La volontà della persona defunta è del tutto centrale nella L. 30 marzo 2001, n. 130.
Basterebbe considerare come il rispetto di questa sia presente fin dall’art. 1, proseguendo con l’art. 2 e specificandosi nell’art. 3.
In realtà, il ruolo della volontà della persona defunta opera in via più generale.
Ben al di là delle condizioni di accesso alla pratica funeraria della cremazione, estendendosi anche alle altre pratiche funerarie.
Per quanto una di queste si possa attivare quando non vi siano esplicite espressioni di volontà.
Le forme di manifestazione della volontà per l’accesso alla cremazione riguardano la pratica in sé stessa.
Ma altresì le successive destinazioni delle ceneri che ne risultano e sono abbastanza chiaramente strutturate.
Mentre per le altre pratiche funerarie non vi è alcuna strutturazione delle forme di scelta.
Al più (a volte non si pone neppure questa valutazione) si prende in considerazione la legittimazione del soggetto agente, senza che sia previsto documentare se le sue azioni corrispondano o meno a quelle della volontà della persona defunta.
Rimanendo nell’ambito cremazionista, ricordiamo come l’(eventuale) dispersione delle ceneri non costituisca più reato (dal 4 maggio 2001) ad alcune condizioni.
Resta però tale in due casi, cioè in essenza della prescritta autorizzazione, oppure quando si effettui con modalità diverse rispetto a quanto indicato dal defunto.
Dal momento che prima di giungere alla dispersione delle ceneri occorre provvedere alla cremazione, la relativa volontà risulta “codificata” all’art. 3, comma 1, lett. b) L. 30 marzo 2001, n. 130.
Si precisa subito come si consideri in primis la volontà della persona defunta e, in assenza, rilevi quella dei suoi familiari, con una pluralità di “forme”:
(1) testamento;
(2) iscrizione a SO.CREM.; infine, in mancanza rileva
(3) la volontà del coniuge o, in difetto, del parente più prossimo e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, della maggioranza assoluta di essi, manifestata all’Ufficiale dello stato civile.
Si tratta di aspetti che si ritengono ben noti.
Avvenuta la cremazione le ceneri risultanti possono avere plurime destinazioni:
(a) la dispersione (per cui è imprescindibile la volontà in tal senso espressa dalla persona defunta).
Essa può avvenire unicamente in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o in natura o in aree private (e con alcuni divieti),
(b) una loro conservazione, la quale, a propria volta, si articola in più modalità.
Precisamente, ma sempre nel rispetto della volontà espressa dal defunto, alternativamente:
(b-1) la tumulazione,
(b-2) l’interramento (lasciando aperta la questione se sia una conservazione o una peculiare dispersione),
(b-3) l’affidamento ai familiari.
L’ultima modalità risulta variamente modulata da norme regionali, anche per elementi che non sarebbero pertinenti alla potestà legislativa (e, a valle, regolamentare) delle regioni.
Specie quando afferenti alla materia dell’”ordinamento civile”, di competenza – esclusiva – dello Stato (art. 117, comma 2, lett. l) Cost.).
Tuttavia, si potrebbe affrontare anche l’aspetto dei limiti, se ve ne siano.
Questi si possono avere qualora la persona interessata ricorra allo strumento del testamento, nelle sue tre forme e modi, per esternare la sua volontà in termini di conservazione delle ceneri.
Ad esempio, se in sede testamentaria la persona avesse indicato la propria volontà a che l’urna cineraria venisse conservata non tanto ricorrendo alla tumulazione o all’interramento, oppure previo affidamento ai familiari (nelle sue declinazioni regionali, fin tanto che ….) quanto con tumulazione/interramento in ambiti extra cimiteriali.
Ciò richiamandosi alle previsioni dell’art. 343, comma 2 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m., (precedenti alla L. 30 marzo 2001, n. 130!), per cui ad esempio: … o in colombari privati che abbiano destinazione stabile e siano garantiti contro ogni profanazione – formulazione che per altro si riferisce alle tipologie di cui al Capo XVIII D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m..
Si potrebbe aggiungere, una sorta di “affidamento” a soggetti non qualificabili quali “familiari”, come (e.g.) la conservazione presso particolari siti, magari dotati di quale spazio a ciò predisposto.
Si ipotizzi, ad esempio, la prospettiva di persona fortemente appassionata di una determinata disciplina sportiva e di un specifica compagine di questa.
La sua volontà era (sarebbe ….) quella che l’urna cineraria venisse conservata presso quegli impianti sportivi (ma da questo esempio, si potrebbero prospettare numerosissime altre ipotesi consimili).
In termini di tumulazione, conseguirebbe direttamente l’applicabilità dell’art. 105 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., cioè dell’istituto della c.d. tumulazione privilegiata.
Anche se, a parte il procedimento per pervenirvi, parrebbe difficile riconoscere la sussistenza delle precondizioni a ciò necessarie (…. quando concorrano giustificati motivi di speciali onoranze e, comunque, per onorare la memoria di chi abbia acquisito in vita eccezionali benemerenze).
Al contrario, in termini di “affidamento”, va sollevata la questione se e/o quanto possa farsi ricorso ad un tale istituto, per quanto non si ignori come alcune (poche, per la verità) regioni prevedano che l’affidatario sia (o potrebbe essere) persona individuata in vita dal defunto ….
Per altro, il ricorso allo strumento testamentario per l’esplicitazione della volontà in materia della persona interessata non può esentare dal richiamare i limiti posti dall’art. 634 C.C., per il quale si considerano non apposte le condizioni impossibili e quelle contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.
Non si tratta di vizi che possano portare alla nullità od annullabilità del testamento, quanto di una presupposizione di “non apposizione” (per rimanere sul piano testuale).
E questo non tanto in ragione di una qualche illiceità, quando si è in presenza di statuizioni testamentarie in contrasto a norme imperative, date dalla L. 30 marzo 2001, n. 130, nonché in contrasto con l’ordine pubblico.
Nello specifico l’art. 340 T.U.LL.SS. citato è tale prevedendo, per il caso di sua infrazione, non solo una sanzione, ma altresì il ripristino della situazione violata.
Ma se questa “non apposizione” fosse eventualmente non osservata e l’urna cineraria conservata in sito diverso da quelli ammessi?
In tal caso, ritorna, ancora una volta (e non costituisce un circolo vizioso), l’applicazione di quanto disposto dall’art. 340 T.U.LL.SS.!
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