Luoghi per la ritualità e case funerarie: strumento di concorrenza o luoghi di servizio?

È stata segnalata da diverse parti per l’Italia l’inosservanza, ormai cronica ed endemica, della norma che impone tutt’ora, qualora non sia stata varata apposita norma regionale più selettiva, alle strutture sanitarie di avere camere ardenti degne di tale nome, risolvendo così anche il problema dei rituali dei non cattolici.
In effetti, la riforma dall’alto, veicolata con D.P.R. 14 gennaio 1997, perché gli istituti ospedalieri e similari, che operano in regime di ricovero, allestissero adeguati locali (il cosiddetto servizio mortuario ospedaliero), dove le salme potessero sostare per preparazione estetica, veglia funebre e l’officio delle esequie, è stata completamente disattesa, con il brillante risultato di camere ardenti ospedaliere degne, sì e no, di qualche sfortunata e scalcinata repubblica delle banane.

Ovviamente l’imprenditoria privata, forse più attenta ad un mutamento nella sensibilità degli italiani verso le espressioni, anche architettoniche, del lutto, ha intercettato questo bisogno di maggior civiltà ed eleganza per i depositi d’osservazione, anche e soprattutto verso chi professi una Fede non cattolica.
La discussione, negli scorsi anni, si è sviluppata soprattutto sulla opportunità di importare il modello anglosassone (in cui parte del rito è affidato al mediatore, sia esso un amico, un ministro di culto o altra figura e parte all’impresario funebre, con lo svolgimento del funerale all’interno di strutture specializzate denominate “funeral home“), oppure di orientarsi sull’esperienza francese (nella quale il cimitero è ancora essenzialmente pubblico, con la ritualità della veglia funebre, che avviene sempre più in “chambres funeraires“, gestite da imprese funebri e collocate nella vicinanza del cimitero) o se invece mantenere e correggere l’esperienza italiana (nella quale il rito avviene per lo più in Chiesa, quindi in un luogo intermedio fra la partenza da casa o dall’ospedale e l’arrivo in cimitero).

Nella galassia degli operatori dei servizi funerari c’è aperta polemica tra quanti intendono importare (o…scimmiottare?) in Italia modelli stranieri, costruendo “funeral home” con capitali dell’imprenditoria funebre, per offrire, così, risposta qualificata ad una esigenza effettiva, e chi ritiene vi debba essere separazione non solo societaria, proprietaria ma anche morale con un fortissimo discrimen tra le aziende esercenti l’attività funebre, legata, cioè a prestazioni di natura commerciale e coloro che forniscono supporto al lutto, così come gli stessi posti, dove celebrare le funzioni religiose, debbono esser sottratti alla tentazione mercantile.
La posizione dominante di una sola struttura del commiato che diventa crocevia obbligato per tutti i funerali di uno stesso comune, secondo molti analisti, è l’anticamera di un monopolio strisciante, poiché il privato che controlla questo presidio può facilmente metter fuori giuoco la concorrenza.

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Carlo Ballotta

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