Estumulazioni forzate

Della difficile decisione di imporre una riciclo forzato dei posti salma, dopo il periodo di sepoltura legale, abbiamo gia' dolorosamente parlato nei mesi scorsi, ma diverse amministrazioni si sono volute superare, regalandoci un’autentica perla di sapienza tecnico-amministrativa, felicemente estranea anche al piu' astruso sapere legale.

Urge subito una precisazione, chi vi scrive si e' sempre schierato contro questa scelta, per ragioni di ordine morale, ma l'inumazione obbligatoria dell'inconsunto cimiteriale proveniente da estumulazione e' assolutamente legittima ed cogente perche' prevista, in modo esplicito, dall' Art 86 comma 2 del DPR 285/90

Ricapitoliamo dunque: se le concessioni di loculi non sono rinnovabili, anche in caso di cadavere non mineralizzato, si procede all’interramento coatto, persino contro la volonta' del de cuius (tanto ormai e' morto) e degli stessi famigliari.

Il problema e' molto piu' spinoso nel caso di loculi adiacenti, magari chiusi dalla stessa lapide.

Poniamo che una famiglia, sin troppo previdente, nei favolosi anni ’80 abbia acquistato a peso d’oro, una tomba doppia con contratto di durata trentennale per deporvi la spoglia di una persona cara, nell’attesa che anche l’amata sposa possa a questi riunirsi nell’immensita' degli spazi celesti (un po’ di poesia non guasta mai…).

Se il coniuge superstite ha la (s)fortuna di vivere ancora parecchi anni dopo la tumulazione del primo feretro arriviamo all’empasse piu' completo, perche' le nuove prescrizioni vietano espressamente di prolungare l’occupazione del sepolcro oltre i trent’anni, il cui computo, pero', e' iniziato, di norma, dopo la prima sepoltura se non specificato diversamente nel regolamento comunale di polizia mortuaria e nell’atto di concessione.

Come chiarito dall’’Agenzia delle entrate con risoluzione n. 149/E dell’8 luglio 2003 con le concessioni cimiteriali hanno decorrenza dalla stipula del relativo regolare atto di concessione oppure da quella, eventualmente, successiva che sia, espressamente, prevista nell’atto di concessione. Tuttavia, non va esclusa, ove espressamente indicata nel Regolamento comunale di polizia mortuaria, la possibilita' che la decorrenza venga fatta decorrere dal momento in cui ne inizia l’utilizzo (ad esempio: sepoltura) o, per talune fattispecie, anche dal momento del versamento della tariffa stabilita perche' si faccia luogo alla concessione.

Ecco, allora, il lampo di genio perverso: in caso di un secondo feretro tumulato recentemente (potrebbero essere trascorsi persino pochi mesi) si procede alla rimozione obbligatoria (leggasi “sfratto”) e se il cadavere e' inconsunto (cioe' sempre, anche perche' non sono trascorsi i 20 anni di periodo minimo di sepoltura per effetto dei quali un cadavere diviene resto mortale ed un corpo tumulato si conserva anche per moltissimo tempo, mentre pochi mesi sono un periodo irrisorio) si ricorrera' ad inumazione di durata decennale, non prima, pero', di aver praticato sul coperchio di zinco alcuni tagli per favorire i processi putrefattivi ex Art. 86 comma 2 DPR 285/90.

I poveri affossatori potrebbero, quindi, trovarsi dinnanzi ad un feretro ancora “fresco” con l’idea poco gradevole di dover squarciare l’involucro zincato anche se miasmi della decomposizione sono in pieno sviluppo.

E’la stessa criticita' igienico-sanitaria in cui si ricorre per i feretri destinati ad inumazione, ma confezionati con la doppia cassa il cui interro, ex Art. 75 comma 2 e' subordinato all’apertura di ampi squarci sul coperchio “stagno” formato dalla lamiera della cassa zincata.

Diversi comuni, tra cui Milano, nei primi anni ’90 contestarono duramente questa procedura per la sua intrinseca pericolosita'.

