Vendita di tombe tra privati

Ci è pervenuto il quesito seguente:

Avendo un concessionario costruito una Cappella Gentilizia su suolo avuto in concessione novantanovennale dal Comune, può il concessionario vendere dei loculi o parte della cappella stessa, mediante scrittura privata, ad altre persone senza preventiva autorizzazione del Comune?

I loculi costruiti prima del 1975, possono essere venduti sempre mediante scrittura privata?

No, la risposta è negativa.

Il vecchio regolamento di polizia mortuaria all’epoca del Regno d’Italia Regio Decreto N. 1880 del 1942 con l’Art. 71 commi 2 e segg. avrebbe previsto la cessione delle sepolture private e di conseguenza dello jus sepulchri (diritto ad esser sepolti ed a dare sepoltura in una tomba privata) per atti inter vivos, ossia attraverso accordi e contratti stipulati tra soggetti viventi; tuttavia con l’avvento dell’Art. 824 Codice Civile (Il libro terzo del Codice Civile entrò in vigore sempre nel 1942) il cimitero è definitivamente solo e soltanto demanio comunale, quindi solo il comune può accordare la concessione in uso delle sepolture private a sistema di tumulazione (semplici loculi, cappelle gentilizie, nicchie murarie colombari, celle ipogee o epigee tombe a stesso) oppure a sistema di inumazione (tombe terranee).AAAA0049

Il DPR 803/1975 esplica meglio questa norma vietando espressamente il passaggio del diritto di proprietà ed il relativo jus sepulchri per atti giuridici di forma pattizia o contrattuale che intercorrano tra persone viventi, questo istituto, quindi, non è più legittimo.

Il diritto di proprietà sulle sepolture private ed il conseguente jus sepulcrhi si trasmettono solo tramite:

· Iure sanguinis o iure coniugii (diritto di consanguineità o vincolo matrimoniale) da cui origina il subentro nella titolarità della concessione

· Mortis causa quando si esaurisce la famiglia del fondatore del sepolcro il sepolcro stesso da famigliare (ossia riservato al fondatore ed alla cerchia dei suoi famigliari) diviene ereditario così come lo stesso jus sepulchri, così chi subentra nella titolarità del patrimonio del de cuius per successione mortis causa “eredita” anche la proprietà del sepolcro ed il diritto di esser ivi sepolto. Di norma, infatti, il sepolcro si trasforma in ereditario quando siano venuti meno i discendenti (c’è giurisprudenza costante in mteria: tra le altre: Corte di Cassazione, Sez. II, sent. n. 5095 29/5/1990 e Sez. II, sent. n. 12957 del 7/3-29/9/2000). Secondo alcuni giuristi, invece, gli eredi non essendo discendenti si pongono su di un piano diverso e non acquisiscono il diritto di sepolcro, ma quali soggetti onerati sono tenuti a garantire ex Art. 63 comma 1 DPR 285/90 la manutenzione dei manufatti funerari ed il buono stato della tomba per tutta la durata del rapporto concessorio.

L’unico modo non mortis causa per variare la titolarità di una concessione cimiteriale è la retrocessione della stessa al comune, essa, così, rientrerà d’imperio nella piena disponibilità dell’amministrazione municipale che potrà riassegnarla secondo le procedure previste dal regolamento comunale di polizia mortuaria.

Il comune ha solo facoltà e NON obbligo di accettare la rinuncia alla concessione, sino, naturalmente, alla sua naturale scadenza, sempre che quest’ultima non sia a tempo indeterminato, e, quindi, stipulata prima dell’entrata in vigore il 10 febbraio 1976 del DPR 803/1975, per quelle successive a tale data la durata massima è, invece di 99 anni, salvo rinnovo, il quale poi si traduce in una nuova concessione avente per oggetto la stessa tomba.AAAA0028

Per la formalizzazione della retrocessione di cui sopra trovano in ogni caso applicazione le norme di legge e regolamento in materia di procedimento amministrativo e di documentazione amministrativa DPR 445/2000.

