L’art. 3, comma 1, lett. b), n. 3) L. 30 marzo 2001, n. 130 prevede che, in assenza della manifestazione della volontà alla cremazione espressa dalla persona deceduta, intervenga la “volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo (ecc.).
Dove alla parola “coniuge” dovremmo apportare l’integrazione: “o persona a questi assimilata”, per effetto dell’art. 1, comma 20 L. 20 maggio 2016, n. 76.
Non si fa cenno ad altre figure presenti in quest’ultima, in quanto non pertinenti a questi fini, aggiungendo come di seguito si utilizzerà il solo termine “coniuge” per mere ragioni di brevità.
La questione sorge da un primo approfondimento su quel “in difetto” che costituisce la condizione per un “transito” dalla legittimazione del primo a quella dei parenti nel grado più prossimo.
Va tenuto doverosamente conto che fino a che vi sia un coniuge, questo preclude ogni legittimazione in materia ai parenti nel grado più prossimo.
L’assenza del coniuge comporta che la persona defunta non abbia contratto matrimonio, ovvero quando l’abbia contratto, che questo sia stato sciolto (art. 149 C. C.).
Si ricorda, per inciso, che la separazione personale non comporta lo scioglimento del matrimonio.
La probabilità della morte tende a crescere con l’avanzamento dell’età.
Inoltre vi sono sempre frequenti situazioni in cui uno dei coniugi venga a trovarsi accolto in qualche struttura residenziale per una qualche morbilità.
Ad esempio per una qualche demenza (l’Alzheimer è la più citata – oltre che la più frequente – ma non è la sola), che limita de facto la capacità delle persone rispetto alle normali funzioni della vita.
Si farà riferimento alle demenze, anche se le considerazioni seguenti possono estendersi ad altre patologie.
Sono limitazioni di fatto, ma non giuridiche.
Infatti la persona affetta (anche) da queste malattie conserva giuridicamente la piena capacità di agire (art. 2 C. C.), da considerare nell’eventualità del decesso dell’altro coniuge.
Ora, indipendentemente dall’accoglimento in strutture specializzate, vi possono essere differenti situazioni soggettive:
[A] = persona affetta da demenza;
[B] = persona ed a cui il Giudice Tutelare abbia nominato un “amministratore di sostegno” (L. 9 gennaio 2004, n. 6);
[C] = persona che sia stata dichiarata interdetta.
= Nel caso della situazione soggettiva [A] la persona, divenuta coniuge superstite, ha la capacità di agire senza che vi siano, né vi possano essere limitazioni.
Comprensibilmente potrebbero aversi difficoltà, materiali, nella formazione degli atti che sono previsti, sui quali non entriamo.
Ci limitiamo ad osservare come norme di rango secondario, ancorché introdotte da norme di rango primario, non hanno forza a modificare norme di rango primario.
= Nel caso della situazione soggettiva [B] si ricorda che l’”amministrazione di sostegno” non costituisce un istituto di protezione degli incapaci come risulta fin dalla sua rubrica.
L’art. 1 L. 9 gennaio 2004, n. 6 ne individua la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.
Nell’art. 405, comma 3 C.C. (quale modificato dalla medesima legge) è inoltre trasparente l’alterità/alternatività rispetto all’interdizione e all’inabilitazione.
L’”amministratore di sostegno” assolve ai compiti indicati nel decreto di nomina (sia in termini di concorrenza o di surroga).
Essendo la manifestazione di volontà alla cremazione del coniuge deceduto atto di natura personalissima, per cui non è ammissibile la rappresentazione, tra i compiti attribuiti all’amministratore di sostegno non vi sono questi.
Anche se, in alcune situazioni si sono avuti casi in cui il Giudice Tutelare, tanto in sede di nomina dell’amministratore di sostegno, quanto in momento successivo, abbia ritenuto di ammettere questi per l’esercizio di diritti personalissimi.
La questione torna ad essere quella rilevante sotto il profilo dell’art. 1 L. 9 gennaio 2004, n. 6, cioè il fatto che l’istituto non incide sulla capacità d’agire, se non per gli atti indicati nel decreto del Giudice Tutelare.
Cosicché la situazione diventa de plano del tutto riconducibile alla situazione soggettiva [A].
E risulta incongrua l’ipotesi di una eventuale richiesta al Giudice Tutelare di modifica o integrazione dei poteri dell’amministratore di sostegno.
= Nel caso della situazione soggettiva [C] viene a trovare applicazione l’art. 3, comma 1, lett. b), n. 4 L. 30 marzo 2001, n. 130.
Per altro, lo spettro delle situazioni soggettive non è esaurito, dovendosi considerarne anche altra.
[D] = persona per cui sia stata promossa l’interdizione, ma non ancora efficace (per non essere stata pubblicata la sentenza; art. 421 C.C.).
= In questo caso si ha una situazione di estrema delicatezza per il concorso dei seguenti fattori:
(a) sussistenza delle condizioni per promuovere l’interdizione,
(b) inefficacia della sentenza o, forse con maggiore probabilità, non ancora intervenuta la sentenza promossa.
Nonostante la rilevante criticità,, il solo dato inoppugnabile è che la persona è ancora nella piena titolarità della capacità d’agire, riportando il tutto alla situazione soggettiva [A].
In astratto, potrebbe farsi richiamo dell’art. 419, comma 3 C.C. e il giudice potrebbe nominare un tutore provvisorio in attesa della pronuncia dell’interdizione.
Anche se potrebbe aversi la fattispecie che i tempi processuali, per i provvedimenti provvisori, siano poco coerenti con i tempi per provvedere all’istruttoria ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla cremazione, se i provvedimenti – anche quando provvisori – siano oggetto della pubblicità prescritta dall’art. 423 C.C.
Per completezza (per quanto ridondante e “fuori campo”) aggiungiamo un’ulteriore situazione soggettiva.
[E] = persona per cui sia stata promossa l’inabilitazione.
= L’inabilitazione non incide pienamente sulla capacità d’agire, ma comporta alcune limitazioni (Cfr.: artt. 425 e ss. C. C.), prevalentemente per atti di natura patrimoniale.
Ma non influisce minimamente sui diritti personalissimi; a titolo di esempio, basterebbe ricordare come l’inabilitazione, a differenza dell’interdizione, non costituisca impedimento alla celebrazione del matrimonio; art. 85 C.C.
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