Piccola postilla: presso molte municipalita' la tumulazione, nonostante il DPR 254/2003 ha durata minima trentennale, principalmente per due ragioni:

• Una di tipo affettivo, trent'anni sono un lasso di tempo molto lungo, ed solleticano ancora, nell'animo dei dolenti, il mito della tomba eterna.
• L'altra e', invece, di tipo operativo: il cadavere racchiuso in duplice cassa e cella muraria tende a non decomporsi, quindi occorre una permanenza nel sepolcro per moltissimo tempo, nella vana speranza che si riattivino i processi putrefattivi inibiti dal contenitore a tenuta stagna in cui la salma e' deposta e sigillata.

Queste disposizioni sono, quindi, tra loro contraddittorie, mentre un impianto normativo (Leibnizh docet) dovrebbe in primo luogo mostrare una sua coerenza interna.

L’Art 20 comma 3 del regolamento regionale lombardo n. 6/2004 in tema di servizi necroscopici, funebri e cimiteriali proprio al fine di favorire un uso a rotazione del patrimonio cimiteriale enuncia una norma molto precisa per evitare questi problemi gestionali secondo cui quando si estumula per far posto a un nuovo feretro, la residua durata del diritto d’uso del loculo e' pari ad almeno vent’anni per i loculi stagni e dieci anni per quelli aerati, con eventuale prolungamento dell’originaria concessione in uso per il tempo occorrente.

C’e' poi una nota giuridica: per il principio di gerarchia tra le fonti del diritto un regolamento cittadino non puo' contravvenire ad un DPR statale, cosi' le norme in contraddizione con il DPR 254/2003 che fissa in 20 anni il periodo minimo di tumulazione in loculo stagno, vengono implicitamente abrogate.

Consentiteci una proposta: se davvero c’e' questa carenza cronica di posti salma, invece di violentare i desideri e la memoria dei defunti appena scomparsi, perche' non si seguono le indicazioni del D.P.R 254/2003, ossia riducendo a vent’anni, il periodo minimo della permanenza di una bara nella cella muraria?

Occorrerebbe molto semplicemente, render conveniente la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario oppure la cremazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo.

In altri termini il fulcro di questo breve saggio e' il concetto di 'capienza di sepolcro', il quale, a parere dello scrivente, e' da intendersi in senso lato (laddove non diversamente specificato nell'atto di concessione), per le diverse forme in cui si presenta o si trasforma un cadavere (quindi anche resti mortali, ossa e ceneri)

Certo, il provvedimento avrebbe validita' solo per l'avvenire, ma, c'e' da scommetterci, un buon giurista, senza ombra di dubbio, riuscirebbe ad introdurre in siffatta disposizione anche qualche prezioso elemento di retroattivita', ancorche' atipica.

Ben inteso l’irretroattivita' della norma giuridica e' un caposaldo del nostro ordinamento, quindi una concessione perpetua non puo' d'imperio essere modificata dal Comune in 'a tempo determinato', con un provvedimento ablatorio, ma tale situazione puo' essere variata su richiesta dei concessionari, e accolta dal Comune, in linea generale, attivando la procedura di rinuncia di concessione e attribuzione di nuova concessione. Se sussistono i presupposti il Comune, d'imperio, puo' invece pronunciare la decadenza o la revoca della concessione. 2) Laddove l'atto originario di concessione lo preveda espressamente o indirettamente (ad es. specificando che valgono le norme che i successivi regolamenti di polizia mortuaria stabiliranno), data la natura di diritti affievoliti delle concessioni cimiteriali, talune Amministrazioni comunali utilizzano procedure che consentono di variare il precedente regime concessorio. Si citano due esempi abbastanza diffusi: a) concessione perpetua di loculo, vincolato a tumulazione della salma xy, che si trasforma a tempo determinato (ad es. 30 anni) con contestuale estumulazione della salma di xy e tumulazione di nuova salma zw; b) rinuncia da parte del titolare di concessione perpetua di loculo in cambio di concessione gratuita a tempo determinato di ossarietto (con varieta' di scelte circa la onerosita' o meno delle operazioni cimiteriali necessarie)

E poi perche' non pensiamo seriamente a rivalutare e riciclare il patrimonio cimiteriale esistente?

