Le riforme costituzionali dettate dalle leggi n. 1/1979 (elezione diretta dei presidenti delle regioni) e n. 3/2001 (riforma del titolo V della Costituzione) impongono la radicale riscrittura degli statuti regionali sia per ciò che riguarda la forma di governo che per ciò che attiene alla loro struttura che per lo svolgimento delle funzioni amministrative che per la parte relativa ai rapporti con gli enti locali. Le regioni sono in notevole ritardo e la entrata in vigore delle nuove regole costituzionali toglie loro ogni alibi per giustificare eventuali ulteriori ritardi. Sono questi alcuni dei principali elementi emersi nel convegno che si è svolto a Bologna sabato 24 novembre e che è stato voluto in memoria di Renzo Santini, parlamentare, già assessore della regione Emilia, componente della presidenza nazionale dell’ANCI e presidente nazionale della CISPEL. Il prof. Marco Cammelli ha evidenziato la centralità del tema del rapporto tra regioni ed enti locali. La riforma del titolo V della Costituzione si poggia su due pilastri: il rovesciamento della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni e la attribuzione dei compiti di gestione delle funzioni amministrative ai comuni ed alle province. Con il che si deve realizzare una profonda e radicale riforma della struttura attuale delle regioni, che esercitano moltissimi compiti di gestione amministrativa. Le novità statutarie devono quindi essere collegate alla scelta da effettuare sulla ripartizione delle competenze tra regioni ed enti locali e sulle modalità con le quali le regioni sono chiamate ad esercitare i propri compiti attivamente gestionali. Roberto Bin, direttore della rivista “Le istituzioni del federalismo”, ha evidenziato come i consigli regionali siano in notevole ritardo nel dare corso alla approvazione degli statuti e come stenti a decollare un confronto di livello adeguato alle necessità ed alle opportunità. Ha inoltre messo in guardia dal valore che concretamente hanno formule generiche, come il mero richiamo alla sussidiarietà, che è al più una indicazione generale e generica di carattere metodologico. Il prof. Augusto Barbera ha evidenziato il grande rilievo che la scelta della forma di governo assume negli statuti regionali, ricordando come fino a questo momento le regioni non abbiano complessivamente affrontato tale tema. Un punto che la Corte Costituzionale chiarirà entro breve tempo è costituito dalla possibilità di approvare riforme “stralcio” degli statuti regionali. Il prof. Augusto Barbera ha sintetizzato le linee ispiratrici del progetto di riforma costituzionale di devolution che il Governo sta discutendo in questi giorni. Una riforma che ampia notevolmente lo spazio di autonomia delle regioni, offrendo loro la possibilità discrezionale di “appropriarsi” della gestione di ulteriori importanti materie. Il prof. Luciano Vandelli, assessore alle questioni istituzionali della regione Emilia Romagna, ricordando la scelta del consiglio regionale di darsi due anni di tempo per la approvazione del nuovo statuto, ha evidenziato la importanza data dalla utilizzazione del metodo del coinvolgimento e della partecipazione degli enti locali ed ha sottolineato come il nuovo progetto governativo di riforma della Costituzione non sia dissimile dalle linee guida della riforma del titolo V appena entrata in vigore. Ha infine sottolineato la assoluta necessità di dare rapidamente vita alla cabina di regia tra Governo, regioni ed enti locali per la applicazione della riforma costituzionale ed ha ricordato il primo concreto risultato già raggiunto in termini di abrogazione dei controlli preventivi obbligatori di legittimità. Il primo presidente della regione Emilia Romagna, Guido Fanti, ha evidenziato il rischio della autoreferenzialità delle regioni nella approvazione dei nuovi statuti.
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