Premessa: Nelle scienze giuridiche la proprietà è facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi previsti dall’ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile), nella polizia mortuaria, invece essa, essendo solo strumentale e, quindi, subordinata allo Jus Sepulchri (diritto personalissimo e, quindi, non patrimoniale nè trasmissibile per acta inter vivos…almeno dall’entrata in vigore del del Libro III del Codice Civile), spesso si risolve unicamente nell’assunzione coatta di un onere.
I nostri cimiteri, per loro intrinseca natura, sono costituiti non tanto da sole aree recintate ex Art. 337 Regio Decreto 27 luglio 1937 n. 1265 (campi d’inumazione) quanto da corpi di fabbrica (batterie di loculi, cappelle gentilizie, colombari…) adibiti a sepoltura privata (Art. 91 DPR 285/1990) e, quindi, necessitano di continui interventi, anche edilizi, per assicurare loro un’ottimale conservazione. Si pone, così, il problema dell’imputazione dei relativi oneri. In capo a chi sorge, allora, il dovere di assicurare la manutenzione[1] straordinaria[2] (manto impermeabile, rivestimento, fasce in marmo.) dei manufatti sepolcrali come – loculi -costruiti dal Comune e dati in concessione sia perpetua (prima del 10 febbraio 1976, data in cui entra in vigore il “vecchio” regolamento nazionale di polizia mortuaria DPR 803/1975) sia novantanovennale?
Possiamo subito, con notevole profitto, riflettere su questa sentenza: Cassazione civile, Sez. Unite, 21 luglio 1977 n. 3257 “L’art. 824, 2° comma, cod. civ. assoggetta i cimiteri comunali al regime del demanio pubblico, salve le eccezioni costituite dalla continuazione dell’esercizio dei cimiteri particolari (art. 82 del regolamento di polizia mortuari) e della possibilità di cappelle private e gentilizie costruite fuori del cimitero (art. 340 T.U. delle leggi sanitarie); pertanto la pretesa che la parte del cimitero occupata da costruzioni funerarie di confraternite sia di proprietà privata di queste ultime, postula la necessità dell’accertamento dell’estraneità di detta parte del cimitero o delle costruzioni funerarie al patrimonio comunale, nonché della posizione delle relative aree all’esterno del cimitero comunale e non rientranti comunque nel patrimonio del Comune da questo concesso per tale uso. A norma dell’art. 1, n. 2 R.D. 15.10.1925, n. 2578, sulla assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Provincie, dell’art. 91, lett. c), n. 14, T.U. 3 marzo 1934, n. 383, secondo il quale la costruzione, manutenzione ed esercizio dei cimiteri è funzione propria dei Comuni, nonché dell’art. 44 del vigente regolamento di polizia mortuaria, che affida al Sindaco la manutenzione, l’ordine e la vigilanza sanitaria dei cimiteri, spetta al Comune il potere di consentire quell’uso particolare del cimitero comunale, che si concreta nell’impianto di linee elettriche per l’illuminazione delle lampade votive nei sepolcri privati, e ciò anche per il caso di cappelle di Confraternite eventualmente sorgenti su suolo proprio nell’ambito del cimitero comunale”.
In assenza anche di una norma specifica prevista dal Regolamento comunale di Polizia Mortuaria il concessionario provvede alla cura ordinaria, mentre grava sul comune la manutenzione straordinaria[3] per tutto quanto concerne i lavori più rilevanti: il rifacimento della copertura, dell’intonaco.
In effetti, se il sepolcro è stato realizzato dal suo fondatore su terreno dato in concessione le opere murarie ed il paramento lapideo appartengono al concessionario per tutta la durata della concessione e la manutenzione straordinaria spetta al concessionario-fondatore del sepolcro poiché è lui il proprietario del manufatto sepolcrale. Se, invece, loculi e colombari sono stati costruiti dal comune e solo successivamente dati in concessione la manutenzione straordinaria è di pertinenza dell’ente locale.
L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione non è possibile per le tombe precedentemente concesse, per l’irretroattività della norma giuridica lo è, invece, per le nuove concessioni, per esse si può prevedere una corresponsione di denaro composta da due voci di calcolo (una tantum + canone periodico); è comunque preferibile seguire la strada della determinazione di un congruo “diritto di tumulazione” (anche ai sensi dell’Art. 149 Decreto Legislativo n.267/2000 e “retroattivamente” giusta l’Art. 103 DPR 285/1990), magari differenziato, ogni volta che si tumula in loculo, ossario, nicchia cineraria, tomba concessa in passato o al momento.
Per il calcolo, invece, del canone di concessione vero e proprio si segue il D.M. 1 luglio 2002.
Il Regolamento Regionale Emiliano Romagnolo del 23 maggio 2006 n. 4, sembra, però, affrontare il problema in modo diverso e più innovativo, ampliando la portata dello stesso Art. 63 DPR 285/1990, in effetti l’Art. 4 comma 6 sembra proprio stabilire per:
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concessioni perpetue (a prescindere da chi abbia costruito la tomba e, quindi dalla mera proprietà di eventuali fabbricati ed arredi lapidei)
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manufatti di proprietà privata (non si considera, quindi, il criterio della durata temporale nel rapporto concessorio).
il vincolo giuridico di partecipare ai costi di gestione del complesso cimiteriale ed al mantenimento in efficienza della parti comuni, secondo modi e tempi definiti dall’Ente Locale.
Quindi, ricapitolando: generalmente il contratto fra amministrazione comunale e concessionario prevede tali obblighi e laddove essi non siano espressamente previsti potrebbero esserlo in strumenti normativi di natura amministrativa (ad es. regolamenti comunali di igiene o di polizia mortuaria).
Secondo l’Art. 62 DPR 285/1990, infatti, il comune può adottare un provvedimento (vi è, però, la riserva di regolamento, cosicché un’ordinanza o una diversa disposizione riuscirebbero inadeguate, ) per meglio definire criteri e modalità legati alla realizzazione sui sepolcri di monumenti, suppellettili rituali o altri oggetti legati all’arte commemorativa, così da favorire uno sviluppo del cimitero ordinato e di buon gusto, ad esempio il Comune autorizza la posa di copritomba di determinati materiali e con un certo dimensionamento. Ove quest’ultimi fossero diversi dall’autorizzato il copritomba, previa diffida, deve essere rimosso.
Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
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Qualora tale operazione non venga svolta entro i termini da parte della famiglia interessata (o per il tramite di operatore economico di sua fiducia), il Comune può effettuare la levata d’ufficio, con imputazione dei costi sostenuti alla famiglia interessata.
Questo strumento di necessaria regolazione (altrimenti assisteremo al dilagare del kitsch più volgare e pacchiano) deve essere attentamente ponderato per non creare ingiuste compressioni al diritto secondario di sepolcro: si pensi ad esempio alla Sentenza 31 luglio 2002, n. 3278 emessa dal TAR Lombardia.
In nuce, il pronunciamento del giudice, in diversi procedimenti, focalizza queste tre fattispecie nella complessa relazione tra la potestà comunale ed il cittadino utente del servizi cimiteriali, mantenendo comunque chiara la posizione di soggezione del privato (i cui diritti, già di per sé affievoliti, degradano ad interesse legittimo, secondo giurisprudenza costante) rispetto alla pubblica amministrazione.
1) È vietata l’imposizione di monumenti e lapidi assolutamente uniformi ed accessori standardizzati. In merito, il TAR ha ritenuto illegittimo per i Comuni imporr monumenti, lapidi ed accessori uniformi in ragione della loro “peculiare funzione” (la quale attiene a sentimenti personali di pietà) e “della loro natura di beni privati” (di proprietà dei concessionari delle aree cimiteriali su cui insistono) o affidino appalti “per realizzare uniformi opere destinate a sepolture private date in concessione” (ord. 1703/99).
2) I Dolenti devono poter scegliere monumenti, lapidi, arredi e imprese di fiducia. Infatti, il TAR della Lombardia ha precisato che “con riferimento agli arredi funebri la legge riserva ai Comuni solo l’apposizione di cippo con targhetta in campo comune e la chiusura dei tumuli”.
3) La posa di ogni altro arredo o lapide è un diritto che spetta ai privati cittadini esercitare, scegliendo liberamente. I Comuni quindi non possono ostacolare “il diritto dei dolenti a rivolgersi alle imprese da essi liberamente prescelte”, nè quello “delle imprese del settore ad operare liberamente, senza dover sottostare a limitazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle sancite in via generale dalla normativa sanitaria e di polizia mortuaria” (sent. 1685/2000).
In via generale vale l’art. 63 del Regolamento di polizia mortuaria DPR 10/9/1990 n. 285. Tale norma si riferisce specificamente ai manufatti di proprietà del concessionario di un’area cimiteriale. Su di esso incombe l’obbligo della manutenzione ordinaria e straordinaria e della relativa area di rispetto. In caso di concessione di loculi o altri manufatti costruiti direttamente dal Comune, in assenza di obblighi di natura contrattuale, valgono i seguenti criteri:
a) al concessionario compete l’ordinaria manutenzione;
b) al Comune spetta la manutenzione straordinaria.
A valle della concessione deliberata dal Comune, soprattutto in passato, vi era un atto sottoscritto fra le parti (la cosiddetta “convenzione”), con i relativi obblighi e diritti. In molti casi si poteva trovare una formula contrattuale con cui si rinviava al regolamento di polizia mortuaria via via vigente.
Il regolamento di polizia mortuaria comunale, allora, dovrebbe contenere una norma dove viene precisato come le disposizioni in esso contenute si applichino anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore e che comunque il Regolamento comunale di polizia mortuaria precedente cessa di avere applicazione dal giorno di entrata in vigore del presente, altrimenti, secondo la formula del famoso brocardo latino “tempus regit actum” il riferimento è tassativamente al regolamento di polizia mortuaria in vigore alla stipula dell’atto di concessione, se esso, ovviamente nel suo articolato esso non confligge con i principi generali dell’ordinamento.
La manutenzione per sepolcri di proprietà privata viene svolta da chi ne faccia domanda, avendone titolo e per la quantità e la qualità richiesti. La suddivisione in quote delle spese di manutenzione è questione a cui resta estraneo il Comune e viene regolata tra gli aventi diritto (o dovere) a provvedere al mantenimento della tomba. Per eventuali danni imputabili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure di tipo oggettivo del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere il comportamento scorretto o pericoloso.
Per sepolture abbandonate[4] per incuria[5] e che versino in stato di degrado[6] sarà cura dell’comune[7] stesso segnalare anticipatamente tale circostanza al concessionario (ove irreperibile anche per pubbliche affissioni e pubblicazioni sulla stampa) e procedere successivamente ad addebitare la quota di spettanza. Laddove sia irreperibile il concessionario le spese risultano a carico dell’E.L. Quest’ultimo potrà attivarsi, secondo la procedura dettata dal regolamento di polizia mortuaria comunale, per acquisire, d’imperio, al patrimonio dell’ente le tombe abbandonate. Si rammenta di definire preventivamente con la Soprintendenza ai Monumenti la identificazione di sepolture con particolare vincolo storico – artistico.
In ultima analisi occorre soffermarsi sulla portata dello jus sepulchri e sulla sua distinzione dal diritto di proprietà.
Dunque lo jus sepulchri è composto da un complesso differenziato di situazioni giuridiche: in primo luogo di un diritto primario, consistente nella duplice facoltà di essere sepolti e di seppellire (jus inferendi in sepulcrhum) altri in un dato sepolcro; e di un diritto secondario che ha come contenuto la facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi alle trasformazioni che arrechino pregiudizio alla sepoltura: Tribunale di Napoli, 30 giugno 1960 Gli eredi ed i parenti di uno dei fondatori del sepolcro familiare, seppellito nel medesimo, anche se non sono compresi tra i titolari del “ius sepulcri” hanno il diritto di accedere liberamente al sepolcro, ogni qualvolta lo ritengano opportuno e non soltanto nei pochi giorni dell’anno dedicati dalla consuetudine al culto dei morti, per compiervi verso il defunto gli atti di pietà consentiti dalla religione e dagli usi ivi comprese la pulizia e la manutenzione della tomba; essi hanno inoltre il diritto di munirsi a proprie spese, di una chiave del sepolcro.
Esiste poi un diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali, trasmissibile, mortis causa, indipendentemente dallo jus sepulchri.
Bisogna sempre distinguere i famigliari del fondatore e gli eredi, poiché quest’ultimi, benché privi dello Jus sepulcrhi sono comunque titolari sia del diritto secondario che del diritto di proprietà sul manufatto e sui materiali sepolcrali. Pertanto, ex art. 63 essi, in quanto proprietari, debbono sopportare l’onere della manutenzione ordinaria e straordinaria.
Per sepolcri interessati dalla procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/1990 (e paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, con relativo allegato tecnico), laddove essa non sia stata sostituita da un nuovo protocollo operativo (Emilia-Romagna, Art. 2 comma 16 Reg.Reg. 23 maggio 2006 n. 4 e Lombardia, Art. 16 comma 8 Reg.Reg. 9 novembre 2004. 6 così come modificato dal Reg.Reg. 6 febbraio 2007 n.1) le spese per la ristrutturazione sono del comune se avvengono prima della concessione (si pensi ad esempio ad in sepolcro rientrato nella disponibilità dell’ente locale in seguito all’estinzione di un precedente rapporto concessorio), altrimenti competono al concessionario.
Rimane ora, solo un caso da esaminare, forse il più scabroso: Il DPR 285/1990, all’Art. 76, richiede infatti che nei tumuli l’impermeabilità ai liquidi ed ai gas debba essere garantita nel tempo, a volte, però, si deve sanare la tomba se questa presenta fenomeni percolativi, con perfusione all’esterno del tumulo di miasmi: Vale, comunque, lo stesso criterio enunciato prima: l’onere del mantenimento nel tempo è del concessionario, quando il manufatto è di sua proprietà, in base all’art. 63/1 del DPR 285/90 (è il caso, ad es., di edicola funeraria costruita da privato su un’area avuta in concessione dal Comune). Se il proprietario è il Comune, che ha concesso l’uso del loculo, l’onere è del Comune.
In assenza di specifica norma del regolamento di polizia mortuaria comunale spetta al Sindaco (ai sensi dell’art. 51 DPR 285/90), su proposta del dirigente del servizio cimiteriale e dell’ASL, emanare apposita ordinanza che preveda, in via generale, il da farsi. Il regolamento (o l’ordinanza sindacale) stabilisce:
- chi debba disporre l’intervento (di norma il responsabile del servizio cimiteriale);
- i criteri di esecuzione;
- le modalità di avviso o notifica al concessionario se proprietario del manufatto;
- chi dovrà eseguire l’intervento (in genere il gestore del cimitero)
- l’attribuzione del relativo costo (al proprietario del manufatto).