L’unica scrittura privata ammessa è la ripartizione, cui il comune rimarrà estraneo, delle quote di jus sepolchri tra gli aventi diritto.

In forma privata, infatti, gli aventi diritto possono con una scrittura disciplinare tra loro l’entrata delle loro spoglie mortali nel tumulo o nel campo di terra dato in concessione, altrimenti prevarrà l’ordine cronologico degli eventi luttuosi.

Se si perviene all’accordo la scrittura privata regolerà l’accesso, ed il Comune recepirà unicamente agli atti copia di tale documento sottoscritto da tutti gli aventi diritto.

Se non si addiviene ad una soluzione per regolare lo jus sepulchri il Comune dovrà semplicemente verificare che a richiesta di sepoltura la salma abbia il diritto di essere tumulata in quel determinato loculo o in quella particolare cappella gentilizia e conseguentemente ne autorizzerà la tumulazione fino al completamento della capienza dei loculi ex Art. 93 comma 1 DPR 285/90.

Come rilevato in dottrina (sereno Scolaro) la disposizione di cui all’Art. 71 del Regio Decreto . 1880 del 1942 risultava comunque inapplicabile e decaduta fin dal 21 aprile 1942 (cioè da ben prima l’emanazione e la successiva entrata in vigore dello stesso R. D. 1880/1942), data di entrata in vigore del codice civile attualmente vigente, ccon cui il legislatore aveva volutamente affermato la demanialità dei cimiteri.

Si tratta di uno di quei fenomeni che si hanno quando i tempi di elaborazione degli atti normativi scontano “velocità” diverse, così che la norma successiva, emanata in un contesto precedente, viene emanata successivamente a norme, spesso di rango superiore, come nel caso, che importano contrasto con quelle già vigenti. Se il codice civile fosse entrata in vigore successivamente, si potrebbe parlare di abrogazione, mentre in questo caso le fasi temporali sono rovesciate e ciò giustifica l’indicazione di abrogazione tra virgolette.

Possiamo ora meditare su questo pronunciamento della giurisprudenza:

Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 Per distinguere lo “ius sepulchri” “iure sanguinis” da quello “iure successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro “sibi familaeque suae”. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, “iure proprio”, il diritto al sepolcro, imprescrittibile ed irrinunciabile, fin dal momento della nascita e non può trasmetterlo né per atto “inter vivos”, né “mortis causa”. Quindi si costituisce tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo “ius sepulchri” si trasforma da familiare in ereditario.

Quanto poi al testamento quale titolo di disposizione di sepolcri ed, in particolare, del diritto di sepoltura, va rilevato come (dal 10 febbraio 1976 e secondo altri dall’entrata in vigore del libro III del codice civile) la titolarità del sepolcro non costituisca posizione soggettiva disponibile con atti a contenuto privatistico, perchè il diritto di sepoltura deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario, quale definita dal Regolamento comunale di polizia mortuaria. In ogni caso, la disponibilità è ammessa per quanto riguarda la proprietà del manufatto sepolcrale, se eretto dal concessionario, fin tanto ché sussista la concessione, proprietà da cui derivano gli oneri, ad esempio di manutenzione (art. 63 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285), che in questo caso verrebbe ad essere distinta dal titolo ad ottenere sepoltura nel sepolcro privato, titolo connesso all’appartenenza alla famiglia. In ogni caso, su questi aspetti, occorre fare riferimento al Regolamento comunale di polizia mortuaria per quanto riguarda l’uso e la sua trasmissione in occasione del decesso del concessionario.

