Un Comune riferisce di aver stipulato negli anni molteplici atti di concessione di area cimiteriale per la durata di 99 anni, con la clausola, in ciascuno di essi, del passaggio, specificamente, del diritto di uso relativo alla tomba di famiglia, alla morte del concessionario, agli eredi, con le modalità all’uopo previste. Il Comune chiede, dunque, se sia necessario reintestare il contratto specifico all’erede o se, invece, il contratto con il ‘de cuius’ operi nei confronti degli eredi senza necessità di variazione della titolarità.
Un problema di non poco conto riguarda la necessità di garantire, nel tempo, l’adeguata manutenzione e cura del manufatto sepolcrale, anche giusta il principio di imputazione sul risarcimento del danno ingiusto causato dall’eventuale rovina dell’edificio sancito dall’Art. 2053 Cod. Civile; ebbene questo obbligo grava in primis sul fondatore concessionario del sepolcro; al fine di assicurare la continuità dell’osservanza di tale dovere giuridico anche in seguito alla morte del fondatore/concessionario primo del sepolcro, è opportuno che gli aventi causa (o meglio i discendenti https://www.funerali.org/?p=283) del fondatore stesso si avvicendino al de cuius nella posizione del concessionario originario mediante il c.d. subentro o voltura della concessione amministrativa .
Autorevole dottrina ritiene che, ove l’istituto del subentro nella posizione del concessionario originario non sia contemplato in sede di regolamentazione comunale ovvero nell’atto di concessione del sepolcro, la morte del fondatore farebbe venir meno ogni figura di soggetto obbligato in base alla concessione.
Mentre il diritto al sepolcro in senso stretto (cioè diritto di natura patrimoniale sul corpus compositum di cui il sepolcro consta) con connessi oneri manutentivi, alla morte del concessionario, si trasferisce agli aventi diritto, non altrettanto accade per la concessione cimiteriale, cosicché si potrebbe determinare “una situazione per la quale il concessionario sia deceduto e non vi sia altro concessionario, mentre la proprietà” superficiaria dei manufatti si trasferisca agli aventi causa “i quali vengono ad avere l’onere della manutenzione, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno acquisito diritti sulla concessione cimiteriale, primo dei quali lo jus sepeliendi”., ossia lo jus sepulchri attivo e passivo.
Si è, quindi, condivisibilmente rimarcata la centralità delle previsioni contenute nel regolamento comunale di polizia mortuaria, atteso che si potrebbero ipotizzare due schemi, tra loro alternativi, dalla cui scelta discendono conseguenze assai diverse:
1. «la limitazione del subentro per il solo diritto di jus sepulchri, ferma restando la posizione del concessionario (leggi, fondatore del sepolcro) nella persona originariamente individuata, cosicché l’individuazione delle persone destinate alla sepoltura nel sepolcro privato ex Art. 93 DPR n. 285/1990 è sempre valutata sulla base delle relazioni di parentela intercorrenti con il concessionario (fondatore del sepolcro) originario»;
2. ricorso al subentro nella posizione del concessionario, apparendo questa l’opzione da preferire poiché permette di ricondurre a unità il complesso di posizioni giuridiche che già facevano capo al concessionario originario, anche se finirebbe col dilatare a dismisura la platea degli aventi titolo di accoglimento nel sepolcro, i quali, in ogni caso, potranno esercitare questo loro diritto (o…legittima aspettativa) in base alla cronologia degli eventi luttuosi e sino al raggiungimento della massima capacità ricettiva del sepolcro stesso, stante il combinato disposto tra gli Artt. 87 e 93 comma 1 DPR n. 285/1990.
Sarebbe pertanto opportuno che i regolamenti comunali così come i singoli atti di concessione prevedessero che, alla morte del fondatore, subentrino nella posizione di concessionario dello spazio cimiteriale uno o più dei titolari dello jus sepulchri in senso stretto, su domanda degli stessi; decorso inutilmente un dato termine, ad es. di un mese, la P.A. concedente dovrebbe provvedere d’ufficio.
In giurisprudenza, si osserva che lo Jus Sepulchri origina dalla concessione amministrativa e attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella (Cons. St., n. 1330/2010).
In senso lato lo Jus Sepulchri sorge anche in forza di una concessione amministrativa avente come oggetto non già la mera area cimiteriale su cui erigere o, comunque, impiantare un sepolcro (a sistema di inumazione o tumulazione), ma il solo diritto d’uso su edificio sepolcrale o porzione dello stesso costruito dal comune, si veda a tal proposito, sotto il profilo tariffario da applicarsi estensivamente l’Art. 4 D.M. 1 luglio 2002 adottato conformemente all’Art. 5 comma 2 Legge 30 marzo 2001 n. 130.
La concessione di area per la costruzione di un sepolcro a sistema di tumulazione individuale instaura tra comune e concessionario un rapporto avente ad oggetto il diritto di uso dell’area, allo scopo di costruire il manufatto finalizzato, a sua volta, all’uso di sepoltura (artt. 90 e ss., D.P.R. n. 285/1990). Dalla concessione amministrativa derivano, infatti, diritti aventi significato oggettivo, specificamente il diritto di uso dell’area, il diritto cioè di erigere sulla superficie concessa manufatti sepolcrali e diritti di natura personale, specificamente lo ius sepulchri, ossia il diritto ad essere tumulato (o tumulare altri) nel sepolcro.
Il subentro nella concessione cimiteriale può essere circoscritto al solo diritto di ius sepulchri, ferma restando la posizione del concessionario (fondatore del sepolcro) nella persona originariamente individuata, ovvero può consistere nel subentro nello ius sepulchri ed anche nella qualità di concessionario, ampliando, di conseguenza, il novero delle persone titolari dello jus sepulchri.
Nell’operare l’una o l’altra scelta, risulta fondamentale il ruolo del regolamento comunale, anche per consentire un ottimale impiego di tutto il patrimonio cimiteriale già costruito
Autorevoli commentatori parlano di sistema ‘a concessionario “fisso” e di sistema “a concessionario mobile” o “scorrevole”.
La disciplina della concessione cimiteriale è attualmente contenuta nel D.P.R. n. 285/1990, il cui art. 90 dispone che ‘il comune può concedere a privati e ad enti l’uso di aree per la costruzione di sepolture a sistema di tumulazione individuale, per famiglie e collettività.
La concessione di area per la costruzione di un sepolcro a sistema di tumulazione individuale instaura tra comune e concessionario un rapporto avente ad oggetto il diritto di uso dell’area, allo scopo di costruire il manufatto finalizzato, a sua volta, all’uso di sepoltura (art. 93, D.P.R. n. 285/1990).
Dalla concessione amministrativa, osserva la dottrina derivano diritti aventi significato oggettivo, specificamente il diritto di uso dell’area, il diritto cioè di erigere sulla superficie concessa manufatti sepolcrali, di installare monumenti, lapidi e altri elementi decorativi, e diritti di natura personale, specificamente lo ius sepulchri, ossia il diritto ad essere tumulato (o tumulare altri) nel sepolcro.
Ciò premesso, venendo al quesito posto dal Comune concernente il subentro nella concessione cimiteriale, alla morte del concessionario e, specificamente, la necessità o meno di una nuova intestazione della concessione in capo all’erede, il ragionamento muove dalla gestione dell’istituto del subentro, rispetto alla quale in dottrina[5] si prospettano due soluzioni: la prima consistente nella limitazione del subentro per il solo diritto di ius sepulchri, ferma restando la posizione del concessionario (fondatore del sepolcro) nella persona originariamente individuata; la seconda consistente nel subentro nello ius sepulchri ed anche nella qualità di concessionario.
Nella prima ipotesi, il concessionario rimane il fondatore del sepolcro e sulla base delle relazioni intercorrenti con questo, anche se deceduto, vanno individuate le persone destinate alla sepoltura (titolari dello ius sepulchri), alle quali si trasferiscono gli oneri manutentivi/conservativi del sepolcro. Nella seconda ipotesi, invece, tali oneri si trasferiscono dal concessionario (fondatore del sepolcro) ai concessionari subentranti in occasione dei decessi dei concessionari ascendenti.
Per la scelta dell’una o dell’altra soluzione, la dottrina sottolinea il ruolo centrale e dirimente del regolamento comunale di polizia mortuaria, il cui silenzio dovrebbe far propendere per la il “meccanismo” successorio del fondatore originario quale unico concessionario, figura alla quale, anche nel post mortem si farà riferimento per stabilire la cosidetta “riserva” ex Art. 93 comma 1 DPR n. 285/1990, sempre che, questa, non sia già rigidamente definita e perfezionata nell’atto di concessione.
Nel caso di specie, l’espressa previsione (riferita dall’Ente), nei singoli contratti di concessione stipulati dal Comune, del passaggio del ‘diritto d’uso’ dal concessionario, al momento della sua morte, all’erede sembra far ritenere che l’Ente Locale abbia optato per la prima strada, e cioè per il subentro degli eredi nel solo diritto di uso, ferma restando la posizione del concessionario originario (fondatore del sepolcro). Sulla base di una regolamentazione comunale in tal senso, non sembrerebbe doversi procedere da parte dell’Ente alla voltura/nuova intestazione della concessione.
Gentile redazione vorrei sapere come fare per ristrutturare una cappella di proprietà mio padre e altri sette fratelli, mio padre e deceduto con mia madre anche lei deceduta e altri quattro fratelli con le mogli anche loro decedute due tombe sono state ristrutturate, la terza tomba ne i tre fratelli e ne gli eredi vogliono mettere la parte per ristrutturarla,mi hanno consigliato di rivolgermi al Comune facendo rinunciare a questi e subentrando io che lo voglio ristrutturare, potrei avere un suggerimento o meglio qualche legge che me lo permette grazie anticipatamente.
X Mario,
Qualunque concessionario può richiedere lavori in base alle proprie quote di titolarità, perché in caso di co-titolarità, con tutti gli aventi diritto posti su un livello di pari ordinazione, avremmo questa condizione: “in virtù della comunione instaurata in capo ai singoli si ha, di regola, solo il potere di concorrere insieme agli altri titolari del sepolcro, alla formazione di delibere collettive, prese a maggioranza.
Più in particolare, ai comunisti si riconosce il potere di: formare un regolamento per l’uso e la gestione del sepolcro, compiere atti per l’amministrazione ordinaria, nominare un amministratore attraverso una deliberazione a maggioranza semplice, mentre per le innovazioni e, in genere, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria la maggioranza qualificata dei due terzi dei partecipanti alla comunione (art. 1108 Cod. Civile).
Nella particolare forma di comunione sorta dalla destinazione di un fondo a sepolcro familiare, così, la deliberazione assembleare, avente ad oggetto lavori di ristrutturazione -si veda: G. Musolino in “Diritto di sepolcro: l’usus sepulchri tra autonomia negoziale e istituzione famigliare”-, della cappella cimiteriale, che comportino la traslazione delle salme (e, quindi, possibile pregiudizio al rispetto dovuto alle spoglie), non può essere presa senza il consenso dei congiunti più strettamente legati da vincoli di parentela al defunto e titolari del diritto secondario di sepolcro [….omissis…]”.
Altro filone del dibattito accademico, al contrario, vedrebbe come indispensabile l’unanimità di tutti i co-concessionari, qualora si fosse addivenuti ad un frazionamento in eguali quote dello jus sepulchri.
Buongiorno Annunziata la ringrazio della risposta, ma forse non mi sono spiegato abbastanza. Nel 2005 abbiamo restaurato due cappelle delle tre esistenti che a costruito mio Nonno, e io essendo l’impresa che li a restaurati, i 5 fratelli rimasti in vita mi hanno chiesto di chiamare la sorella mia zia allora in vita e che viveva nel settentrione, e di farle presente che stavamo per restaurare le cappelle e che mi doveva mandare la parte dei soldi che gli spettava per i suoi due posti. Pertanto fu via telefono e con la figlia presente che mi avvisò che lei non si sarebbe seppellita negli oculi giù nel meridione, e che i due posti me li donava a me e che quella parte dei soldi spettanti a lei gli avrei messi io, come o fatto e come i suoi fratelli sapevano e sanno, all’infuori di uno che tutto da un tratto non vuole più che i due posti vadano a me nipote. Non sapevo ne io ne mia zia che per donarmi i suoi posti serviva citarmi nel testamento perchè se sapevamo questo, lei di certo l’avrebbe fatto presente sul testamento. Pertanto chiedo se mi potesse indicare una strada per poter avere i due posti che o pure pagato, e che i quattro figli di mia zia sono disposti a fare di tutto per farmeli avere, anche perchè gli o pagati. Altrimenti abbandonerò tutto perchè sono uno che non vuol litigare e tanto meno con i parenti. La ringrazio anticipatamente.
x Annunziata
in vita non c’è alcuna strada legittima.
Mio Nonno a edificato tre cappelle nel cimitero del nostro paese a prescindere che aveva otto figli in vita quando lo a edificato sette figli lo hanno occupato mentre una figlia che è mia zia sorella di mio Padre a deciso di dare i suoi posti a me che sono il nipote da premettere che lei a quattro figli che vivono lontani dal nostro paese per questo gli a donati a me nipote di sangue.
Vorrei aggiungere che i figli di mia zia sono disposti a donarmi i due posti della madre è solo uno zio che secondo lui non è regolare.
x Annunziata.
non riteniamo possibile la donazione di loculi.
E’ possibile invece citare nel testamento la suddivisione ereditaria. Se il testamento nulal cita per le cappelle, queste vanno in comproprietà a tutti gli eredi.
Circa l’uso dei posti nelle cappelle si seguono altre regole.
E’ sempre possibile che chi ha diritto di seppellire un defunto in un sepolcro decida diversamente e cioé essere sepolto da altra parte. La decisione è in vita del defunto o dei suoi aventi titolo (non in contrasto col volere del defunto).
Questo vuol dire che se per rapporti familiari un ramo della famiglia decide di concentrare le sepolture in una delle tre cappelle e gli altri rami negli altri due rami, questa è una scelta possibile. Ma amministrativamente ogni defunto ha diritto di essere sepolto in un posto loculo in una qualunque delle tre cappelle. Fino a completa capienza dei posti. Ciò che conta è il diritto di sepoltura in un certo luogo, la data di morte (chi muore prima ha diritto di ingresso prima di chi muore dopo) e il volere del defunto (in questa o quella cappella, o in altro luogo consentito) e, in subordine dei suoi aventi titolo.
