Il terreno del cimitero

Il Capo X del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. è rubricato: “ Costruzione dei cimiteri. Piani cimiteriali. Disposizioni tecniche generali ed il suo art. 55, comma 1 prevede:
1. I progetti di ampliamento dei cimiteri esistenti e di costruzione dei nuovi devono essere preceduti da uno studio tecnico delle località, specialmente per quanto riguarda l’ubicazione, l’orografia, l’estensione dell’area e la natura fisico-chimica del terreno, la profondità e la direzione della falda idrica e devono essere deliberati dal consiglio comunale.”.
Il successivo articolo 56 prevede:
Art. 56.- 1. La relazione tecnico-sanitaria che accompagna i progetti di ampliamento e di costruzione di cimiteri deve illustrare i criteri in base ai quali l’amministrazione comunale ha programmato la distribuzione dei lotti destinati ai diversi tipi di sepoltura.
2. Tale relazione deve contenere la descrizione dell’area, della via di accesso, delle zone di parcheggio, degli spazi e viali destinati al traffico interno, delle eventuali costruzioni accessorie previste quali deposito di osservazione, camera mortuaria, sale di autopsia, cappelle, forno crematorio, servizi destinati al pubblico e agli operatori cimiteriali, alloggio del custode, nonché impianti tecnici.
3. Gli elaborati grafici devono, in scala adeguata, rappresentare sia le varie zone del complesso, sia gli edifici dei servizi generali che gli impianti tecnici.
”.
All’ulteriormente successivo art. 57 il comma 1 si richiama all’art. 338 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m., mentre interessano maggiormente, ai fini del presente intervento, i commi da 5 a 7, che altrettanto si riportano:
5. Il terreno dell’area cimiteriale deve essere sciolto sino alla profondità di metri 2,50 o capace di essere reso tale con facili opere di scasso, deve essere asciutto e dotato di un adatto grado di porosità e di capacità per l’acqua, per favorire il processo di mineralizzazione dei cadaveri.
6. Tali condizioni possono essere artificialmente realizzate con riporto di terreni estranei.
7. La falda deve trovarsi a conveniente distanza dal piano di campagna e avere altezza tale da essere in piena o comunque col più alto livello della zona di assorbimento capillare, almeno a distanza di metri 0,50 dal fondo della fossa per inumazione
”.

Delle disposizioni citate, si fanno rilevare alcuni aspetti, il primo dei quali è quello che l’art. 56, comma 1 parla di una “relazione tecnico-sanitaria”, mentre il precedente art. 55, comma 1 di uno “studio tecnico delle località, specialmente per quanto riguarda l’ubicazione, l’orografia, l’estensione dell’area e la natura fisico-chimica del terreno, la profondità e la direzione della falda idrica”.
La duplice qualificazione di “tecnico” e “sanitaria” porta a considerare che lo “studio tecnico” richieda un concorso di professionalità: basterebbe considerare che la natura fisico-chimica del terreno e la direzione della falda idrica (ricordando che l’art. 57, comma 7 richiama anche la profondità di questa) costituiscono materie che, per loro stessa natura, non sono pertinenti a conoscenze scientifiche qualificabili quali “sanitarie”, quanto maggiormente pertinenti alle professionalità dei geologi.
Per quanto queste indicazioni non siano innovative, in quanto già presenti nelle disposizioni corrispondenti antecedenti, non è da escludere che, in passato, quando il cimitero sia stato realizzato, la scelta di localizzazione dell’opera non abbia sempre tenuto presente questi aspetti, per diverse motivazioni e non sempre, o quasi mai, per sciatteria progettuale, quanto per difficoltà anche oggettive ad individuare aree completamente idonee.
Si pensi alla previsione (art. 57, comma 5) per la quale il “terreno dell’area cimiteriale deve essere sciolto …” che appare importante per il fatto di individuare la funzione di queste indicazioni, consistenti nel favorire il processo di mineralizzazione dei cadaveri, disposizione che trova collegamento coerente con il successivo art. 82, commi 2 e 3 (incidentalmente ricordando che le relative competenze sono state trasferite alle regioni, col il D.P.C.M. 26 maggio 2000), in cui si considerano i casi nei quali questa “finalità” risulti non essere realizzata (comma 2) o (comma 3) risulti ottenuta prima del turno ordinario di rotazione.

Ma se questa seconda ipotesi non determina criticità gestionali (anzi!), la prima incide pesantemente sulla gestione del cimitero che risulti, magari ex post, inidoneo a consentire il normale svolgimento degli ordinari processi trasformativi cadaverici (senza che si determinino effetti “conservativi”).
Al punto che il comma 2 si conclude con una prescrizione da non sottovalutare: “ …. dispone per la correzione della struttura fisica del terreno o per il trasferimento del cimitero” (che, si fa notare, sempre richiamare quelle “facili opere di scasso” citate all’art. 57, comma 5).
Tra l’altro queste opere “correttive” della struttura (natura) fisico-chimica del terreno, comportano costi aggiuntivi (quando non già valutata tale natura in sede di realizzazione del cimitero), per non dire che la “correzione” dovrebbe o potrebbe richiedere interventi in profondità, ma anche difficoltà di realizzazione (es.: la profondità della falda idrica, sia che la si valuti in termini di piena che di più alto livello della zona di assorbimento capillare, difficilmente può trovare misure “correttive”).
Ad esempio, non si può dimenticare come vi siano realtà, come quelle in prossimità di spazi marittimi o lagunari, la falda idrica sia esposta anche ad infiltrazione di acqua salata.

Oltretutto, anche interventi disposti in applicazione dell’art. 82, comma 2 non possono sottrarsi ad una valutazione della struttura/natura del terreno, poiché se vi si prescindesse vi potrebbe essere l’effetto – negativo – per cui gli interventi correttivi risulterebbero scarsamente efficaci o del tutto inefficaci, con conseguenti sprechi di risorse.
Ne consegue che, anche in questa fase (se occorra), risulta importante l’effettuazione di studi adeguati in proposito, studi che hanno anch’essi un costo, per altro ben inferiore rispetto agli interventi “correttivi”, ma che viene, per così dire, assorbito dalla prospettiva del raggiungimento della “funzione” del terreno del cimitero, cioè quella di consentire che, nel corso del turno ordinario di rotazione, di realizzino pienamente gli ordinari e fisiologici processi trasformativi cadaverici, senza esiti “conservativi”.
In conclusione potrebbe darsi il consiglio, quando si riscontrino le fattispecie di cui all’art. 82, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., di programmare interventi correttivi, anche prescindendo da “disposizioni” altrui, intervenendo per stralci, cioè per singoli capi ad inumazione, o per parti di essi, in relazione alle situazioni locali, magari sfruttando una modifica nelle domande tra le diverse tipologie di sepolture, programmazione che potrebbe richiedere anche tempi sviluppantesi su più “mandati amministrativi”, cosa che richiede un’attenzione alla problematica non contingente o di corso respiro.
Del resto, nella programmazione delle gestioni dei cimiteri è imprescindibile operare con orizzonti temporali di estesa portata.

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Sereno Scolaro

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