Ovviamente per situazioni pregresse rispetto all’entrata in vigore del DPR 803/1975 o del Codice Civile vale il principio dell’irretroattività della norma giuridica: tempus regit actum dicevano i giuristi latini, quindi se se il trasferimento della proprietà è avvenuto prima del 28/10/1941 (ma non si dimentichi anche i problemi collegati all’art. 71 Regio Decreto 21/12/1942, n. 1880 (successivo, ma incompatibile), esso va considerato produttivo di effetti.
Tra l’altro, tale atto pubblico dovrebbe essere stato, oltre che registrato, anche trascritto nei registri immobiliari (e risultante anche dalle successioni eventualmente successive).
Conseguentemente, provando le risultanze della trascrizione (ex Conservatoria RR. II., oggi Agenzia del Territorio) e producendo copia autentica, registrata, dell’atto pubblico, il comune può senz’altro, con determinazione dirigenziale, adottare un atto riconoscitivo dell’avvenuto trasferimento dei ‘diritti’ sul sepolcro.

Occorre, dunque, valutare le fattispecie in esame in rapporto al regolamento comunale vigente all’epoca. Se gli interessati notificarono al Comune l’atto di cessione ed il Comune non si pronunciò negativamente nei tempi previsti, non sorgono problemi in quanto vi è un silenzio assenso sul trasferimento del diritto. Se la cessione non venne notificata da parte degli interessati e se il Comune non ha ragioni di pubblico interesse che ostino a riconoscere il trasferimento del diritto, è opportuno che ne venga preso atto dall’Organo comunale competente in relazione alla organizzazione propria di ogni Comune.

Esistono, però, opinioni, invero del tutto minoritarie, volte a sostenere come, in regime di concessione perpetua, sorta quindi prima del DPR 803/1975 entrato in vigore il 10 febbraio 1976, una cappella gentilizia o di famiglia, se priva di feretri, e, quindi libera, possa essere ceduta, previo consenso del Comune, laddove questi possa verificare che nel trasferimento non vi sia lucro o speculazione.

Un’altra corrente dottrinaria e giurisprudenziale, alla quale appartiene chi scrive, nega invece la possibilità di continuare a cedere totalmente o parzialmente il diritto d’uso di tutte le sepolture fra privati, sulla base di quanto disposto dall’art.93 comma 4 del DPR 803/75, poi confermato dall’art.92 comma 4 del DPR 285/90, il quale fa divieto di concedere aree per sepoltura privata a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro  o speculazione

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Carlo Ballotta

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210 thoughts on “Vendita di tombe tra privati

  1. Buonasera; inizio complimentandomi per la precisione e la puntualità con la quale risolve i quesiti sottoposti. Ahimè ne ho uno anche io. Per una maggiore comprensione del caso in esame è forse opportuno premettere una cronostoria dei fatti susseguitisi nel corso degli anni.

    Con la morte del bisnonno Tizio in data 7 febbraio 1957, non avendo una tomba di famiglia, si decise di dare sepoltura temporanea presso la tomba della famiglia dei suoceri.

    Per questo motivo nel febbraio 1957 viene acquistata con lire 80.000 la concessione di un suolo presso il cimitero di Agrigento per tomba privilegiata aprendo un mutuo presso la Cassa di Risparmio V.E. di Piazza Armerina da parte di Caio (mio nonno), in forza dello stipendio di lire 30.000 mensili percepiti in quel periodo.

    Il giorno 10 settembre 1957, suo fratello Sempronio presentava per la famiglia la richiesta al Comune di Agrigento di concessione ventennale del suolo presso il suddetto Cimitero.

    Il giorno 27 ottobre 1957 Mevia, la sorella, presentava presso il Comune di Agrigento richiesta di autorizzazione per edificare sul suolo concesso una tomba privilegiata, specificando che sarebbe stata intitolata a Tizio, ossia al capo-famiglia appena deceduto, e di conseguenza si intendeva a nome dei tre figli: Caio, Sempronio e Mevia.

    Il secondo dei figli, Caio, mio nonno, era impossibilitato a formalizzare le richieste in quanto residente a Piazza Armerina per motivi di lavoro.
    Le domande successive per rinnovo di concessione ventennale sono state dunque firmate dai fratelli.
    Ma che la volontà dei tre fratelli fosse quella sopra descritta si è confermata nel 1995 quando per la ristrutturazione dei marmi esterni della tomba di famiglia hanno contribuito in parti uguali, con la somma di lire 6 milioni a testa, Caio Sempronio e il marito di Mevia, già deceduta in data ………… .