URGENTE
Vorrei sapere un informazione mio Zio fratello di mio Padre che non anno figli a fatto costruire una cappella Gentilizia ,nel contratto è scritto che possono entrare gli eredi fino al 3° generazione
Ma mia Zia morta dopo lo zio( a fatto testamento con scritto ) nomino ed istituisco erede universale in tutti i miei beni mobili ed immobili che l’ascerò di possedere al tempo della mia morte. Alla Signora di cui lei aveva le chiavi di tale cappella, rifiutando di darmi le chiavi ,è che non posso mettere un fiore dentro a Mio zio mia zia mia nonna madre di mio padre
Cosa posso fare per entrare in possesso di tale cappella
Grazie
Sperando di ricevere una risposta con urgenza
X Antonino,
la Sua posizione è tutelata da c.d. DIRITTO SECONTARIO DI SEPOLCRO.
Il diritto secondario di sepolcro consta nel potere di visitare liberamente l’edificio funerario in cui sia inumata o tumulata la salma di un proprio congiunto o di un proprio dante causa nell’ipotesi di sepolcro ereditario, allo scopo di manifestare il proprio cordoglio e compiere atti di culto e di pietas verso quella particolare spoglia mortale.
Si tratta, quindi, secondo il diritto romano di una servitù sui generis (iter ad sepulchrum), mentre per i giuristi contemporanei, di un diritto personalissimo di godimento, assoluto ed intrasmissibile: esso spetta ai familiari dei deceduti, il cui esercizio si manifesta nella duplice forma dell’accesso al luogo di sepoltura, per compiervi atti di culto e di pietà e nel potere di opporsi ad ogni azione che rechi comunque pregiudizio al rispetto dovuto al defunto.
Buongiorno,
ho un problema legato all’intestazione della concessione cimiteriale che all’epoca (1972) alla morte di mio nonno, fù intestata ad una persona che non ha nessun legame di parentela con la mia famiglia ed ora, volendo ricongiungere nel loculo la salma di mia nonna ( quindi la moglie del deceduto tuttora presente nel loculo), l’amm.ne cimiteriale mi chiede la documentazione firmata dall’intestatario e non da me, diretta discendente della salma. All’epoca mi dissero che era possibile una rettifica dell’intestatario della concessione.
Ora, volendo provvedere a tale rettifica, mi hanno spiegato che in base ad una loro Deliberazione di Giunta Comunale n.3911/1994, questo non è possibile in quanto viene previsto che l’autorizzazione a rettificare l’intestatario della concessione, sia concessa ai parenti del defunto, limitatamente al coniuge, genitore, figlio e fratelli, tale opportunità non è quindi prevista per i nipoti.
A questo punto, non essendo più in vita nessuno degli aventi diritto, pur tuttora in vita l’intestatario della concessione e disponibile a voler trovare una soluzione, mi chiedo in effetti quale potrebbe essere una soluzione in considerazione anche che essendo una cocessione NON PATRIMONIALE (quindi esclusa la compravendita) e trasmettibile solo in via ereditaria, ho paura di non poter mai ritornare ad unificare le due cose, ..possibile che per un banale errore fatto all’epoca non sono più in grado di poter gestire il loculo dove giace la salma di mio nonno !?
Lei ha gestito mai un caso simile?..ha qualche soluzione da suggerire ?
La ringrazio anticipatamente per l’attenzione ed il riscontro.
Cordiali saluti.
X Rossana,
mero errore materiale (rectius: una irregolarità involontaria) da correggere con le modalità previste dall’ordinamento, senza alcun pregiudizio per gli interventi di estumulazione già programmati, fatte salve le comunicazioni e gli accordi con gli eredi interessati.
Non è superfluo rammentare, a proposito della rettifica dell’atto amministrativo, che l’errore materiale nella redazione di un provvedimento amministrativo si concretizza quando il pensiero del decisore sia stato tradito ed alterato al momento della sua traduzione in forma scritta, a causa di un fattore deviante che abbia operato esclusivamente nella fase della sua esternazione. La rettifica, concernendo un errore materiale: • non richiede una motivazione rigorosa (come invece risulta necessario nel caso dell’annullamento d’ufficio, con conseguente sottoposizione alle condizioni prescritte dall’art. 21-nonies, comma 1, della legge generale sul procedimento amministrativo – Legge n.241/1990 e ss.mm.ii.). • non richiede neppure di valutare comparativamente l’interesse pubblico e l’interesse privato coinvolti, essendo finalizzata a rendere il contenuto del provvedimento conforme alla reale volontà di chi lo ha adottato. Per un migliore approfondimento del lettore, si consiglia la lettura della recente massima del Supremo Giudice Amministrativo (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – SENTENZA 5 marzo 2014, n.103).
Nel caso di specie è ragionevole ritenere che non si debba procedere ad annullamento per due importanti ragioni: per il principio di conservazione degli atti amministrativi ed anche per evitare un inutile dispendio di spese di contratto che in questo caso andrebbero a gravare sull’ente locale/concedente. In pratica si dovrà procedere con apposite determinazioni dirigenziali (anche una determina unica, che contenga però l’elencazione di tutti gli atti concessori censiti e soggetti a rettifica). Copia del provvedimento amministrativo dirigenziale andrà notificato a ciascuno degli interessati.
X Rossana,
Se di mero errore materiale si tratta (rectius: una irregolarità involontaria) si può tentare una correzione, con le modalità previste dall’ordinamento, senza alcun pregiudizio per tipologia e durata della concessione, fatte salve le comunicazioni e gli accordi con i soggetti interessati.
Non è superfluo rammentare, a proposito della rettifica dell’atto amministrativo, che l’errore materiale nella redazione di un provvedimento amministrativo si concretizza quando il pensiero del decisore sia stato tradito ed alterato al momento della sua traduzione in forma scritta, a causa di un fattore deviante che abbia operato esclusivamente nella fase della sua esternazione. La rettifica, concernendo un errore materiale: • non richiede una motivazione rigorosa (come invece risulta necessario nel caso dell’annullamento d’ufficio, con conseguente sottoposizione alle condizioni prescritte dall’art. 21-nonies, comma 1, della legge generale sul procedimento amministrativo – Legge n.241/1990 e ss.mm.ii.). • non richiede neppure di valutare comparativamente l’interesse pubblico e l’interesse privato coinvolti, essendo finalizzata a rendere il contenuto del provvedimento conforme alla reale volontà di chi lo ha adottato. Per un migliore approfondimento del lettore, si consiglia la lettura della recente massima del Supremo Giudice Amministrativo (CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI – SENTENZA 5 marzo 2014, n.103).
Nel caso di specie è ragionevole ritenere che non si debba procedere ad annullamento per due importanti ragioni: per il principio di conservazione degli atti amministrativi ed anche per evitare un inutile dispendio di spese di contratto che in questo caso andrebbero a gravare sull’ente locale/concedente. In pratica si dovrà procedere con apposite determinazioni dirigenziali (anche una determina unica, che contenga però l’elencazione di tutti gli atti concessori censiti e soggetti a rettifica). Copia del provvedimento amministrativo dirigenziale andrà notificato a ciascuno degli interessati.
Buonasera la ringrazio anticipatamente per la sua risposta.
Premettendo che uno zio di mia madre titolare di un sepolcro di famiglia e a sua volta senza figli ha nominato erede universale un suo nipote nonche’ cugino di mia madre. In codesto sepolcro sono sepolti gli zii di mia madre mia nonna nonche’ sorella del titolare originario e mio fratello quale pronipote del concessionario .Il mese scorso e’ venuta a mancare mia madre ossia cugina dell’erede in questione nonche’madre di mio fratello ivi sepolto e figlia di mia nonna ivi sepolta. Io ho chiesto che venisse seppellita nel sepolcro di famiglia e mio cugino non me lo permetteva poiche’diceva di essere lui il nuovo titolare poiche’nominato erede universale da mio zio fratello di mia nonna.
Io le chiedo se e’possibile che mi sia stato vietato questo diritto di sepoltura e se tale erede universale ha ormai il pieno titolo di proprieta’ e diritto di sepoltura esclusivo e possa impedire agli altri discendenti di esservi sepolti .
Premetto inoltre che mio cugino ha anche cambiato intestazione del sepolcro e spostato da altro loculo la salma di sua suocera a insaputa di tutti noi parenti.
Grazie e in attesa di un suo riscontro le porgo i miei piu cordiali saluti
Teresa Lofaro
Buonasera sono la signora Teresa Lofaro , le scrivo perché tutt’oggi non ho ancora ricevuto alcuna risposta da parte vostra alla mia mail del 1 marzo . Se non sono stata abbastanza chiara nell’esporvi il mio problema vi chiedo cortesemente di farmelo presente . Grazie ancora e spero in un vostro riscontro
Gentilissima Teresa,
provi, per favore, ad esplicitare meglio il Suo quesito, anche alla luce di queste brevi considerazioni di diritto funerario:
nei sepolcri privati l’eredità non riguarda il diritto d’uso (jus sepulchri primario) ma solo gli aspetti patrimoniali, ossia l’assunzione delle obbligazioni manutentive, poiché il diritto di sepolcro, quando il sacello sorga come gentilizio si acquisisce jure coniugii (per vincolo coniugale) ed in subordine jure sanguinis (per rapporto di parentela).
Chi, eventualmente subentri nella nuda proprietà dell’edificio sepolcrale, se non jure sangiunis o jure coniugii, per il principio della stabilità delle sepolture, non può manomettere l’assetto del sepolcro, spostando, a sua discrezione o piacere, i defunti GIA’ ivi tumulati. Vige, infatti, in principio della stabilità delle sepolture già avvenute.
A tal proposito la definizione di famiglia, ossia del novero, della rosa, di tutte le persone portatrici, in vita, dello jus sepulchri, è solennemente fissata nell’atto concessorio, o nel suo silenzio, dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
Le consiglio, pertanto e preliminarmente, di consultare queste due fonti.
Rimango in attesa di Sue ulteriori richieste, scusandomi, anticipatamente per il colpevole ritardo.
Buongiorno le scrivo ancora premettendo che in questo periodo particolarmente delicato non mi è possibile consultare le altre fonti .
Cercherò brevemente di chiarire il mio quesito .
Il sepolcro di cui le parlavo era inizialmente intestato a mio bisnonno e alla sua morte è passato a un figlio che era sposato e senza figli e ha nominato suo erede universale un cugino di mia mamma . In tale cappella gentilizia sono sepolti tra l’altro mia nonna e mio fratello .
Tale mio cugino ha pochi mesi fa cambiato intestazione del sepolcro è trasferito la salma di sua suocera da altra località senza avvertire gli altri discendenti poiché lui ritiene ormai di avere la piena proprietà della cappella poiché erede universale.
Inoltre lo scorso 6 febbraio è deceduta la mia mamma e io volevo che venisse sepolta in questa cappella dove si trova anche la mamma e il figlio cioè mio fratello morto nel 1997 ma mi è stato impedito da mio cugino . Il mio quesito e’ di sapere se lui ha il diritto esclusivo in quanto erede universale e il potere di escludere la sepoltura degli altri discendenti del de cuius e se il cambio di intestazione e l’estumulazione di un altra salma per spostarci la suocera sia un suo diritto esclusivo .
La ringrazio per la sua attenzione e le porgo i miei più cordiali saluti
X Teresa,
il comportamento di Suo cugino è illegittimo, e non so perché sia stato suffragato dal locale ufficio della polizia mortuaria
lo jus sepulchri, in una tomba famigliare non si eredita, essendo diritto di natura personalissima e non patrimoniale, si trasmette solo per vincolo coniugale o per rapporto di parentela.
Suo cugino può, semmai, aver ereditato la nuda proprietà del manufatto sepolcrale, la quale potrebbe implicare sì le obbligazioni manutentive, ma non il diritto d’uso sul sacello gentilizio. Lascio, volutamente, in sospeso ogni altro giudizio di merito, nella sincera speranza di esser il più obiettivo possibile.
Stesso dicasi per la movimentazione delle salme ivi sepolte: gli atti di disposizione sulle spoglie mortali seguono unicamente la regola dello jure coniugii ed in subordine dello jure sanguinis. La mera eredità sul bene materiale non conferisce questo potere.
La ringrazio infinitamente per la sua chiarezza e per averemi delucidato su alcuni particolari che io sospettavo fossero illegittimi . Appena mi sarà possibile agiro’ di conseguenza ed eventualmente per vie legali ove se ne renderà necessario.
Volevo chiederle se sia il caso che io chieda la consulenza di un notaio per il caso in questione o un legale specializzato in diritto di sepolcro
Ancora grazie
X Teresa,
i sepolcri privati all’interno dei cimiteri sono attratti nella sfera del demanio specifico e necessario del Comune (art. 824 comma 2 Cod. Civile) pertanto escluderei una qualche competenza del notaio.
Per ripristinare lo stus quo ante del sepolcro, poichè lo jus sepulchri concreta anche possesso si possono esperire le azioni civilistiche negatoria e di manutenzione. Consulti, pertanto, un buon avvocato.
Buongiorno, la tomba familiare è stata fatta costruire da mia nonna, ormai deceduta da diversi anni. Dei due figli, ad oggi, è rimasto in vita solo mio padre. I miei cugini hanno fatto la rinuncia all’eredità di mio zio. Vorrei sapere se la tomba rientra nell’eredità ed eventualmente se ne ha diritto solamente la famiglia di mio padre.
Grazie
Stefania
X Stefania,
qualora il sepolcro fosse sorto con natura ereditaria (ipotesi rarefatta e residuale) la trasmissione degli jura sepulchri avverrebbe secondo le consuete regole civilistiche che regolano il trapasso del patrimonio del de cuius ai suoi aventi causa.
Se il sepolcro, invece, nasce, nel suo momento genetico, come gentilizio o famigliare il subentro, unicamente mortis causa, seguirebbe la legge dello jure coniugii (vincolo coniugale) o dello Jure sanguinis (rapporto di stretta parentela).
L’istituto del subentro è disciplinato unicamente dal regolamento municipale di polizia mortuaria.
Salve, volevo cortesemente una risposta a questo mio quesito: Abbiamo una tomba familiare con concessione comunale a 99 anni, il concessionario era mio zio( fratello di mamma). In questa tomba ci sono tumulati i suoi genitori, un fratello e mia madre della quale non è stata fatta ancora l’esumazione. 10 anni fa è venuto a mancare il concessionario della tomba e siccome non c’era posto perché occupato dalla bara di mia madre, è stato seppellito in una tomba provvisoria a 10 anni. al concessionario è subentrato il figlio. Ora questo mio cugino ci obbliga ad esumare mia madre e portare via il cassettino da quella tomba dicendo che non abbiamo nessun diritto. Vorrei sapere perché mia madre non avrebbe diritto visto che è la sorella del primo concessionario nonché zia dell’attuale concessionario? Che succede se ci rifiutiamo di fare l’esumazione di mia madre e la lasciamo li? Tanto lo spazio per il cassettino con i resti dello zio c’è. Grazie anticipatamente
X Vittoria,
il c.d. subentro non si sostanzia mai nel potere dispotico di “sfrattare” brutalmente i defunti legittimamente tumulati in un sepolcro privato e gentilizio, vige, infatti, il principio implicito e, quindi, fondativo, della stabilità delle sepolture: si vedano gli artt. 86 comma 1 e 88 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, in merito vi è pure giurisprudenza costante sul potere di movimentazione di cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri che abbiano già ricevuto definitiva destinazione in una tomba.