L'art, 106 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria, ad esempio, consente maggior flessibilita' nel recupero dei posti salma ed in virtu' del DPCM 26 maggio 2000 le relative autorizzazioni sono state trasferite alle regioni che in molti casi, come accade in Emilia Romagna, attraverso una sub delega, le hanno, a loro volta, attribuite al Sindaco in qualita' di autorita' sanitaria cittadina.

Sarebbe un’operazione molto piu' indolore e discreta.

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Carlo Ballotta

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24 thoughts on “Estumulazioni forzate

  1. X Duilio,

    In primis: di norma, non sarebbe ammissibile più di tanto la cosiddetta “tumulazione provvisoria”, men che meno se accordata dal concessionario, verso la cui trasgressione alla precise norme sulla famigliarità del sepolcro gentilizio, potrebbe pronunciarsi la decadenza, salvo essa non sia, in qualche maniera, disposta d’ufficio dalla pubblica autorità locale per imprescindibili ragioni di ordine pubblico e di igiene, in questo caso, così eccezionale, è lecito e corretto il ricorso alla forma dell’ordinanza contingibile ed urgente ex Art. 50 comma 5 e 54 comma 2 D.Lgs n. 267/2000.

    Dato, infatti, il radicale mutamento della tipologia di sepolture richieste dai costumi funerari della popolazione italiana nel corso degli ultimi decenni (prevalgono per il 60% dei casi le tumulazioni) spesso, per la cronica difficoltà nell’accontentare i desideri (o…le pretese?) della cittadinanza i comuni, qualora i tumuli scarseggino attuano la “REQUISIZIONE”, ossia l’atto giuridico con cui si priva un soggetto dei suoi diritti di possesso (e talvolta la proprietà) di un bene. essa è, cioè, un provvedimento con il quale la pubblica amministrazione, nell’esercizio di un potere ablatorio, sottrae al privato, in via temporanea o definitiva, il godimento di un bene, mobile o immobile, a motivo del superiore interesse pubblico, contro un indennizzo.
    Si distingue, in dottrina, tra requisizione in proprietà e requisizione in uso.

    La prima riguarda solo i beni mobili ed ha effetti definitivi; la seconda può interessare anche i beni immobili ed ha effetti limitati al tempo necessario per l’utilizzo del bene. La requisizione in uso interessa l’usufrutto dell’immobile, mentre lascia intatta la nuda proprietà.

    Per l’ordinamento italiano, è consentita solo “quando ricorrano gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili”, contro una “giusta indennità” e sulla base di norme determinate da leggi speciali (articolo 835 del codice civile).

    Solo in questo frangente emergenziale il comune può procedere d’ufficio all’estumulazione, deliberando ARBITRARIAMENTE delle modificazioni nella collocazione delle tombe che configurerebbero anche un ingiusto danno verso il diritto di sepolcro secondario, ossia nei confronti del sacrosanto diritto dei vivi a render onore ed omaggio ai loro morti, sempre in quel cimitero, sempre su quella fossa o davanti a quel tumulo.

    Si invita, poi, a meditare su questa sentenza:
    Il T.A.R. Campania, Sede di Salerno, Sez. II, con sentenza n. 379 del 16 febbraio 2015, ha, infatti, dichiarato l’illegittimità dell’ordinanza sindacale, contingibile ed urgente, di requisizione temporanea di loculo in una cappella gentilizia (presumibilmente, l’ordinanza aveva riguardo a più loculi, in più cappelle), dove la temporaneità è stata collegata alla ultimazione di lavori di costruzione di nuovi loculi (o, comunque, entro data determinata), assumendo la non sussistenza dei presupposti per l’esercizio, eccezionale, del potere di ordinanza contingibile ed urgente.
    Ciò in quanto nel Comune persisteva da tempo una carenza di posti di sepoltura a sistema di tumulazione, con la conseguente esclusione di fattori di imprevedibilità in quanto derivante da un’inadeguata attività di programmazione ed esecuzione degli interventi di ampliamento necessari, imputabile in via esclusiva all’amministrazione comunale, ma, anche, per la carenza di un pericolo per un qualche pubblico interesse.
    Al contrario, la requisizione temporanea così disposta andrebbe ad ostacolare l’esercizio del culto dei defunti e la dignitosa sistemazione delle salme, costituenti oggetto di interessi meritevoli della più sensibile attenzione, ma insuscettibili di legittimare l’esercizio del potere di ordinanza in quanto estranei al catalogo tipico dei valori contemplati dalle norme di legge che lo disciplinano.
    L’orientamento appare conforme a quello seguito anche altrove, in situazioni analoghe in cui vi siano stati provvedimenti consimili e quindi si rileva come stia avvenendo un consolidamento giurisprudenziale nel senso sopra indicato.

