Consiste nell’affidamento a persona ben identificata, a seguito della volontà espressa in tal senso dal defunto o in talune Regioni sulla base della volontà espressa dal defunto e dichiarata dagli aventi titolo a pronunciarsi, dell’urna cineraria contenente le ceneri di un defunto; essa deve essere conservata in un luogo esterno al cimitero che permetta di dare adeguate garanzie sulla non profanazione.
La legge prevede che l’urna debba essere conservata entro un colombario.
La competenza nel rilascio dell’atto di affido e per eventuali controlli del comune (dirigente o funzionario incaricato nei comuni privi di figure dirigenziali) nel cui territorio le ceneri saranno depositate.
Possono essere consegnate all’affidatario anche ceneri precedentemente tumulate o prodotte dalla cremazione di cadaveri prima sepolti o di resti mortali provenienti da esumazioni ed estumulazioni entrambe ordinarie.
Il colombario da intendersi, nell’accezione più ampia del termine, soprattutto dopo il DPR 24 febbraio 2004, quale luogo confinato nel quale l’urna sia racchiudibile, a vista o meno. L’indicazione degli estremi del defunto (nome, cognome, data di nascita e di decesso) ove non visibili chiaramente dall’esterno, devono essere riportati anche sul colombario. Quest’ultima richiesta, però, diventa particolarmente critica se il colombario è una teca, un piccolo tabernacolo realizzato in un’abitazione privata.
Prevale, quindi il volere sovrano del de cuius non in contrasto con la legge (ad esempio, deve essere un familiare, se il de cuius non individua un familiare, la sua volontà non ha valore); – a seguire il familiare, con precedenza del coniuge, poi degli altri parenti pari grado e se ve ne sono più d’uno la totalità. In alcune zone, però, è invalsa la procedura aggravata, in vero piuttosto rara ed inutilmente appesantita, di richiedere il consenso non solo del coniuge superstite ma di tutti coloro che a seguire, per via gerarchica, avrebbero potuto esercitare il loro diritto di disposizione sul cadavere del de cuius.
Chi designato dal de cuius può rifiutarsi per iscritto (l’urna torna quindi nella disponibilità degli altri aventi titolo per la sepoltura o per l’affidamento familiare); – d’accordo il coniuge e tutti i parenti di grado superiore (ad es. i figli), potrebbe esser designato come affidatario unico anche il nipote.
Una volta identificato il soggetto istituzionale a cui deve essere dichiarata la rinuncia all’affidamento dell’urna cineraria si apre la problematica del ritorno dell’urna in cimitero.
Applicando l’articolo 50 del D.P.R. 285/90, si giunge alla conclusione che il cimitero in questione non possa che essere ordinariamente quello di decesso o quello di residenza del de cuius.
Possono essere scelti altri cimiteri solo laddove vi sia un preciso diritto di sepoltura dell’urna cineraria (dentro un sepolcro per il quale tale diritto già sussista, o in manufatto concesso per la circostanza). Tale diritto dovrà esser preventivamente verificato. Nel silenzio del de cuius e nell’inerzia dei suoi famigliari qualora non vi sia alcun ulteriore atto di disposizione sulle ceneri quest’ultime saranno naturalmente disperse in cinerario comune.
Nel nostro ordinamento di polizia mortuaria vige il principio dell’unità di tempo per la custodia delle ceneri che, racchiuse nell’urna costituiscono un unicum inscindibile. Quindi nello stesso momento l’urna non può trovarsi in due diverse località ed il suo contenuto non può esser frazionato o ripartito in più teche o recipienti.
Alcune regioni consentono anche una rotazione dell’urna attraverso l’affidamento congiunto a più soggetti.
La norma di difficile applicazione tranne nel caso in cui l’affidamento sia a:
a) due o più persone che non siano domiciliate nello stesso luogo, dovendo identificare con chiarezza il posto di conservazione dell’urna cineraria;
b) più persone, in sequenza temporale. Ad es. l’urna viene affidata alla consorte del de cuius e alla sua morte al figlio primogenito. In tal modo si avrebbe una sorta di graduazione sequenziale “a scalata” nell’affidamento, anche se resta il problema della successiva dichiarazione del luogo di conservazione, laddove si volesse procedere in tal senso.