L’istituto del subentro, se non pleno jure, per giunta, potrebbe riguardare solo l’avvicendamento nella nuda proprietà dell’edificio sepolcrale per quanto riguarda le sole obbligazioni manutentive.
AD ogni modo chi subentra nella titolarità di una concessione divenendo titolare di tutto lo jus sepulchri subentra limitatamente allo spazio sepolcrale ancora disponibile: giunti alla saturazione di quest’ultimo lo jus sepulchri spira ex se, divenendo non più esercitabile…insomma se materialmente non c’è più posto chi prima muore (principio della premorienza tra tutti gli aventi diritto posti su un livello di pari ordinazione) meglio alloggia.
NOn si entra di proposito nei rapporti endo-famigliari, magari poco idilliaci con il cugino, il quale se nutre velleità dominicali sul sepolcro dovrebbe meglio informarsi presso il locale ufficio di polizia mortuaria.
Salve, in merito al mio quesito datato 29/10/2019 è arrivata oggi una lettera raccomandata dai Servizi Cimiteriali del mio comune Salerno, la quale cita: vista l’istanza del volturante della concessione con la quale si chiede l’esumazione della defunta in oggetto, visto che è trascorso il periodo per l’esumazione, considerato che è nella facoltà del richiedente richiedere la disponibilità della sepoltura. Visto l’art. 48 del regolamento di Polizia mortuaria vigente
si invita la S.V. a provvedere entro 15 giorni dalla notifica della presente, all’esumazione della salma. Decorso il tempo indicato, l’esumazione sarà effettuata d’ufficio. mi può cortesemente dire come risolvere questa situazione? Resto in attesa e ringrazio anticipatamente
X Vittoria,
l’art. incriminato e “galeotto” è il 52 del vigente regolamento municipale del Comune di SALERNO il quale per le c.d. benemerenze prevede un termine di tumulazione, qualificandole, appunto, come “tumulazioni temporanee”. Il regolamento comunale vale quale normativa speciale all’interno del sistema cimiteriale del Comune ed una norma è tale (= tassativa, categorica e cogente) sin quando non venga cassata per illegittimità dal competente giudice.
Non vedo -onestamente – molte speranze – se non suscitare un giudizio avanti il T.A.R. impugnando il prefato art. 52.
Tra l’altro la normativa quadro statale (art. 93 comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) con le sue scarne disposizioni rinvia alla fonte regolamentare locale la piena attuazione dell’istituto delle benemerenze, altrimenti non direttamente applicabili.
A quanto pare (ma potrei anche sbagliarmi) il vigente regolamento comunale di SALERNO non è stato nemmeno sottoposto ad omologazione ministeriale a mio avviso ancora necessaria ex art. 345 R.D. 27 luglio 1934 n. 1265. Essa secondo alcuni giuristi sarebbe solo una procedura integrativa di efficacia, secondo altri, invece, costituirebbe un primo vaglio di merito per evidenziare eventuali norme viziate che si pongano in contrasto con quelle di grado superiore, nella rigida gerarchia tra le fonti del diritto del Nostro Ordinamento Giuridico.
occupazione sine titulo di diversi sepolcri posizionati all’interno di una cappella cimiteriale da parte di persone vicine alla famiglia ma non legate da vincoli di sangue con il diretto discendente del titolare della concessione (mio nonno). Spiego meglio. Sono da anni residente all’estero e mio nonno era titolare per aver acquistato negli anni 50 una concessione cimiteriale da altro privato (so che in quegli anni si poteva fare). Mio nonno con notevoli sacrifici acquistò questa concessione da un privato e lì costruì un’imponente cappella che ancora oggi porta il suo nome sulla facciata. Successivamente mio nonno e mia nonna alla loro morte vennero collocati all’interno di questa cappella. Negli anni 90 anche mio padre fu collocato in questa cappella unitamente a mia madre. Quindi su 10 posti 4 erano occupati dai miei nonni e dai miei due genitori. Io credevo che per iur hereditatis di essere sempre titolare del diritto di essere sepolto unitamente a mia moglie in questa cappella cimiteriale, tuttavia dopo essere rientrato dall’estero con stupore ho notato che tutti i loculi erano stati occupati da feretri non riconducibili alla mia famiglia ma da parenti molto lontani: cugini dei miei nonni che mai avevo autorizzato a farli seppellire li. Io non visitavo la cappella da diversi anni perchè residente all’estero, oggi l’amara sorpresa. Ho chiesto spiegazioni in comune all’ufficio di polizia mortuaria ma nessuno ha saputo darmi una risposta. Ho inoltrato una richiesta di accesso agli atti ma anche li nessuna risposta.
Ho intenzione di presentare esposto denuncia contro ignoti. Volevo sapere cosa potrei fare anche perché i miei nonni e miei genitori sono stati spostati nei loculi degli ossari senza mai essere stato prima avvisato, nè mai prima qualcuno mi ha mai chiamato per chiedermi l’autorizzazione per seppellire persone che nulla hanno a che fare con la mia famiglia. Grazie.
X Salvo,
1) per l’occupazione indebita dei loculi in oggetto si veda la fattispecie di TURBATIVA DI SEPOLCRO, da far valere in un eventuale contenzioso legale, con tutta l’alea che un giudizio pur sempre comporta. Tra l’altro ogni singola tumulazione dovrebbe esser preceduta da apposita istruttoria volta ad appurare la sussistenza dello jus sepulchri proprio per quel particolare defunto…ma non sempre ciò avviene correttamente
2) per l’estumulazione senza il consenso dei parenti più stretti dei suoi nonni si consideri, in assenza, cioè del formarsi di una precisa volontà degli aventi diritto a disporre sulle spoglie mortali, attorno all’operazione cimiteriale volta alla riduzione in cassetta ossario dei resti ossei, invece, si consideri l’ipotesi di VIOLAZIONE DI SEPOLCRO. La probabile autorizzazione all’estumulazione “estorta” surrettiziamente da soggetti non legittimati può esser certamente impugnata avanti le sedi giurisdizionali competenti, anche se ormai l’atto è irreversibile e le cassette contenenti i resti ossei sono state, comunque, ri-tumulate nell’originario sepolcro.
Tutti gli atti e le azioni riguardo ad un sepolcro privato e, si presume, gentilizio, debbono esser preventivamente autorizzate dal competente ufficio della polizia mortuaria sulla base di un titolo di legittimazione a procedere, in effetti, si tratta pur sempre di diritti non patrimoniali e della personalità, o, sin anche personalissimi.
Quanto al punto 1) prima di intraprendere qualsiasi rimedio giurisdizionale converrebbe consultare attentamente l’atto di concessione: in esso, difatti, è scolpita la lex sepulchri ossia la riserva, la rosa delle persone destinatarie dello jus sepulchri e beneficiarie dello stesso nel loro post mortem. Alla lex sepulchri, sancita al momento solenne della stipula dell’atto di concessione non si può derogare, è, pertanto, inammissibile che soggetti estranei al nucleo famigliare del fondatore del sepolcro possano rinvenire accoglimento nella stessa tomba.
Si ponderi, poi, sugli effetti, ad una prima analisi, distorcenti, dell’istituto del subentro: se alla morte di suo nonno qualcun altro, seppur jure coniugii o jure sanguinis, si è avvicendato mortis causa nella titolarità della concessione, divenendo, a propria volta, concessionario pleno jure ossia con il diritto di dare o ricever sepoltura in quel determinato sacello famigliare, naturalmente per i posti feretro ancora disponibili, potrebbe essersi verificata una abnorme dilatazione del novero delle persone originariamente portatrici dello jus sepulchri primario, che, è bene, ricordare, essendo, da vivi, una legittima aspettativa, si esercita sino alla saturazione dello spazio sepolcrale, oltre la quale, se materialmente non c’è più posto per immettere nuovi feretri, si estingue, spirando ex se.
In merito al silenzio inadempiente del Comune, nonostante tutte le misure adottate in questi anni sulla trasparenza amministrativa, si consiglia di appellarsi in primis al difensore civico, se istituito presso la Sua municipalità.
Come extrema ratio, potrà sempre sporgere denuncia, ma non prima di aver analizzato gli atti nell’archivio comunale, spesso, infatti, i Comuni più virtuosi, in merito alle sepolture più “problematiche” vuoi perchè molto risalenti nel tempo, vuoi in forza di ripetuti subentri o cambi di titolarità (rinunce, accrescimenti dovuti allo spacchettamento dello jus sepulchri in quote o frazioni…), mantengono un fascicolo che dovrebbe sempre esser abbastanza aggiornato.
Rimango sempre a disposizione per ulteriori delucidazioni o chiarimenti.
MI raccomando, mi tenga – se vuole, edotto su eventuali sviluppi.
Egregio, grazie per la celere risposta. Tuttavia, vorrei precisare la situazione e rispondere ai quesiti posti per avere maggiori chiarimenti, ove possibile.
Intanto faccio presente che presso il mio comune non è presente né un difensore civico, né un registro comunale relativo alle sepolture più problematiche. Può capire così che non stiamo parlando di un comune “virtuoso”, anzi.
Per quanto riguarda più da vicino il merito della vicenda, vorrei precisare che l’atto di concessione in mio possesso in originale risale al 1940 e parla di concessione di suolo comunale dato cioè dal comune ad un soggetto privato. Quest’ultimo all’epoca era un costruttore di tombe gentilizie, indi, non specifica in nessun punto i nominativi, o meglio la rosa dei nominativi che avrebbero dovuto avere diritto ad essere li sepolti.
In tale atto, semplicemente il Comune (per l’allora prefetto rapp.te dell’ente) concedeva in concessione ad un terzo, appunto questo costruttore, il diritto a costruire su quel suolo comunale una cappella gentilizia. A quanto ho capito all’epoca era un vero e proprio business.
Ebbene, nel 1953 mio nonno, con separato atto pubblico, pagò per l’acquisto di questa cappella da parte di quel soggetto costruttore e ne divenne unico titolare. Quindi siamo in presenza di due atti: uno fatto dal costruttore con il comune contenente questa concessione ed un altro fatto tra il costruttore e mio nonno. Ho questi atti entrambi in originale.
Infatti, in tale ultimo atto pubblico del 1953 citato, l’originario concessionario cedeva a mio nonno la proprietà con tutti i diritti (testuali parole riportate in atto).
Preciso, inoltre, che gli attuali occupanti i loculi, ben 12, sono tutti occupati da parenti larghissimi di mio nonno… un esempio: cugini lontani con rispettivi mogli, ecc… la mia paura è quella che qualcun altro abbia potuto firmare documenti falsi per accaparrarsi i loculi liberi senza il mio consenso commettendo svariati reati, sapendo che io abitavo lontano dal posto di residenza ove è ubicato il cimitero.
In mia assenza quasi certamente hanno occupato i posti e spostato negli ossari le salme dei nonni e dei miei genitori.
Volevo infine sapere quali sono eventualmente gli articoli del codice penale che sanzionano i reati di turbativa di sepolcro e violazione di sepolcro. Io ho trovato soltanto l’art. 407 c.p. e volevo conferma.
Per quanto riguarda invece l’eventuale istruttoria volta ad appurare la sussistenza dello jus sepolcrhri come dovrei procedere? basterebbe andare all’ufficio servizi cimiteriali del mio comune? il problema che ho già depositato un accesso agli atti senza successo e l’addetto mi sembrato impreparato giustificandosi che di recente v’era stato un cambio di personale e quindi nulla sapeva di questa pratica. Infine, preciso che ad oggi non sono a conoscenza (come avrà intuito) se in relazione al subentro, qualcun altro si è avvicendato – anche se – a dire il vero – mi sembra alquanto improbabile. Stiamo parlando di mio nonno che aveva dei fratelli e sorelle – ma aveva un unico figlio, mio padre. A suo volta mio padre aveva solo due figli, me e mia sorella. Quindi pensavamo che solo io e mia sorella (oggi scomparsa) avremmo avuto diritto allo ius sepolchri. Grazie in anticipo per la cortese attenzione mostrata.
X Salvo,
Chiedo, anticipatamente, scusa del ritardo con cui rispondo, ma sono stato, nel frattempo, assorbito da altre faccende necroforiche di più bassa levatura.
Muovo da quest’ipotesi (tutta da verificare) molto ottimistica: non sono stati commessi illeciti sull’usus sepulchri della tomba.
In mancanza di una lex sepulchri scolpita dell’atto concessorio, l’entrata del feretri nella tomba è stabilita, di default, da regolamento comunale di polizia mortuaria vigente al momento dei singoli decessi, se questo non fornisce una definizione univoca di “FAMIGLIA DEL CONCESSIONARIO” si applica la legge (artt. 74 e segg. Cod. Civile) che riconosce, implicitamente, la disponibilità del sepolcro sino al sesto grado di parentela.
Per quanto, invece, riguarda gli eventuali reati contro la pietà verso i defunti si veda
il capo II Titolo IV Cod. Penale.
Sono Luigi mio nonno paterno a comprato un terreno nel cimitero del nostro comune per edificare una cappella gentilizia che non è riuscito a edificare. Dopo un po’ di anni mio padre ha edificato con concessione a suo nome la cappella, ma oggi sua sorella vuole seppellirsi anche lei nella cappella che mio padre ha edificato a spese sue a prescindere che abusivamente a seppellito suo marito. Cosa possiamo fare per fare uscire la salma dalla nostra cappella? Vogliamo sapere se la sorella di mio padre ha diritto alla cappella grazie.
X Luigi,
Se la concessione del terreno è originariamente intestata a Suo Nonno, la sorella di Suo Papà, come ed in quanto figlia del fondatore ha potenzialmente diritto alla tumulazione, in quanto consanguinea del concessionario primo.
Se, invece, la concessione cimiteriale è intestata a Suo Padre, la sorella potrebbe anche avere (qui si colgano diverse sfumature e personali incertezze, nell’essere davvero sicuri ed apodittici) egualmente il diritto di sepolcro, in quanto appunto…sorella del concessionario.