    In secondo luogo, vedrei bene una norma ad hoc nel regolamento comunale per regolarizzare la situazione pendente, in ogni caso la concessione sussiste “se” ed “unicamente” in presenza di regolare atto di concessione, ex Art. 98 DPR 10 settembre 1990 n. 285, quale titolo necessario per vantar diritti su di un edificio funerario, il cui rilascio ai sensi del combinato disposto tra gli Artt. 95 e [retroattivamente] 103 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria è sempre a titolo oneroso per il richiedente, anzi, se non vi sono norme o usi difformi a livello locale, come ha ricordato l’Agenzia delle Entrate, con propria risoluzione, la concessione decorre, non tanto dall’uso concreto del manufatto cimiteriale, ma dalla formale stipula della stessa, dietro versamento del rispettivo canone concessorio (per i cui criteri generali di calcolo si rinvia all’Art. 4 D.M. 1 luglio 2002).

    In questo frangente sembra pleonastico e ridondante il ricorso all’ordinanza sindacale contingibile ed urgente, potendo bastare un’ordinanza, sì, ma dirigenziale, o un semplice atto ricognitivo sempre del dirigente (Art. 107 D.Lgs n. 267/2000) in cui di prenda atto della grave inadempienza contrattuale posta in essere dai concessionari. Non parlerei tanto di decadenza, la quale presuppone un rapporto concessorio in sé perfetto e già produttivo dei propri effetti giuridici, bensì di un semplice accertamento di un occupazione sine titulo, ossia abusiva del nuovi loculi appena costruiti cui seguiranno tutte le misure (trasferimento dei feretri in campo di terra) ritenute necessarie dal Comune per ripristinare lo status quo ante e sanare questo vulnus al buon governo del sistema cimiteriale cittadino.

    Anzi, dirò di più: i conncessionari (o presunti tali, per le ragioni di cui sopra poichè se non si è perfezionato un rapporto giuridico di concessione cimiteriale nessuno può legittimamente definirsi titolare di un diritto d’uso su di un sepolcro privato a sistema di tumulazione) dovranno anche forzosamente (iscrizione a ruolo?) corrispondere per rata il canone concessorio relativo al periodo di impiego sine titolo degli avelli, in difetto per il Comune che non dovesse in tal modo tutelarsi sorgerebbe ex Art. 93 D.Lgs n. 267/2000 la responsabilità patrimoniale per arrecato danno erariale, con segnalazione d’obbligo alla Corte dei Conti (l’azione si prescrive in 5 anni!)

  2. vorrei porre il seguente quesito:
    Il comune di M.S…. ha tumulato provvisoriamente delle salme in cappelle gentilizie private per mancanza di loculi disponibili, nel momento in cui l’amministrazione ha realizzato i loculi necessari a soddisfare le tumulazioni provvisorie con ordinanza sindacale si proceduto alla traslazione delle salme in tumulazione definitiva dietro pagamento della concessione del singolo loculo da parte dei familiari delle salme, si sono verificati diversi casi di mancati pagamenti degli oneri concessori i rispettivi concessionari sono stati invitati con diversi modalità lettera raccomandata notifica a mezzo messo senza avere risposta. Mi domando il Sindaco con propria ordinanza può ordinare la traslazione di dette salme con inumazione in campo comune visto che i familiari si rifiutano di ottemperare al versamento degli oneri concessori?dra