    Posto tutto quanto sopra descritto, è possibile che, sebbene la concessione sia esclusivamente intestata agli eredi di Mevia e Sempronio, entrambi deceduti, che a suo tempo avevano firmato la concessione, la reale concessione è da intendersi estesa, stabilmente per il futuro, anche agli eredi di Caio (il nonno, deceduto anche lui), ossia ai suoi figli?

    Fortunatamente non ci sono questioni familiari di alcun tipo, ma essendo la vita imprevedibile (sembra ironico scriverlo qui) vorrei capire la reale portata della concessione.
    La questione giuridica da affrontare, nella specie, è questa: se la concessione regolarmente effettuata dal comune in favore di due soggetti, oggi defunti, e trasmessa agli eredi, possa intendersi estesa anche al fratello degli stessi, e quindi ai di lui eredi essendo oggi defunto, che nel corso degli anni ha provveduto alle spese di mantenimento e ristrutturazione della tomba, ma che, per cause di forza maggiore, non ha potuto firmare la concessione.

    Spero di essere stato quanto più chiaro possibile! Certo di una sua risposta, le porgo cordiali saluti.

    Fabio

  2. X Vanessa,

    oh…è sempre la stessa “musica”, in merito alla presunta alienazione dei sepolcri la quale – ribadisco – è di per sé stessa illegale e, quindi, nulla di diritto, quando subdolamente attuata. (negozio giuridico in frode alla Legge per causa illecita ex Art. 1344 Cod. Civile???)

    Capisco che l’idea di una compravendita dei posti feretro, magari bypassando l’odiato Comune, ecciti le intelligenze più spregiudicate e in qualche modo libertarie, ma – mi spiace – questa volta la Legge pone un divieto chiarissimo (Art. 823 Cod. Civile) : le tombe, purché costruite all’interno del camposanto, afferiscono al demanio cimiteriale comunale e, pertanto, non sono soggette ad atti negoziali inter vivos a contenuto privatistico, non possono infatti, esser cedute con atti contrattuali.

    Esprime perfettamente il concetto questo brocardo latino: “nemo plus iuris in alium transferre potest quam ipse habet” : esso sintetizza benissimo il principio del diritto civile romano secondo il quale non si può trasmettere ad altri un diritto che non si ha o un diritto più ampio di quello che si ha.

    Il “tale” che vuole rifilare due loculi a Suo nonno ( a quale titolo, poi?) sta cercando di venderle la Fontana di Trevi, in un magistrale revivial del film Totòtruffa ‘62 dove, appunto un ingegnoso e malandrino Totò cerca di gabellare ad un turista credulone addirittura un monumento del Centro Storico di Roma. Fuor di metafora questa condotta “garibaldina” potrebbe pure integrare fattispecie penalmente rilevante (Truffa!), mi raccomando dica a Suo nonno di non prestarsi a questo raggiro. Comunque è importante precisare sempre come il cortocircuito del trasferimento tra privato e privato dello JUS SEPULCHRI non sia più ammissibile, almeno dal 10 febbraio 1976, quando il DPR n.803/1975 abrogò l’Art. 71 commi 2 e segg. del Regio Decreto n. 1880/1942, rendendo una simile operazione, da alcuni ancor oggi vagheggiata, bellamente contra legem.