L’accoglimento dei feretri in un dato sepolcro privato e gentilizio non avviene arbitrariamente o per capriccio, ma in base alla c.d. lex sepulchri, ossia, fatto salvo l’ordine di premorienza determinato dalla cronologia degli eventi luttuosi, alla riserva delle persone beneficiarie tutte e parimenti del diritto di sepolcro, in quanto famigliari del concessionario. Essi (come davanti…alla morte, sono posti su un livello di pari ordinazione!) Chi prima muore…meglio alloggia, alla fine, sono allo spirare per tutti dello jus sepulchri o della sua estinzione per saturazione della tomba stessa!
Si ribadisce la centralità dell’atto di concessione da leggersi in sovrapposizione con il reg. comunale di polizia mortuaria (preferibilmente quello in vigore!) e la definizione ufficiale di famiglia da quest’ultimo statuita.
Buongiorno,
Vi espongo il mio caso, ringraziandovi anticipatamente di un vostro cortese riscontro.
Mio padre (fondatore della tomba) ha costruito nel 1985 una tomba di famiglia a 10 posti.
Alla sua morte sono subentrato io come unico erede concessionario (perché unico figlio del de cuius) facendo la variazione ai servizi cimiteriali con un atto protocollato al Comune.
Premetto che mio padre alla stipula della concessione originaria non ha lasciato nessun atto in cui specifica la destinazione dei posti salma e attualmente vi è tumulato lui e mia madre.
Il quesito è: essendo l’attuale concessionario della tomba posso tumularvi all’interno i miei suoceri? Quale subentrante ho la titolarità di decidere di tumulare i miei suoceri anche se quest’ultimi non hanno un legame con il concessionario originario? Esiste un riferimento normativo o regolamentare a cui posso fare riferimento?
Cordiali Saluti
X Roberto,
l’istituto del subentro, cui si rinvia per dirimere il caso prospettato, è unicamente disciplinato dal regolamento municipale di polizia mortuaria, al quale si rimanda, per una sua attenta analisi.
Il c.d. subentro si articola in due possibili sub-fattispecie.
1) voltura a concessionario fisso
2) avvicendamento unicamente mortis causa nella titolarità della concessione a concessionario mobile o scorrevole.
Nella prima ipotesi il riferimento per definire la rosa delle persone portatrici, in vita, dello jus sepulchri, è obbligatoriamente all’originario fondatore del sepolcro ed alla di lui famiglia “scolpita” nella lex sepulchri statuita alla solenne stipula dell’atto di concessione. Vale a dire che la riserva di cui all’art. 93 comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990 – recante l’approvazione del regolamento statale di polizia mortuaria, non è ulteriormente dilatabile a soggetti estranei a quel primitivo nucleo famigliare, quindi chi subentra assume su di sè solo le obbligazioni manutentive della tomba, senza divenire, a sua volta concessionario pleno jure con tutti i poteri ed i diritti di gestione afferenti a questa posizione giuridica.
Nella seconda evenienza, invece, chi subentra subentra in toto diventando a tutti gli effetti concessionario e concentrando, così, nelle sue mani tutto lo jus sepulchri (diritto a daare o ricever sepoltura).
Se non diversamente specificato nel regolamento comunale o nell’atto concessorio la tumulazione degli suoceri i quali non sono, sotto il proilo del diritto civile, famigliari strictu senso, ma solo affini nel sepolcro sorto come gentilizio ricade nelle cosiddette benemerenze di cui all’art. 93 comma 2 D.P.R. n. 285/1990, vale adire: il concessionario in deroga alla natura faamigliare del sepolcro può permettere la sepoltura di soggetti terzi alla propria famiglia jure sanguinis o jure coniugii, ma a lui legati da particolari rapporti di natura morale o affettiva.
Nel caso da Lei rappresentato si intrecciano questi due istituti: subentro e benemerenze entrambi governati a maglie più o meno strette dalla sola fonte regolamentare comunale.
Se Lei è subentrato con la formula del concessionario fisso gravano su di Le solo gli oneri manutentivi e le benemerenze non sono applicabili, al contrario se Lei è subentrato nella condizione di concessionario mobile (con tutte le facoltà derivanti da questo status), una volta acquisito il placet/benestare di tutti i suoi famigliari più stretti (essi, comunque, nella scala gerarchica tra gli aventi titolo prevalgono) che vedrebbero così compresso il loro legittimo jus sepulchri acquisto per rapporto parentale o vincolo coniugale, potrà autorizzare la tumulazione degli suoceri: decisione da notificare sempre all’ufficio della polizia mortuaria cui compete, ad ogni modo, la verifica formale sulla legittimità dei titoli di sepoltura, questo come estrema garanzia contro abusi o distorcimenti dell’istituto ex art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Si rammenta, infine, come l’esercizio effettivo del diritto di sepolcro sia subordinato alla capacità ricettiva della tomba: se questa è satura esso spira ex se, estinguendosi naturalmente.
……[riprendere il caso]….
In merito alla concessione originaria relativa alla tomba di famiglia fondata nel 1985.
La Tomba in oggetto risulta sprovvista dell’atto di Concessione, per tale motivo abbiamo richiesto una copia al Comune ove fu stipulata.
Il Comune si è preso alcuni giorni per cercarla,ma sembra che della concessione non vi sia traccia.
Si prospettino due casistiche:
A. A quel tempo non venivano stipulate le concessioni Cimiteriali, perché facevano fede solo l’assegnazione dell’area dove costruire,le contabili del pagamento, il progetto della tomba, e la successiva agibilità (a nome di mio padre).
B. E’ stata smarrita la mia concessione
Vorrei sapere se in mancanza di tale atto come al punto A, posso richiederne la stipula nell’immediato? Se si, verrebbe stipulata la Concessione a mio nome o al Fondatore ricostruendo una storicità dalle carte in mio possesso?
Se fosse fatta a mio nome quali poteri ne acquisirei? Si estenderebbe così lo Jus Sepulcri ai miei affini (suoceri) visto che non hanno legami con mio padre Fondatore della tomba?
Nel caso al punto B, posso denunciare il comune per lo smarrimento dell’atto? Che altre possibilità di risoluzione possono essere adottate dal Comune?
Cordiali Saluti
X Roberto,
Per altro, adeguata attenzione va posta, sempre in relazione all’art. 98 dPR 10/9/1990, n. 285, alla pre-condizione del regolare atto di concessione che costituisce una pre-condizione sine qua non, per l’operatività del sorgere del diritto così codificato. In proposito, appare utile richiamare la pronuncia del TAR Calabria, Sez. st. Reggio Calabria, 16 gennaio 2019, n. 34 con cui si è riaffermata, per l’ennesima volta, come la sussistenza di un atto di concessione costituisca elemento essenziale e non altrimenti surrogabile acciocché il concessionario possa reclamare un qualche titolo alla fruizione di porzione di area cimiteriale, e ciò a prescindere da ogni altra tipologia di atti posti in essere dal comune, anche quando questi assolvano a funzioni prodromiche alla realizzazione di un sepolcro privato nei cimiteri. Tutto ciò non è sufficiente, essendo essenziale la stipula (appunto) di un regolare atto di concessione. Non mancano, qui o là, casi in cui si registrino situazioni, spesso di fatto (o, anche, per malintese prassi nel passato), per cui difetti, per non essere stato formalizzato, un regolare atto di concessione, situazioni che, per quanto risalenti nel tempo, non ammettono/ammetterebbero rimedio, se non quello dell’accertamento giudiziale, con sentenza passata in giudicato, che tenga luogo all’atto di concessione mancante (cosa che, a certe condizioni, soffre di componenti che, specie per le persone in buona fede, possono apparire sproporzionate (anche quando non lo siano).
Quindi: il Comune, preso atto di questo stato di sofferenza degli archivi e della buona fede dei presunti concessionari potrebbe (ma non è un obbligo) con un atto d’indirizzo politico amministrativo sanare queste anomalie (la forma finale potrebbe esser un atto ricognitivo, nella veste di una determina dirigenziale ex art. 107 D.Lgs n. 267/2000)
Non si può fare concessione a persone già morte, quindi definitivamente deprivate della capacità giuridica, nuovo concessionario, pertanto sarebbe Lei (il rapporto giuridico che si instaurerebbe sarebbe del tutto nuovo ed attuale, anche se avente come oggetto la medesima tomba) Dalla stipula dell’atto di concessione in poi, Lei quale concessionario concentrebbe nelle Sua mani tutto lo jus sepulchri con annessi diritti di gestione sul sepolcro.
X Nuvolari (…mitico e spericolato pilota mantovano in servizio anche presso la mia adorata Scuderia Ferrari?)
In buona sostanza, il quesito si articola su due distinte domande, procedo, pertanto nell’ordine di esposizione
1) sembra un inutile nominalismo, ma io non ragionerei tanto in termini di dichiarazione di decadenza-sanzionatoria, la quale è istituto esperibile per altri scopi, cioè per “punire” una grave inadempienza contrattuale da parte del concessionario o dei suoi aventi causa, quanto di pronuncia di estinzione (con atto ricognitivo da parte del dirigente ex Art. 107 comma 3 Lett. f) D.Lgs n. 267/2000?) della concessione per abbandono amministrativo, si tratta, infatti, di una nuova figura giuridica introdotta dall’Art. 25 comma 3 lett. c) del Reg. Reg. 9 novembre 2004 n. 6, proprio per accertare l’esaurimento dei fini nel rapporto concessorio, soprattutto nelle concessioni molto risalenti nel tempo, laddove i proprietari dei manufatti cimiteriali siano nel frattempo scomparsi senza aver trasmesso ad altri, ancora viventi, l’intestazione dello Jus Sepulchri.
Questa norma per essere attivata richiede un fattore temporale ben preciso: cioè il decorso di almeno anni 20 dalla morte (e, si badi bene, non dalla sepoltura in quel determinato sacello) dell’ultimo concessionario avente diritto pleno jure sulla concessione, cioè portatore sia dello jus sepulchri attivo o passivo sia degli stessi diritti di gestione afferenti alla tomba in oggetto.
La prefata norma si intreccia a doppio filo con l’istituto del subentro, al quale, per una trattazione più completa, e per ovvie ragioni di brevitas espositiva opero rinvio. Agli effetti concreti, il subentro comporta la voltura delle concessione e rappresenta la regola successoria valevole per le concessioni cimiteriali, attenzione però, qui si apre un doppio binario perchè lo Jus Sepulchri implica sì una componente patrimoniale e materiale (il corpus compositum di opere murarie ed arredi funebri di cui il sepolcro consta) strumentale, intermedia e teleologicamente finalizzata al dare o ricever sepoltura, ma esso è prevalentemente un diritto della personalità, il quale segue, nella sua trasmissione mortis causa la “legge” speciale dello Jus Coniugii e dello Jus Sanguinis ed essa prevale sulla normale successione a causa di morte normata dal Cod. Civile per gli aspetti patrimoniali. Certo se il sepolcro da famigliare si tramuta in ereditario per estinzione del ramo famigliare o espressa volontà del fondatore del sepolcro (tesi cui in diverse occasione accede pure la Suprema Corte di Cassazione) potremmo paradossalmente potremmo avere anche un subentro jure haereditatis, dimostrabile con le dichiarazioni di successione e gli atti a ciò necessari in ragione del momento dell’apertura della successione, anzi delle diverse successioni ereditarie che possano aversi avute). Difficilmente se si applica per ogni decesso di concessionario primo o a sua volta avvicendatosi ad un predecessore il subentro si addiverrà all’abbandono amministrativo del sepolcro. Centrale, per dirimere potenziali conflitti, è la previsione del regolamento comunale di polizia mortuaria, unica fonte cui sia demandata la disciplina del subentro stesso, a maglie più o meno larghe. Per le necessarie ricerche anagrafiche la prova del rapporto di ascendenza/discendenza in linea retta o il rapporto di parentela in linea collaterale di 2° grado (fratelli/sorelle) può essere dato con le ordinarie forme delle certificazioni di stato civile e di anagrafe, tenendo presente il disposto dell’art. 3 d.P.R. 2 maggio 1957, n. 432. A questo proposito, va ricordato sia l’art. 18 legge 7 agosto 1990, n. 241 e succ. modif., sia l’art. 43, comma 1 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e succ. modif.
La definizione canonica di famiglia del concessionario (se il sepolcro sorge, come mi par di capire, sibi familiaeque suae) è data da due atti di rilevanza e valore giuridico, l’uno particolare e specifico ex Art. 1372 Cod.Civile, l’altro astratto e generale: il regolare atto di concessione di concessione ed il regolamento comunale di polizia mortuaria vigente al momento della stipula dell’atto di concessione, il quale vivrebbe una sorta di ultrattività per i rapporti ancora in essere, per il noto principio del tempus regit actum, a meno che lo stesso atto di concessione con una clausola di proiezione dinamica nel futuro rimandi ai regolamenti municipali che via via si susseguiranno nel tempo, secondo il fenomeno giuridico dello jus superveniens.
2) Il Regolamento comunale è norma secondaria (secondo alcuni, anche … “terziaria” se immaginiamo l’Ordinamento Italiano in un fantasiosa struttura geometrica “esplosa” in almeno tre dimensioni), per cui cede e soccombe di fronte alla norma primaria. Il Regolamento municipale di polizia mortuaria è, però, una strana “entità giuridica” (monstrum vel prodigium?… Una bestia rara?) soprattutto dopo la Legge di Revisione Costituzionale n.3/2001, perché esso trae fondamento non tanto da legge ordinaria (Art. 7 D.Lgs n. 267/2000) quanto da norma superiore, di rango costituzionale, ex Art. 117 comma 6 III Periodo Cost., (la polizia cimiteriale, infatti, è espressamente comunale ex Artt. 337, 343 e 394 R.D. n.1265/1934 ed Art. 824 comma 2 Cod. Civile), Abbiamo, quindi un atto di carattere normativo, quindi generale ed astratto, molto complesso e trasversale, quasi poliedrico ed eclettico nelle sue molteplici articolazioni, che gode di ampi margini di autonomia ed ambiti di spettanza quasi esclusiva, quando agisca su un livello di pari ordinazione rispetto al D.P.R n. 285/90 o al Regolamento Regionale[1], in campi, quindi non sovrapponibili, come, proprio la gestione cimiteriale, pur rimanendo formalmente una fonte di grado amministrativo subordinato rispetto alla Legge
Si segnala, poi, come secondo autorevole dottrina il Reg.Reg. 9 novembre 2004 n. 6 della Lombardia conterrebbe disposizioni, in merito alla concessioni cimiteriali, troppo intrusive e particolareggiate, potenzialmente illegittime, in quanto lederebbero la libertà del comune di attuare la propria libera politica cimiteriale (fatti salvi gli obblighi minimi contemplati dal TULLSS dalla normativa regionale complementare e dal DPR n. 285/1990), attraverso il proprio regolamento comunale di polizia mortuaria.
