Negli artt. 90 e 93 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. si prendono in considerazione, in tema di concessioni cimiteriali e loro usi, gli “enti”.
Il termine è presente anche in altre disposizioni, quali gli artt. 80, 94 e 98, ma pur sempre nei contesti disegnati dai precedenti.
Nel primo quali possibili destinatari di concessioni cimiteriali (parallelamente ai “privati”), nel secondo in relazione alla regolazione del diritto d’uso.
Ciò osservando come queste concessioni possano riguardare sepolture a sistema di tumulazione:
(a) individuale,
(b) per famiglie e
(c) collettività),
oppure sepolture a sistema di inumazione:
(a) per famiglie e
(b) collettività).
In particolare, per il diritto d’uso (art. 93, comma 2) prevede una “riserva” distinguendo quelle fatte a persone fisiche rispetto a quelle fatte ad “enti”.
Cosa che induce a considerare come l’indicazione di “privati” al precedente art. 90 identifichi le persone fisiche, mentre quella di “enti” rimanga indifferente al fatto che essi abbiano natura privata o pubblica.
Ferma la titolarità della personalità giuridica, costituendo questa una pre-condizione, non prescindibile, per poter essere titolare di un tale rapporto, in relazione anche all’art. 823, comma 2 C.C.
Sotto il profilo del diritto d’uso per le concessioni cimiteriali fatte ad “enti”, tale riserva opera a favore delle “persone contemplate dal relativo ordinamento e dall’atto di concessione”.
In conseguenza del fatto che la concessione non è stata fatta a persone fisiche, l’ampliamento di tale riserva (che rimane comunque tale), rispetto alla normazione antecedente, nel comma 2, rimarrebbe (se ammissibile e non lo è) delimitato alla sola ipotesi delle persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei confronti dei concessionari.
Questo secondo i criteri stabiliti nei regolamenti comunali, con un ampliamento che potrebbe essere fatto valere solamente alla condizione che il Regolamento comunale di polizia mortuaria stabilisca i criteri per la qualificazione di questa condizione.
In difetto di qualificazione, tale ampliamento non può trovare applicazione.
Ovviamente, non può prendersi in considerazione l’ipotesi di persone conviventi con il concessionario, in quanto la convivenza non può che essere tra persone fisiche.
Va osservato come il diritto di sepoltura nelle concessioni fatte ad “enti” venga a basarsi su 2 elementi: [1] ordinamento dell’ente, unitamente a [2] (statuizioni dell’)atto di concessione.
È da questi due elementi, concorrenti tra loro, che possono individuarsi la presenza di due livelli di rapporto.
Il primo dato dal rapporto di concessione, instaurato tra comune e “ente” concessionario.
Il secondo, subordinato, se si vuole: interno, tra “ente” concessionario e persone previste dal suo ordinamento.
Cosa che ha rilievo particolare in quegli “enti” che presentino, in tutto od anche solo in parte, una qualche base associativa.
Nell’ambito di queste ultime situazioni, il rapporto (del tutto “interno” all’ordinamento dell’”ente”) tra associati ed “ente” concessionario non è, né può essere in alcun caso, produttivo di effetti rispetto al primo (cioè al rapporto comune/”ente” concessionario).
Può verificarsi anche la situazione enunciata all’art. 93, comma 1, ultimo periodo D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro.
In questo caso vengono meno – per ragioni oggettive – le condizioni di esercizio del diritto d’uso.
Si verifica così una situazione nella quale le persone “associate”, per quanto nella pienezza della propria posizione “interna” all’”ente”, si trovano nella condizione di non poter esercitare il diritto di sepolcro, anche quando questa prospettiva possa essere stata la motivazione dell’adesione all’”ente”.
Come sempre, consegue che il c.d. diritto di sepoltura è uno << strano >> diritto nel senso che può venire esercitato solo nel momento in cui venga meno la capacità giuridica.
Per cui, in altre parole, più che un diritto vero e proprio appare essere un’aspettativa, fermo restando l’augurio a che le condizioni per il suo esercizio vengano ad aversi quanto più tardi possibile.
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