    1. Salve, accertato il fatto che non si puo’ vendere tra privati.. mio zio lo ha fatto con la tomba di famiglia la quale ha ricevuto da mio padre in forma gratuita quando la fece costruire..ora lui ha fatto vedere che l’ha data” in beneficenza ” ad un altra persona che NON fa parte della NOSTRA famiglia… la mia domanda è poteva farlo?.. Ci ha comunicato con R.R che avrebbe ceduto la sua parte a noi …previo compenso…e io in quel momento nn potevo proprio… e cmq a parte questo.. oltre che a me e a mio fratello …doveva comunicarlo anche a mio cugino che invece ha completamente ignorato . Esiste una legge dove dice che NON SI PUO DONARE ANCHE SE ABBIAMO AVUTO IL DIRITTO DI PRECESSO E NON ACCETTATO..A UN ESTRANEO CHE NON FA PARTE DELLA PROPRIA FAMIGLIA?.. E SE LUI NON L’AVESSE PIU’ VOLUTA DOVEVA TORNARE I 5 POSTI AL COMUNE? ( 10 TOTALI) E SE SI E’ POSSIBILE SAPERE QUAL’E’?.. IO ORA MI RITROVO A DIVEDERE I MIEI CARI CON PERSONE CHE NON HO A NULLA CHE A SCOMPARTIRE…MAI VISTI E SENTITI PRIMA… MIO PADRE L’HA FATTA PER NOI E NON ESTRANEI. VI PREGO AIUTATEMI ! CORDIALMENTE ANNA

      1. X Anna,

        Astrologando per paradossi ed aberrazioni argomentative mi sovviene questo pensiero: Lo Jus Sepulchri si articola su due fondamentali componenti: il diritto di proprietà meramente materiale del manufatto e del corpus compositum di cui esso consta ed il diritto personale o sin anche personalissimo a dare e ricever sepoltura dove il primo è teleologicamente finalizzato, in quanto intermedio e strumentale all’esercizio del secondo.

        Un’eventuale ed ipotetica donazione, la quale – non dimentichiamo – potrebbe pur sempre occultare una compravendita dissimulata di posti feretro, così, potrebbe comportare unicamente il passaggio tra un soggetto ed un altro dei soli oneri manutentivi di cui all’Art. 63 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 e non del diritto d’uso.

        Dinanzi a tale “scempio” giuridico mi sovviene un dubbio procedurale: ma il Comune, quale ente concedente e quindi parte del rapporto concessorio instauratosi, in sede di autorizzazione alla sepoltura in un dato sacello privato, ai sensi dell’Art. 102 del vigente Regolamento Statale di Polizia Mortuaria, approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 ha provveduto alla doverosa azione di vigilanza e preventivo controllo per scongiurare eventuali abusi, ossia tumulazioni illegittime di salme non aventi in quel determinato sepolcro gentilizio diritto d’accoglimento? Questo è il fine precipuo della indispensabile fase istruttoria.

        IL senso dell’autorizzazione, al di là della veste sostanziale dell’atto, ma qui poco rileva il nomen juris, sarebbe proprio questo: consentire l’ingresso nella tomba solo ai feretri che vantino titolo di accettazione e tale diritto, nel sepolcro di tipo famigliare, si matura solo jure sanguinis, cioè per il solo fatto di trovarsi in una relazione di parentela/consanguineità con il fondatore della cappella, quindi con il concessionario primo.

        Rispetto al problema posto, si suggerisce caldamente di prendere contatto con gli uffici del Comune interessato, perché magari agisca in autotutela, annullando d’ufficio le relative autorizzazioni indebitamente rilasciate, specie se consideriamo come la materia della disciplina sull’uso dei sepolcri, sia largamente basata sul regolamento comunale di polizia mortuaria, e quindi ogni risposta è fortemente condizionata da tale fonte regolamentare.

        Se si parla di cessione di un diritto reale, qual è il diritto d’uso su un bene sepolcrale, mediante atto tra vivi, la risposta in linea astratta e teorica dovrebbe essere questa: indubitabilmente tale atto di trasmissione di un diritto richiede senza ombra di dubbio la forma dell’atto pubblico, da trascrivere; tuttavia il punto, in diritto, è ben altro e di diversa portata.

        La Sua richiesta parte da questo presupposto falsato: in quanto dà come pacifica la possibilità che i diritti afferenti al sepolcro, cioè nel caso il diritto d’uso, siano diritti disponibili e trasmissibili per atto tra vivi (o mortis causa), ma tale operazione contrasterebbe con l’attuale normativa nazionale quadro (oggi, art. 92, comma 4 decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285), da cui nemmeno il regolamento comunale può prescindere.