In mancanza di tale individuazione preventiva, si opera, di volta in volta, attraverso ordinanza del Sindaco, ai sensi dell’art. 51 del DPR 285/90.
In caso di lesione a strutture cimiteriali, se quest’ultimi sono riconducibili ad un comportamento di un privato concessionario, non sussiste una responsabilità del Comune, neppure la responsabilità oggettiva del proprietario del manufatto (nell’eventuale ipotesi in cui la costruzione del manufatto sepolcrale sia stata realizzata dal comune), mentre si ha responsabilità del concessionario che ha posto in essere l’azione da cui è stato determinato il danno. Tale responsabilità trova fondamento nell’art. 2043 C.C.
Il responsabile del comportamento che ha determinato, oggettivamente, il danno deve provvedere al risarcimento direttamente agli altri concessionari, poiché il rapporto di concessione, se rientra nell’ambito dell’art. 823 C.C. nei riguardi al rapporto tra Comune/concessionario, attribuisce una posizione giuridica soggettiva piena nei confronti degli altri concessionari che non solo ha riguardo all’aspetto “attivo” (tutela rispetto da comportamenti indebiti o lesivi di altri concessionari), ma anche “passivo” (responsabilità per fatto illecito, nel caso), dal momento che l’obbligo della manutenzione di cui all’art. 63 DPR 10/9/1990, n. 285 ha per oggetto anche ogni atto e comportamento idoneo a non arrecare danni a terzi.
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[1] Tribunale di Spoleto, 11 febbraio 1955 Non esiste un diritto soggettivo alla manutenzione del recinto ed alla custodia all’interno del cimitero in favore dei proprietari delle cappelle gentilizie esistenti nel sacro luogo, e perciò non può prospettarsi responsabilità della P.A. nel caso che per insufficiente manutenzione o custodia siano state rese possibili asportazioni di materiali dalle cappelle stesse.
[2] Cassazione civile, Sez. I, 20 gennaio 1964 n. 114 I poteri dei comuni sui cimiteri non sono limitati a quelli previsti dal regolamento di polizia mortuaria e che attengono principalmente alla materia dell’igiene della sanità (R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880) ma comprendono anche quelli che sono in funzione della costruzione, manutenzione ed esercizio di essi (art. 91, lett. c), n. 14 T.U. 3 marzo 1934, n. 383), sicché nell’ambito dei poteri che gli competono il comune può concedere ai privati il servizio di accensione elettrica delle lampade votive per quei privati che del servizio stesso vogliano avvalersi.
[3] T.A.R. Toscana, 26 giugno 1987 n. 505 Condizioni essenziali perché un determinato servizio possa formare oggetto di concessione sono, da un lato, che si tratti di servizio nell’interesse della collettività e, dall’altro, che sussista la possibilità astratta di monopolio da parte dell’Ente pubblico; pertanto, costituisce servizio suscettibile di essere concesso ai privati la manutenzione dei cimiteri, in quanto la stessa può formare oggetto di gestione diretta da parte del Comune in regime di monopolio.
[4] Cassazione civile, Sez. Unite, 9 marzo 1981 n. 1300 L’obbligo del comune di Milano, a norma dell’art. 86 del proprio regolamento di polizia mortuaria, di comunicare agli interessati le deliberazioni impositive di opere di manutenzione delle tombe, anche al fine dell’eventuale decadenza dalla concessione cimiteriale in ipotesi di mancata esecuzione di tali opere, non viene meno per il caso in cui, dopo la morte dell’originario concessionario ed il subingresso nella concessione di più aventi diritto, costoro non abbiano provveduto, come prescritto dall’art. 30 del regolamento stesso, alla designazione di un unico rappresentante nei rapporti con l’ente concedente.
[5] L’incuria a sua volta può originare o meno pericolo di rovina di parte o dell’intero manufatto in stato di degrado. Oppure si ha lo stato di incuria limitato ad un degrado che corrisponde più all’abbandono delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Laddove sia così previsto nel contratto, il Comune può pronunciare la decadenza della concessione per inadempienza ai patti contrattuali.
[6] T.A.R. Sicilia, 11 novembre 1985 n. 1411 Il Comune non può revocare una concessione in uso perpetuo di fronte a incuria nella manutenzione e custodia del sepolcro, ma in base agli artt. 63 e 93 D.P.R. 20.1O.1975, n. 803, può provvedere soltanto alla conservazione del sepolcro quando sussiste pericolo, diffidando contemporaneamente gli aventi diritto. In base all’art. 93 D.P.R. 25 ottobre 1975, n. 803, l’Amministrazione può disporre la revoca delle concessioni di aree cimiteriali a tempo determinato solo se siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima sepoltura e si verifichi una situazione di grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno comunale, alla quale non possa ovviarsi con un ampliamento del cimitero stesso. 803/1975).
[7] Consiglio di Stato, Adunanza generale, 6 luglio 1933 Merita conferma il provvedimento dell’Alto Commissariato di Napoli che negò a privati l’autorizzazione alla costruzione di un cimitero destinato a ricevere le salme di tutte le persone decedute in un rione o frazione. … La costruzione e la manutenzione dei cimiteri ed il servizio di polizia mortuaria sono affidati alle Amministrazioni comunali e sottratti alla speculazione privata.
Ho acquistato un loculo cimiteriale costruito da poco dal mio comune , ho visto il progetto dei lavori e il computo metrico e relativo quadro economico, il comune concedendo la concessione ha richiesto un costo di € 2500, che moltiplicati per il numero dei loculi costruiti trae un vantaggio economico di circa 29.000,00€ , ho chiesto spiegazioni precisando che il comune nn può fare lucro sulla vendita e di contro mi e’ stato risposto che i maggiori incassi serviranno per la manutenzione del cimitero.
Faccio rilevare che in nessuna parte del progetto si rimanda a questo aspetto ne viene indicata la finalità di questi maggiori entrate. Vi chiedo e’ possibile che il comune faccia lucro dalla vendita senza un chiaro e preciso progetto di intervento di manutenzione sul cimitero e se tale richiesta su i e in contrasto con e norme di finanza cose
X Bernardino:
Lei non ha acquistato, nel senso comune del termine (= compravendita) un loculo, bensì ha acquisito in regime di concessione amministrativa, a titolo oneroso (ecco il perchè del canone concessorio corrisposto) il diritto d’uso sullo stesso, che, infatti, è, e resta, di proprietà e costruzione comunale, attratto, com’è nella sfera del demanio cimiteriale, specifico e necessario per ogni Comune ex art. 824 comma 2 Cod. Civile. Ai sensi dell’art. 95 del vigente regolamento statale di polizia mortuaria (ma si veda anche, induttivamente l’art. 103 D.P.R. n. 285/1990), approvato appunto con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, l’attività concessoria deve originare proventi per l’erario comunale.
Le concessioni rilasciate generano un flusso di risorse in entrata e debbono esser iscritte nel bilancio del Comune, e questa è una costante di tutto il diritto funerario dell’epoca moderna, dall’Editto Napoleonico di Saint Cloud del 1802 sino ai giorni nostri.
Spetta, poi, alla buona politica saper ben usare queste (a volte cospicue) somme di denaro introitate, anche per questa ragione: sembra un paradosso, ma quasi tutte le gestioni cimiteriali (in economia diretta o esternalizzate) sono in perdita, poichè il cimitero è impianto istituzionale (art. 337, 343 comma 2 e 394 Testo Unico Leggi Sanitarie) che lavora senza soluzione di continuità e confligge pesantemente con il modus operandi tipicamente imprenditoriale (ricerca del profitto)
Ai privati, invece, giusta l’art. 92 comma 4 sono vietati sui sepolcri atti volti ad ottenere lucro o speculazione (= tutte le tombe a tema di tumulazione sono, pur sempre sepolcri privati nei cimiteri) in senso civilistico del termine come arricchimento-incremento patrimoniale, siccome vi è un interesse eminentemente di natura morale e di stampo pubblicistico nella conduzione del cimitero.
I canoni concessori debbono necessariamente esser calcolati secondo i principi contabili generali di cui all’art. 117 D.Lgs n. 267/2000. e possono esser modulati (un loculo di prestigio, per rifiniture o semplice posizione, com’è ovvio costerà di più!)
Altro metodo più raffinato per questo computo, che consta di molte voci, è fissato dall’art. 4 comma 2 del D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 L. 30 marzo 2001 n. 130, in tema di cremazione e conservazione delle ceneri in camposanto, ebbene questi parametri contemplano questi criteri:
a) canone annuo per l’uso dello spazio assegnato per ogni anno di durata della cessione in uso,
percepibile anche in un’unica soluzione, che compete a chi cede in uso la sepoltura;
b) canone annuo per il recupero delle spese gestionali cimiteriali, per ogni anno di durata della
cessione in uso, pari o inferiore alla metà di cui al punto a), percepibile anche in unica soluzione,
che compete al gestore del cimitero.
Come agevolmente dimostrato gli allegri tempi delle tariffe cimiteriali a prezzo politico sono proprio finiti!
Buongiorno utilizzo in concessione di 99 anni, n. 4 loculi cimiteriali.
Sulla parte superiore a copertura degli stessi, vi è stata apposta dal costruttore, della guaina impermeabile.
Purtroppo ad oggi accerto infiltrazioni di acqua piovana.
A chi compete la riparazione delle infiltrazioni di acqua e perchè.
Grazie a chiunque voglia rispondere motivando la risposta.
X Nicola,
art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – è la norma generale di riferimento.
Salvo diverse disposizioni del regolamento municipale di polizia mortuaria, o differente clausole pattuite dell’atto di concessione, la manutenzione straordinaria del blocco di loculi compete:
1) al Comune, se quest’ultimo è proprietario del corpo di fabbrica e dello stesso ha concesso solo il diritto d’uso.
2) al concessionario o suoi aventi causa ( a motivo di subentro nel rapporto concessorio ancora in essere) se i loculi sono stati costruiti direttamente dal concessionario su superficie cimiteriale data in concessione.
In una tomba al cimitero al monumentale di torino ci sono riparazioni da fare causa stillicidio d’acqua piovana.Il concessionario defunto ha lasciato eredi irreperibili.
Due fratelli ivi sepolti hanno rispettivamente due figli e tre figli che intendono fare le riparazioni. Si chiede se le spese vanno ripartite al 50% tra i discendenti dei due fratelli oppure in cinque parti uguali tra i cinque discendenti
X Amerigo,
com’è regolato nel Suo Comune l’istituto del subentro/voltura della concessione, innanzi tutto?
Teoricamente, fatte salve disposizioni di altro tenore contenute nel regolamento municipale di polizia mortuaria che potrebbe stravolgere tutto questo mio “sgangherato” ragionamento, se si è provveduto ad attuare la procedura di irreperibilità ex art. 11 comma 1 lett. c) del D.P.R. anagrafico n. 223/1989 si dovrebbe addivenire ad un accrescimento in senso civilistico ex art. 674 Cod. Civile tra i discendenti superstiti del fondatore del sepolcro, nelle loro rispettive quote di titolarità della concessione, con ed annessi e connessi oneri manutentivi.
Nei confronti della Pubblica Amministrazione concedente ai sensi dell’art. 1292 Cod. Civile tutti gli aventi diritto rimasti sono obbligati in solido per le spese manutentive. Un’equa ripartizione degli oneri pare soluzione ragionevole, ma su questa scelta il Comune si mantiene neutrale, poi chi non sia interessato (magari perchè le opere di ristrutturazione risulterebbero troppo onerose) può sempre rinunciare alla propria frazione di jus sepulchri, con atto notarile se questa retrocessione dovesse coinvolgere anche diritti di natura reale sul manufatto sepolcrale.
Buon pomeriggio, avrei un quesito: mio nonno qualche anno fa ha acquistato un’edicola funeraria dal mio Comune e ha sottoscritto un contratto di concessione per 99 anni. L’edicola è stata consegnata allo stato rustico mentre tutti i marmi nonchè la manodopera era a carico del concessionario. Adesso abbiamo notato una grave infilatrazione di acqua piovana proveniente dal un bocchettone di scarico messicano posto all’esterno dell’edicola che ha danneggiato intonaco e marmi in maniera piuttosto seria. Premetto che l’edicola è stata costruita dal Comune e fa parte di un blocco con almeno un’altra ventina di edicole una accanto all’altra. Ho già inviato una lettera al Sindaco dove mostravo le mie lamentele… ma non ho ricevuto alcuna risposta e la situazione sta continuando ad aggravarsi. Ora cosa posso fare? Grazie a chi risponderà
X Vanni,
L’art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 è chiaro (per una volta almeno!). La responsabilità è del proprietario (costruttore) dell’edificio ad uso funerario dato, poi, in concessione a Suo nonno.
A tal proposito, seppur in diverso ambito, si è pronunciata anche la suprema corte di Cassazione, Sez. 1 Civile, sentenza del 15 novembre 2013 n. 25767, di cui si riporta uno stralcio, per maggior completezza d’informazione.
“[…omissis…] l’azione per i danni da infiltrazione d’acqua, integranti pericolo di rovina per l’immobile può esser esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che ha costruito l’edificio, allorchè lo stesso venditore abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsaabilità nella costruzione dell’opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio pregiudichino o menomenino in modo rilevante il normale godimento, la funzionaalità o l’abitabilità del medesimo…”
Presento questo caso… Nella cappella sono presenti le salme di vari parenti.. Zii, nipoti etc etc… Vanno fatti lavori di ristrutturazione…. Devono contribuire tutti i parenti delle varie salme?? Cosa prevede la legge?
X Tommaso,
art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (cito solo questa fonte statale, implementata, poi, a sua volta dalle diverse leggi regionali, in parte più e meno altrove, poiché stiamo, infatti, ragionando del diritto sul sepolcro in sé, cioè sui diritti reali, come appunto la proprietà sul manufatto sepolcrale e sino a prova contraria l’ordinamento civile, leggasi, in primis il corpus normativo quadro in materia, cioè il Cod. Civile attiene alla potestà esclusiva dello Stato Centrale ex art. 117 Cost.) Sono allora obbligati in solido ex art. 1292 Cod. Civile non tutti i parenti dei defunti tumulati nel sacello gentilizio, bensì tutti i titolari nominali della concessione. Spesso le due posizioni possono divergere anche pesantemente, vuoi per successivi subentri, rinunce, o frazionamento del diritto sul sepolcro in sé secondo le regole classicissime della successione mortis causa. Il diritto sul sepolcro in sé ha natura eminentemente patrimoniale e può esser scisso dalla qualifica di titolare del diritto primario attivo o passivo di sepoltura (potere/facoltà di dare o ricever tumulazione in quel determinato sepolcro privato).