Un’ultima opzione potrebbe esser rappresentata dall’affidamento temporalmente limitato (ad es. 10 anni ad una persona prestabilita dal de cuius) per poi dar luogo a dispersione delle ceneri.
Alcune leggi regionali non intendono dare rilevanza al luogo di conservazione delle ceneri, bensì alla persona affidataria evitando così, in caso di trasloco dell’affidatario (sempre se avviene entro i confini della regione) la necessità di rilasciare di volta in volta una nuova autorizzazione al trasporto ed alla custodia dell’urna.
Diverse legislazioni regionali, in dissonanza con la Legge 130/2001 ragionano in termini di affido personale e non solo famigliare per risolvere così l’impasse rappresentato da convivenze e coppie di fatto con l’atto di disposizione dell’affido consentito anche a persone che con il de cuius intrattenessero solo rapporti di natura morale, affettiva, ma non giuridica e parentale.
I legislatori più accorti e previdenti, muovendo da ipotesi pessimistiche su eventuali distorcimenti ed abusi nell’istituto dell’affido delle ceneri hanno precisato con tutti i crismi di legge come la custodia magari di più urne cinerarie non debba surretiziamente degenerare in una sorta di strisciante cimitero privato con inevitabile fine di lucro, mentre lo stesso atto comunale di custodia delle ceneri presso un domicilio privato non può mai esser interpretato come l’autorizzazione a creare, in regime di concessione, una sorta di piccolo sepolcreto per urne al di fuori del recinto cimiteriale siccome il cimitero (o i cimiteri) comunale l’unico presidio esclusivamente pubblico ed impianto istituzionale preposto ad accogliere cadaveri, resti mortali, ossa e ceneri.
Se l’affidatario ha disposto il collocamento dell’urna anche dopo la morte dell’affidante vi si dovrà dare esecuzione, diversamente l’affidamento avverrà secondo le regole ereditarie patrimoniali oppure le ceneri rientreranno al cimitero.
Se l’urna cineraria di pregiato valore e le ceneri dovranno essere disperse alla morte dell’onerato dal de cuius la stessa cade in successione secondo le regole testamentarie patrimoniali.
Per eventuali infrazioni a quanto dichiarato in sede di adozione del provvedimento di autorizzazione all’affido (generalità dell’affidatario, modalità e luogo di custodia…) si ritiene non si possa elevare la sanzione amministrativa di cui all’Art. 358 Regio Decreto 27 luglio 1934 (Testo Unico Leggi Sanitarie) per difetto di applicazione del medesimo Art. 358, se non diversamente disposto in sede di legislazione locale.
Esso, infatti, riguarda le violazioni al dettato del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria che non annovera in alcun modo tra le sue fattispecie autorizzatorie l’affido delle urne cinerarie, reso poi legittimo solo con il DPR 24 febbraio 2004.
Le sanzioni da comminare, allora, saranno quelle dettate:
- dalla legge o regolamento regionale (meglio se la regione si dotata di proprio ed autonomo sistema di diritto punitivo)
- dal regolamento comunale di polizia mortuaria (Art. 16 Legge 16 gennaio 2003)
- dallo stesso atto di affido, così come confermato dal DPR 24 febbraio 2004.
Salve, una domanda: in seguito a tumulazione di urna cineraria, dopo 2-3 mesi dall’evento, si può aprire la celletta cineraria per prelevare l’urna e procedere alla dispersione delle ceneri? So che servono tutta una serie di autorizzazioni per la dispersione, ma nello specifico vorrei sapere se si possa effettuare l’apertura di una celletta cineraria per prelevarne un’urna per poi fare la dispersione dopo aver già effettuato il funerale e chiuso la celletta.