        Si cita la regola vigente, ma tale norma riproduce l’analoga disposizione dell’art. 93, comma 4 decreto del Presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n. 803, in vigore dal 1o febbraio 1976.
        In precedenza, l’art. 71 r. d. 21 dicembre 1942, n. 1880 ammetteva la libertà di disporre dei sepolcri privati nei cimiteri con atto inter vivos o mortis causa, e con determinati procedimenti (ad esempio, prevedendo una specie di prelazione per il comune, che poteva non avvalersene rilasciando un “nulla osta” o un’autorizzazione alla traslazione dei diritti tra privato e privato e per giunta con atto di diritto privato, ovvero con un semplice contratto.).

        Tale formulazione del comando legislativo riprendeva, a sua volta, quelle più generiche dei regolamenti nazionali di polizia mortuaria del 1892 e del 1891, epoche nelle quali non era chiaramente definita la natura ed il carattere dell’assoggettamento al regime dei beni demaniali dei cimiteri, aspetto definito in modo non equivoco solo con il Codice Civile. di cui al r. d. 16 marzo 1942, n. 262 (occasione nella quale il legislatore ha operato una scelta precisa e cosciente, come risulta dalla relazione dell’allora Ministro Guardasigilli in occasione della promulgazione del “nuovo” codice civile).

        Il regolamento di polizia mortuaria, di cui al Regio Decreto n. 1880/1942, emanato a seguito dell’entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie (r. d. 27 luglio 1934, n. 1265), ha risentito di un processo di ritardo rispetto all’allora “nuovo” codice civile almeno per la parte in cui ha riproposto le lontane indicazioni regolamentari, sorte in un momento storico in cui vi erano, in dottrina, spazi ermeneutici a sostegno della patrimonialità dei sepolcri e della libera circolazione, secondo legge di mercato, dei titoli di sepoltura.

        La normazione successiva (datata anno 1975, entrata in vigore il 10 febbraio 1976) non ha potuto non tenere conto di tale trasformazione nell’assetto giuridico dei moderni sepolcreti, anche se più che di evoluzione si dovrebbe ragionare di un chiarimento univoco in termini di interpretazione autentica da parte del codice civile del 1942), con la conseguenza che ogni atto di disposizione dei sepolcri o di diritti su di essi effettuato tra privati risulta soffrire di nullità.

        La cessione totale o parziale, il trasferimento del diritto d’uso sui sepolcri e ogni altro istituto negoziale di diritto privato, compresa la donazione o la successione testamentaria, di disponibilità di diritti reali relativo ai sepolcri è nullo di diritto dal 10 febbraio 1976 (e, secondo altri, fin dall’entrata in vigore del codice civile del 1942, ma la questione non riguarda più di tanto la situazione da Lei rappresentata).

        In vigenza dell’art. 71, commi 2 e segg. del r. d. 21 dicembre 1942, n. 1880, in molti regolamenti comunali di polizia mortuaria risultava recepita ed accolta la previsione circa l’ammissibilità di trasferimenti di diritti sui sepolcri per atto inter vivos o mortis causa.

        Molti di tali regolamenti, concettualmente così vetusti sono stati modificati dai comuni dopo l’entrata in vigore dei due regolamenti statali successivi già citati (l’803/1975 e, quindi, il 285/1990), ma non tutti i comuni hanno attivato questa azione di necessaria riforma basata sul semplice adeguamento alla normativa nazionale, che nella materia funeraria risulta prevalente e non derogabile.

        Accanto a tale situazione di profonda discrasia nel tessuto normativo, risulta, per altro, che ancor oggi molti comuni i quali sono dotati di regolamenti comunali di polizia mortuaria perfino precedenti al 1942 non abbiano ancora proceduto a novellarli.