Se non solo i concessionari, che sono vincolati dalla Legge, ma anche tutti i parenti dei morti ivi sepolti vorranno contribuire alle obbligazioni manutentive sarà un’assunzione dei relativi oneri in regime di liberalità, non è, dunque, elemento di diritto coercitivo.
Comunque ribadisco il concetto: le spese concernono gli intestatari della concessione, pro quota se nel tempo si sia addivenuti ad uno “spacchettamento” in frazioni del diritto sul sepolcro in sé!
X Vanni,
L’art. 63 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 è chiaro (per una volta almeno!). La responsabilità è del proprietario (costruttore) dell’edificio ad uso funerario dato, poi, in concessione a Suo nonno.
A tal proposito, seppur in diverso ambito, si è pronunciata anche la suprema corte di Cassazione, Sez. 1 Civile, sentenza del 15 novembre 2013 n. 25767, di cui si riporta uno stralcio, per maggior completezza d’informazione.
“[…omissis…] l’azione per i danni da infiltrazione d’acqua, integranti pericolo di rovina per l’immobile può esser esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche dall’acquirente contro il venditore che ha costruito l’edificio, allorchè lo stesso venditore abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsaabilità nella costruzione dell’opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali al di fuori dell’ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio pregiudichino o menomenino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità del medesimo…”
Grazie mille sei stato molto gentile d esaustivo! Secondo te dovrei rivolgermi ad un avvocato civile o amministrativo? Non mi è chiaro se la materia del mio problema rientri tra una semplice azione di ripristino e risarcimento o altro…
X Vanni,
si tratta di materia di competenza eminentemente civilistica.
Buongiorno, vorrei gentilmente avere un parere per una diatriba creatasi nella mia famiglia. Ho ereditato insieme alle mie quattro sorelle e i nostri cugini una tomba di famiglia con quattro loculi. Uno è occupato dai miei nonni, uno da mia madre, gli altri due dalle mie zie ed i rispettivi mariti. Nostro cugino vorrebbe, con i dovuti permessi, realizzare nella cappella altre due nicchie per urne cinerarie, che non darebbero alcun fastidio e riservarle per se e sua moglie. I cugini eredi sono d’accordo, io e due sorelle anche ma le altre due assolutamente non vogliono. Volevo sapere quale maggioranza occorre per effettuare tali opere. La ringrazio
X ANNA,
Una volta costituito, il sepolcro familiare dà luogo ad una particolare forma di comunione fra i contitolari (i congiunti individuati dal fondatore), che si acquista con la nascita del soggetto, contraddistinta dalla mancanza della quota come titolo di partecipazione. Essa è destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto e, per questo, per questo si tratta di una comunione forzosa, indivisibile e disponibile da ciascun contitolare in solido, poiché la volontà dei partecipanti non può contrastare con la volontà del fondatore, da cui scaturiscono diritti e aspettative legittime per i soggetti individuati dalla lex sepulchri. Quest’ultima non è, dunque, modificabile, neppure se sussiste a tal fine l’unanimità dei titolari del diritto in un dato momento, poiché il sepolcro familiare è destinato ad accogliere le spoglie dei membri appartenenti ad una determinata famiglia anche nelle generazioni future Il diritto in comunione è, poi, imprescrittibile In virtù della comunione instaurata in capo ai singoli si ha, di regola, solo il potere di concorrere insieme agli altri titolari del sepolcro, alla formazione di delibere collettive, assunte a maggioranza. Più in particolare, ai comunisti si riconosce il potere di: formare un regolamento per l’uso e la gestione del sepolcro, compiere atti per l’amministrazione ordinaria, nominare un amministratore attraverso una deliberazione a maggioranza semplice, mentre per le innovazioni e, in genere, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria la maggioranza qualificata
dei due terzi dei partecipanti alla comunione (art. 1108 Cod. Civile). Nella particolare forma di comunione sorta dalla destinazione di un fondo a sepolcro familiare, così, la deliberazione assembleare, avente ad oggetto lavori di ristrutturazione della cappella cimiteriale, che comportano la traslazione delle salme (e, quindi, possibile pregiudizio al rispetto dovuto alle spoglie), non può essere presa senza il consenso dei congiunti più strettamente legati da vincoli di parentela al defunto e titolari del diritto secondario di sepolcro di comunione fra i contitolari (i congiunti individuati dal fondatore).
Attenzione: la modifica edilizia richiesta al fine di ricavare ulteriore spazio sepolcrale, per urne cinerarie, nella fattispecie, potrebbe, implicitamente, comportare un profondo mutamento nella natura del rapporto concessorio ai sensi dell’art. 94 del regolamento nazionale di polizia mortuaria – D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – e della stessa “riserva” ex art. 93 comma 1 D.P.R. n. 285/1990, ossia della rosa di persone portatrici in vita dello jus sepulchri, con l’esigenza di stipulare un nuovo atto concessorio alle nuove condizioni poste dal vigente regolamento municipale di polizia mortuaria, di certo meno vantaggiose rispetto a quelle valevoli un tempo.
Buongiorno,
vorrei chiedere un parere se possibile.
nel mio Comune è stata inumata la salma di una persona ed il contratto di concessione dell’area è stato sottoscritto dalla figlia (unica).
ora la moglie chiede l’esumazione straordinaria per la cremazione.
la figlia non vuole.
in questo caso vale solo il volere della moglie o serve anche l’autorizzazione della figlia – concessionaria del contratto?
grazie
X Simona,
bisogna tenere sempre distinta la semplice titolarità su un concessione cimiteriale, con annessi diritti di gestione sulla stessa, dal potere di disposizione (traslazione, estumulazione finalizzata alla successiva cremazione) sulle spoglie mortali.
Le due posizioni possono, spesso, anche pesantemente divergere, in caso di conflitto, secondo il criterio di poziorità enucleato proprio in tema di cremazione, prima da una fortunatamente continua ed omogenea elaborazione giurisprudenziale, poi, finalmente da una norma positiva cristallizzata in ben due atti di valore normativo entrambi nazionali, (art. 79 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, prima art. 3 Legge 30 marzo 2001 n. 130, poi) laddove concorrono facoltà di scelta e preminenza nel decidere, prevale inequivocabilmente la volontà del coniuge superstite, si veda anche il paragrafo 14.2 della Circ. Min. Sanità 24 giugno 1993 n. 24 esplicativa del regolamento statale di polizia mortuaria, da cui la Legge n. 130/2001 non si distacca minimamente, trattandosi di diritti della personalità soggetti solo alla disciplina della Legge Statale ex art. 117 Cost.
Se Lei ci scrive dalla Lombardia, come mi par di capire, le modalità per accedere alla pratica cremazionista (sostanzialmente processo verbale avanti l’ufficiale dello stato civile competente per territorio per la manifestazione postuma della volontà) saranno quelle dettate dalla Legge n. 130/2001.
La figlia non ha diritto ad opporsi a meno che non dimostri, eccitando un giudizio in sede civile, la netta contrarietà del padre defunto alla cremazione del proprio cadavere, con tutta l’alea che un procedimento dinanzi al giudice civile pur sempre comporta. La magistratura potrà accedere ad ogni mezzo di prova, compreso quello testimoniale, mentre la giurisdizione gode di una spettro di poteri più vasto ed intrusivo, l’attività amministrativa del Comune deve basarsi sui semplici titoli formali prodotti agli atti dell’istruttoria. Tutti gli oneri per esumazione straordinaria, trasporto al crematorio ed incinerazione del feretro) saranno a carico del richiedente, sollevando il concessionario della tomba a terra da qualsiasi tipo di spese.
Salve,
desidererei una risposta a quanto espongo brevemente:
mia madre vorrebbe trasferire i suoi genitori defunti da una chiesa cimiteriale a una cappella privata di sua proprietà. La chiesa e la cappella privata sono ubicate all’interno dello stesso cimitero.
I suoi nipoti (figli della sorella defunta di mia madre) si oppongono alla richiesta di mia madre.
La domanda è la seguente:
mia madre, essendo l’unica erede vivente di primo grado, deve sottostare alla decisione presa dai suoi nipoti?
Grazie della risposta.
X Nicola,
si tratta, allora, di un traslazione in altro sito dello stesso cimitero.
Questa operazione, soprattutto sotto l’aspetto del diritto civile cioè della legittimazione (trascurando, per un attimo le logiche implicazioni tecniche di ordine igienico-sanitario) è normata dall’art. 88 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 da leggersi in combinato disposto con l’art. 79 comma 1 II periodo dello stesso regolamento. Ora in base a queste regole l’autorità amministrativa comunale *PUO* e non necessariamente *deve* autorizzare la prefata traslazione quando si formi, in tal senso, una volontà da parte degli aventi diritto a disporre delle spoglie mortali.
Si ravvisa, pertanto, un margine – anche se, invero, abbastanza ridotto di discrezionalità, in quanto la relativa istruttoria è semplicemente basata sulla produzione agli atti della stessa dei titoli formali. Non è compito del Comune indagare più di tanto sui reconditi motivi di ordine personalissimo che spingono gli aventi titolo ad inoltrare istanza di traslazione.
Sua madre non tanto come erede (la qualità di “erede” attiene a situazioni di tipo patrimoniale) ma nella posizione giuridica di più diretta discendente dei defunti, ha senz’atro TITOLO PRIVILEGIATO ed ESCLUSIVO (per questioni di D.N.A. , cioè di più stretta consanguineità nella scala gerarchica della parentela) a richiedere ed ottenere il provvedimento di trasferimento del feretri. Attenzione, però, la c.d. electio sepulchi è un diritto innanzi tutto della persona scomparsa ed essa può manifestare anche informalmente il desiderio in ordine alla propria tumulazione in un particolare sepolcro. La prefata autorizzazione, pertanto, potrebbe esser negata solo ed esclusivamente quando dovesse emergere da parte dei Suoi nonni il preciso volere di riposare nella chiesetta cimiteriale, altrimenti i nipoti non hanno titolo per opporsi (se non instaurando un giudizio in sede civile) e si procederà d’ufficio.
Salve, vorrei porvi una questione.
Recentemente mi sto occupando dello studio di una cappella gentilizia sita in un cimitero monumentale in Sicilia, edificata nel 1910 da un committente abbiente (su suolo demaniale). Per le sue carateristiche storico-artistiche, il piccolo mausoleo, assieme alla raccolta di beni di pregio che lo adornano, è stato dichiarato “di interesse particolarmente importante” dal Ministero dell’Istruzione nel 1950 e ancora oggi sotto vincolo di tutela dalla Soprintendenza. Nel 1953 la cappella viene venduta dagli eredi del costruttore e passa quindi di proprietà; in tale occasione il Ministero rinuncia ad esercitare il diritto di prelazione. Con la “gestione” da parte dei nuovi proprietari (i familiari sono ancora in vita), lo stato di conservazione della cappella è peggiorato. Oltre ai furti che l’hanno depauperata di molte delle decorazioni di pregio, si trova in stato di vetustà, sporco e mai sottoposto nemmeno ad interventi di manutenzione ordinaria, né all’interno, né all’esterno.
Mi chiedevo, in una simile situazione e condizione di un tale monumento nazionale, in questo triangolo “privato-Comune-Soprintendenza”:
1) a chi spetta l’obbligo di manutenzione e tutela?
2) Ci sono delle responsabilità condivise o specifiche per ciascuna delle parti “in causa”?
3) Se chi ha l’onere della manutenzione si trova in difficoltà economiche, come si può intervenire per garantire la tutela del bene?
Se possibile, nella risposta citare qualche riferimento normativo per personali approfondimenti.
Grazie in anticipo.
X AntoArtCRime,
ai sensi dell’art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – recante l’approvazione dell’attuale (anche se un po’ vetusto, ormai) Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria – la manutenzione dei sepolcri privati (= manufatti funerari eretti, in forza di concessione amministrativa, su porzione di terreno cimiteriale e quindi DEMANIALE ex art. 824 comma 2 Cod. Civile) spetta obbligatoriamente ai titolari della concessione stessa, ossia ai proprietari dell’immobile ad uso sepolcrale. Essi debbono infatti garantire, nel tempo, un solido e decoroso stato dell’edificio a pena di decadenza per inadempimento unilaterale del rapporto concessorio, con riacquisizione dello stabile, al demanio specifico e necessario dell’Ente Locale, cioè, in altri termini, esso rientra d’imperio nella piena disponibilità del Comune.
Il corpus normativo centrale in questa Sua domanda è rappresentato dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. concerne il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”.
gli arredi votivi, intendendosi ascrivibili alla categoria i monumenti o ricordi funebri, le lapidi, le iscrizioni e ogni altro manufatto o cosa realizzato o posta in opera per commemorare i defunti, siano essi o meno di ragione dei soggetti elencati all’ art. 10, comma 1, del decreto legislativo 42/2004, sono destinatari senz’altro, rispettivamente, della verifica di culturalità di cui al successivo art. 12 ovvero della dichiarazione di cui all’art. 13, a condizione gli stessi posseggano l’interesse di cui al succitato art. 10, commi 1 e 3, e non rientrino nelle esclusioni di cui al successivo comma 5 del medesimo articolo, ovvero quando siano ” opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili” (cose di ragione “pubblica”) o, con riferimento al comma 3, lettera a), quando ” siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad altri cinquanta anni” (cose di ragione “privata”).
Un caso particolare di assoggettamento alla tutela è rappresentato, infine, dal cosiddetto interesse “storico-relazionale” di cui al comma 3, lettera d), del sopraccitato art. 10, il cui accertamento presuppone un provvedimento amministrativo espresso (quale che ne sia la proprietà), svincolato dalla sussistenza dei requisiti “oggettivi” più sopra richiamati.
E infine è bene specificare come:
il combinato disposto dagli articoli 11, comma 1, lettera a) e 50, comma 1, del decreto legislativo 42/2004, nell’assoggettare alle disposizioni espressamente richiamate “gli affreschi, gli stemmi, i graffiti, le lapidi, le iscrizioni, i tabernacoli ed altri elementi decorativi di edifici” ne vieta, senza l’autorizzazione del Soprintendente, il “distacco”.
La formulazione della norma in esame, nel consentire di restringerne la destinazione ai manufatti sepolcrali ascrivibili alla categoria delle “costruzioni” propriamente dette (cappelle o tombe familiari) rende opportuna, in tutti i casi di rimozione, una preventiva comunicazione al Soprintendente, preordinata a conoscere l’effettiva sussistenza della necessità del rilascio della predetta autorizzazione e, nel caso ffermativo, ad ottenere il relativo provvedimento liberatorio.
