Pubblicità, lecita, meno lecita, strumenti e rimedi – 4/4

Questo articolo è parte 4 di 4 nella serie Pubblicità, lecita, meno lecita, strumenti e rimedi

Altri modi di tutela dei consumatori
Col D. Lgs. 2 agosto 2007, n. 146 “ Attuazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE, 2002/65/CE, e il Regolamento (CE) n. 2006/2004.” sono stati introdotti nel Codice del consumo gli artt. 27-bis, 27-ter e 27-quater.
Con il primo è stato previsto che le associazioni o le organizzazioni imprenditoriali e professionali possano adottare, in relazione a una o più pratiche commerciali o ad uno o più settori imprenditoriali specifici, appositi codici di condotta (qualcuno potrebbe parlare di codici deontologici, per quanto comunque questi siano ad adesione libera e volontaria), che definiscano il comportamento dei professionisti che si impegnano a rispettare tali codici con l’indicazione del soggetto responsabile o dell’organismo incaricato del controllo della loro applicazione.
Nella redazione di codici di condotta deve essere garantita almeno la protezione dei minori e salvaguardata la dignità umana.
I codici di condotta sono comunicati, per la relativa adesione, agli operatori dei rispettivi settori e conservati ed aggiornati a cura del responsabile del codice, con l’indicazione degli aderenti.
Infine, dell’esistenza del codice di condotta, dei suoi contenuti e dell’adesione il professionista deve preventivamente informare i consumatori.

Con il secondo si introduce l’istituto dell’autodisciplina prevedendo che i consumatori, i concorrenti, anche tramite le loro associazioni o organizzazioni, prima di avviare la procedura di cui all’art. 27 (cioè, come visto, avanti all’A.G.C.M.), possano convenire con il professionista di adire preventivamente, il soggetto responsabile o l’organismo incaricato del controllo del codice di condotta relativo ad uno specifico settore la risoluzione concordata della controversia volta a vietare o a far cessare la continuazione della pratica commerciale scorretta.
In ogni caso un tale ricorso, qualunque sia l’esito della procedura, non pregiudica il diritto del consumatore di adire l’A.G.C.M. o il giudice competente.
Iniziata la procedura davanti ad un organismo di autodisciplina, le parti potrebbero convenire, in sede di ricorso di autodisciplina, di astenersi dall’adire l’A.C.G.M. fino alla pronuncia definitiva, ovvero possono chiedere la sospensione del procedimento innanzi all’A.G.C.M., ove lo stesso sia stato attivato anche da altro soggetto legittimato, in attesa della pronuncia dell’organismo di autodisciplina.
L’A.G.C.M., valutate tutte le circostanze, può disporre la sospensione del procedimento per un periodo non superiore a 30 giorni.

Col terzo è prevista un’informazione (comunicazione periodica), sia da parte dell’A.G.C.M. sia da parte delle associazioni o organizzazioni d’impresa e professionali, rivolta al Ministero dello sviluppo economico (MISE) circa le decisioni adottate in materia.
Il MISE provvede a rendere disponibili:
(a) le informazioni generali sulle procedure relative ai meccanismi di reclamo e ricorso disponibili in caso di controversie, nonché sui codici di condotta adottati;
(b) gli estremi delle autorità, organizzazioni o associazioni presso le quali si possono ottenere ulteriori informazioni o assistenza; (c) gli estremi e la sintesi delle decisioni significative riguardo a controversie, comprese quelle adottate dagli organi di composizione extragiudiziale.

In relazione all’istituto dell’autodisciplina si è venuto a costituire l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (I.A.P.), che ha adottato un proprio “Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale”.
Apparentemente il ricorso all’istituto dell’autodisciplina (per la risoluzione dei conflitti) ed ai codici di condotta potrebbe sembrare una sorta di “via di fuga” dalle competenze dell’A.G.C.M., ma le stesse disposizioni degli artt. 27-bis, 27-ter e 27-quater Codice del consumo portano ad escluderlo.
Al più si tratta di “strumenti” che possono agevolare risoluzioni extragiudiziali di controversie aventi origine in pratiche commerciali scorrette e, si badi, senza che il ricorso a questi impedisca, ostacoli o freni la possibilità di avvalersi degli strumenti “ordinari”, cioè delle azioni avanti all’A.G.C.M. o al giudice ordinario.

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Sereno Scolaro

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