Alla morte del concessionario – 1/2

Introduzione

Molti Regolamenti comunali di polizia mortuaria prevedono che, in occasione, o conseguenza, della morte del concessionario – fondatore del sepolcro e/o, in alcuni casi, concessionario (o, concessionari, se più di uno) – in qualche modo subentrati al concessionario/fondatore del sepolcro (in tali casi, a volte anche per plurimi eventi succedutisi nel tempo), siano tenuti a provvedere, a richiedere un aggiornamento dell’intestazione della concessione, generalmente individuando un termine (6, 12 mesi, fino ad alcuni anni).
Si tratta di previsioni volte a far sì che siano note le persone che hanno titolo all’accoglimento nel sepolcro de quo.
Questo serva sia a tali persone, per una debita conoscenza della propria posizione soggettiva in merito alla concessione cimiteriale (e alla sua fruizione), sia al comune (o, in caso di affidamento ad altri soggetti, nel rispetto delle disposizioni normative e delle procedure perché questo affidamento venga posto in essere, al soggetto gestore) di assicurare una corretta gestione, e fruizione, del sepolcro, disponendo degli elementi necessari a riconoscere chi abbia titolo di accoglimento.
Infatti, se questo “aggiornamento” non avvenisse, l’accertamento della titolarità all’accoglimento di un feretro in un dato sepolcro (non si dimentichi l’art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., spesso considerato “con leggerezza”), poiché, se non sia intervenuto questo “aggiornamento” dell’intestazione della concessione dovrebbe provvedersi con procedure accertative anche complesse e che sono esposte a richiedere tempistiche che non sempre sono compatibili con quelle che ordinariamente una “sepoltura” (l’accoglimento del feretro nel sepolcro) comporta.
Non si entra qui se un tale “aggiornamento” dell’intestazione della concessione comporti il riconoscimento della qualità di concessionario o meno delle persone interessate, né quali effetti ciò produca sotto il profilo della titolarità dei diritti o circa il loro riconoscimento (né definire quale portata questo ultimo abbia o possa avere), rinviando alla specifiche previsioni dei singoli Regolamenti comunali di polizia mortuaria.

Ma che accade nella realtà?

Per quanto disposizioni aventi questi contenuti rispondano ad innegabili funzionalità e siano apportatrici di chiarezze sia per le persone interessate sia per la gestione del cimitero e, al suo interno, delle singole concessioni cimiteriali, si rileva come:
(A) tali disposizioni non presentino – in genere – alcuna indicazione specifica che regoli un’eventuale inadempimento, una volta decorso il termine, tanto che si potrebbe parlare di norma minus quam perfecta (questione che andrebbe valutata e in qualche modo ri-definita),
(B) ma – soprattutto – va constatato come, nella realtà, queste disposizioni rimangano, de facto, particolarmente inattuate.
Molte volte l’omissione di un tale “aggiornamento” dell’intestazione può essere imputabile al fatto che le persone che ne sono (sarebbero?) tenute non hanno conoscenza del fatto di dovervi provvedere, questo sia perché persone diverse (es.: coniuge, discendenti, ecc.) dal concessionario del sepolcro, fattore di misconoscenza che si incrementa allorquando la “distanza” generazionale tra concessionario/fondatore del sepolcro cresca e coinvolga, magari più generazioni.
Non si sta qui considerando l’ipotesi di omissioni motivate da un qualche disinteresse o altri comportamenti intenzionali, quanto la misconoscenza di bona fide, dato che spesso le persone che ne siano tenute spesso neppure dispongono dell’atto di concessione detenuto dal concessionario defunto e conservato – quando sia conservato con una qualche diligenza – tra le “carte di famiglia” del concessionario defunto e destinato ad essere reperito in momenti del tutto successivi alla “sepoltura”, ammesso che l’atto di concessione indichi anche questi adempimenti da attuare alla morte della persona che ne è parte e, quindi, da parte di persone terze; ma spesso queste neppure sono a conoscenza delle specifiche previsioni del singolo Regolamento comunale di polizia mortuaria, per quanto – astrattamente – questo abbia natura di atto normativo di portata generale, che farebbe sorgere una presunzione (lieve, invero) di conoscenza generalizzata.
L’esperienza insegna come ciò non sia che un’affermazione astratta, dato che l’accesso al singolo Regolamento comunale di polizia mortuaria assume un qualche interesse generalmente solo allorquando vi siano contenziosi, più o meno rilevanti.

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Sereno Scolaro

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