Tomba di famiglia,cugini eredi.una parte non si è mai uccupata x 32 anni.non Mai contribuito a spese di manutenzione ne di spese correlate,luce pulizie ecc.vorrei sapre se ah perso diritti sulla cappella di famiglia,eventualmente quali.grazie anticipatamente fusina tizianof
X Tiziano,
spesso la mera titolarità del sepolcro con annessi diritti di gestione (facoltà di rinuncia, oneri manutentivi…) possono anche pesantemente divergere dagli jura sepulchri intesi come diritto a dare oppure ottenere sepoltura in quel dato sacello privato e gentilizio.
Lo jus sepulchri si acquisisce jure proprio ed ex capite, jure coniugii (per vincolo coniugale) o jure sangiunis (per rapporto di parentela) quindi per ragioni di D.N.A., ossia per il solo fatto di trovarsi in una di queste due relazioni con il fondatore del sepolcro.
Al concessionario ed ai suoi aventi causa (in caso di voltura della concessione) competono sempre le spese per riattare il sepolcro e mantenerlo, nel tempo, in solido e decoroso stato, con – se possibile – quest’ulteriore paradosso: sul concessionario gravano le obbligazioni manutentive, ma esso stesso potrebbe riuscire privo del diritto d’uso sulla tomba (insomma…paga lui e del sepolcro fruiscono altri soggetti terzi).
Questa situazione, invero è piuttosto estrema, ma da non sottovalutarsi aprioristicamente, ad ogni modo gli obbligati alla manutenzione del sepolcro sono, appunto, vincolati a garantirla in solido ex art. 1292 Cod. Civile nei confronti della pubblica amministrazione titolare ultima del demanio cimiteriale su cui sorge l’edificio sepolcrale.
Sarebbe buona norma di una ragionevolezza disarmante che almeno tutti i co-titolari della concessione, se anche portatori dello jus sepulchri, partecipassero equamente alla ripartizione di eventuali oneri manutentivi.
Se il regolamento municipale di polizia mortuaria non contempla una precisa regola ad hoc per definire il rifiuto manifesto a contribuire alle spese come una sorta di disinteresse da cui discendebbe, per facta concludentia, un’implicito animus di abbandonare il sepolcro la retrocessione delle proprie quote di jus sepulchri (con conseguente acccrescimento civilistico ex art. 674 Cod. Civile in capo ai restanti aventi diritto) richiede pur sempre una dichiarazione formale e solenne e l’intervento di un notaio, poiche stiamo pur sempre ragionando di diritti reali sul manufatto tombale, il pieno jus sepulchri, infatti, (titolarità sulla concessione + diritto adare o ricever sepoltura) si atteggia a diritto complesso sui generis, che concreta possesso, con una fortissima componente patrimoniale, strumentale, però, e, quindi, teleologicamente orientata al diritto personalissimo alla tumulazione, il quale prevale sugli aspetti materiali della proprietà stessa sulle opere murarie le suppellettili e gli arredi funebri.
Sono erede di una cappella funeraria ubicata all’interno del cimitero della Confraternita della Misericordia. La cappella, ormai centenaria, ha bisogno di urgenti lavori di manutenzione.
Vorrei sapere
a) se l’onere è esclusivamente mio o anche della Confraternita
b) se posso ottenere qualche detrazione fiscale, eventualmente, come mi è stato suggerito, ricorrendo al cosiddetto Art Bonus.
Un grazie sincero
X Enrico,
la situazione è abbastanza complessa ed articolata, procediamo, dunque, per singoli punti tematici:
1) parto con una domanda: ma Lei è semplice titolare della concessione, magari subentrato ai precedenti concessionari, con annessi i diritti di gestione sul manufatto sepolcrale o, invece, è erede in senso proprio e patrimoniale del termine.
2, in subordine: la cappella funeraria sorge su terreno demaniale comunale dato in concessione alla confraternita, su cui poi essa edificato il sacello, o è di proprietà della stessa.
Potremmo, infatti, avere: a) porzione di cimitero pubblico su su cui la confraternita cede i diritti d’uso (sub-concessione).
b) un cimitero a tutti gli effetti privato ex art. 104 comma 4 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria, purchè esso sia pre-esistente all’entrata in vigore del Testo Unico Leggi Sanitarie di cui al Regio Decreto 27 luglio 1934 n. 1265.
Nel caso a) Abbiamo, quindi, un duplice tipo di rapporto giuridico: l’uno intercorre tra il il Comune e la confraternita, l’altro è intrattenuto tra la congrega ed il privato cittadino.
Molto poi, dipende dall’atto concessorio e dallo statuto della confraternita, documenti fondamentali di cui non sono a conoscenza.
Ad ogni modo ex art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 le obbligazioni manutentive ricadono sul proprietario della struttura muraria, cioè su chi materialmente ha realizzato l’opera o su terreno proprio (cimitero particolare/privato) o su lotto o porzione di area cimiteriale appartenente al demanio specifico e necessario del Comune ex art. 824 comma 2 Cod. Civile.
Le spese funerarie sono detraibili solo in occasione di un decesso, non si ritiene, pertanto applicabile l’”art bonus” , soprattutto perchè attiene ad erogazioni liberali mentre gli oneri manutentivi del sepolcri presentano il carattere giuridico di un’obbligazione
Buonasera, avrei bisogno di un piccolo chiarimento sulla Tomba di Famiglia, costruita da Mio nonno ante 1942. Alla data odierna, rimangono quali discendenti diretti solo mio padre e Sua sorella, In questi anni è stata consentita la tumulazione anche di altri parenti (mariti sorelle).
A chi spettano i lavori di manutenzione ordinaria/straordinaria? Eredi diretti od anche i figli dei cognati di mio padre?
Cordiali saluti e grazie.
X Massimo,
gli oneri per lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria del sepolcro gentilizio, competono al concessionario (se vivente) o ai suoi aventi causa (discendenti) subentrati pleno jure nella titolarità della concessione. Si rapprresenta come l’istituto del subentro sia regolato ESCLUSIVAMENTE dalla fonte regolamentare comunale.
Nel diritto funerario, spesso, in forza di ripetuti cambi di titolarità mortis causa (il tempo passa!) si assiste ad una divaricazione tra i diversi diritti reali e personali che originano dal rapporto concessorio. L’uso materiale del sepolcro, pertanto, può esser scisso dalle obbligazioni manutentive dominicali, le quali, come ampiamente dimostrato in dottrina (ed anche su questo blog) continuano a gravare sul proprietario dell’immobile destinato ad uso sepolcrale. Pardossalmente se, ad esempio il sepolcro fosse già saturo e completo in tutti i suoi posti a disposizione, gli oneri di mantenimento ricadrebbero pur sempre sugli intestatati della concessione, ma essi vedrebbero inibito il loro diritto primario di sepolcro (titolo a dare oppure ottener sepoltura, in quel dato sacello gentilizio).
Rimango sempre in attesa di Sue notizie, anche per eventuali ed ulteriori ragguagli in materia.
grazie grazie per la risposta esausriva
buongiorno ho letto con molto interesse….vorrei porle un quesito: nel mio paese negli anni 50 vi fu un terribile incidente morirono circa 15 persone,vennero sepolte dalla sabbia di un camion in un incidente stradale,erano operai che in quel momento andavano a lavoro,vennero tumulate nel nostro cimitero in una cappella che venne chiamata disastro ERLAS…ora la cappella è in condizioni a dir poco vergognose…mai restaurata,sta crollando le bare aperte ecc. una vergogna il comune non interviene…come cittadini e come forza di opposizione che azioni si possono intraprendere? vi è un organo preposto ad obbligare l’amministrazione perche provveda al restauro e dare dignità a quei morti
grazie
cordialmente Ornella Ghisu
X Ornella,
proprietario (o semplice titolare di un bene appartenente alla collettività tutta?) del demanio cimiteriale ex art. 824 comma 2 Cod. Civile è il Comune.
Ai sensi dell’art. 51 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 – recante l’approvazione del regolamento statale di polizia mortuaria – vigilanza, manutenzione ed ordine, nonchè buon governo sul cimitero spettano al Sindaco, quale autorità sanitaria locale (ex Legge n.833/1978, D.lgs 112/1998 e D.lgs. n. 267/2000) che si avvale dell’AUSL come interfaccia tecnico-strumentale per gli aspetti di rilevanza igienico/sanitaria.
La Legge (Art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285) per una volta almeno è chiara: spetta al proprietario dell’immobile funerario mantenere detto edificio in solido e decoroso stato.
Ora, di solito, in questi casi di abbandono della sepoltura per incuria l’ufficio della polizia mortuaria, nella persona del dirigente ex art. 103 comma 3 D.Lgs n. 267/2000, DEVE obbligatoriamente adottare il provvedimento della decadenza sanzionatoria, con atto eminentemente dichiarativo e non costitutivo, riacquisendo lo stabile nel pieno possesso e nella disponibilità del Comune, per le necessarie opere o di ristrutturazione o di abbattimento nel frangenti più gravi.
Ma in questo caso il Comune dovrebbe punire sè stesso, anche (auto-)applicandosi eventuali sanzioni amministrative per l’omessa manutenzione dell’edicola funeraria… vabbè W la legittimità ed i sogni mostruosamente proibiti.
Richiamati gli artt. 2053 Cod. Civile e 677 Cod. Penale non resta che adire la Magistratura per accertare eventuali responsabilità, la via amministrativa data la coincidenza del controllato con il controllore mi pare – a dir poco – impraticabile.
Buongiorno Carlo,va bene cosi?E’ non avvocato!!La ringrazio della sua risposta di delucidazioni inerente alla sepoltura in discussione.Le devo dire che e’ stato chiarissimo nel delucidarmi il tutto,pero’ devo essere anche sincero..Sono molto amareggiato,e’ vero che la legge bisogna rispettarla,ma e’ anche vero che le leggi a favore del cittadino devono essere anche garentite dalle istituzioni in questo caso dal comune di Palermo!!Nella sua risposta mi dice che se il comune si impossessa della sepoltura le spese dello sgombero di tutti i defunti all’interno saranno a spese nostre.Allora…Io in un incontro presso gli uffici addetti,ho esposto verbalmente un grosso poblema,che all’interno della sepoltura vi sono dei defunti non collegabili alla nostra famiglia,in nessun senso..Sia come grado di parentela,che come conoscenti.Il personale degli uffici mi risponde che non e di sua competenza fare una indagine per appurare se ci siano stati degli abusi e’ favoreggiamenti da parte di dipendenti comunali a fare usufluire a pagamento della sepoltura ad altri non avendo diritto!Le comunico che negli anni 80/90 ci sono stati svariate indagini inerenti al caro estinto con risultati di colpevolezza da parte di addetti al cimitero e’ agenzie funerarie.Se noi vogliamo rimanere impossesso della sepoltura dobbiamo pagare la ristrutturazione e’ in piu’ a nostre spese pagare per fare uscire dei defunti(abusivi) dentro la sepoltura,non c’e una legge che ci garantisca di questi abusi?Il comune non puo’ adottare dei provvedimenti e’ a sue spese vedere dove sistemare queste salme(abusive) che le ultime risalgono state sepolte tra il 1979 e il 1982.E’ dare a noi la possibilita’di potere utilizzare la nostra sepoltura?Mio Padre e’ mia mamma sono stati sepolti in sepolture separate a pagamento in sepolture vendute dal comune,essendo che la sepoltura nostra era tutta piena la maggior parte da persone non avendo diritto.Mi aiuti lei come posso muovermi a risolvere questa situazione cosi vergognosa!E’ poter riunire mio padre e’ mia mamma nella sepoltura di famiglia.
La ringrazio e’ mi scusi il disturbo.
Cordialmente
Angelo Ventimiglia
X Angelo,
il diritto di sepolcro ha natura reale, patrimoniale, nonchè personalissima, attenendo ad aspetti anche e soprattutto morali, quando, addirittura, non metafisici. Esso concreta possesso, così come rilevato dalla Suprema Corte di Cassazione, al cui giudizio solenne, io umilmente m’accodo.
Gli uffici comunali non possono omettere il controllo di legittimità sulle sepolture private di cui all’art. 102 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, vale a dire che deve sempre esser preventivamente accertato e dimostrato il titolo d’accoglimento di ogni defunto in ciascun sepolcro gentilizio, in base al rapporto o coniugale o di parentela intrattenuto dalla persona scomparsa con il fondatore del sepolcro. L’accesso alla tomba (da morti) presuppone, pertanto, una verifica dello status civile ed anagrafico, ma queste informazioni dovrebbero già esser a disposizione del Comune, benchè occorra pur sempre un’istanza di parte, per avviare il procedimento di verifica.
Stiamo ragionando di SEPOLCRI PRIVATI all’interno del cimiteri, ragion per cui non è ammissibile che l’amministrazione si accolli oneri non strettamente suoi, in difetto sorgerebbe la responsabilità patrimoniale per danno erariale ex art. 93 D.Lgs. n. 267/2000.
Per tutelare il possesso/uso del sepolcro in capo agli aventi diritto secondo Legge il Cod. Civile ci propone le azioni negatoria e di manutenzione alle quali opero rinvio per eventuali nuovi approfondimenti. AD ogni modo l’azione giurisdizionale non può esser surrogata dalla semplice attività amministrativa propria del Comune, ragon per cui occorre, comunque, il pronunciamento di un giudice, meglio se in sede civile, con tutta l’alea che un giudizio pur sempre comporta.
IL Comune può intervenire d’ufficio solo in caso di sepoltura abbandonata per incuria o estinzione della famiglia, in quest’ipotesi, con oneri a carico del bilancio comunale, ma si consideri, comunque, la gestio negotii di cui agli artt. 2028- 2032 Cod. Civile, per la successiva imputazione delle spese, la destinazione dei defunti tumulati nella cappella gentilizia sarà:
1) campo indecomposti per le salme inconsunte.
2) cinerario comune per le ceneri
3)ossario comune per le ossa rinvenute.
I trattamenti du cui ai punti 2 e 3 sono sistemazioni anonime, indistinte, massive ed irreversibili, quando cioè ossa e ceneri siano state sversate non sarà più possibile esercitare su di esse qual si voglia atto di disposizione in termini di pìetas e devozione verso i propri morti.
Buongirno Egregio Avvocato,sono Angelo,se cortesemente mi potrrebbe dare una delucidazione?Sono erede di una sepoltura gentilizia a palermo,fondatore concessionario mio Nonno materno,al qui alla sua morte e’ rimasta erede l’unica figlia (mia mamma)che e’ morta anche lei anni addietro.