  3. X Giovanni,

    sotto il profilo procedimentale, cioè della legittimazione a disporre delle spoglie mortali, sostenendone di conseguenza gli oneri economici (con l’Art. 1 comma 7 bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26, infatti, tutte le operazioni cimiteriali, sono divenute ordinariamente a titolo oneroso per l’utenza del servizio) mi preme sottolineare questo aspetto di diritto riassumibili in questo slogan: “paga chi decide!” in difetto di una norma regolamentare locale di dettaglio su questi aspetti, ci si deve riferire ai principi generali più volte ribaditi dalla giurisprudenza, e sintetizzati nell’Art. 79 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR n.285/1990 che assegnano il potere di disporre del cadavere o dei resti mortali al coniuge, ai discendenti (cioè ai parenti in grado più prossimo). Poiché non si tratta di diritti patrimoniali, per i quali potrebbe sussistere l’istituto della rappresentazione (art. 467 e seguenti codice civile), ma di diritti personali (anzi, personalissimi), si segnala come, in assenza del coniuge, sia del tutto sufficiente l’accordo dei discendenti in primo grado del defunto con cui si estromette gli altri congiunti, meno legati al de cuius da vincolo di consanguineità. Si tratta, insomma di applicare il famoso (o…famigerato?) principio di poziorità nel quale si coniugano potere di scelta + preminenza nel decidere.

    Per sollevare l’amministrazione comunale da ogni valutazione, è sufficiente che uno dei parenti nel grado più prossimo richieda l?’operazione cimiteriale, dichiarando di agire in nome e per conto di tutti gli aventi titolo di pari livello tra loro, comunque, obbligati in solido (Art. 1292 Cod. Civile) verso il Comune, il quale rimane estraneo ad ogni contenzioso endo-famigliare.

  4. Vengo informato da mio zio, a procedura avvenuta, che, causa decorrenza della concessione (99 anni) le salme dei miei bisnonni sono state estumulate e trasferite nel loculo di mia nonna con una spesa di circa 3000 euro per rilevigatura della lapide e apposizione dei nomi in caratteri bronzei. Poiché mio padre è mancato, chiede che io e mio fratello partecipiamo alla quota che sarebbe stata dovuta da mio padre, se in vita. Siamo tenuti ad accollarci una tale spesa?

  5. L’estumulazione naturale cioè “d’ufficio” avviene allo scadere della concessione ex Art. 86 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria. Altrimenti occorrerebbe pur sempre un atto di disposizione, solitamente dei familiari, ma in casi più critici e del tutto marginali anche dell’Autorità Sanitaria o Giudiziaria.

  6. Gli oneri dell’estumulazione con conseguente nuova destinazione del resto mortale (ri-tumulazione, inumazione in campo comune o cremazione dello stesso) sorgono in capo a chi possa disporre della spoglia, ossia ai più stetti congiunti individuati, jure sanguinis o jure coniugii, secondo il criterio di poziorità (potere + priorità nello scegliere l’una o l’altra forma di sepoltura) stabilito dall’Art. 79 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285. In buona sostanza paga chi decide dove ed a quale sepoltura avviare il resto mortale estumulato; cioè se ri-tumularlo (con annessi oneri di una nuova concessione di loculo), inumarlo o cremarlo.
    Anche l’inumazione in campo comune di cadavere o resto mortale o la loro cremazione dopo l’entrata in vigore dell’Art. 1 comma 7 bis Legge n.26/2001 sono operazioni a pagamento per l’utenza dei servizi cimiteriali, ossia per il cittadino richiedente.

    In caso di irreperibilità degli aventi diritto o loro disinteresse (mancanza di congiunti sino al sesto grado di parentela, o, ancora, comprovata volontà di…”fregarsene” e non voler in alcun modo sostenere le spese) l’onere dell’estumulazione (apertura del loculo, sua sanificazione, smaltimento dei rifiuti quali cassa, imbottitura cofano e sepoltura in campo comune o cremazione del resto mortale) competono, pur sempre, al concessionario.