        La presenza del doppio livello regolamentare, nazionale e comunale, ha determinato spesso comportamenti non sempre omogenei e coerenti: essi non avrebbero motivo di sussistere dal momento che la normativa regolamentare nazionale predomina sempre e comunque su quella locale, la quale può svilupparsi nell’ambito delle attribuzioni assegnatele dalla normativa nazionale o non definite da questa.

        Il venir meno, almeno dal 10 febbraio 1976 sul piano nazionale, ogni residua legittimazione al trasferimento di diritti sui sepolcri per atti di disposizione dei privati (e, ancora una volta, non affrontiamo la questione se tale vizio sia insorto già con l’entrata in vigore del III Libro del Cod.Civile) ha comportato di fatto e di diritto la nullità delle disposizioni dei regolamenti comunali che, precedentemente entrati in vigore, prevedessero tale fattispecie: i sepolcri, pertanto, sono extra commercium.

        La conseguenza è che ogni trasferimento di diritti sui sepolcri avvenuto per atto tra privati, sia esso atto inter vivos o mortis causa, è ad ogni effetto nullo di diritto.

        Tale nullità di diritto non sempre è stata tenuta in debito conto dai comuni e risulta che alcuni continuino a far valere di regolamenti comunali di lontana approvazione, de facto implicitamente abrogati, poichè in questo come in altri nodi, superati dal mutamento esplicito della normazione regolamentare nazionale.

        In una situazione di questo tipo, è possibile che il comune dove si torva il cimitero stia ancora operando su regolamenti non attuali e dando applicazione a norme di regolamento comunale che sono superate, quando non caducate, ma in ogni caso che dovrebbero essere disapplicate come non più efficaci.
        E’ per questo motivo che il consiglio spassionato altro non può essere se non quello del rapporto diretto con gli uffici comunali interessati, i quali assumeranno le decisioni dirigenziali (la competenza degli atti necessari a registrare tali illeciti “trasferimenti” è in via esclusiva dei dirigenti e gli organi elettivi o para-elettivi sono sprovvisti di qualsiasi competenza alla loro adozione) conseguenti, assumendo le responsabilità che ne conseguono sia nei confronti delle parti private per il danno che loro potrebbe derivare qualora la nullità venisse rilevata, se non altro per il principio della tutela dei terzi di buona fede, sia nei confronti del comune da cui dipendono per la situazione di danno erariale che tali procedimenti, viziati ab origine, possono determinare.

  3. Buongiorno,

    mi ricollego a quanto avete detto nel post.
    Mio nonno vuole comprare da un tale 2 loculi (il tale ha i loculi in concessione per 90 anni).
    Il signore vuole fare una scrittura privata senza interpellare il comune ne andare da un notaio a registrare il passaggio di proprietà.
    Può questo avvenire?

  4. X Giovanna,

    ahi, ahi…… errore pacchiano (anche se in buona fede): i sepolcri e le relative aree, all’interno del cimiteri comunali, né si comprano né si vendono, semmai essi, al massimo, possono formare l’oggetto di una concessione amministrativa che è ben altro istituto, con tutt’altra portata, nel nostro ordinamento.
    I diritti sui sepolcri presentano, come sempre, un forte ‘mix’ tra diritto pubblico e disciplina privatistica.

    Fino al 9 febbraio 1976 (in quanto al 10 febbraio 1976 era entrato in vigore il d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, cioè il vecchio regolamento statale di polizia mortuaria) si sarebbe pure potuto discutere se i sepolcri potessero, o meno, essere oggetto di atti di disposizione per atti tra vivi o per causa di morte, sulla base della previsione dell’art. 71, commi 2 e ss. r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880 1, il quale ammetteva, a certe condizioni neppure tanto ampie, simili ipotesi, tra cui la compravendita/cessione del diritto d’uso sulle sepolture private.
    Essendo tale norma in contrasto con il “dogma” della demanialità dei cimiteri comunali ex art. 824, comma 2Cod. Civile 2, si veniva a porre, tra l’altro, l’ulteriore questione se il predetto r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880 avesse natura di norma di rango primario oppure di livello secondario o regolamentare (problema che, se risolto nel primo senso avrebbe consentito di qualificare tale disposizione come norma speciale rispetto alla pari-ordinata, e previgente, disposizione del Codice Civile, mentre se interpretato nel secondo modo, avrebbe condotto a concludere per l’inefficacia/illegittimità del predetto art. 71, commi 2 e ss. r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880).