La mia domanda,il comune ci obbliga a noi figli(unici eredi) di fare dei lavori di manutenzione,cosa che a noi ci e’ difficile per motivi economici,poi volevo sapere,prima che il comune faccia il sequestro(impatronendosi)della sepoltura gentilizia,quali sono i suoi doveri avverso noi eredi?deve farci una raccomandata?a tutti noi eredi?oppure solo al delegato?
La ringrazio anticipatamente delle sue gent.delucidazioni.
Cordialmente
Angelo Ventimiglia
X Angelo,
X Angelo,
…avvocato io? Sìììì, magari! NO, invece, semplice ed umilissimo necroforo con la passione morbosa per il diritto funerario(e me ne vanto!).
Voi tutti discendenti del concessionario primo ed a lui subentrati (anche attraverso passaggi intermedi di titolarità) nell’intestazione del rapporto concessorio siete ex art. 1292 Cod. Civile obbligati in solido a garantire la manutenzione del sepolcro per tutta la durata della concessione ai sensi dell’art. 63 comma 1 del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui al D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Il Comune prima di pronunciare la decadenza-sanzionatoria del sepolcro per gravi indadempienze (come appunto l’omessa cura della tomba) deve diffidare gli aventi diritto a provvedere rendendoli edotti del procedimento avviato, con opportuni strumenti di pubblicità-notizia, ai termini della Legge n. 241/1990.
La concessione, magari fatta a più persone, si configura pur sempre come una comunione indivisibile, almeno secondo l’orientamento costante della Cassazione, cio io mi accodo.
Vista la solidarietà dell’obbligazione manutentiva gli aventi titolo possono nominare anche un rappresentante, un nuncius, che, nei confronti dell’amministrazione comunale agisca in nome e per conto di tutti loro, anche per facilitare la comunicazione tra i concessionari e l’ufficio della polizia mortuaria.
Se, per varie ragioni, non siete in grado di sostenere le spese di gestione del sepolcro potete sempre rinunciare ad esso, nelle forme e nei modi stabiliti dal regolamento comunale di polizia mortuaria, in caso contrario la dichiarazione di decadenza farà rientrare l’edificio funerario nel pieno possesso e della disponibilità del Comune, il quale provvederà ad abbatterlo o ristrutturarlo, per poi concederlo nuovamente in uso, previa l’estumulazione d’ufficio dei defunti ivi sepolti, con imputazione degli oneri a carico dei vecchi concessionari.
Buongiorno Avvocato,
mio marito, deceduto nel 2011 é diretto discendente dei fondatori di una tomba perpetua, Cimitero Monumentale di Vicenza, (le prime bare datano della fine del 1700).
La tomba attualmente é ”fuori norma”, perché’ nel fondo del sepolcro, giacciono due bare, poste a casaccio e appartenenti a discendenti indiretti, deceduti 50 anni fa, cio’ rende la tomba inagibile e a rischio di sigillo per 100 anni.
Impossibile dunque, tumulare le ceneri di mio marito, posizionandole magari sopra la bara di suo padre (deceduto nel 1960), com’era mio desiderio, quello dei miei figli e dei fratelli e sorelle, di mio marito.
Sopra la bara, del padre apunto si possono posare, diverse urne ed il problema si ripeterà forse tra non molto, poiché le sorelle di mio marito hanno gia 80 anni compiuti !
Com’é possibile, obbligare i figli di questi due defunti, all’incenerimento dei loro cari, giacenti li’ da 50 anni, al fine che tutti possano godere di una giusta sepoltura, rendendo nuovamente, la tomba agibile, con minor spese e sofferenze psicologiche per tutti ?
Finora la loro scusa é legata all’affetto, ma sappiamo che non vogliono spendere soldi, benché molto abbienti !!
E’ possibile ricorrere ad un legale, per mettere fine a questo sopruso? Grazie in anticipo
maria cattaneo
Grazie di non divulgare il ns. nome !
X Maria, (come da Sua volontà ometto il cognome, tanto, qui, in via del tutto amicale, ci chiamiamo solo per nome di battesimo!)
Un tempo, la laboriosa procedura di deroga (sarebbe stata necessaria un’apposita autorizzazione ministeriale, poi devoluta, per effetto del DPCM 26 maggio 2000 alle competenti autorità sanitarie regionali) , per effettuare comunque tumulazioni in tombe non a norma con l’art. 76 comma 1 del vigente regolamento statale di polizia mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 (in buona sostanza: ogni feretro deve esser sepolto e murato in nicchia chiusa e separata dagli altri avelli mortuari, in modo da poter esser eventualmente movimentato senza il bisogno di spostare altre bare) era dettata dall’art. 106 del medesimo DPR citato, implementata poi dal paragrafo 16 della Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24.
Oggi, fortunatamente, è intervenuta, in Veneto apposita disciplina locale (Deliberazione Giunta Regionale 04/04/2014,n.433 “Definizione dei requisiti dei cimiteri di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a) della Legge Regionale 4 marzo 2010 n.18 Norme in materia funeraria”) che semplifica, e non poco il quadro legislativo di riferimento. Ora, secondo il nuovo dettato normativo, i manufatti esistenti alla data di pubblicazione del provvedimento di cui sopra e costruiti prima del 24/06/1993 che non rispettino le dimensioni interne minime previste dalla Circolare del Ministero della Salute 24 giugno 1993 n. 24 possono continuare ad essere utilizzati, compatibilmente con le dimensioni dei feretri da tumulare, delle cassette ossario e delle urne cinerarie. Per un periodo massimo di venti anni dall’entrata in vigore del presente provvedimento, è consentita la tumulazione di nuovi feretri, anche in loculi, cripte o tombe privi di spazio esterno libero o liberabile per il diretto accesso al feretro,in presenza congiunta delle seguenti caratteristiche tecniche
a) confezionamento del feretro con le caratteristiche di loculo stagno munito di dispositivo atto a ridurre la pressione dei gas;
b) presenza di idoneo supporto separatore tale da scongiurare la sovrapposizione dei feretri.
Sono sempre consentite le tumulazioni di urne cinerarie e di cassette ossario ,nei limiti di capienza fisica del tumulo, oltre la quale lo stesso diritto di sepolcro spira ex se divenendo non più esercitabile per l’ovvia saturazione della tomba
Quindi, sarebbe consigliabile un’accorta e saggia “politica famigliare” (ma nessuno può OBBLIGARE gli aventi titolo jure sanguinis, ossia i diretti discendenti, ad agire in tal senso) di riduzione dei defunti tumulati da molto tempo in cassetta ossario, se possibile, o di loro cremazione quando questi ad un’attenta ricognizione dovessero risultare non ancora completamente scheletrizzati o comunque tali da consentire la raccolta delle loro ossa, al fine di liberare spazio per nuove e future tumulazioni.
In effetti, gli atti di disposizione per il post mortem (su salme, cadaveri, resti mortali inconsunti, ossa o ceneri, ossia su tutte le fattispecie medico legali in cui degradi un corpo umano dopo il decesso ) quali diritti della personalità, in termini di pietas ed affetti struggenti, sono incoercibili, in special modo in una concessione perpetua, la quale non ha, appunto, scadenza, ma si protrae nel tempo sub specie aeternitatis, nè può provvedere la Legge, d’ufficio, (se si eccettuano i casi, invero, piuttosto rarefatti e qui, irrilevanti, di revoca della concessione, decadenza della stessa o soppressione del sepolcreto) in quanto si tratta, pur sempre, di un sepolcro privato nel cimitero.
Le ceneri di Suo marito, quale portatore, in vita, dello jus sepulchri, potranno in ogni maniera esser accolte nel prestigioso sacello gentilizio, a prescindere dalle operazioni, a mio avviso, comunque auspicabili, di riduzione/cremazione dei cadaveri già sepolti, poichè per le urne la legge non prescrive le tassative misure igienico-sanitarie previste, invece, per i feretri (le ceneri, difatti, sono materiale inerte e non rilasciano liquidi insalubri, o nauseabondi gas putrefattivi!), l’unico requisito da rispettare è la materiale disponibilità di posto, sempre che il regolamento comunale (ma sarebbe un madornale errore strategico nelle gestione del cimitero, il quale non è certo dilatabile all’infinito nelle sua capacità ricettiva!) non imponga criteri più rigidi e selettivi per l’uso del tumulo plurimo, parametri regolamentare, di cui io non sono, però, a conoscenza, mentre scrivo questa risposta.
Gentile Carlo, vorrei chiederle se, secondo lei, il canone annuo per compartecipare alle spese di manutenzione di un cimitero richiesto ai parenti dei defunti seppelliti in loculi comunali è una pratica lecita, in forza di quale normativa fonda la sua esistenza e se può essere considerato un canone o sarebbe meglio definirlo come tassa. Ringrazio in anticipo!
X Sandra,
L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione generale dell’impianto cimiteriale, nelle sue parti comuni, non è possibile per le tombe precedentemente concesse, per l’irretroattività della norma giuridica. In Realtà, qualche Regione (segnatamente: l’Emilia Romagna con il Reg. Reg. n.4/2006 ha tentato di intraprendere questa strada, ma con ancora scarsi successi, occorrerebbe, in ogni caso, un’apposita ed esplicita previsione di Legge, a questo punto Regionale, sempre ai sensi dell’art. 23 Cost.) questa soluzione è, invece, pienamente legittima per le nuove concessioni.
Per esse, dunque, si può prevedere una corresponsione di denaro composta da due voci di calcolo (una tantum + canone periodico); è comunque preferibile seguire la strada della determinazione di un congruo “diritto di tumulazione” (anche ai sensi dell’Art. 149 Decreto Legislativo n.267/2000 e “retroattivamente” giusta l’Art. 103 DPR 285/1990), magari differenziato, ogni volta che si tumula in loculo, ossario, nicchia cineraria, tomba concessa in passato o al momento.
Per il calcolo, invece, dell’importo complessivo del canone di concessione vero e proprio si segue l’art. 4 comma 2 Lett. a) e b) del D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 Legge n. 130/2001.
Si rammenta, come parametro quadro per il calcolo di tariffe per beni e servizi l’art. 117 D.Lgs n. 267/2000.
Grazie davvero per la sua risposta, Sig. Carlo. Però non mi è ancora chiaro l’iter normativo che legittima il canone annuo di mantenimento per le nuove.
Grazie ancora per la sua disponibilità!
X Sandra,
il “meccanismo” per fissare il piano tariffario, cimiteri compresi, segue necessariamente questi minimi passaggi procedurali.
Si rammenta che i sepolcri privati vengono dati in concessione o solo ceduti in uso (se il gestore è soggetto terzo rispetto alla pubblica amministrazione titolare del demanio) in regime di monopolio.
1) Stabilire la strategia tariffaria generale di ogni singolo Comune, per la fruizioni di beni e servizi a titolo oneroso, è compito del Consiglio Comunale (art. 42 comma 2 lett. f) D.Lgs n. 267/2000). Si tratta, quindi, di una scelta massimamente politica, interessata da un alto livello di discrezionalità (unico limite a tale spazio di manovra potrebbe ricavarsi dalla fattispecie della cosiddetta “responsabilità patrimoniale per danno erariale” ex art. 93 D.Lgs n. 267/2000.
2) l’implementazione di questi principi spetta alla Giunta (art. 48 D.Lgs n. 267/2000), per gli aspetti eminentemente di dettaglio ed operativi.
3) in astratto, i parametri contabili fondamentali per la formazione delle tariffe sono pur sempre dettati dalla norma quadro di cui all’art. 117 D.Lgs n. 267/2000.
4) in tema di calcolo per i canoni delle concessioni cimiteriali, di qualunque tipologia esse siano, inoltre, vige la normativa “SPECIALE” fattivamente desumibile dall’art. 4 comma 2 Lett. a) e b) del D.M. 1 luglio 2002 emanato ex art. 5 comma 2 Legge n. 130/2001.
A questo relativamente nuovo criterio, composto da due fondamentali voci di computo, possiamo agevolmente riferirci per legittimare appieno il recupero delle spese gestionali (parti comuni, tombe perpetue, casi residuali di gratuità, crediti inesigibili…) non coperte dalla generalizzata onerosità di ogni prestazione cimiteriale stante l’art. 1 comma 7-bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26.
Prezioso. Grazie infinite!
X Federica,
responsabilità aquiliana in cimitero per il distacco di una maniglia? MI pare – forse – un petitum un po’ temerario o, quanto meno arduo da dimostrare, tuttavia spetterà, semmai, al giudice adito stabilire l’”an” ed il “quantum” debeatur. (Art. 2056 Cod. Civile???) Premetto che non sono un civilista, ma un semplice beccamorto, tuttavia mi preme approfondire questi aspetti procedimentali e di diritto, tutti interni al circuito della polizia mortuaria.
1) bisogna innanzi tutto appurare se: a) la cappella sia stata costruita da un privato (su suolo demaniale) sul quale graverebbero tutte le obbligazioni manutentive. b) l’edicola funeraria sia stata edificata direttamente dal comune e successivamente data in sola concessione d’uso. Spesso, infatti, è l’atto di concessione con la convenzione che sovente l’accompagna a definire nel dettaglio gli obblighi ed i doveri tra le parti contraenti. Per tale preventiva verifica interesserei il Comune nel cui cimitero si trova la tomba de qua con un’istanza di accesso agli atti ex artt. 22 e segg. L. n. 241/1990 senza dimenticare il DPR n.184/2006 ed il nuovissimo istituto dell’accesso civico introdotto con il D.Lgs n. 33/2013 cos’ come ri-novellato dal c.d. Decreto Madia emanato con D.Lgs n.97/2016. Secondo alcuni studiosi il dettato della stessa L. n. 241/1990 sarebbe superato da queste nuove norme sulla trasparenza, ma è un dibattito molto ozioso, tutt’interno alla più autorevole dottrina, alla quale umilmente mi accodo.
2) Il Comune, difatti, custodisce copia della originaria concessione cimiteriale rilasciata e lei come familiare ha diritto a richiedere la consultazione della documentazione inerente la suddetta concessione e la copia dei documenti principali e cioè della Concessione originaria, del più recente atto di subentro (se esistesse) giusto per capire chi sia attualmente il concessionario onerato, al quale rivolgersi per l’eventuale risarcimento del danno.