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[1] Sull’idoneità di norme contenute nel regolamento comunale ad integrare automaticamente il contenuto delle concessioni cimiteriali ai sensi dell’art. 1339 cod. civile Si veda T.A.R. Piemonte, Sez. I, Sentenza 12 luglio 2013, n. 871
In funzione di affidatario del servizio e, quindi, gestore dei cimiteri del Comune di X, sito in Regione Lombardia, come da obblighi di gara, abbiamo iniziato il censimento dei manufatti cimiteriali con relativa verifica dello stato delle concessioni con il fine far rientrare nel pieno possesso del Comune manufatti nei quali vi sono le condizioni normative per poter pronunciare la decadenza o l’estinzione.
Come noto e come previsto nel Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria in vigore, in applicazione delle vigenti normative di settore (DPR n.285/90, L.R. n.22/03, Reg. Reg n.6/04….) la cause estintive delle concessioni cimiteriali, possono essere ricondotte alla seguente casistica:
– per rinuncia,
– per decadenza in senso stretto (per comportamenti in contrasto degli obblighi legati alla concessione)
– per revoca,
– per estinzione della famiglia,
– per estinzione della concessione,
che permettono di poter procedere con la dichiarazione di decadenza della concessione.
La dichiarazione di decadenza deve sempre essere preceduta da idonee diffide rivolte al concessionario o agli aventi titolo, come individuati nel Regolamento Comunale e le diffide devono essere emanate dall’Amm.ne Comunale.
Compito del gestore del servizio cimiteriale, è quello di effettuare, per conto del Comune, le necessarie e comprovate ricerche (archivio comunale, demanio e patrimonio, registri in nostro possesso, rintraccio eredi concessionario tramite società specializzata) per risalire ad eventuali discendenti, ascendenti, coniugi, conviventi del concessionario, come stabilito nel regolamento; la ricerca sarà da fornire all’Amm.ne Comunale, che in esito alle risultanze, potrà procedere con l’emanazione di diffide o alla dichiarazione di decadenza.
Premesso che, ai fini dell’applicazione del regolamento di Polizia Mortuaria comunale, con il termine di famiglia del concessionario, si intende composta dal coniuge, dal convivente, dai discendenti in linea retta e dagli ascendenti, la domanda che ci si pone è la seguente:
Il Comune, in ottemperanza al proprio Regolamento di Polizia Mortuaria, nel caso la ricerca effettuata non abbia dato esiti positivi in ordine alla presenza di soggetti rientranti nella sfera legata alla definizione di “famiglia del concessionario” (art. 77 del Regolamento), può procedere a dichiarare la decadenza della concessione, anche in presenza eredi /collaterali (ma non rientranti nella definizione di famiglia del concessionario) ancora in vita?
In pratica, l’applicazione del regolamento di Polizia Mortuaria Comunale, redatto e approvato in ossequio alle normative statali e regionali di settore sopra citate, in ordine alle concessioni cimiteriali ,”supera” o meglio, si pone ad un livello superiore rispetto alle regole che sottendono gli aspetti giuridici legati alla successione ereditaria?
X Duilio,
Rispondo per singoli punti tematici:
1) la presenza di un regolare atto di concessione (formula aulica, ma sempre molto efficace!) è espressamente richiesta dall’Art. 98 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 quale condicio sine qua non affinché un privato cittadino possa vantare diritti d’uso su edificio cimiteriale o porzione dello stesso, senza la stipula formale dell’atto concessorio lo stesso rapporto concessorio sarebbe da considerarsi, in diritto, quale insussistente con la conseguenza che la tumulazione di un feretro sarebbe sine titulo costitutivo, cioè abusiva, configurandosi come un’occupazione indebita di un bene demaniale.
Il condizionale, però, si motiva così: se la concessione non è stata a suo tempo ufficialmente rogata gran parte della responsabilità grava sul comune, quale parte contrente e predominante nel rapporto concessorio, inoltre bisognerebbe, per sempre salvaguardare, per il noto principio dell’affidamento, la buona fede del cittadino, egli infatti, ha versato, alle casse comunali, la somma relativa al canone di concessione, magari ignaro del vizio ab origine, non a lui direttamente imputabile, ma all’imperizia degli uffici comunali.
Le concessioni perpetue, all’inizio degli anni ‘70 (prima dell’entrata in vigore del DPR n.803/1975 che le vietava espressamente) sono state rilasciate senz’altro in regime di Regio Decreto n. 1880/1942, orbene in vigenza del prefato Regio Decreto la concessione di aree o manufatti cimiteriali scontava un iter molto più complesso dell’attuale, comprensivo di delibera consigliare comunale e preventivo nulla osta prefettizio. Se scartabellando in archivio si rinvenissero questi atti formali si potrebbe addivenire, con semplice atto ricognitivo ad un’integrazione del titolo, basata su questi presupposti di legittimità inoppugnabili, altrimenti ex Art. 2697 Cod. Civile occorrerebbe pur sempre una sentenza, passata in giudicato, di accertamento del diritto stesso.
La soluzioni più semplice, anche per evitare strascichi giudiziari, perchè in un eventuale processo civile il Comune potrebbe pure risultare parte soccombente, con ulteriore danno all’erario dell’ente locale (stare in giudizio è un diritto di tutti, ma costa maledettamente!), sarebbe regolarizzare la situazioni di fatto con una concessione ex novo “ora per allora”, meglio se predisposta attraverso una norma transitoria da inserire nel regolamento comunale di polizia mortuaria, con cui si fissi un congruo termine per sanare le situazioni pendenti, a pena di decadenza, questa volta certa e motivata.
Chi ha interesse, non si lascerà certo sfuggire l’occasione di legittimare la propria pretesa, anche fondata, di jus sepulchri.
Adesso tra l’altro la modifica della fonte regolamentare comunale è divenuta molto più snella ed agile, in quanto – ed è orientamento del Ministero della Salute, con circolare prot. n. 23919 del 22/07/2015, non sarebbe più necessaria l’omologazione ex Art. 345 TESTO UNICO LEGGI SANITARIE, la quale avrebbe comportato tempi più lunghi per l’efficacia della riforma al regolamento comunale.
2) se la stipula dell’atto concessorio, senza cui – ribadisco il concetto, la concessione è nulla – avviene oggi, con le vigenti regole, la durata della stesa è stabilita dall’attuale regolamento comunale di polizia mortuaria e dalla normativa nazionale quadro (max. 99 anni), invero qualcuno, pur di non perdere la condizione di maggior favore della perpetuità, potrebbe anche sollevare l’eccezione del tempus regit actum, invocando una sorta di ultrattività del vecchio regolamento degli anni ‘70, perchè il rapporto, de facto, si sarebbe perfezionato, con l’uso dei loculi, sotto l’imperio della precedente, ed ora abrogata, disciplina; si segnala a tal proposito una nuova e coraggiosa giurisprudenza amministrativa, non ancora consolidatasi, almeno presso il Consiglio di Stato secondo cui sarebbe legittimo portare anche le concessioni perpetue a tempo determinato, attraverso un a norma ad hoc, poiché la perpetuità, oggi non più ammissibile, potrebbe occultare un malcelato diritto di proprietà su beni pubblici, quali quelli cimiteriali, che per loro natura e funzioni appartengono al demanio comunale ex Art. 824 Comma 2 Cod. Civile.
gentile redazione mi rivolgo a li per porle il seguente quesito premetto che sono un dipendente comunale che si occupa degli servizi cimiteriali.
Il comune di Monte San Biagio con atto del consiglio comunale nel 2010 approvava il nuovo regolamento di polizia mortuaria stabilendo che le concessioni dovranno avere una durata di quaranta anni non rinnovabili.
allo stato attuale c’è un’emergenza di disponibilità di loculi atteso che norme sovracomunali vietano i lavori di ampliamento del cimitero stesso con realizzazione di nuovi loculi, atteso che sono presenti diversi loculi realizzati negli settanta e dati in concessione perpetua, tra questi in diversi casi non sono stati sottoscritti contratti di concessione e ne tantomeno atti deliberativi che riconoscono la concessione a privati, ma soltanto delle reversali che giustificano il pagamento degli stessi.
Deceduto il richiedente che ha versato le somme di cui trattasi e gli eredi prossimi (ora sono presenti solo i nipoti dell’acquirente) come è possibile impostare un atto che giustifichi l’intestazione della concessione per la tumulazione della salma della figlia del defunto che all’epoca ha versato la somma per l’acquisto del loculo predetto.
Seconda domanda è possibile in questi casi mutare la durata della concessione da perpetua a quaranta anni come previsto dal regolamento approvato.
X l’Avvocato,
Per caso la sanzione penale è stata irrogata ex Art. 667 Cod. Penale?
Tutto il problema ruota attorno al concetto di subentro.
Domande preliminari:
alla morte del concessionario primo vi è stato subentro nel senso pieno del termine giuridico, ossia successione nell’intestazione dello Jus Sepulchri attivo e passivo?
Se sì (come mi par di capire) chi si è ad esso legittimamente avvicendato nella titolarità del sepolcro privato e gentilizio? Forse la seconda moglie del Sig. X? L’unica risposta possibile è da ricercare nel regolamento comunale di polizia mortuaria vigente (tempus regit actum) all’epoca del decesso del fondatore del sacello mortuario
Il subentro nel sepolcro di tipo famigliare (quello di natura ereditaria ab origine è una fattispecie a sé stante ed, inoltre, piuttosto rarefatta) avviene solitamente in linea retta jure sanguinis e prima ancora jure coniugii (il rapporto di coniugio prevale sempre, salvo diversa volontà formalizzata nell’atto di concessione, che sarebbe, traa l’altro di difficile implementazione, poiché la famiglia è, innanzi tutto fondata sul matrimonio) ma ribadisco l’unica fonte veritiera cui attingere è quella comunale perché detto istituto non è altrimenti disciplinato).
Ora per via delle seconde nozze contratte questa ipotetica linea retta potrebbe, per così dire, essersi spezzata o, rectius, incurvata verso una diversa direzione o ancora spostata su di un piano parallelo (una nuova famiglia formatasi ex novo titolare del rapporto concessorio già in essere?) , così l’odierno concessionario, addivenuto a tale posizione giuridica in forza di plurimi subentri nel tempo, potrebbe anche non esser più minimamente parente del lontano concessionario primo, ma tale estraneità al precedente nucleo famigliare non inficerebbe certo la sua legittimazione all’esercizio dei diritti di sepolcro.
Quando venga a decede il concessionario (o, uno di essi, in caso di co-intestazione), infatti, spetta al Regolamento comunale di polizia mortuaria regolare gli effetti successori, potendo questo sia prevedere un “subentro”, nel senso che il coniuge ed i discendenti divengano, a loro volta, concessionari, oppure conservare la qualificazione di concessionario rispetto al c.d. fondatore del sepolcro (nella 1^ ipotesi, potrebbe mutare, ampliandosi, la “rosa” delle persone appartenenti alla famiglia).
Jus Sepulchri (scomposto nello jus sepeliri e nello Jus inferendi mortuum in sepulchrum) come diritto alla tumulazione e mera titolarità gestionale della concessione (riguardo cioè agli aspetti manutentivi e di relazione con il Comune, quale ente concedente e parte del rapporto concessorio) possono, nel volgere delle epoche, in forza delle successioni mortis causa, anche pesantemente divergere e divaricarsi, con la mera proprietà dell’edificio scissa dal diritto d’uso sullo stesso.
Paradossalmente potrebbe verificarsi pure questo caso nemmeno poi così estremo: chi sia formalmente concessionario è solo un soggetto onerato su cui gravano gli obblighi manutentivi, ma non è portatore dello Jus Sepulchri, ossia in quel determinato sepolcro non può nè dare nè ricever sepoltura, pur rispondendo in sede civile (Art. 2053 Cod. Civile) di eventuali danni per omessa cura dell’edificio e penale (Art. 667 Cod. Penale) sembra un controsenso, ma è proprio così!
Per questa ragione può esser fuorviante imputare le responsabilità al solo ceppo parentale più prossimo all’originario fondatore del sepolcro, a rilevare per il Comune è la titolarità nominale nella concessione.
Nell’evenienza, poi, di co-intestazione (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una corta di comunione indivisa tra i co-intestatari ed essi di fronte al Comune sono obbligati in solido ex Art. 1292 Cod. Civile, come ci ricordano certe pronunce della Suprema Corte di Cassazione che qui, ometto, per non esser eccessivamente prolisso.
Sussiste una cappella gentilizia costruita dal sig. X, in occasione della morte di sua moglie, nel 1930.
Il sig X si risposa con la sorella del nonno del mio cliente.
In tale date la cappella era già stata realizzata ed all’ interno vi sono già altri parenti defunti del sig. X.
Alla sua morte, non avendo figli lascia tutto in eredita ad un Ente ecclesiastico.
Tale cappella gentilizia, però non viene donata all’ Ente ecclesiastico, perchè evidentemente non si poteva donare.
La seconda moglie del sig. X, successivamente, quando muore, viene anche essa ospitata in tale cappella, come come pure suo fratello, ovvero il nonno del mio cliente.
La cappella è a 2 piani, di cui al primo piano ospita la prima moglie del sig. X ed altri suoi parenti, completamente scollegati da asse parentale con il mio cliente, mentre al piano terra vengono messe le tombe della seconda moglie del sig. X e di suo fratello, ovvero il nonno del mio cliente.
La cappella, nella parte superiore del secondo piano, comincia a deteriorarsi.
Pertanto il comune richiede al mio cliente di procedere con urgenza, con la sua ristrutturazione, per motivi di sicurezza pubblica.
Nella parte superiore di tale cappella, sono tumulate persone che non centrano nulla con il ceppo parentale del mio cliente, perché si tratta della prima moglie ed altri parenti del sig. X, i quali hanno tutt’altro ceppo parentale.
Le persone in vita di tale ceppo parentale, risiedono in altri zone di Italia, ed attualmente sono irreperibili, per il comune.
Pertanto il comune intima al mio cliente ed i suoi parenti in linea retta, di procedere entro una certa data, con il ripristino immediato di tale cappella, non riuscendo a contattare gli altri parenti dell altro ceppo parentale.
Il mio cliente, si rifiuta di procedere, perché non esiste nessun titolo, che attesta dei diritti proprietari, su tale cappella.
E nel caso un domani si presentano i parenti dell’altro asse parentale, molto pi vicini al sig X, potrebbero anche esporre denuncia per aver fatto delle opere su un bene senza averne titolo.
I lavori vengono comunque svolti con qualche mese di ritardo, dai parenti n linea retta del mio cliente.
Ma il Comune invia lo stesso al Giudice una denuncia per ritardo nell’ esecuzione dei lavori, il quale dispone di una multa per il mio cliente ed i suoi parenti.