  7. Buongiorno vorrei un’infomazione su chi deve pagare le spese di estumulazione di una zia aquisita e se è obbligatorio il pagamento di tutti i parenti?

  8. Il trasporto del resto mortale (= esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo definito in via amministrativa, con criterio cronologico, dall’Art. 3 comma 1 lettera b) DPR n.254/2003) da cimitero a cimitero è senz’altro possibile, anche ai sensi dell’Art. 3 comma 5 DPR n.254/2003.

    Per i trattamenti consentiti all’atto dell’estumulazione: interro in campo indecomposti, ri-tumulazione (si veda a tal proposito questo link: https://www.funerali.org/?p=279), cremazione si veda il combinato disposto tra l’Art. 86 comma 2 DPR n.285/1990, la Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, il suddetto Art. 3 DPR n.254 e la risoluzione del Ministero della Salute del 30/10/2003 di p.n. 400.VIII/9Q/3886.

    Il trasporto dei resti mortali (da cimitero a cimitero, verso il crematorio o all’interno dello stesso camposanto) è regolato dalla risoluzione p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004 emanata sempre dal Minstero della Salute.

    Teoricamente ex Art. 337 Regio DEcreto n. 1265/1934 e Art. 49 DPR 10 settembre 1990, n. 285 ogni comune deve disporre di almeno un cimitero a sistema di inumazione e nel calcolo del fabbisogno di spazi entro cui ricavare fosse si deve considerare, ai sensi dell’Art. 58 comma 2 DPR n.285/1990, anche le buche necessarie per la sepoltura in campo di terra dei cadaveri inconsunti.

    C’è un’importante sentenza su cui meditare: T.A.R. Trentino Alto Adige in data 8 agosto 2005: “Tra gli elementi minimali che la legge stabilisce perché un cimitero possa qualificarsi tale oltre alla camera mortuaria, all’ossario comune, al cinerario comune, ad una recinzione alta non meno di m. 2,50 e al servizio di custodia deve aggiungersi anche la previsione di almeno un campo per l’inumazione dei cadaveri. Un crematorio deve essere costruito solo dentro un cimitero. Pertanto non può essere realizzato un cimitero destinato solo alla costruzione di un crematorio ed a tombe per la sepoltura delle ceneri, se non è prevista anche la presenza di almeno un campo di inumazione”.

    Ormai, però, molte Leggi Regionali e relativi Regolamenti ragionano in termini di sistema cimiteriale del comune, laddove un comune disponga di diversi cimiteri. L’obbligo di approntare almeno un reparto a sistema di inumazione può, dunque esser assolto dirottando i resti mortali verso un cimitero differente da quello di prima sepoltura.

    Se non è possibile la riduzione dei resti ossei in cassetta di zinco di cui all’Art. 36 DPR n.285/1990 le soluzioni sono diverse.

    Il resto mortale può esser:

    1) ri-tumulato (occorre una nuova concessione di un loculo o il rinnovo della concessione presistente).

    2) inumato in campo indecomposti

    3) cremato

    4) trasportato in altra sede (Estero o cimitero fuori comune), in tal caso saranno necessarie le autorizzazioni di cui al capo IV DPR n.285/1990 e l’adozione delle cautele igienico-sanitarie prescritte dall’Art. 88 comma 2 DPR n.285/1990.

  9. gentile Redazione,
    tempo fa mio nonno è morto e adesso siamo in prossimità dell’estumulazione per avviare la salma a riduzione dei resti, sempre se possibile.
    Nel cimitero monumentale dove collocata la salma non effettuano più nessuna oprazione di inumazione essendo ormai chiuso da anni e pertanto gli operatori cimiteriali ci hanno detto che trasporteranno la cassa nell’altro cimitero comunale per poi aprirla e vedere se possibile la riduzione.
    Mi chiedevo se tale trasporto, da cimitero a cimitero, fosse possibile e se tali operazioni non dovessero compiersi nello stesso cimitero in cui è custodita la salma.
    Inoltre cosa succede nel caso non fosse possibile la riduzione dei resti?
    Grazie

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