3) Aa avviso di alcuni commentatori, se la cappella è di proprietà del Comune, si potrebbe applicare (ipotesi remota, a mio parere!) l’art.2051 c.c., secondo il quale, il Comune, in quanto custode dell’oggetto, è responsabile del danno cagionato, salvo che provi il caso fortuito. Per quest’ultima fattispecie si intende un fatto imprevisto o assolutamente imprevedibile, da solo idoneo a causare un danno. Secondo parte della dottrina e della prevalente giurisprudenza si tratta di una responsabilità fondata su una presunzione relativa di colpa a carico del custode ed il caso fortuito serve appunto per dimostrare l’assenza di colpa. Secondo altro orientamento trattasi di responsabilità oggettiva ed il caso fortuito consiste in un avvenimento che esclude il nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso.
4) Molti regolamenti comunali di polizia mortuaria risolvono il problema con una norma di questo tipo:
[…omissis…] Il Comune cura che all’interno dei cimiteri siano evitate situazioni di pericolo alle persone e alle cose, e non assume responsabilità per atti commessi nei cimiteri da persone estranee al suo servizio o per mezzi e strumenti a disposizione del pubblico e da questo utilizzati in modo difforme dal consentito.
Chiunque causi danni a persone o cose, sia personalmente che per fatto altrui, ne risponde secondo quanto previsto dal Titolo IX del Libro IV del Codice Civile, salvo che l’illecito non rilevi penalmente.
Rimango sempre a disposizione per ulteriori delucidazioni.
Buonasera, sono una Sua collega.
Da pochissimo tempo mi sono avvicinata alla materia da Lei trattata, in quanto una mia amica, recandosi in un cappella per rendere suffragio ad un suo lontano parente, uscendovi, nel chiudere la porta, è caduta, fratturandosi il polso, a causa del distacco della maniglia.
Se possibile, vorrei consultarmi con Lei in merito a questa vicenda.
Noi non sappiamo se la cappella in questione sia privata o sia stata costruita dal comune e poi data in concessione.
Ovviamente abbiamo deciso di agire, per richiedere il risarcimento dei danni.
Dagli studi, per ora ancora non approfonditi, che ho fatto mi pare di capire che (in linea generale) se la cappella è privata, la manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, dovrebbe spettare al proprietario e quindi la relativa responsabilità per danni, gravare sul medesimo.
Tuttavia, nel caso che ci riguarda, dovrebbe trattarsi di “manutenzione ordinaria” (maniglia rotta), con conseguente esclusione, in ogni caso, della responsabilità del Comune.
Quello che mi chiedo (e sicuramente effettuerò studi approfonditi al riguardo), il Comune non dovrebbe comunque vigilare sulla “tenuta” delle cappelle? Non potrebbe esserci quindi una corresponsabilità? (Da un punto di vista difensivo sarebbe auspicabile, atteso che il Comune potrebbe eventualmente anche essere coperto da assicurazione).
Per sapere se la cappella è privata o in concessione, inoltre, credo sia opportuno inoltrare una richiesta al Comune, per avere la relativa informazione…
Il problema principale che mi pongo, ovviamente, è quello relativo alla legittimazione passiva.
Grazie anticipatamente per la disponibilità.
Federica
Salve, volevo chiedere a chi spetta l’onere per fare un intervento necessario per eliminare un problema di infiltrazione di acqua che fuoriesce dal pavimento della cappella gentilizia privata. Il fenomeno si presenta spesso quando si verificano eventi piovosi di forte intensità che fanno aumentare il livello della falda e considerato che la cappella gentilizia si trova a valle della montagna dove insiste il cimitero. Sono ormai diversi anni che viene segnalato il problema all’amministrazione locale senza aver mai ricevuto nessuna risposta rendendo vani i vari interventi di manutenzione all’interno del manufatto a causa della forte umidità. Sembra evidente e del tutto necessario un intervento di drenaggio che può risolvere il problema, ma a chi spetta l’onere? Grazie
X Agostino,
Dall’esposizione dei fatti non è dato apprendere se la tomba di famiglia sia stata costruita:
a) da una famiglia su un’area avuta in concessione dal Comune;
b) dal Comune, prima dell’affidamento del servizio all’ente gestore, per cederla in uso;
c) dall’ente gestore, per cederla in uso.
Inoltre non è chiaro se la tomba sia isolata rispetto ad altre o in aderenza ad altre, cioè abbia parti in comune con altri manufatti. Nel caso non sia separata da altri corpi di fabbrica, può esservi un concorso di cause, dovute anche a soggetti confinanti.
Ciò premesso, da quanto descritto, pare di escludere che l’acqua formatasi possa essere legata a condensa di umidità. Il livello dell’acqua raggiunto dentro la tomba, prima e dopo gli aggottamenti, fa presupporre che vi sia una infiltrazione, con tutta probabilità dalla soletta di base e/o da una o più pareti laterali. La circostanza può derivare dal non aver costruito la tomba tenendo conto delle variazioni della falda. In altri termini, in cimiteri dove si può presentare tale situazione, i progetti prevedono o una impermeabilizzazione interna o una impermeabilizzazione esterna (ad es. con camicia di zinco esterna, o con guaina interna o esterna). Ne consegue che all’atto della costruzione o, per effetto di cause successive, la tomba non possiede le caratteristiche di impermeabilità ai liquidi ed ai gas (da mantenere nel tempo) che la legge prescrive (art. 76 del D.P.R. 10/9/1990, n. 285). La responsabilità in proposito è quindi di chi ha la proprietà della tomba (concessionario dell’area nel caso di cui alla lettera a); Comune, nel caso di cui alla lettera b); ente gestore, nel caso di cui alla lettera c)). Chi ha detta responsabilità può rivalersi, nei tempi di legge, su chi ha progettato la struttura, se il vizio è derivante da una progettazione errata o imperfetta, o sull’impresa edile che ha realizzato materialmente l’opera, se il problema deriva da imperfetta costruzione.
Se invece la tomba è stata costruita da altri, il Comune non solo non può dare alcunché, ma deve anche inibire l’uso della tomba finché nella stessa non siano state ripristinate le condizioni di cui all’art. 76 del D.P.R. 285/90.
Se si tratta di concessioni di cappelle private, va, subito, premesso come il comune non abbia obblighi nel mettere a disposizioni aree per la concessione, cioè a rendere disponibili quelli che ‘tecnicamente’ si chiamano ‘sepolcri privati nei cimiteri’ (regolati dal Capo XVIII dPR 10/9/1990, n. 285), vale adire tutte le tipologie di sepoltura, sia ad inumazione sia a tumulazione, diverse dall’inumazione nel c.d. campo comune (la cui disponibilita’ e’ uno, se non il solo, degli obblighi cui il comune è tenuto).
Per quanto riguarda, i “normali” campi ad inumazione, anzi (meglio) il cimitero, in sede di impianto od ampliamento del cimitero, dovrebbe essere acquisita uno studio tecnico (art. 55 dPR n.285/1990) sulle caratteristiche del terreno, anche se può accadere che in tale sede non possano sempre rilevarsi fenomeni i quali potranno essere riscontrati sono successivamente, specie se il terreno non sia del tutto adatto (ad es.: per la presenza di strati di argille o altro che non consentano il deflusso delle acque meteoriche).
Un’ipotesi di risarcimenti di danni vantati (non tanto per lo “spettacolo” della risalita della falda freatica che inonda il pavimento, quanto per l’inidoneità dell’area) potrebbe essere fondato se possa dimostrarsi, documentalmente, che in sede d’impianto del cimitero non siano stati acquisiti studi tecnici e, magari acquisendo agli atti, se risulta dall’atto di concessione, la dichiarazione esplicita che il comune assicura la piena idoneità dell’area (caso nel quale il risarcimento del sanno dovrebbe essere sollevato nei confronti dei soggetti agenti al momento dell’impianto del cimitero).
Lei può anche tentare di eccitare un giudizio, in sede civile per risarcimento del grave pregiudizio arrecato alla tomba, se ritenga opportuno muoversi in questa direzione, avendo presente, per altro, che nelle aree in concessione, sono i concessionari a dover assicurare le condizioni di funzionalità ed adeguatezza del terreno.
Grazie per la sua risposta esaustiva.
Buongiorno. Volevo sapere una cosa e spero mi possiate aiutare. Un anno fa è mancato il mio bambino di 12 anni è l’abbiamo messo nella nostra tomba di famiglia, che mio nonno, sul testamento,ha lasciato a mio padre e a mia zia. Io sono divorziata e col mio ex non ci sono buoni rapporti. Ovviamente anche lui ha messo le sue piante in vasi ricolmo di terra e quando li bagna, non facendo attenzione, l’acqua esce e, mischiata alla terra,cola su tutta la tomba provocando delle macchie che col tempo hanno rovinato una parte della tomba. È già stato avvisato di fare attenzione ma non è servito a niente. Ora mio padre e mia zia vorrebbero far spostare questi vasi e la mia domanda è: come proprietari possono farlo? Grazie mille
X Manuela,
Certo che i diritti di sepolcro, così per come sono strutturati nel nostro Ordinamento Giuridico continuano ad esser terreno fertile per l’attecchire di liti, contrasti, aspre contese e conflitti di sorta.
Comunque: l’ex marito quale padre del defunto fanciullo rimane pur sempre pienamente titolare del cosiddetto diritto secondario di sepolcro, ossia della facoltà imprescrittibile ed assoluta di entrare, quale visitatore, nella tomba per porre in essere atti di suffragio e pietas come deposizione di fiori, arredi, oggetti votivi e celebrazione di riti di commemorazione, l’accesso al sepolcro, quindi, non può essergli inibito tout court.
Se il suo agire (dissennato???) arreca, ad ogni modo, danno ingiusto al decoro ed alla pulizia dell’edificio che poi si traducono in un aggravio di spese manutentive per il concessionario si può adire il Giudice, in sede civile, salvo composizione bonaria della vertenza (un po’ di intelligenza, in limine litis, non guasterebbe) esperendo, tra le azioni petitorie contemplate dal Cod. Civile quella negatoria, regolata dall’Art. 949 Cod. Civile.
L’actio negatoria può essere, quindi, promossa dal proprietario che abbia timore di subire un pregiudizio da terzi che vantino sulla medesima cosa diritti reali minori (ad esempio diritto di usufrutto o servitù); da ciò deriva che unico legittimato passivo è chi si dichiari titolare di un diritto reale di godimento e, in conseguenza di tale affermazione, costituisca per il proprietario un concreto pericolo di molestia (Cass. n. 17789/2009).
X Gianni,
Innanzi tutto: chi L’ha interpellata? Forse l’ufficio comunale della polizia mortuaria, con una formale richiesta?
Consiglio preliminarmente la consultazione di questo link interno al sito:
https://www.funerali.org/cimiteri/la-morte-del-concessionario-e-listututo-del-subentro-7523.html.
Tutto ruota, infatti, attorno al problema del subentro nella titolarità della concessione (della tomba dove è stata deposta Sua sorella) con annessi oneri manutentivi ex Art. 63 comma 1 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.
Va anche considerato come spesso i Regolamenti comunali di polizia mortuaria (almeno quelli più lungimiranti) contengano disposizioni per cui, in occasione del decesso del concessionario/fondatore del sepolcro, spetterebbe ai discendenti richiedere una variazione dell’intestazione della concessione, ipotesi nelle quali la diligenza di un tale adempimento ricade sui discendenti stessi del concessionario deceduto, a volte queste norme sono correlate dalla previsione per cui l’inadempimento, decorso un certo termine, dovrebbe comportare la decadenza dalla concessione od un mutamento anche sostanziale nel regime in cui e’ soggetto il diritto d’uso.
Se si trattasse di spese legate all’estumulazione del feretro di Sua sorella con avvio ad ulteriore destinazione, quale inumazione o cremazione del resto mortale, (esempio: per scadenza della concessione) sarebbe legittimo imputare anche a Lei le spese, quale consanguineo, del de cuius; tuttavia a Lei non possono esser imputati i costi di manutenzione del sepolcro soprattutto se Lei non è, a questo punto, coo-titolare assieme ad altri dello stesso. Lo Jus sepulchri inteso nella doppia accezione di:
1)atto di disposizione sui defunti
2) e diritto sul sepolcro in sé, cioè nella sua componente materiale di suppellettili funerarie, opere murarie, ed arredi,
segue, di solito la linea dello jure sanguinis, ossia della consanguineità, a meno che il sepolcro gentilizio da istituto tipicamente famigliare si sia trasformato in ereditario, come rilevato dalla stessa Suprema Corte di Cassazione.
A sistemare la tomba (in stato di pericolo/abbandono?), provvederà, quindi, il nuovo titolare della concessione, subentrato jure sanguinis o jure haereditatis, Lei, sic stantibus rebus, non c’entra, a meno che non voglia sostenere, questi oneri per liberalità (trattasi pur sempre di Sua sorella, ma non è elemento di diritto!).
Salve, vorrei un chiarimento: sono stato interpellato per contribuire alle spese di manutenzione di una cella gentilizia, in cui è sepolta mia sorella.
La cella era di proprietà di sua suocera,la mamma di suo marito, loro erano senza figli.
Ora io mi trovo coinvolto in questa diatriba, gli altri proprietari conoscono solo me, mentre gli eredi del marito di mia sorella, nessuno li conosce!
Come posso fare?
X Marco,
ogni provvedimento d’ingiunzione non può che esser adottato dal competente giudice. Una bella causa civile, intentata al Comune, magari, per inadempimento contrattuale, sarebbe pressoché perfetta, senza dimenticare l’Art. 2053 Cod. Civile. La manutenzione dell’impianto cimiteriale spetta senza dubbio all’Ente Locale che ne è proprietario ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile.
Leggo la risposta di Carlo alla mia del 19/9 , ma , al di la della richiesta economica dei danni, si sa che il contenzioso civile è li che sfocia, adendo le vie legali , il giudice può ordinare al comune di fare i lavori di manutenzione straordinaria che gli competono? Al che il comune potrebbe motivare che non ha disponibilità finanziarie… Occorre imbastire una causa o potrebbe bastare un accertamento tecnico preventivo o altri istituti più idonei al caso? Purtroppo ben conosciamo i tempi della giustizia e soprattutto i costi ” certi” nell’intraprenderla a fronte di risultati “non certi” e comunque non finalizzati per me al ristoro economico d’un danno, ma bensì ai lavori di manutenzione di quella parte di cimitero dove sono le tombe dei miei nonni.
X Marco,
I loculi (ove non siano avelli di sepolture private nel cimitero, realizzate direttamente dai concessionari di sola area cimiteriale) non sono di proprietà dei concessionari… che si chiamano proprio concessionari perché ne hanno solo il diritto d’uso.