A tale multa il mio cliente fa ricorso, perché non esiste nessun titolo che attesta che il mio cliente ha dei diritti, su tale cappella, se non il fatto che nel piano inferiore, è deposto suo nonno ed inoltre il Comune avrebbe prima dovuto inviare la richiesta di ripristino di tale cappella all’altro ceppo parentale, molto pi titolato e vicino al sig. X, nonostante difficilmente reperibili.
Il giudice a risposta di tale ricorso, emette processo breve con condanna penale, da eseguirsi a fine anno, per il mio cliente ed i suoi parenti, perché con il ritardo hanno messo in pericolo la collettività, non ristrutturando entro i termini stabiliti del comune, tale cappella.
E’ possibile incardinare una difesa, da tale condanna penale prossima ?
E’ pervenuta una comunicazione da parte di una signora titolare di due distinte concessioni di loculi perpetui con la quale si indicano per ciascun loculo i nipoti quali eredi.
E’ legittima e sufficiente tale comunicazione affinché il Comune provveda a variare la l’intestazione dei contratti a nome dei beneficiari indicati?
X Comune di XYZ
No, la risposta è tassativamente negativa: ex Art. 823 Cod. Civile i sepolcri tutti, quali beni demaniali sono sottratti agli atti a contenuto negoziale per acta inter vivos o persino mortis causa, l’Art. 71 commi 2 e segg. del R.D. n. 1880/1942 con cui il legislatore lasciava ancora spazio ad un’interpretazione in chiave patrimonialistica delle tombe con conseguente legittimità degli atti di disposizione su quest’ultime è infatti stato abrogato dal DPR n. 803/1975 le cui norme, incompatibili con la precedente disciplina e dunque prevalenti in quanto successive sono replicate dal vigente Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR n. 285/1990.
L’unica forma di successione mortis causa ammissibile per la voltura di una concessione cimiteriale è rappresentata dall’istituto del subentro, se contemplato dal regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale, però, opera di default, senza quindi necessitare di una particolare volontà in questo senso da parte del concessionario primo.
Si rammenta come l”avvicendamento nell’intestazione di un sepolcro privato, quali sono le tumulazioni tutte, trattandosi lo Jus Sepulchri di un diritto personalissimo, possa avvenire solo per linea di consanguineità e sia completamente disgiunto dalla sorte del patrimonio del de cuius.
Certo, il testatore potrebbe disporre del diritto di sepolcro in sé, ossia della componente materiale sui loculi (lapidi, arredi votivi…) lasciando così in eredità NON il diritto d’uso sugli stessi, ma solo gli oneri manutentivi, cioè gli aspetti passivi ed obbligazionari del rapporto concessorio.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, almeno, lo Jus Sepulchri da famigliare – jure sanguinis- si tramuta in ereditario, seguendo le ordinarie regole del trapasso patrimoniale, solo “quando” e “se” si sia estinta la famiglia, secondo la definizione datane dal regolamento comunale, dell’originario concessionario.
X Angelica,
domandone da 1.000.000 di $: Suo zio è deceduto, ma il Suo comune come disciplina l’istituto del subentro? Lo ammette o no? Ossia c’è stata la voltura della concessione, se sì, a favore di chi? Il rinvio d’obbligo è alla regolamentazione comunale, perché solo in questa sede si possono ponderare i possibili effetti di un eventuale subentro.
L’intestazione di un sepolcro, di norma, non segue l’asse ereditario, cioè le classiche regole della successione mortis causa, perché essendo lo jus sepulchri un diritto prima di tutto personale (e, poi anche reale e patrimoniale, come spesso ci ricorda la Suprema Corte di Cassazione) l’avvicendamento nella titolarità di quest’ultimo avviene prevalentemente jure sanguinis o jure coniugii e non jure haereditatis.
Dai fatti esposti, leggo così la Sua situazione (posso anche prendere una cantonata mostruosa, ma il mestiere di leguleio beccamorto, che indegnamente esercito, m’impone di rischiare): la morte del fondatore del sepolcro ha prodotto uno “spacchettamento” in frazioni eguali (tra il coniuge superstite e le figlie nate dal primo matrimonio del de cuius) nella titolarità della concessione, dalla quale origina pur sempre una comunione indivisibile e solidale tra i coo-intestatari ed ora le due figlie di cui sopra forti del loro jus inferendi mortuum in sepulchrum, vogliono traslare la spoglia mortale della madre, nella tomba costruita dal padre, ma durante il suo secondo matrimonio. Innanzi tutto l’ingresso di un feretro in un sepolcro privato e gentilizio, ex Art. 102 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, è sempre subordinato a previa autorizzazione comunale, nel senso che l’ufficio della polizia mortuaria deve prima verificare, attraverso apposita istruttoria, la sussistenza del titolo d’accoglimento. A questo proposito, chiedo io, il comune si è già pronunciato? Sarebbe utile conoscere l’orientamento della locale Autorità Amministrativa. Le due figlie, se e solo se sono divenute coo-titolari, pro quota, della concessione, hanno il diritto di tumulare la loro defunta madre nella tomba paterna che a questo punto sarebbe legittimamente anche loro, in quanto subentrate all’originario concessionario, com’è naturale, però, lo jus sepulchri ex Art. 93 comma 1 II Periodo DPR 10 settembre 1990 n. 285 si esercita sino al raggiungimento dalla massima capacità ricettiva del sacello mortuario, oltre la quale si estingue, proprio per la mancanza di spazio. E’ sempre importante rispettare la cosiddetta lex sepulchri, ossia la destinazione (famigliare o ereditaria) che il concessionario primo, ovvero il fondatore del sepolcro, ha voluto imprimere alla tomba, attraverso la stipula dell’atto di concessione. Anche il Giudice, se adito, in sede civile, per dirimere la controversia, non potrebbe prescindere da questi aspetti sostanziali e non solo procedurali.
Mi perdoni ma mi è appena sorto un dubbio. Un domani quando non ci sarà più nemmeno mia zia, nn avendo avuto figli con mio zio, noi nipoti possiamo far rispettare il volere di mio zio è di mia zia di nn far portare dalle figlie la loro madre nel sepolcro?
Non si tratta di un’eventualita’ma di una tragica realtà in quanto le figlie appellarsi al diritto di essere eredi del padre deceduto vogliono spostare la salma della madre deceduta ormai da più di 30anni nel sepolcro costruito dal padre e dalla seconda moglie. Volevo precisare che nell’ atto di concessione lo zio fece scrivere che costruiva il monumento per i propri famigliari. A questa precisazione allego tutto quello che le ho detto prima circa la concessione ottenuta dopo la morte della prima moglie e prima di convogliare a nozze con la seconda moglie con la quale ha poi provveduto alla costruzione. Le chiedo inoltre se esiste una normativa alla quale far riferimento. La ringrazio per la sua tempestività nella risposta è per la sua chiarezza.
Il solo concessionario è lo zio. Ma essendo stato concessionario dopo la morte della prima moglie e avendo costruito durante le seconde nozze con mia zia, la prima moglie deceduta, ad oggi può essere essere spostata per volere delle figlie e nn per volere del padre deceduto e di mia zia ancora in vita?
X Angelica,
no, non è possibile. Le figlie nate dal primo matrimonio non hanno questo potere, che, in primis, spetta al coniuge superstite, cioè a Suo zio, almeno sino a quando non dovessero subentrare, alla morte del padre, nella titolarità del sepolcro o di quote dello stesso, quando si dovesse addivenire ad uno “spacchettamento” in frazioni dello Jus Sepulchri. L’ipotesi è remota, perché, anche in caso di morte di Suo zio sarebbe, comunque, la seconda moglie a succedergli nel rapporto concessorio instauratosi. E poi perché dovremmo proprio pensare a questa tragica eventualità?
Salve, volevo altri chiarimenti riguardo il problema prima da me esposto. Abbiamo rilevato i documenti circa la concessione del terreno cimiteriale. Questo terreno è sta dato in concessione allo zio dopo la morte della prima moglie e costruito poi durante le seconde nozze con mia zia. Cosa spetterebbe dunque a mia zia?
X Angelica,
Esordisco, a mia volta, con una domanda “pettegola”! Dall’attenta lettura dell’atto di concessione che Lei avrà senz’altro consultato chi risulta nominalmente titolare della concessione: magari solo Suo zio?
Sarebbe interessante sapere questo dettaglio non di poco conto, perché al momento costitutivo della concessione di cui all’?art. 90 dPR 10 settembre 1990, n. 285 non sussistono difficoltà al fatto che essa possa avvenire nei confronti di più persone, anche se non appartenenti ad un’?unica famiglia, ma in tal caso occorrerebbe avere l?’avvertenza di regolare i rispettivi rapporti, tra i diversi concessionari, o di prevedere, meglio se espressamente, la loro titolarità indistinta, lasciando che l?’utilizzo sia determinato dagli eventi luttuosi. In tale evenienza, le persone che possono essere accolte nel sepolcro privato così concesso sono pur sempre le persone dei concessionari e dei membri delle loro famiglie, quali definite a tale fine dal Regolamento comunale e/o dall’?atto di concessione. Dalla situazione rappresentata sembra, però, che la concessione sia già stata rilasciata, altrimenti non avrebbe senso parlare cappella cimiteriale già edificata si deve, allora, considerare come essa non possa più essere modificata, almeno unilateralmente da parte dei concessionari, se non attraverso una novazione, di comune accordo con l’Autorità Amministrativa concedente, delle obbligazioni sinallagmatiche contratte.
Nella fattispecie, se Sua zia ha materialmente contribuito alla realizzazione del sepolcro, sostenendo parte delle spese necessarie all’effettuazione dei lavori, anche se nominalmente la concessione è intestata solo al coniuge (= Suo zio) si dovrebbe ragionare in termini di contitolarità sul manufatto cimiteriale, dalla quale origina, ad ogni modo, una particolare forma di comunione; in questo frangente, invero nemmeno troppo remoto Sua zia sarebbe anche, per la quota di propria spettanza, proprietaria, in quanto concessionaria al pari del marito, del bene sepolcrale, o meglio del corpus di opere murarie e degli arredi votivi che compongono la tomba, con annessi oneri manutentivi ex Art. 63 DPR n. 285/1990. Agli effetti concreti, se non per un problema di vile denaro (chi, tra moglie e marito, a questo punto, pagherà i costi di eventuali riparazioni?) non cambia niente, siccome Sua zia, in quanto a sua volta concessionaria, o in forza del rapporto di coniugio che intrattiene con il fondatore del sepolcro, è pur sempre portatrice dello Jus Sepulchri, inteso nella sua duplice facoltà di esser sepolti o dar sepoltura in quel determinato sacello mortuario.
È stato gentilissimo e molto chiaro! La ringrazio
X Angelica,
A l’alta fantasia qui mancò possa, come direbbe l’Alighieri dinanzi al mistero divino…quesito bello “tosto” il Suo, anche perché l’ultima integrazione ha mutato non poco il quadro di riferimento. Non saprei come risponderLe, se non che quel demone funerario che da sempre mi tormenta l’anima, senza consentirmi tregua di sorta nel mio eterno peregrinare lungo le strade tutte curve dello scibile mortuario oggi mi ha condotto sino all’abisso di sovrumana quiete e profondissimi silenzi ove per poco il cor non si spaura secondo il celebre verso leopardiano, così vagando per un cimitero del suburbio, in attesa delle ennesimo excessus mentis (=sballo metafisico!) di dantesca memoria, mi sono sovvenute (in stile tempesta ed impeto tanto caro alla poesia romantica tedesca) queste considerazioni:
Nella fattispecie concreta, il problema da Lei Posto verte su questo punto di diritto: come si interpreta il paragrafo 14.2 della Circ. Min. n.24/1993 da leggersi estensivamente non solo per la cremazione, ma per tutti gli atti di disposizione del post mortem? Mi spiego meglio: X e Y sono sposati regolarmente: X premuore e Y, quale coniuge superstite, contrae legalmente nuove nozze. Ora Y mantiene oppure no, secondo principio di poziorità, la potestà decisionale sulla sorte della spoglia mortale di X?
Io in archivio ho reperito una sola sentenza del 1930, quindi un po’ vetusta, e soprattutto precedente sia l’approvazione del Cod. Civile attualmente in vigore, sia della riforma sul diritto di famiglia del 1975, secondo cui lo jus sepulchri, se ci si risposa dovrebbe automaticamente decadere.
Mi spiego meglio: Al momento del decesso della prima moglie, Suo Zio era il coniuge (situazione che, per ovvie ragioni, difficilmente muta).
Il fatto che si sia risposato o altro ha cambiato la sua personale posizione giuridica attuale, ma non il fatto che questi fosse il legittimo coniuge al momento del decesso dell’altra moglie oggi deceduta.
Conseguentemente, la titolarità a disporre della salma della prima moglie , o di quanto ne rimanga, sarebbe pur sempre di Suo zio, escludendo i parenti, anche quelli nel grado più prossimo (Le figlie). Ma se Suo zio è fermamente contrario a traslare la spoglia mortale della prima moglie nella nuova tomba di famiglia costruita anche con l’apporto economico del attuale moglie la questione non si pone e le figlie nate dal primo matrimonio non hanno titolo alcuno per esercitare lo Jus Sepulchri, almeno sino a quando non subentrino al padre, jure sanguinis o jure haereditatis, nell’intestazione della cappella divenendo a loro volta coo-titolari della concessione o, comunque, di quote dello Jus Sepulchri qualora quest’ultimo dovesse esser “spacchettato” in più frazioni.
La ringrazio per la risposta ma nel quesito precedente nn mi sono spiegata bene. Mio zio si è risposato con mia zia in seconde nozze ma era già vedovo, aveva perso la moglie 5 anni prima di sposare mia zia. A questo allego il quesito precedentemente proposto. La ringrazio
X Angelica,
Nell’atto costitutivo del sepolcro privato e gentilizio, e solo in questo momento, il fondatore stabilisce il novero dei soggetti aventi diritto alla sepoltura in quel particolare sacello ex Art. 93 comma 1 DPR n.285/1990. Modifiche unilaterali, per ampliare o restringere questa rosa, in un secondo tempo non sono più ammissibili, se non ricorrendo ad una novazione (Art. 1230 Cod. Civile) del rapporto giuridico instauratosi precedentemente (I titolari dello jus sepulchri, spesso sono espressamente indicati nell’atto di concessione o nella convenzione che sovente l’accompagna, in cui le parti contraenti fissano le rispettive obbligazioni sinallagmatiche, altrimenti nella sfortunata ipotesi di un silenzio in tal senso sia del contratto concessorio sia del regolamento comunale opererebbe pur sempre di default L’Art. 93 comma 1 DPR n. 285/1990 il quale, per le relazioni di parentela rinvia implicitamente agli Artt. 74, 75, 76 e 77 Cod. Civile. La concessione cimiteriale si configura come una comunione “sui generis” solidale ed indivisibile, quindi nella mancanza di un atto di regolazione (se consentito dalla fonte regolamentare comunale) per disciplinare diversamente l’ingresso delle salme nella tomba sarà la naturale cronologia degli eventi luttuosi fra gli aventi diritto a determinare l’uso dei posti feretro sono alla saturazione della massima capacità ricettiva del sepolcro stesso, oltre la quale lo jus sepulchri si estingue ex se, ai termini dell’Art. 93 comma 1 II Periodo DPR n. 285/1990….insomma finché c’è posto chi prima muore meglio alloggia!
