Sulla modifica, nel tempo, degli atti di concessione cimiteriale

In una specifica situazione è stato chiesto se una persona, titolare della concessione del diritto d’uso di un loculo (colombaro o altra denominazione locale; è noto come localmente possano essere in uso denominazioni differenti), cioè di un sepolcro a sistema di tumulazione mono-posto, potesse accogliere in questo il feretro del figlio, in relazione all’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., oppure l’urna cineraria contenente le ceneri dello stesso. Oppure, se a questo fine fosse necessario procedere a modificare l’atto di concessione.
Così posta la questione, sembra di intravvedere, tra le righe, in filigrana l’assunto secondo cui nella disposizione citata (… riservato alle persone del concessionario e dei loro familiari …) si dovesse leggere un certo quale ordine di precedenza.

Ora è evidente che l’ordine di accoglimento è dato dall’ordine del decesso, non essendovi generalmente alcuna possibilità di stabilire, in via preventiva, quale persona, tra quelle che hanno titolo all’accoglimento, venga a decedere per prima, cosa che porta ad escludere a priori una linea interpretativa che individui una qualche precedenza.
Va anche considerato che, se in astratto, questa linea interpretativa potesse essere sostenibile, ne conseguirebbe che, nel caso di sepolcro mono-posto, questo dovrebbe essere considerato come finalizzato solamente all’accoglimento del concessionario!

Si aggiunge anche che, con questa impostazione, si avrebbero difficoltà a “collocare” in contesto giuridico coerente le concessioni che sorgono in occasione della tumulazione di un feretro, dove necessariamente il concessionario non può coincidere con la persona defunta, quanto essere una persona, generalmente ma non necessariamente, un familiare, che ha titolo a disporre delle spoglie mortali.
Si evita di entrare nel merito sul fatto se un figlio del concessionario debba considerarsi qualificato quale “familiare” di questi: infatti, quale che sia l’ambito delle persone definito dal Regolamento comunale di polizia mortuaria o, anche in assenza di una qualsiasi criterio di definizione di questo ambito, parrebbe difficile non considerare quale “familiare” del concessionario un suo discendente in linea diretta di 1° grado.
Vi è solo un fattore da tenere presente nel caso di sepolcro mono-posto a sistema di tumulazione, che si collega al limite (più fisico che giuridico) della capienza.

Partendo dal presupposto, per semplicità (cioè evitando possibili situazioni realizzate in precedenza in cui, talora, le dimensioni dello spazio interno potrebbero essere differenti), che il loculo risponda ai criterio dimensionali esposti dal Punto 13) della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, questo loculo può accogliere un solo feretro e, ricorrendone le condizioni, anche una cassetta ossario (o, un urna cineraria) di persone aventi titolo ai sensi del sopra ricordato art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
A questo punto, non ha rilievo se il feretro accogliendo sia quello del padre (concessionario) o del figlio, in quanto “familiare”, cosa che potrebbe anche portare ad un accesso alla cremazione, per questo motivo, effettuata dalla persona che muoia successivamente ad altra.
Oltretutto, se le diverse persone aventi titolo all’accoglimento, esprimessero la volontà alla cremazione, entrambe (nel caso) le urne cinerarie potrebbero esservi accolte.
Anzi, potrebbero essere accolte un numero di urne cinerarie (e/o di cassette ossario) fino alla saturazione della capienza, che viene così a dover essere valutata in termini “meramente fisici”.
Certo l’art. 94, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. rinvia alla fase di approvazione del progetto di realizzazione/costruzione del sepolcro la definizione del numero di salme che possono essere accolte, dove il termine “salme” non può che essere letto se non come sinonimo di “feretri”, ma trattandosi di sepolcro mono-posto, l’ipotesi è già di per sé superata.

Di maggiore interesse la prospettazione formulata in conseguenza di un’alterazione, una deformazione (un po’ come quando si usino keti o certi specchi realizzati su superfici non piane, magari anche con plurime irregolarità) della prospettiva cui è stato fatto cenno inizialmente, cioè che per l’accoglimento di un “familiare” si debba prevedere una qualche modificazione all’atto di concessione, cioè fare ricorso ad una qualche novazione dell’atto di concessione.
A questo proposito va detto con estrema chiarezza che gli atti di novazione delle concessioni cimiteriali sono inammissibili (vi sono, in verità, Regolamenti comunali di polizia mortuaria che prevedono un’ammissibilità, in certe situazioni ed a date condizioni e non si entra in valutazioni attorno a queste “scelte” gestionali, ritenendo che:
a) possano essere valutate solo nel complesso delle scelte gestionali e,
b) che si tratta di esercizio della potestà regolamentare dei comuni (art. 117, comma 6, 3° periodo Cost. – e non senza dimenticare l’art. 5 Cost., richiami pertinenti per quanti ritengano che la Costituzione sia ancora la “legge fondamentale”, per usare una formula made in Germany, della Repubblica italiana – e, seppure con rango normativo subordinato alla Costituzione, art. 7 T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m.), che non può essere lesa).

La non ammissibilità del ricorso ad istituti di novazione dell’atto di concessione discende dal fatto che il rapporto giuridico, che produce i propri effetti anche (o, principalmente) sul diritto d’uso sorge (viene fatto sorgere, fin dall’origine, con la stipula dell’atto di concessione) con la specifica finalità di dare applicazione del citato art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., tanto che una sua modificazione porterebbe (o, porta pressoché sempre) ad alterare la volontà del c.d. “fondatore del sepolcro”, incidendo quindi su di un aspetto riconducibile a diritti personalissimi – del fondatore del sepolcro.
Si tratta di aspetti che non possono essere confusi con altro, in particolare con la regolazione del subentro (auspicando che il Regolamento comunale di polizia mortuaria lo regoli in termini adeguati e coerenti), il quale assolve a tutt’altra finalità, cioè a quella della regolazione dei rapporti che va considerata una volta che il fondatore del sepolcro venga a decedere (e lo stesso art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., col precedere l’accoglibilità del feretro del concessionario, da atto di questa … possibilità.
Il subentro non modifica il rapporto giuridico di concessione, ma “regola” l’esercizio dei diritti connessi e conseguenti quando il fondatore del sepolcro venga a morte, cosicché un tale rapporto giuridico non rimanga privo di una delle sue parti.

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Sereno Scolaro

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