Pertanto la manutenzione straordinaria del “fabbricato” che li “contiene” spetta sicuramente al Comune. A questo punto, dopo un formale avviso a provvedere da inoltrare al comune conviene adire il Giudice, in sede civile, per veder riconosciuto e quantificato il danno da Lei patito per l’omessa manutenzione dell’edificio.
Ho la tomba dei nonni al piano terra di colombari perimetrali occupati in quella zona prevalentemente da sepolture prive di manutenzione ordinaria forse per la mancanza di discendenti o familiari; si dà il caso che sia caduto il cornicione li sopra ed il vialino si sia progressivamente interrato da non smaltire più l’acqua piovana per la mancanza o addirittura inversione della pendenza, così trovo le lapidi dei nonni sempre imbrattate di terra oltre ad aver trovate transennate le tombe per pericolo di caduta del cornicione. A nulla sono valse le richieste verbali fatte al Sindaco ed all’ Ufficio Tecnico da oltre due anni per intervenire a sanare la situazione anche dietro una compartecipazione alla spesa, come si fa nei condomini. Che altro si può fare? G
X Teresa,
L’istituzione di un canone annuo destinato alla manutenzione non sarebbe possibile (salvo per la Regione Emilia-Romagna) per le tombe precedentemente concesse. Potrebbe, invece, esserlo per le nuove concessioni, per le quali si può prevedere un canone composto di due voci di calcolo (una tantum + canone periodico).
In effetti, qui, in Regione Emilia-Romagna (io sono di Modena, quindi, conosco benissimo la situazione locale) questa forte innovazione (lodevole nell’intenzione, ma non so quanto legittima per i puristi del diritto, poiché l’Art. 23 Cost. per l’imposizione di prestazioni di natura patrimoniale stabilisce una riserva di Legge e non di semplice fonte secondaria, come, appunto accade per un regolamento) è contenuta nel comma 6 dell’art. 4 del Regolamento Regionale 23 maggio 2006 n. 4 adottato ai sensi dell’Art. 2 comma 2 Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19 con cui, per la prima volta in Italia, si introduce la possibilità da parte del Comune di disciplinare nel regolamento comunale le modalità di partecipazione da parte degli “aventi diritto” agli oneri di manutenzione delle parti comuni od ai costi di gestione del complesso cimiteriale.
Le sepolture che possono essere oggetto di tale modalità di partecipazione (il quale si estrinseca nel far pagare uno specifico diritto cimiteriale) sono:
a) le sepolture in concessione perpetua (indipendentemente dal fatto che siano state o meno costruite dal comune o dal concessionario originario) e quindi a titolo esemplificativo sia loculi, tombe a due o più posti a sistema di tumulazione di feretro, ceneri, ossa, fosse concesse per inumazione feretro;
b) le sepolture private, concesse anche per una durata determinata.
I destinatari di tale possibile prelievo sono gli aventi diritto, con ciò intendendosi l’originario concessionario o quelli subentrati a seguito di successione legittima o testamentaria.
Si noti che è avente diritto anche chi ha ricevuto, fino a che la norma lo consentiva, il trasferimento della sepoltura per atto inter vivos a seguito di quanto stabilito dall’art. 71 commi 2 e segg del R.D. 21 dicembre 1942 n. 1880.
In caso di co-intestazione nella titolarità di una concessione cimiteriale (e se non vi siano, nell’atto di concessione, altre indicazioni) si ha una sorta di comunione indivisa tra i co-intestatari, i quali, a questo punto, sono obbligati in solido ex Art. 1292 Cod. Civile nell’assunzione (spontanea o meno) degli oneri manutentivi straordinari.
Chi non vuole sostenere tali spese ha un’unica possibilità per esser sollevato da quest’incombente, magari anche molto gravoso: rinuncia, con atto unilaterale, alla propria frazione di jus sepulchri, con conseguente retrocessione dello stesso al Comune, il quale, poi, provvederà d’ufficio all’accrescimento integrativo delle rimanenti quote di Jus Sepulchri per le persone ancora titolari della concessione.
Attenzione: con la rinuncia, che è atto irrevocabile, si perde ogni diritto d’uso sulla tomba in questione, inteso come duplice diritto di dare o ricever sepoltura.
Il comune intende effettuare dei costosi lavori di manutenzione alle tombe perpetue, costruite alla fine dell’800, site nel cimitero comunale. A tal fine ha chiesto un consistente contributo economico alla famiglia, siccome non tutti i componenti sono intenzionati a pagare, vorrei sapere come potermi tutelare dai diritti di sepoltura di chi non intende pagare?
Tenga presente che la tomba in questione si trova in Emilia-Romagna
Grazie
X Uccio,
Piccola provocazione: il Capo XVIII del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, per quanto riguarda i sepolcri privati, ragiona sempre e solo in termini di concessione di area (= diritto di superficie sui generis) affinché il privato concessionario possa erigervi un manufatto di cui egli è e rimane proprietario ex Art. 63 DRR n. 285/1990, con annessi obblighi manutentivi, almeno sino all’estinguersi della concessione. Orbene questo fine “edilizio” è intermedio è strumentale rispetto all’esercizio dello jus sepulchri vero e proprio che ha natura personalissima, reale e patrimoniale (almeno per la sua componente materiale, cioè per le opere murarie e gli arredi funebri).
La Legge, pertanto, non prevede mai la costruzione diretta del sepolcro da parte del comune titolare ultimo del bene classificato come cimitero, nel caso da Lei rappresentato non si ha più un semplice diritto di superficie, bensì la mera cessione di un diritto d’uso su una cappella o edicola precedentemente realizzata, senza che si possa più parlare di un diritto di proprietà del concessionario sull’immobile sepolcrale.
Per quanto riguarda le scelte stilistiche ed architettoniche (tombe alte, basse, a sterro, epigee, ipogee, omologate) il riferimento di rigore è al piano regolatore cimiteriale (Art. 91 DPR n. 285/1990) ed ai suoi strumenti attuativi, esso, infatti, costituisce la pre-condizione affinché l’Ente Locale possa avviare la procedura di concessione amministrativa da cui, poi, sorge lo Jus Sepulchri, inteso come diritto alla tumulazione.
Salve a tutti!
Vorrei risolvere un dubbio: anni fa il comune in cui abito ha affidato ad un consorzio il servizio per la costruzione del cimitero nuovo, quindi delle cappelle annesse. Il consorzio ha ovviamente costruite tali cappelle gentilizie con unico stampo, quindi uniformandole. Vorrei sapere se è lecita tale operazione, alla luce di quanto letto sopra, e se esistano delle vie giudiziarie per risolvere l’eventuale nascente questione.
Grazie
x Uccio
E qual’è la questione, visto che non è esplicitata?
L’Art. 104 comma 4 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con DPR n.285/1990 assoggetta i cosiddetti cimiteri particolari (ossia cimiteri privati, in quanto non comunali e preesistenti all’entrata in vigore del Regio Decreto n. 1265/1934) in ogni caso alla vigilanza comunale contemplata anche dall’Art. 51 DPR n.285/1990 per tutto il sistema cimiteriale comunale (strumenti sanzionatori compresi di cui agli Artt. 107 DPR n. 285/1990 e Art. 7-bis D.Lgs n. 267/2000) e e di conseguenza alla legislazione speciale in materia di cimiteri, cioè allo stesso DPR n. 285/1990, quale norma quadro di riferimento, ammettendo, tuttavia, implicitamente l’adozione di regolamenti interni di organizzazione, specie per quanto riguarda l’ottimale gestione degli spazi sepolcrali (rotazione degli stessi) e dei diritti di sepolcro.
Compete, quindi, pur sempre all’Autorità Comunale questo compito di supervisione con la sola esclusione degli elementi di onerosità a carico del bilancio dell’ente locale, quali la manutenzione e conservazione di questi campisanti, obblighi di conduzione che rimangono, in ultima analisi, in capo al soggetto titolare proprietario del sepolcreto stesso.
Ad esempio nell’eventualità di una situazione patologica di scarsa manutenzione il comune, quale titolare ultimo della funzione cimiteriale (pubblica per sua intima definizione e natura) può procedere a diffidare il soggetto titolare del cimitero privato ( nel nostro caso l’Arciconfraternita) a provvedere anche in assenza di elementi di oggettivo pericolo per l’incolumità dei visitatori o la salute pubblica, sino, come extrema ratio, in condizioni di massimo degrado, ad inibire l’accoglimento di nuove sepolture. E’da ritenere, però, che la norma in questione, da interpretarsi “a maglie larghe”, e con opportuna tolleranza, consenta la conservazione e l’utilizzo di tali luoghi di sepoltura (molto risalenti nel tempo) anche quando manchino taluni requisiti o le condizioni minime per la normativa vigente che, attualmente, sarebbero necessarie per le nuove costruzioni di cappelle private al di fuori del perimetro cimiteriale. Sarebbe, infatti, vietato impiantare ed esercire nuovi cimiteri privati, stante l’Art. 824 comma 2 Cod. Civile e gli Artt. 337, 343 e 394 Regio Decreto n. 1265/1934.
In ultima analisi bisogna far riferimento all’atto costitutivo dell’Arciconfraternita, al suo statuto ed all’ordinamento interno, anche se non è da escludere, a mio modestissimo avviso, una bella azione civile verso l’Arciconfraternita per inadempienza contrattuale.
Non possono neppure ignorarsi le responsabilità, in tema di cimiteri privati, che competono all’autorità comunale sia per quanto riguarda l’ottemperanza alle norme sulla fascia di rispetto (Art. 338 Regio Decreto n. 1265/1934 così come riformato dall’Art. 28 Legge n. 166/2002), sia nelle ipotesi di realizzazioni di opere, sia quando si tratti di costruzioni o di interventi di manutenzione e/o restauro di manufatti pertinenti al cimitero particolare pre-esistente o di altre strutture (ad esempio, le strade di accesso), cui si applicano le comuni norme che regolano le singole tipologie di interventi, anche edilizi (A tal proposito il DPR n. 285/1990 in quanto normativa speciale e di settore prevale anche sul Testo Unico di cui al DPR 380/2001)
Ne consegue che dal potere di vigilanza discende altresì, la titolarità (trattandosi di un potere-dovere) di un’attività di attenta verifica, connessa, quando si renda necessario, alla potestà di impartire disposizioni volte ad assicurare il rispetto delle norme che debbono, comunque, trovare osservanza, tali disposizioni, infatti, obbligatorie ed inderogabili non possono essere disattese (e non solo in relazione all’art. 650 Cod.Penale.), in quanto direttamente attinenti alla funzione cimiteriale.
L’eventuale denuncia sullo stato di fatiscenza della struttura cimiteriale va quindi presentata all’ufficio della polizia mortuaria del suo comune o ai suoi servizi ispettivi (il comune ex Art. 51 comma 2 DPR n. 285/1990 si avvale dell’AUSL, come interfaccia tecnico-strumentale, per i problemi igienico-sanitari)
Buongiorno, in caso di cimitero “privato” per intendersi di proprietà di una arciconfraternita (Misericordia), la manutenzione non già del singolo sepolcro ma degli edifici ed annessi vari cimiteriali che consentono l’accesso alle tombe con relativi impianti e la loro normale fruizione, a chi compete? può un concessionario rivalersi per “danni” per mancata “fruizione” dei servizi imputabili a mancata manutenzione? può un contratto di concessione essere denunciato e quindi risolto (chiedendo i relativi danni) per mancanza dei relativi impegni minimi di manutenzione?
Grazie
X Elisa,
Storicamente il legislatore italiano ha sempre visto con una certa diffidenza la costruzione, all’interno del cimitero, di sepolcri privati a sistema di tumulazione, proprio perché essi, in quanto, appunto, “privati”, ossia “UTI SINGULI”, sottraggono spazio alla precipua funzione cimiteriale che sorge, pur sempre, in capo al comune, ossia il dar sì sepoltura ai morti, ma nei campi comuni di terra, quindi tramite la tecnica dell’inumazione; ecco allora, negli ultimi due secoli, addensarsi le cappelle gentilizie ai bordi delle quadre di terreno adibite all’inumazione dei cadaveri, sino quasi a sovrapporsi al il muro di cinta del cimitero…per poi gradualmente “asssorbirlo”.
Generalmente i manufatti sepolcrali sono stati eretti su singole frazioni del perimetro cimiteriale, per ciascuna delle quali è stato, a suo tempo, instaurato un rapporto di concessione tra Comune e concessionario.
In estrema e… paradossale sintesi non ci si dovrebbe mai trovare nella situazione descritta nel quesito, in quanto il muro esterno della cappella avrebbe dovuto essere eretto sull?’area in concessione, che non dovrebbe certo corrispondere al muro del camposanto stesso…ma il condizionale è d’obbligo e si giustifica perché, nei fatti e nella realtà, con altissima frequenza, i fabbricati, specie quelli più risalenti nel tempo, realizzati su suolo dato in concessione, per i motivi di cui sopra, sorgono direttamente addossati al muro di cinta del sepolcreto, finendo con divenire un tutt’uno con quest’ultimo.
Ragion per cui non resta che avvalersi dei principi dettati dal D.P.R. n. 285/1990 assieme al buon senso laddove lo stato dei luoghi e la prassi, comunque tollerata, abbiano determinato la situazione di COMUNIONE del muro, per la quale, così, trovano pur sempre applicazione le stesse disposizioni del Cod. Civile che regolano questa fattispecie così complessa.
La normativa speciale (tale, infatti è il regolamento nazionale di polizia mortuaria) di settore stabilisce inequivocabilmente che:
a) ogni cimitero sia recintato (art. 61 D.P.R. 285/90) con un muro o altra idonea recinzione alta non meno di 2,5 metri dal piano esterno di campagna;
b) ogni cappella sia costruita sul suolo in concessione (art. 90, comma 1 D.P.R. 285/90);
c) ogni sepoltura non possa avere comunicazione diretta con l?esterno del cimitero (art. 94, comma 3 D.P.R. 285/90);
d) di ogni cappella debba essere approvato preventivamente il progetto (art. 94, comma 1 D.P.R. 285/90);
e) il concessionario debba mantenere a sue spese, per tutto il tempo della concessione, in buono stato di conservazione manufatti di sua proprietà (art. 63, comma 1 del D.P.R. 285/90);
Giova, poi, ricordare come il cimitero sia bene demaniale: per tale caratteristica è inalienabile, non usucapibile e non può formare oggetto di diritti di terzi se non nei modi che la legge consente, cioè tramite concessione amministrativa (artt. 823 e 824 C.C.).
