno il coniuge o, in mancanza, i parenti più prossimi ad esprimere, nell’esercizio del proprio ius eligendi sepulchrum in relazione alle spoglie del defunto, la propria volontà dinanzi all’ufficiale di stato civile, con le modalità stabilite dall’articolo 3, comma 1, lett. b), n. 3) della legge n. 130 del 2001.
[ VI ] Laddove il defunto non abbia manifestato una volontà in ordine alla destinazione delle ceneri, la dichiarazione resa dai congiunti consiste nell’esercizio di un diritto proprio (ius eligendi sepulchrum) in relazione alle spoglie del congiunto defunto. In tal caso, pertanto, l’originaria scelta espressa in merito alla destinazione delle ceneri (ad esempio il collocamento nel cimitero) può essere modificata da coloro che hanno reso la relativa dichiarazione (ad esempio nel senso di chiedere l’affidamento delle ceneri). Ciò in quanto la volontà in origine manifestata è volontà propria del coniuge o dei parenti più prossimi che hanno reso la dichiarazione; gli stessi soggetti possono quindi, con le stesse modalità, esprimere una volontà diversa, precisando altresì che la destinazione delle ceneri può mutare, per effetto di una nuova dichiarazione, soltanto nel senso dell’individuazione di un nuovo luogo in cui le ceneri siano conservate, restando fermo il divieto di dispersione delle ceneri, poiché a dispersione delle ceneri presuppone un’espressa volontà del defunto in tal senso, tale forma di destinazione delle ceneri non può avere luogo – in assenza di volontà espressa del defunto – per effetto né di una scelta originaria del coniuge o dei parenti più prossimi, né di una scelta sopravvenuta che modifichi quella originaria, né di scelte successive effettuate dai soggetti legittimati ai sensi della legge n. 130 del 2001.
A diversa conclusione si deve pervenire laddove la dichiarazione resa dinanzi all’ufficiale di stato civile abbia in concreto avuto ad oggetto non la volontà del coniuge o dei parenti più prossimi che detta dichiarazione hanno reso, bensì la volontà del defunto, autodeterminatosi in vita in relazione all’esercizio del proprio ius eligendi sepulchrum con riferimento alle proprie spoglie: detta dichiarazione è in tal caso immodificabile, in quanto trattasi di dichiarazione attestante la volontà del defunto che confluisce in un atto pubblico. Laddove si intendesse modificare il contenuto della dichiarazione nella parte in cui questa riporta la volontà (non del dichiarante, bensì) del defunto, il coniuge o il parente che ne avesse interesse, non potendo provvedere alla modifica in via amministrativa, dovrebbe adire il giudice al fine di ottenere una decisione che attesti l’effettiva, ed eventualmente diversa, volontà del defunto.TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: L. 30/3/2001, n. 130
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Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 agosto 2025, n. 6897
Il perimetro dei cimiteri, rilevante ai fini della individuazione della fascia di rispetto cimiteriale, deve essere individuato in base alla strumentazione urbanistica del Comune o, in difetto, tenendo conto dell’area sulla quale il cimitero insiste “di fatto”, come si desume chiaramente dall’art. 338 del r.d. n. 1265/1934 e s.m.i. che, al comma primo, dispone: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 338 R. D. 27/7/1934, n. 1265
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Corte di Cassazione, Sez. VI Pen., 29 luglio 2025, n. 27814
Il reato di concussione e quello di induzione indebita si differenziano dalle fattispecie corruttive, in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre l'extraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l`accordo corruttivo presuppone la par condicio contractualis ed evidenzia l'incontro assolutamente libero e consapevole delle volontà delle parti (Sez. U, n. 1228 del 24/10/2013, dep. 2014, Maldera, Rv. 258474).
TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 319 C.P.
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Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 luglio 2025, n. 6487
trong>Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 luglio 2025, n. 6487
… [ I ] Sussiste giurisprudenza che ha escluso l’assimilazione dell’attività funeraria a quella artigianale o commerciale, confermando che si tratta di servizio pubblico e non rileva la qualifica giuridica o soggettiva di colui che svolge il servizio e del soggetto che ne beneficia (persona defunta o congiunti), dovendo la compatibilità urbanistica essere valutata in base al tipo e alla funzione oggettiva dell’attività svolta nell’immobile nonché all’impatto urbanistico conseguente.
[ II ] Secondo giurisprudenza consolidata, ricorre l’invalidità caducante allorché due provvedimenti appartengano alla medesima sequenza procedimentale (intesa anche come collegamento procedimentale) e siano avvinti da un nesso di presupposizione-consequenzialità, in virtù del quale il primo provvedimento costituisce il presupposto unico e imprescindibile del secondo, senza che quest’ultimo sia soggetto ad alcuna altra valutazione da parte dell’amministrazione competente. È irrilevante che i due atti siano stati adottati da autorità diverse; né costituisce elemento impeditivo l’anomala inversione cronologica tra atto presupposto e atto consequenziale (cfr. Consiglio di Stato, sezione III, 7 maggio 2025, n. 3872.
[ III ] La casa del commiato, anche nell’ipotesi si tratti di attività artigiana, non può essere qualificata di servizio.TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Regione Marche, Art. 9-bis L.R. 1/2/2005, n. 3