Fermo restando che ogni definizione – a questi fini – della “famiglia del concessionario”, cioè delle persone Jure Sanguinis, portatrici dello Jus Sepulchri è rimessa, in via esclusiva, al Regolamento comunale di polizia mortuaria, così come a questa fonte regolamentare spetta, sempre in via esclusiva, la regolazione delle titolarità in conseguenza del decesso del concessionario primo (fondatore del sepolcro) ci si sofferma su questi aspetti: quando tra moglie e marito sia già intervenuta sentenza di divorzio, con apposita annotazione sui registri di Stato Civile (art. 10 legge 1 dicembre 1970, n. 898), lo scioglimento definitivo del matrimonio fa perdere la qualità di coniuge sotto ogni profilo, pertanto la prima moglie non è più titolare dello Jus Sepulchri, in quanto non più legata al fondatore del sepolcro da vincolo di coniugio.
Salve, mio zio si è sposato con mia zia in seconde nozze. Dalla prima moglie ha avuto due figlie e nessun figlio ha avuto da mia zia. Durante il primo matrimonio ha acquistato un terreno cimiteriale sul quale ha costruito una cappella funeraria durante il secondo matrimonio alle cui spese per la costruzione ha partecipato mia zia. Vorrei sapere adesso che mio zio è morto a chi spetta l’intera cappella funeraria, a mia zia o alle figlie di primo letto di mio zio defunto? E inoltre le figlie posso seppellire la loro madre nella tomba costruita anche da mia zia nonostante il volere contrario di mio zio defunto e la seconda moglie? Grazie per la risposta
Salve, mio zio si è sposato con mia zia in seconde nozze. Dalla prima moglie ha avuto due figlie e nessun figlio ha avuto da mia zia. Durante il primo matrimonio ha acquistato un terreno cimiteriale sul quale ha costruito una cappella funeraria durante il secondo matrimonio alle cui spese per la costruzione ha partecipato mia zia. Vorrei sapere adesso che mio zio è morto a chi spetta l’intera cappella funeraria, a mia zia o alle figlie di primo letto di mio zio defunto? E inoltre le figlie posso seppellire la loro madre nella tomba costruita anche da mia zia nonostante il volere contrario di mio zio defunto e la seconda moglie? Grazie per la risposta
X Cristiano,
non entro nel merito della strategia tariffaria del Suo Comune (Tanto?…Poco?… Forse TROPPO?), ma è del tutto legittimo che, per recuperare le spese gestionali dell’ufficio di polizia mortuaria, l’Ente Locale stesso, a norma del proprio regolamento di polizia mortuaria (dove, appunto si disciplina l’istituto del subentro) possa con formale atto del Consiglio Comunale, sottoporre a congrua tariffazione il cambio di intestazione mortis causa, di una concessione cimiteriale. E’ una scelta, massimamente politica che ogni comune opera in piena autonomia e libertà. Non esistono infatti, norme nazionali o regionali unificanti a tal proposito. Vale pertanto, una volta debitamente parafrasato, il detto latino del cuius regio eius religio = (tradotto brutalmente) ogni Comune fa come gli garba!
Buongiorno,
al decesso di mia madre, essendo io unico erede il comune di Ferrara mi ha chiesto la bella cifra di 202 euro per il cambio intestazione del loculo. So che in altri posti es. Comune di Comacchio non esistono queste tariffe. Cosa devo fare? Sono costretto a sborsare 200 euro per una pratica che posso fare da solo, semplicemente compilando un modulo. Grazie Cristiano.
X Ettore,
Le concessioni rilasciate in regime di perpetuità (Art. 70 Regio Decreto n. 1880/1942) non sono sottoposte a periodico rinnovo, in quanto continuano a produrre tutti i propri effetti giuridici (uno su tutti: lo JUS SEPULCHRI come diritto di accoglimento in quel dato sacello mortuario) sub specie aeternitatis, potendo solo estinguersi per decadenza, revoca, retrocessione o soppressione del cimitero.
Lo Jus Sepulchri, come rilevato dalla Suprema Corte di Cassazione, si configura anche come un diritto reale e patrimoniale, seppure sui generis, tutelabile in via possessoria (e con relative azioni previste dal Cod. Civile), in caso di usurpazione della tomba (= sepoltura avvenuta sine titulo) contro, appunto, la cosiddetta turbativa di sepolcro.
Nel caso del subentro, però, non si possono accampare diritti di possesso legati all’uso materiale sul sepolcro (= possesso vale titolo) perché: si tratta pur sempre di beni immobili (Art. 1153 Cod. Civile) e soprattutto di natura intimamente demaniale (Art. 824 comma 2 Cod. Civile) con l’ulteriore conseguenza (Art. 823 Cod. Civile) della non usucapibilità degli stessi.
Subentra chi abbia titolo principalmente jure sanguinis o jure haereditatis (sino a quando questo trasferimento dell’intestazione del sepolcro, con atto di disposizione mortis causa sia stato possibile, in quanto ammesso dalla legge ex Art. 71 Regio Decreto n. 1880/1942… oggi abrogato!) in base all’atto di concessione ed al regolamento comunale che è l’unica fonte normativa per disciplinare davvero questo complesso istituto.
La voltura della concessione non ha riflesso sui rapporti jure sanguinis e,
di conseguenza, jure sepulchri già posti in eccere e perfezionati nel tempo,
ossia il nuovo concessionario non può “sfrattare” dalla tomba i defunti già
da decenni ivi sepolti per il principio di stabilità delle sepolture, e per
la regola generale del tempus regit actum.
Chi è stato sepolto legittimamente in un dato sacello, contimua a godere di
tale diritto anche se titolarità della tomba sia eventualmente variata in
seguito a successione mortis causa.
I diritti acquisiti, in quanto tali, non sono suscettibili di atti ablativi,
ma continuano a produrre nel tempo i propri effetti giuridici, così il nuovo
concessionario potrà disporre del sepolcro limitamente allo spazio ancora
libero al fine di assicurare la tomba per sè e la propria famiglia (Art. 93
DPR 285/1990). Esempio: una tumulazione perpetua non ha scadenza, come
stabilisce la stessa formula linguistica, essa, infatti, è a tempo
indeterminato, ebbene io, quale nuovo concessionario subentrato, mettiamo
l’ipotesi, a mio padre fondatore del sepolcro, non posso ad arbitrio,
ridurre il periodo di sepoltura per un defunto tumulato in tomba eterna, al
fine di recuperar spazio per nuove sepolture destinate ai miei famigliari i
quali potrebbero anche non coincidere con i famigliari jure sanguinis di mio
padre.
In altre parole, il nuovo concessionario non può chiedere nè tanto meno
ottenere d’ufficio l’estumulazione dei feretri già tumulati, se questi
defunti ricevettero regolare sepoltura in base ad un diritto allora vigente,
siccome tra loro ed il primo concessionario intercorreva un vincolo di
consanguineità.
Alla concessioni cimiteriali si applica lo jus superveniens solo se
quest’ipotesi sia contemplata dall’atto di concessione in primis, ed, in
seconda istanza, dal regolamento comunale di polizia mortuaria.. In difetto
di disposizioni a tal proposito continueranno a valere le norme, ancorchè
abrogate, in vigore, però, all’atto della stipula della concessione.
Il DPR 10 settembre 1990 n. 285 abroga sì le disposizioni contrarie al
proprio articolato, ma non è per sua intima natura retroattivo: esempio: la
cremazione delle persone morte prima del 27 ottobre 1990, data in cui entra
in vigore il DPR 285/1990, continua ad esser regolata dal DPR 803/1975,
mentre per c hi sia deceduto dopo tale data trovano applicazione le
disposizioni più aperturistiche, in tema di cremazione, del DPR 285/1990.
Il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre
1990 n. 285 è una fonte del diritto di rango secondario ed è stato emanato
in attuazione del Regio Decreto n1265/1934 recante il testo unico delle
leggi sanitarie.
Oggetto: morte del concessionario e istituto del subentro
Spett. le Redazione (c.a. dr Carlo)
La ringrazio per tutte le informazione finora date, ma la vorrei ancora disturbare per chiederLe ulteriori delucidazioni.
Nella mia ultima nota, La informavo, che presso il comune, dove io risiedo, in data 27 maggio 2014, era stata depositata da parte di un figlio del cugino di primo grado di mio padre, una nuova richiesta di subentro-concessione e voltura dell’area cimiteriale di circa 6 mq, (composta di due fosse), allegando all’uopo:
1-copia dell’atto concessivo, rilasciato al marito della zia di mio padre, datato 17 luglio 1943;
2-copia di una scrittura privata “registrata”in cui l’erede della concessione cimiteriale, (zia di mio padre), donava tutti i suoi beni al cugino di mio padre e, quindi, nipote della zia in argomento;
(il marito della zia di mio padre, insieme alla moglie erano gli unici membri del proprio nucleo familiare).
-Considerato che dal luglio del 1978, in quell’area cimiteriale, in particolare, in una della due fossa è ancora tumulato mio padre e in data 25/01/2013, presentavo istanza di subentro – voltura e concessione per quell’area, secondo Lei, a questo punto, chi ha diritto a chiedere il subentro-voltura o concessione dell’area in argomento??? e quale sono i provvedimenti in capo al comune???? (diniego al subentro o rinnovo rilascio di concessione perenne)????
La ringrazio di cuore Ettore
Oggetto: morte del concessionario e istituto del subentro
Spett. le Redazione (c.a. dr Carlo)
La ringrazio per tutte le informazione finora date, ma la vorrei ancora disturbare per chiederLe ulteriori delucidazioni.
Nella mia ultima nota, La informavo, che presso il comune, dove io risiedo, in data 27 maggio 2014, era stata depositata da parte di un figlio del cugino di primo grado di mio padre, una nuova richiesta di subentro-concessione e voltura dell’area cimiteriale di circa 6 mq, (composta di due fosse), allegando all’uopo:
1-copia dell’atto concessivo, rilasciato al marito della zia di mio padre, datato 17 luglio 1943;
2-copia di una scrittura privata “registrata”in cui l’erede della concessione cimiteriale, (zia di mio padre), donava tutti i suoi beni al cugino di mio padre e, quindi, nipote della zia in argomento;
(il marito della zia di mio padre, insieme alla moglie erano gli unici membri del proprio nucleo familiare).
-Considerato che dal luglio del 1978, in quell’area cimiteriale, in particolare, in una della due fossa è ancora tumulato mio padre e in data 25/01/2013, presentavo istanza di subentro – voltura e concessione per quell’area, secondo Lei, a questo punto, chi ha diritto a chiedere il subentro-voltura o concessione dell’area in argomento??? e quale sono i provvedimenti in capo al comune???? (diniego al subentro o rilascio di concessione perenne)????
La ringrazio di cuore Ettore
X Ettore,
1) Per quanto riguarda l’eventuale trasformazione del sepolcro da gentilizio in ereditario, va ricordato come questa mutazione avvenga quando la famiglia del concessionario (quale individuata, a tale fine, dal Regolamento comunale di polizia mortuaria) venga ad estinguersi (Corte di Cassazione, sez. 1^ civ. sent. n. 1672 del 16 febbraio 1988; Sez. 2^ civ., sent. n. 5015 del 29 maggioo 1990; Sez. 2^ civ., sent. n. 112957 del 29 settembre 2000; Sez. 2^ Civ. sent. n. 1789 del 29 gennaio 2007, tra le altre).
2) La definizione di famiglia individuata nel Regolamento comunale di polizia mortuaria opera in tutti i casi in cui il concessionario, nell’atto di concessione, non indichi/individui una situazione diversa (che puo’ essere piu’ restrittiva oppure amplificatrice).
Determinata così’ (tanto che ciò derivi dall’atto di concessione o per default dal regolamento comunale) la famiglia ai fini della “riserva” (spesso non facciamo attenzione a questo termine) di cui all’art. 93, comma 1 dPR 10/9/1990, n. 285, è questo l’ambito della famiglia cui fare riferimento, anche per quanto riguardi l’estinzione della stessa, intesa come morte dell’ultimo avente diritto, senza che questi abbia trasmesso ad altri il proprio jus sepulchri.
3) in merito all’ereditarietà di un sepolcro, poi, è del tutto improprio continuare a ragionare su quest’istituto, se non altro per il fatto che l’art. 71, commi 2 e ss. R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880, è abrogato, con effetto solo ….. dal 10 febbraio 1976. Tra l’altro, quando tale disposizione vigeva, l’art. 71, comma 3 R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880 prevedeva come: “… La cessione o trasmissione lascia inalterati gli obblighi imposti dal comune all’originario titolare della concessione. …. “
Ammettendosi, ora, la trasformazione di un sepolcro da gentilizio (cioè, di famiglia) ad ereditario il rapporto di concessione, qualora sia sorto, anche sotto l’imperio di una precedente ed ora abrogata disciplina continua alle medesime condizioni di diritto originarie, cambiando, nel tempo, solo ed unicamente la figura del concessionario, per effetto del subentro, se e solo se il regolamento comunale consenta la voltura della concessione.
4) Già negli anni ’80, vigente il DPR n.803/1975 con cui, appunto si abrogava per incompatibilità sopravvenuta con la nuova fonte normativa l’intero Regio Decreto n. 1880/1942 sussisteva il divieto, operante anche oggi, per altro, di trasferire o cedere la titolarità di una tomba per acta inter vivos. Qualsiasi atto di tale genere, pertanto, è nullo di diritto.
5) lo Jus sepulchri è un diritto al plurale, perché al diritto della personalità di dare o ricever sepoltura, che si acquisisce solo: a) Diventando concessionari primi di un sepolcro b) jure sanguinis, ossia trovandosi in rapporto di consanguineità con il titolare di una concessione cimiteriale, si affianca anche un diritto sul sepolcro in sé, vale a dire sul corpus compositum di cui la sepoltura consta, cioè sul sepolcro inteso in senso materiale, quale insieme di opere murarie, monumenti funerari ed arredi votivi di proprietà del concessionario (Art. 63 DPR n. 285/1990), per tutta la durata della concessione.