Se, sulla base dell’allora vigente normativa, quando cioè fu stipulato il (contr)-atto di concessione, il Comune ha consentito al privato concessionario di sostituire o, comunque, integrare il muro perimetrale del cimitero con il muro di sostentamento del coperto di una cappella e se il privato concessionario ha così determinato una alterazione di stato che viola il D.P.R. 285/90, il Comune deve perfezionare una diffida affinché siano ripristinate le condizioni minimali stabilite dalla legge (altezza minima del muro, divieto di aperture che consentano l?’accesso al cimitero, rispondenza al progetto approvato).
L’onere manutentivo è imputabile al concessionario, perché la parete della cappella è di proprietà del concessionario fino allo scadere della concessione, ma allo stesso tempo, essendo essa anche recinzione perimetrale del cimitero (e, dunque, dotazione indispensabile propria di qualunque cimitero) la sua funzionalità ed operatività deve esser, in primis, assicurata dal comune quale titolare ultimo dell’attività di polizia cimiteriale.
Poi, summa lex, summa iniuria, Il buon senso si segue quando il Comune, non ritrovando il concessionario (ad es. perché deceduto) deva, in ogni caso, garantire che il muro della cappella mantenga comunque le caratteristiche atte ad impedire l?’accesso furtivo al cimitero: conseguentemente è il Comune che procede ai lavori strettamente necessari dopo aver diffidato concessionari e loro aventi causa a provvedere in prima persona, per le parti di propria spettanza.
Interessante un’ultima osservazione: dall’esposizione dei fatti sembra che il problema della comunione del muro interessi più edicole funerarie: è abbastanza, o del tutto, improbabile ritenere vi sia stato un solo rapporto di concessione per l?’intera area cimiteriale stipulato nei confronti di tutti i concessionari come se questi fossero un?universalità.
Essendo in presenza di più rapporti giuridici di concessione, va rammentato come occorra sempre fare riferimento ai singoli concessionari o loro aventi causa, in forza del subentro, invitandoli a prestare le necessarie opere di manutenzione del muro perimetrale, che si presume costituente parte del manufatto sepolcrale di cui constano le tombe di famiglia, siccome queste, con ogni probabilità, hanno inglobato pure il muro del cimitero, nel senso che almeno una porzione di questo altro non è se non uno dei muri dei sepolcri privati realizzati sulla superficie avuta in concessione.
La mia famiglia usa da tempo una cappella cimiteriale (una delle tante che esistono e che vanno a costituire la cinta del cimitero stesso). A chi compete la manutenzione ordinaria e straordinaria?
Grazie.
x Elisa
Non è chiara la domanda. Può precisare?
Intende a manutenzione ordinaria e straordinaria della cappella nel suo complesso o della sola parte di cappella che ha sostituito il muro cimiteriale?
Se il sepolcro è stato costruito dal suo fondatore su terreno dato in
concessione le opere murarie ed il paramento lapideo appartengono al
concessionario per tutta la durata della concessione e la manutenzione
straordinaria spetta al concessionario-fondatore del sepolcro poichè è lui
il proprietario del manufatto sepolcrale. Se,invece, loculi e colombari sono stati costruiti dal comune e solo successivamente dati in concessione la manutenzione straordinaria è di competenza dell’ente locale.
Quindi, ricapitolando: Generalmente il contratto fra amministrazione
comunale e concessionario prevede tali obblighi e laddove essi non siano espressamente considerati potrebbero esser, invece, contemplati in provvedimenti amministrativi (ad es. regolamenti comunali di igiene o di polizia mortuaria).
In via generale vale l’art. 63 del Regolamento di polizia mortuaria DPR
10/9/1990 n. 285. Tale norma si riferisce specificamente ai manufatti di
proprietà del concessionario di un’area cimiteriale. Su di esso incombe
l’obbligo della manutenzione ordinaria e straordinaria.
In caso di concessione di loculi o altri manufatti costruiti direttamente
dal Comune, in assenza di obblighi di natura contrattuale, valgono i
seguenti criteri: a) al concessionario compete l’ordinaria manutenzione; b)
in capo al Comune sorge l’onere della manutenzione straordinaria.
Secondo Voi a chi spetta la manutenzione straordinaria (manto impermeabile, intonaco, fasce in marmo ecc.) dei manufatti – loculi -costruiti dal Comune e dati in concessione sia perpetua che
novantanovennale, dall’Ente al concessionario? in assenza anche di una norma specifica prevista dal Regolamento comunale di Polizia Mortuaria.
In riferimento anche al commento dell’art. 63 del DPR 285/90, autori Bruschi – Panetta secondo i quali, normalmente, il concessionario provvede alla manutenzione ordinaria, mentre grava sul comune la manutenzione straordinaria per tutto quanto concerne le opere più rilevanti: il rifacimento della copertura, intonaco ecc…
Come procedere per l’eventuale identificazione se si tratta di tombe senza iscrizione o con iscrizione indecifrabile? Quali le disposizioni normative di riferimento?
Se si tratta di inumazioni in campo comune, vi dovrebbe essere il cippo (obbligatorio; art. 70 dPR 10/9/1990, n. 285) e, comunque, potrebbero essere individuabili sulla base (anche) dei registri di cui all’art. 52 dPR 285/1990.
Se ragioniamo invece, come sembrerebbe, di altre tipologie di sepolcri (cioè, di sepolcri privati nei cimiteri), ci si dovrebbe basare sia sugli atti di concessione sia sulle planimetrie di cui all’art. 54 e ss. dPR 285/1990.
E’ ben vero che – a volte – non sempre le registrazioni (atti, c.d. contratti, planimetrie, ecc.) sono sempre tenute in ordine e gestite come bisognerebbe,, ma in tali casi (e, forse) non resta che tentare qualche c.d. ispezione, nel senso che anche i feretri dovrebbero (di nuovo il condizionale) riportare targhe metalliche identificatrici.
Escluderei, nettamente, l’ipotesi dell’art. 5 DPR 10/9/1990, n. 285, siccome tali rinvenimenti presupporrebbero che la scoperta di resti umani sia avvenuto al di fuori del cimitero. Infatti, nel cimitero non vi e’ rivenimento di quanto indicato nella norma, perchèsi tratta di un luogo in cui, per definizione, queste fattispecie medico-legali (cadaveri, ossa, resti mortali) debbono obbiligatoriamente trovarsi giusta l’Art. 340 Testo Unico Leggi Sanitarie.
Piuttosto, si potrebbe suggerire il ricorso alla c.d. pubbliche affissioni, magari identificando il sepolcro come quello che si trova in mezzo tra il sepolcro X e quello Y (o riferimenti di tal fatta, volendo anche ricorrendo a rappresentazioni grafiche), in particolare se, prima di intervenire sulle spglie mortali, si renda necessario dichiarare una decadenza di un sepolcro privato nei cimiteri, anche se cio’ fosse per carenza del ‘titolo’ (il c.d. regolare atto di concessione).
Tra l’altro, immagino (con un po’ di fantasia o, semplicemente, di conoscenza dell’ambiente) che, con molta probabilità, non si tratti di sepolture ad inumazione in campo comune, quanto di altro, cioe’ di sepolcri privati nei cimiteri, spesso molto risalenti nel tempo e datati.
REGIONE CAMPANIA – SAN LORENZO MAGGIORE (BENEVENTO)
HO RICEVUTO DAL COMUNE UNA RICHIESTA DI PAGAMENTO PER ACCENSIONE LAMPADA VOTIVA (TOMBA DI MIO PADRE) AUMENTATA DEL 42% E RELATIVA ALL’ANNO PRECEDENTE! PRIMA DELLA RICHIESTA NESSUNA COMUNICAZIONE E’ PERVENUTA ALLO SCRIVENTE! CREDO CHE MI SIA STATO NEGATO IL “DIRITTO” DI SOSPENDERE IL SERVIZIO…..QUALORA AVESSI AVUTO NOTIZIA DELL’AUMENTO! E’ LEGITTIMO TUTTO CIO’? GRAZIE ANTICIPATAMENTE PER L’EVENTUALE RISPOSTA!!!!
Cosa significa il 42%? Se la tariffa era anormalmente bassa, dico ad es. 10 euro, aumentarla a 14,2 euro è un fatto corretto.
Quanto era la tariffa prima?
Nell’ambito di propria competenza ex Art. 117 comma 6 III Periodo Cost. (così novellato dopo la riforma del Titolo V con Legge Costituzionale n.3/2001) il REgolamento Comunale di Polizia Mortuaria opera su un piano di pari ordinazione rispetto agli altri livelli di governo del fenomeno funerario, DPR 10 settembre 1990 n. 285 in primis. Si noti, appunto, la “riserva di regolamento” attuata per previsione costituzionale, e non ai sensi dell’Art. 7 D.LGS n.267/2000, in quanto la legge ordinaria (Art. 824 comma 2 Codice Civile) stabilisce la demanialità comunale dei cimiteri.
Il Regolamento comunale di polizia mortuaria, tuttavia è, pur sempre, quale condizione d’efficacia, soggetto ad omologazione ai sensi dell’Art. 345 REgio DEcreto 27 luglio 1934 n. 1265..
L’adozione di un regolamento comunale è espressamente contemplata anche dal DPR n.285/1990, si veda a tal proposito, l’Art. 62 a proposito del modo in cui discliplinare l’erezione di monumenti sepolcrali o l’applicazione sugli stessi di lapidi ed altri arredi votivi.
Lo JUs Sepulcri si compone, almeno, di due differenti situazioni giuridiche: un diritto reale di natura patrimoniale e, quindi di natura privatistica (= la mera proprietà sui manufatti funerari) ed un diritto di tipo personalissimo, asiimilabile aalla sfera dei diritti civili, ossia il trovar sepoltura in una determinata tomba (Jus Sepeliendi) o il dar sepoltura all’interno della stessa (Jus Inferendi Mortuum in SEpulchrum) secondo il criterio di consanguineità, in quanto il sepolcro privato nasce come sibi familiaeque suae, cioè per il concessionario e per la propria famiglia. LO JUs Sepulchri si acquisisce jure proprio per il solo fatto di esser in rapporto di consanguineità con il fondatore del sepolcro, senza, però, mai dimenticare lo JUs Coniugii.
Ora il diritto reale di natura patrimoniale è intermedio, ossia strumentale e teleologicamente finalizzato all’esercizio del diritto personalissimo dello Jus SEpulchri.
Ad ogni modo la manutenzione straordinaria spetta al proprietario del bene ex Art. 63 DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Se il sacello (immagino, infatti si tratti di tomba a sistema di tumulazione, dove l’elemento centrale è rappresentato dal fabbricato) è stato costruito da un privato su area data in concessione provvede quest’ultimo, se invece, il tumulo sepolcrale è stato, a suo tempo, edificato dal comune il quale, poi, ha ceduto al privato il solo diritto d’uso sull’edificio o su porzioni dello stesso, la responsabilità è del comune.
la manutenzione straordinaria dei sepolcri in concessioe a chi spetta secondo il codie civile? puo’ un regolamnto di polizia mortuaria porre dei limiti ad una legge nazionale??????
Gli obblighi che il concessionario contrae verso il comune sono definiti da:
1) regolamento comunale di polizia mortuaria (sia quello vigente al sorgere della concessione, si quello eventualmente entrato in vigore dopo la concessione)
2) atto di concessione.
Senza esaminare questi due documenti è pressochè impossibile rispondere al quesito.
Oggetto della concessione possono esser alternativamente:
a) area, ex Art. 90 DPR n.285/1990, su cui costruire un sepolcro privato di proprietà del concessionario
b) cessione in uso di spazio, edificio o porzione dello stesso (loculo, celletta…) ai sensi del D.M. 1 luglio 2002, per dar luogo ad una sepoltura privata.
Il primo caso si configura come un diritto di superficie ed in esso ordinariamente la manutenzione, di qualunque tipo, spetta al concessionario (persona fisica o giuridica titolare della concessione; nel secondo solitamente competono al comune, costruttore del sepolcro, le azioni di sistemazione e risanamento del loculo (opere murarie e disinfezione dello stesso)
Il comune non ha l?obbligo di concedere aree per l?erezione di sepolcri privati all?interno del cimitero e, men che meno, di provvedere alla costruzione di sepolture private da concedere in uso e, quando vi provvede, lo fa in termini di facoltatività, anche se dalle concessioni che disponga assuma oneri corrispondenti sulla base del regolamento comunale di polizia mortuaria e dell?atto di concessione. Le tumulazioni sono quindi sempre sepolcri privati nei cimiteri.
mi è pervenuta una lettera del comune di castel del giudice(IS) che mi dice di pagare 225,00 euro per lavori di manutenzione straordinaria loculi cimitero dove è sepolta mia madre è una richiesta di pagamento come quota di partecipazione finanziaria….loculo dato in concessione nel 1986 per 50 anni….volevo chidere se sono tenuta a pagare visto che si tratta di m anutenzione straordinaria e non ordinaria
Buon Giorno, volevo chiedere informazioni in merito ad una situazione verificatasi nel nostro cimitero, ovvero il crollo di una lapide di un loculo a concessione perpetua, crollo verificatosi molto probabilmente per vetustà della lapide.
L’informazione che vorrei sapere è se la lapide da ripristinare è a carico del Comune o del Concessionario.
Dalle informazioni reperite credo che la lapide sia a carico dell’ente comunale , e le opere ornamentali (fotografia e iscizione) a carico del concessionario, vorrei però avere un ulteriore conferma. Grazie resto in attesa di notizie
Se la lapide è stata montata da un marmista di sua fiducia ne risponde il marmista. Se sono state fatte azioni da parte di visitatori della tomba capaci di danneggiare i sistemi di fissaggio della lapide è un onere di chi ha fatto il danno. Se è il sistema di montaggio della lapide che è stato sbagliato (in progettazione ed esecuzione) e la lapide fornita dal Comune è quest’ultimo che ne risponde nei termini (tempi ) del codice civile. In ogni caso il ripristino è a carico del concesisoneario (che è tenuto a mantenere la sepoltura in solido e decoroso stato) e poi sarà questi a procedere nei confronti di chi ha la colpa.
Nell’ambito del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria il Comune, ex Art. 62 DPR 10 settembre 1990 n. 285 può imporre che nella posa di lapidi, iscrizioni, fregi, ecc. vengano utilizzati determinati materiali, dimensioni, colori, ecc. ai fini della preservazione della tipologia esistente, o di economicità dell’intervento, o di decoro, ecc., ma appare di difficile giustificazione che sia il Comune stesso a venderli, a meno che ciò rientri nell’atto di concessione, che il cittadino liberamente sottoscrive. Ma il cittadino, nel rispetto delle norme regolamentari, deve poterle acquistare dove crede. Non va dimenticato che, mentre il sepolcro è oggetto solamente di concessione, i manufatti sono di proprietà del concessionario.