[fun.news.1481] Non solo società di capitali per gestire servizi pubblici locali, secondo la Corte di giustizia Europea

Con sentenza Sez. IV, 18/12/2007 n. C-357/06 la Corte di Giustizia Europea si è espressa sulla incompatibilità dell’art. 113, co. 5, del D.Lgs. 267/2000 che limita l’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica alle sole società di capitali con la direttiva 92/50/CEE sugli appalti pubblici di servizi.
L’art. 26, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE, osta a disposizioni nazionali come l’art. 113, c. 5, del d. lvo n. 267/2000, che riserva alle sole società di capitali l’affidamento dei servizi pubblici locali, che impediscono a candidati od offerenti autorizzati, in base alla normativa dello Stato membro interessato, ad erogare il servizio di cui trattasi, ivi compresi quelli costituiti in raggruppamenti di prestatori di servizi, di presentare offerte nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di pubblici appalti di servizi il cui valore superi la soglia di applicazione della direttiva 92/50, soltanto per il fatto che tali candidati od offerenti non hanno la forma giuridica corrispondente ad una determinata categoria di persone giuridiche, ossia quella delle società di capitali.
Il giudice nazionale è tenuto a dare a una disposizione di diritto interno, avvalendosi per intero del margine di discrezionalità consentitogli dal suo ordinamento nazionale, un’interpretazione ed un’applicazione conformi alle prescrizioni del diritto comunitario e, qualora siffatta interpretazione conforme non sia possibile, a disapplicare ogni disposizione di diritto interno contraria a tali prescrizioni.

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