Alcune note sui reparti speciali entro i cimiteri

{§ 1} Il Capo XX “Reparti speciali entro i cimiteri D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. ha la caratteristica di essere composto da un unico articolo, l’art. 100.
Esso si rivolge a due, distinte, entità (individuate dai suoi 2 commi), dove si sottolinea la distinzione poiché, a volte ed in alcuni contesti, possono aversi sovrapposizioni e mescolamenti del tutto impropri.
Si tratta: {1} persone professanti un culto diverso da quello cattolico e {2} comunità straniere (e loro connazionali). Si evidenzia un rilievo terminologico rispetto al primo: la formula “culto diverso da quello cattolico” è risalente, richiamandosi alle impostazioni che si ritrovavano nella L. 24 giugno 1929, n. 1159, non a caso emanata dopo il Concordato dell’11 febbraio 1929 (L. 27 maggio 1929, n. 810 e L. 27 maggio 1929, n. 847), in cui, oltretutto, si utilizzata l’espressione di “culti ammessi”.
Tale impianto terminologico contrastata con la Costituzione che affronta queste tematiche con gli artt. 7 ed 8, in particolare questo ultimo afferma l’eguale libertà di fronte alla legge di tutte le confessioni religiose.
Peraltro, all’art. 8, comma 2 Cost. è presente l’espressione “confessioni religiose diverse dalla cattolica …” (formulazione che attenua le criticità sollevate rispetto al testo del citato art. 100), mentre al comma 3 è disposto che i loro rapporti con lo Stato siano regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Inoltre, in relazione agli “strumenti” di regolazione dei rapporti con lo Stato, troveremmo, se sia permessa l’osservazione, opportuno distinguere tra
(a) confessioni religiose che abbiano stipulato Intesa e
(b) confessioni religiose che non abbiano ancora stipulato Intesa.

{§ 2} A prescindere dalle formulazioni testuali, la portata dell’art. 100, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. è abbastanza chiara in quanto in sede di piani regolatori cimiteriali (P.R.C.) è possibile prevedere la presenza di “reparti speciali” per la sepoltura delle persone che presentino questa caratteristica.

Si tratta, comunque, sempre di una facoltà (carattere che l’accomuna alle situazioni rientranti nel successivo comma 2), non di un obbligo, dal momento che, in questi ambiti, gli obblighi dei comuni non vanno mai oltre a quelli individuati dall’art. 337 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m., nonché dall’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (all’interno dei quali sono presenti anche altri obblighi strumentali ai primi).

Per inciso, si potrebbe ricordare come alcune Intese affrontino la questione dei reparti speciali riservati ai propri appartenenti in modo peculiare. Principalmente, si può citare l’art. 16 L. 8 marzo 1989, n. 101 “Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l’Unione delle Comunità ebraiche italiane“ e l’art. 25 L. 30 luglio 2012, n. 127 “Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, in attuazione dell’articolo 8, terzo comma, della Costituzione”, laddove, in entrambi, il fattore di facoltatività sopra accennato viene alterato, prevedendo specifici iter per la realizzazione di reparti speciali nei cimiteri.

Data la specialità propria di queste Intese, di seguito si considereranno le situazioni in cui Intese operanti per date confessioni religiose non prevedano norme speciali, o specifiche, in materia di cimiteri, così come quelle relative alla concessioni, o culti, i cui rapporti con lo Stato non sono ancora regolati da Intese – dove il termine “Intese” va riferito alla relativa legge, ricordando che è già avvenuto che vi siano state Intese, le quali non si sono tradotte in legge (omettiamo altre indicazioni, non solo riguardo alle confessioni religiose, ma neppure riguardo ai soggetti che in Parlamento hanno fatto in modo che non vi fosse l’approvazione).

Qualora, nelle sedi locali, i P.R.C. prevedano questi reparti speciali potrebbero aversi due distinte soluzioni:
(a) reparti speciali rivolti alle persone professanti culti diversi da quello cattolico, considerati indistintamente, oppure
(b) reparti speciali rivolti alle persone professanti in culto pre-determinato.
Storicamente, vi sono già esempi di queste due distinte tipologie, che presentano, localmente, denominazioni variabili (in alcuni casi con denominazioni che sembrano considerare la nazionalità, mentre si riferiscono a confessioni religiose non cattoliche).
In particolare, nel secondo caso, si registra la possibilità che gli input sorgano a cura e diligenza di forme di aggregazione (es.: associazioni, ecc.) specifiche, magari attraverso la stipula di “convenzioni”, quando non anche di vere e proprie concessioni cimiteriali (il ché richiede che il soggetto “attivo” sia qualificabile quale “ente” (art. 90, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.) e, quindi, abbia la personalità giuridica.
In tale ultimo caso, l’accoglimento è regolato dall’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. e, quindi, non si potrebbe neppure parlare di “reparti speciali”, ma unicamente di ordinarie “concessioni cimiteriali”; mentre se ciò non vi sia, l’elemento che determina la possibilità di accoglimento è quello della professione del culto nel caso considerato, con la conseguenza che, se questo sia il “carattere”, l’accoglimento fa valutato solo rispetto a questo e non rispetto al soggetto che, eventualmente, si sia fatto attivo, anche attraverso eventuali convenzioni, per la realizzazione di “reparti speciali”.
Ciò porta anche a sollevare questioni circa la “prova” (o i vari e possibili strumenti a ciò idonei) della professione del culto de quo.
Si tratta di aspetti non secondari e che possono presentare criticità di vario ordine e non sottovalutabili (es.: la presenza di culti che non dispongono di organismi o forme “attestative” che possano in qualche modo dare la prova di professione, ma anche si aprono tutte le questioni che riguardano i trattamenti di dati personali sensibili alla luce delle attualmente vigenti disposizioni a tutela della <i<privacy, che non sono “ninnoli da salotto”.

In ogni caso, anche in presenza di “reparti speciali”, la sepoltura può avvenire, in relazione alla (libera) scelta della persona del defunto o delle persone che abbiano titolo a disporne, non solo nei “reparti speciali”, ma altresì anche nei campi di cui all’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. o, se ricorrano le condizioni, in Sepolcri privati entro i cimiteri nei quali la persona defunta abbia titolo ad essere accolta.

{§ 3} Per quanto riguarda l’ipotesi considerata al comma 2 dell’art. 100 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., l’elemento di caratterizzazione non è certo la professione di culto, quanto l’appartenenza da una comunità straniera, meglio (o più giuridicamente qualificata) come “nazionale”, come risulta da quel connazionali.
In tale fattispecie, merita osservarsi come, a differenza che al comma 1, non si parli di “reparti speciali entro i cimiteri”, quanto della possibilità (ribadendo quell’elemento di facoltatività già evidenziato) di dare in concessione un’area adeguata nel cimitero, riconducendo quindi alle disposizioni generali sulle concessioni cimiteriale, principalmente riferibili agli artt. 90 e 93 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Qui occorre considerare quale possa essere l’”ente concessionario”, osservandosi che, se sia una rappresentanza diplomatica o consolare di uno Stato estero, questa ha personalità giuridica in applicazione delle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari, e dei Protocolli connessi, adottate rispettivamente il 18 aprile 1961 e il 24 aprile 1963, ratificate con L. 9 agosto 1967, n. 804.
Se sia altrimenti (es.: una qualche associazione o altro tipo di “aggregazione” che abbia quale motivo di appartenenza quello del possesso di una data cittadinanza) il possesso della personalità giuridica, in conformità alle leggi italiane, diventa (o, torna ad essere) condizione sine qua non per far luogo alla concessione cimiteriale.

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Sereno Scolaro

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