Ipotesi di … distrazione dei defunti

Si prega di non fraintendere. Non vi è alcuna ipotesi di “visione” poliziesca, ma un orientamento alla concretezza.
L’invito è a non fraintendere, in quanto si parte richiamando norme penali in materia di delitti contro la pietà dei defunti sottolineando proprio il richiamo alla “pietas”, che significa molte cose.
In primis il fatto che i defunti (nel senso di corpo delle persone decedute, nei vari stadi/stati – Artt. 410, 411 e 412 C.P.) non sono oggetti, ma qualcosa carico di valori e significati, sia individuali che per la società.
Al punto che questa valorizzazione si estende alle cose e/o ornamenti (art. 408 C.P.).
In particolare, tra le disposizioni citate, l’art. 411 C.P. la (1) distruzione, (2) soppressione o (3) sottrazione e l’art. 412 l’(4) occultamento.
Manca un’ulteriore ipotesi, quella dello (5) smarrimento o, se si vuole, della (5) distrazione.
Evitiamo di parlare di dispersione che, per le ceneri, ha una precisa regolamentazione negli art. 2 e 3, comma 1, lett. c) e lett. d) L. 30 marzo 2001, n. 130.
Pure, accanto a qualche “sconfinamento” in materie di competenza legislativa – esclusiva – dello Stato da parte di norme regionali.
Non appaia anomalo il parlare di smarrimento/distrazione, non tanto per i cadaveri, generalmente contenuti nei feretri, che, non fosse altro che per motivazioni dimensionali, ne appaiono meno esposti, ma maggiormente per le urne cinerarie.
In caso di affidamento ai familiari si può temere che nel tempo, con lo scemare del lutto, queste possano venire conservate in luoghi diversi da quelli in cui la conservazione avveniva inizialmente, luoghi a volte impropri.
Oppure che l’eventuale scelta per una rinuncia all’affidamento sia mal regolata (regolazione che, per inciso, rientrerebbe nella materia dell’”ordinamento civile”).
O che venga a decedere lo stesso familiare affidatario, sollevandosi esigenze di darne una sistemazione che assicuri dignità e rispetto.
Pertanto si hanno situazioni in cui l’ipotesi dello smarrimento/distrazione assume prospettive tendenzialmente concrete.
L’art. 24 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. prevede che le autorizzazioni al trasporto dei cadaveri (feretri?) siano oggetto di comunicazione al comune in cui deve avvenire il seppellimento.
Il successivo art. 52 prevede registrazioni “in arrivo”, ma anche quelle relative ad eventuali “variazioni”.
Si afferma cioè un principio che può essere definito di tracciabilità, che permane sino a che non si determinino condizioni per il collocamento delle ossa nell’ossario comune.
In qualche modo, questo principio di tracciabilità opera anche per le urne cinerarie, sino a che non vi sia l’utilizzo del cinerario comune.
A questo principio vi è tuttavia deroga nei casi di dispersione delle ceneri, anche se persista fino a che questa dispersione non sia eseguita, ma, a maggior ragione, in altre situazioni.
Non ci si riferisce solo alle situazioni, già prospettate, dell’affidamento ai familiari che, nel tempo, possono subire …alterazioni.
Ma anche al fatto che sembra non esservi alcuna previsione per cui, una volta autorizzato il trasporto dell’urna cineraria, questo sia oggetto di una qualche tracciabilità.
A volte, talune disposizioni regionali sembrano perfino consentire che l’autorizzazione al trasporto dell’urna cineraria costituisca aspetto secondario, sostituito da mere comunicazioni (sembra).
Vi sono stime secondo cui dei defunti che hanno avuto accesso alla cremazione, solo 2/3 abbiano destinazione finale nei cimiteri .
Altra parte è destinata alla dispersione delle ceneri; altra ancora all’affidamento ai familiari, a volte perdendosene traccia.
Nei casi in cui abbia trovato normale applicazione l’art. 26 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (ed anche senza coerenza con queste o sua riforma, nel caso di persona diversa), non vi sono indicazioni che portino ad una qualche verifica se e dove l’urna sia stata traslata, una volta avvenuta la consegna da parte dell’impianto di cremazione (art. 81 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.).
Ciò dato che uno dei 3 esemplari del verbale di consegna dell’urna cineraria è “conservato” da chi prende in consegna l’urna.
Ma questi altro non è se non un “vettore”, rispetto ad una destinazione finale dell’urna.
Non mancano casi di norme in cui l’urna è oggetto di consegna “agli aventi titolo”, formula tanto vuota quanto non coerente, difettando ogni indicazione su come si debba considerare la titolarità.
Ma vi sono anche formulazioni per le quali la consegna dell’urna cineraria è effettuata previa sottoscrizione di un documento nel quale i soggetti aventi titolo dichiarano la destinazione finale dell’urna o delle ceneri.
A parte la “bellezza” dell’indicazione “… dell’urna o delle ceneri …”, come se le seconde potessero essere consegnate sfuse, emerge che il “vettore” dichiari la destinazione finale.
Ma nulla è minimamente previsto se quest’ultima sia oggetto di una qualche registrazione, per mantenere un minimo di tracciabilità.
Nulla escluderebbe (la prospettazione è meno accademica di quanto possa immaginarsi) che, indipendentemente dal contenuto di questa “dichiarazione” (o, peggio, in coerenza con questa), questa “destinazione finale” avvenga in contrasto con le norme che regolano le destinazioni finali delle urne.
Magari in siti nei quali non sia legittimamente ammissibile conservare urne cinerarie.
Difettando sistemi di comunicazioni adeguati. potrebbero esservi situazioni in cui non vi siano più elementi di conoscibilità dell’attuale collocazione di un’urna cineraria.
Forse, si sta errando, ma non sembrerebbe che un’urna cineraria (ma, soprattutto, il suo contenuto) possano essere assimilabili ad un pacchetto di caramelle vuoto che si ripone, abbandonandolo, in qualche cestino lungo la via.

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