Ora, mentre la Legge proibisce la circolazione dei titoli di sepoltura, attraverso meccanismi di diritto privato, la componente patrimoniale (= quella suscettibile di valutazione economica), la quale rappresenta solo lo strumento fisico per l’esercizio dello jus sepulchri, potrebbe astrattamente esser donata, lasciata in eredità o, addirittura pignorata da eventuali creditori. Mi preme, però, sottolineare quest’aspetto dirimente e di principio: in un eventuale divaricazione tra titolarità dello jus sepulchri (= diritto della personalità) e mera proprietà del manufatto sepolcrale è inibito al proprietario l’uso del sepolcro, gravando su costui (o costei) solo gli oneri manutentivi ex Art. 63 DPR n. 285/1990.
Stessa questione per il subentro, poiché chi succede al fondatore del sepolcro, potrebbe anche trovarsi nella spiacevole condizione di dover far fronte agli obblighi di conservazione della tomba, senza vantare a sua volta lo jus sepulchri in quel particolare sacello privato e gentilizio.
Oggetto: morte del concessionario e l’istituto del subentro.
Spett. le Redazione –c.a. sig. Carlo –
Di seguito e ad integrazione di quanto già rappresentato con le precedenti noti, Le chiedo, gentilmente, ulteriori delucidazioni, in merito a quanto Le vado ad enunciare:
– Anno 1978: decesso di mio padre il quale come già detto, viene tumulato, su autorizzazione della concessionaria, zia paterna di 1° grado (sorella di mio nonno e, quindi, zia di mio padre), in una area cimiteriale a lei intestata;
– Premetto che a tutt’oggi mio padre è ancora tumulato in tale area (costituita da due fossa).
– Si precisa, che lo scrivente in data 25 gennaio 2013, faceva richiesta al Comune xxx di “subentro – concessione e voltura” dell’area cimiteriale in argomento;
– Alla data del 17 ottobre 2013, ricevevo dal Sett. Tecn.Man. vo del Comune dove io risiedo, una nota in cui il Responsabile del Procedimento Amministrativo, chiedeva allo scrivente, copia dell’atto di concessione della titolarietà di tale area, che ne io, né lo stesso Comune possiamo produrre (archivio comunale distrutto da incendio);
– Con l’istanza del 25 gennaio 2013, chiedevo, contestualmente, oltre al subentro-voltura e concessione, ai sensi della legge 241/90 e s.c.i., se su detta area cimiteriale erano state prodotte altre istanze, i nominativi dei richiedenti ed i titoli abilitativi presentati;
– In data 27 maggio 2014, recatomi all’ente comune per una ricerca analitica della concessione cimiteriali, consultando le delibere comunali, venivo chiamato dal responsabile del procedimento amministrativo della pratica de quo, il quale mi riferiva, che presso l’ufficio protocollo del comune, era stata depositata una nuova istanza di subentro per la stessa area cimiteriale, con allegati altri atti, tra cui anche la concessione, da parte di un figlio del cugino di 1° grado di mio padre; (scrittura privata registrata in cui il titolare della concessione, donava e cedeva l’area cimiteriale, in eredità al proprio genitore, cugino di 1° grado di mio padre)
– E’ possibile che una concessione cimiteriale possa essere lasciata in eredità?
P.S. tale lascito è avvenuto successivamente alla morte della concessionaria anni 80, il marito l’unico erede era già deceduto negli anni 60. Vorrei, inoltre, sottolineare il mancato rispetto di una legge dello Stato in tutte le sue parti e codicilli…….. da parte del mio comune, cosa Le pare???
Grazie mille.
X Enrico,
no, non è possibile siccome i sepolcri, data la loro peculiare funzione di res religiosae, come ci insegna il diritto romano, sono sempre sottratti agli atti di disposizione per acta inter vivos. Si veda anche l’Art. 823 Cod. Civile e l’Art. 92 comma 4 del DPR 10 settembre 1990 n. 285, recante l’approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria
La ratio della norma è chiara: questo divieto, infatti, vuole impedire la libera circolazione dei titoli di sepoltura, per evitare, così spregevoli mercimoni (leggasi fine di lucro o di speculazione) Essi, non dimentichiamo, sono, in effetti, sempre extra commercium, proprio per la loro sublime implicazione morale.
L’unico modo legittimo per variare l’intestazione di una tomba, con l’ovvio problema del dilatarsi, nel tempo, degli jura sepulchri, è rappresentato dall’istituto del subentro, se contemplato dal regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale, però, opera pur sempre -mortis causa- quindi alla morte del concessionario primo. Chi non sia più interessato a mantenere una concessione può solo e solamente, rinunciare, con oneri di riattamento del sepolcro a proprio carico, spogliandosi dello jus sepulchri e retrocedendo così l’intera concessione al Comune che, quale titolare esclusivo dell’impianto cimiteriale, potrà a sua volta riassegnarla a terzi.
X Ettore,
l’Art. 70 del Regolamento di Polizia Mortuaria della Sua città, a quanto vedo, consente la novazione della concessione (= costituzione di un rapporto giuridico del tutto nuovo anche se l’oggetto dello stesso è materialmente il medesimo sepolcro) la quale, altrimenti dovrebbe esser dichiarata come estinta per abbandono amministrativo (mancando il concessionario o i suoi aventi causa subentrati nella titolarità della concessione), o peggio ancora decaduta per insussistenza (…o irreperibilità?) del titolo formale di fondazione.
Può esser una soluzione interessante da studiare e, quindi, esperire, per evitare di avventurarsi nel rischioso istituto dell’immemoriale o in una causa in sede civile.
Attenzione, però, la novazione dell’atto concessorio, come il rinnovo, del resto, è sempre a titolo oneroso per il richiedente.
La decorrenza dovrebbe essere collegata al momento della scadenza della precedente concessione (in caso contrario, vi sarebbe o sovrapposizione tra 2 distinti rapporti giuridici (nell’ipotesi di stipula che avvenga prima della scadenza) oppure un periodo di occupazione “sine titulo” (nell’ipotesi di stipula successiva alla scadenza).
Ammesso, poi, che sia possibile far sorgere una concessione ex novo, essa non avrebbe effetti se non dal momento del perfezionarsi dell’atto di concessione.
Per il pregresso, essendosi verificata un’occupazione di un bene demaniale, comunque deve essere pagato l’uso dello spazio sepolcrale, anche forzosamente (iscrizione a ruolo) ove occorra.
Evidentemente sussiste responsabilità patrimoniale, almeno per la parte non prescritta (va in prescrizione a 5 anni) e ciò comporta che se ne dia segnalazione immediata alla Corte dei Conti, dato che l’omessa o ritardata segnalazione comporta la corresponsabilità di chi l’ometta o ritardi ex Art. 93 D.LGS n.267/2000.
x Carlo
Nella mattinata odierna ho chiesto all’Archvio di Stato di Benevento, se l’Ente Comune avesse versato presso di loro l’atto di concessione, almeno una deliberazione di concessione dell’area, e questo documento consentirebbe di individuare il concessionario primo (fondatore del sepolcro), il personale addetto, mi ha riferito che trattasi di documentazione molto giovane e, quindi, il mio comune non ha versato nulla. Farò altre ricerche al comune e Le farò sapere. Grazie
c.a. Carlo
Grazie, faro come Lei mi ha detto.
Da domani inizierò a chiedere informazione all’Ente Comune e le farò
sapere le novità.
Cordiali saluti
dimenticavo le allego l’art. 70 del reg mortuario del mio comune approvato nel sett 2012, che cita:”””””
ART. 70.
(Riconcessioni).
Nel caso in cui il concessionario e tutti gli aventi diritto alla tumulazione
risultino da ricerca anagrafica estinti, il Comune può accettare richiesta di
nuova concessione, inoltrata tramite autocertificazione redatta da parte di un
parente del concessionario fino al 3° grado in linea retta ed in mancanza, o in
caso di rinuncia di questi, da parte di qualunque altro, purché specifichi il
motivo della richiesta.
In tale caso il nuovo concessionario avrà l’obbligo di mantenere in detta
sepoltura le salme e i resti ivi presenti.
posso intestare al proprio fratello i loculi, non essendo il titolare più reswidente’
X Ettore,
Dimenticavo una postilla:
Data di tumulazione di Suo Padre: anno 1978…ma la concessione era già stata posta in essere, dunque preesisteva, secundum legem, all’effettivo uso del sepolcro.
Se la concessione di cui Lei riferisce è stata perfezionata negli anni ’70, comunque prima del DPR n.803/1975, cioè del vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria, ormai abrogato, che entrò in vigore il 10 febbraio 1976 si sarebbero dovute necessariamente seguire le regole, per far luogo a concessione cimiteriale, dettate dal Regio Decreto n.1880/1942. Orbene, la questione temporale diventa essenziale sotto il profilo del procedimento, perché in regime di Regio Decreto n. 1880/1942 il rilascio della concessione era subordinato ad una serie di passaggi istruttori molto più articolati, come il preventivo nulla osta prefettizio e la successiva delibera comunale.
Il primo suggerimento é, allora, quello di ricercare, magari tra gli atti del consiglio comunale (le delibere nel passato erano raccolte in modo da avere anche un indice, e ciò agevola le ricerche), magari considerando un arco temporale di alcuni anni prima della prima tumulazione), per verificare se sia rintracciabile, se non l’atto di concessione, almeno una deliberazione di concessione dell’area, e questo documento consentirebbe di individuare il concessionario primo (fondatore del sepolcro) e, forse, di estendere le ricerche dell’atto di concessione all’Archivio di Stato.
X Ettore,
capisco il suo sconcerto nel vedersi, per così dire “scippato” di un diritto: fosse per me rischierei anche con la formula un po’ garibaldina del “juris tantum”, che poi si sostanzia nella figura dell’immemoriale.
l’istituto giuridico dell’immemoriale e’ stato espressamente superato con l’Unita’ d’Italia (L. 20/3/1865, n. 2248, allegato A) per i rapporti di diritto privato, potendo persistere, a certe limitate condizioni, in rapporti di diritto pubblico e le concessioni cimiteriali rappresentano, come sempre un forte mix tra la disciplina pubblicistica e quella privatistica.
Spetta/spetterebbe, tuttavia, al giudice dichiarare la sussistenza del diritto esercitato in mancanza del titolo ai sensi dell’art. 2697 Cod. Civile e questa soluzione, lunga e laboriosa rappresenta la via maestra, anche se consideriamo, l’onere economico e, peggio ancora il grado di aleatorietà insito in ogni umano giudizio.
L’istituto cui si fa riferimento non andrebbe utilizzato senza averlo approfondito (ad esempio, ben pochi ricordano come la prova testimoniale dovrebbe avere la forma dell’atto di notorietà (quello “vero”, non la dichiarazione sostitutiva di cui al DPR n.445/2000), e che i testi dovrebbero essere ultra50ennali e non solo avere conoscenza di quanto dichiarato dal .. dichiarante, ma anche riferire che altrettanta conoscenza avevano i loro genitori, ecc.). Si ponderi attentamente (= non e’ una scappatoia).
Tuttavia, proprio per le difficolta’ che possono aversi rispetto a concessioni di lontanissima data o, anche, antecedenti l’Unita’ d’Italia, non si puo’ escludere a priori di inserire nei Regolamenti comunali di polizia mortuaria quest’istituto (e taluni ‘schemi’ aderiscono a questa “filosofia” più progressista). Due sono le modalità:
a) quella piu’ seria sarebbe di applicare l’immemoriale, in modo che chi reclama un diritto d’uso di un sepolcro privato possa adire al giudice per far accertare il diritto di cui ritiene di essere titolare, recependo la decisione del giudice;
b) quella più “spericolata”, invece, consisterebbe nel trasformare gli strumenti di prova dell’immemoriale in un procedimento amministrativo di accertamento del diritto vantato (qualche piccola perplessita’ sorge per il fatto che, cosi’ facendo, l’azione’ amministrativa sconfinerebbe nell’attivita’ giurisdizionale).
Comunque, non dimenticare MAI l’art. 117, 6, III Periodo Cost., ne’ le condizioni per l’efficacia dei questi regolamenti comunali (art. 345 TULLSS).
La ringrazio per la risposta.
Pur non essendo in possesso del titolo di “acquisto”, è pur vero che il lotto cimiteriale in cui è stato sepolto mio padre era stato acquistato negli anni 60 dalla propria zia, la quale, alla morte di mio padre-1978- autorizzo’ la tumulazione del proprio nipote, in quanto al tempo possessore del “titolo di concessionario” (trascrizione della morte sul registro cimiteriale).
E’ altrettanto vero quello che lei dice, che non essendo il richiedente il subentro in possesso del “titolo di concessione”, spetterebbe al giudice dirimere la sussistenza della mia richiesta.
Ma il fatto stesso che sia stato sepolto un parente del concessionario da oltre un trentennio e che la concessionaria non sia più in vita e, quindi in grado di poter dimostrare il “possesso”, non da la possibilità di richiedere il subentro nella posizione del concessionario quale ere.
Altrimenti cosa mi consiglia di fare a questo punto?
Grazie e cordiali saluti Ettore
X Ettore,
il subentro jure sanguinis o jure haereditatis si colloca su un piano del tutto differente rispetto alla titolarità nel rapporto concessorio ed al perfezionarsi dello stesso. Qui il problema è tremendamente più semplice: non si riesce, infatti, a risalire all’atto di fondazione del sepolcro privato, saremmo, allora, in presenza di un uso sine titulo, ex Art. 823 Cod. Civile, di lotto di terreno cimiteriale.
Se manca il titolo formale cioè quel regolare atto di concessione di cui all’Art. 98 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 quale condicio juris per poter legittimamente vantare diritti su area, edificio cimiteriale (o porzione di quest’ultimo) la concessione stessa dovrebbe risultare insussistente.
Spetta/spetterebbe solo al giudice, in sede civile, dichiarare la sussistenza del diritto esercitato in mancanza del titolo ai sensi dell’art. 2697 Cod. Civile.
gentile red.ne, mi rivolgo a voi per sottoporre un quesito:
> -mio padre, deceduto il 1978, fu autorizzato dalla (zia/morta dopo pochi anni dalla morte del nipote) diretta concessionaria alla tumulazione nella proprio lotto cimiteriale. Nel gennaio 2013 ho presentato istanza di subentro, voltura e concessione del lotto in argomento. L’ufficio preposto del comune mi ha richiesto copia dell’atto di concessione, che io non ho e che neanche lo stesso Ente è riuscito a trovare (archivio distrutto per incendio), per poter rilasciare autorizzazione al subentro. Visto questo stallo come posso chiedere ed ottenere il subentro nella posizione del concessionario quale erede. Ringrazio per la disponibilità e porgo cordiali saluti.