    A partire dalla data del 10 febbraio 1976, risulta, comunque, divenuto fuori di dubbio come il diritto di sepolcro non sia proprio suscettibile di atti di disposizione tra vivi o per causa di morte, tanto più che il diritto di sepolcro, per sua natura ha carattere personale e, come tale, deriva dall’appartenenza alla famiglia del concessionario (o dell’appartenenza all’ente, per queste concessioni), appartenenza familiare che prescinde dalla proprietà, materiale, del manufatto sepolcrale.

    Nei primi anni ’70, ad ogni modo, vigeva ancora l’Art. 71, commi 2 e ss, Regio Decreto n. 1880/1942, il quale regolava in base a questi “parametri” la possibilità di trasmettere per acta inter vivos lo Jus Sepulchri:
    1) Trasferimento del diritto subordinato al rispetto della funzione sepolcrale (vincolo di destinazione!) secondo il diritto civile, ed alla fonte regolamentare locale (rectius: al combinato disposto tra il regolamento municipale, da cui l’atto di concessione trae legittimazione, e l’atto concessorio stesso.
    2) Permanenza degli obblighi (es. costruire la tomba entro un certo termine) stabiliti dal comune con il primo concessionario dante causa.
    3) Preminenza dell’aspetto pubblicistico della concessione con il potere in capo all’Autorità Comunale di non riconoscere l’avvenuto passaggio dello Jus Sepulchri dal dante causa/ concessionario primo al nuovo concessionario avente causa.
    4) Mantenimento in capo al Comune di un potere di… “veto”, espresso nelle forma di un voto favorevole o contrario a che la cessione dello del titolo di sepoltura produca i propri effetti in capo ai contraenti.

    Il notaio (non un funzionario qualunque!) che redigette l’atto pubblico di compravendita avrebbe dovuto conoscere queste elementi (nello specifico il punto 4) del diritto funerario. A nostro avviso il titolo (si potrebbe, comunque, controllare se sia stato debitamente trascritto ex Art. 2643 comma 1 punto 4) Cod. Civile…..e qui si aprirebbero altri scenari inquietanti!) non si è perfezionato, in quanto è mancato il nulla osta, con funzione costitutiva sull’efficacia dell’atto, da parte del Comune.

    Non altrettanto netta è la preclusione alla disponibilità della componente “patrimoniale” del (o, meglio, sul) manufatto sepolcrale, che conserva, fino alla scadenza della concessione (o a tempo indeterminato, se la concessione dell’area sia stata rilasciata a tempo indeterminato) il suo contenuto “privatistico”, ragion per cui può anche (e forse) ritenersi ammissibile un mutamento nella proprietà del manufatto sepolcrale medesimo, scorporando però da quest’ultima il principale e preponderante diritto d’uso (= jus sepeliri e jus inferendi mortuum in sepulchrum, ossia la duplice facoltà di esser sepolti o dar sepoltura in quella particolare tomba privata).

  5. mi volevo ricollegare all’argomento ponendo una nuova domanda:
    un tale nel 1962 compro un suolo cimiteriale per la costruzione di una cappella.
    questo tale nel 1970 ha ceduto la sua concessione perpetua a mio nonno davanti al notaio.
    la cappella non è mai stata costruita e mio nonno non c’è più, attualmente mia nonna vorrebbe costruire tale cappella ma leggendo gli atti sembrerebbe che la scrittura fatta davanti al notaio non si potesse fare senza passare tramite il comune! questo significa che il reale proprietario è il primo signore o meglio i suoi eredi e non noi?

  6. X Stefano,

    dato l’interesse manifestato per le procedure di adozione ed omologazione dei regolamenti comunali di polizia mortuaria consiglio caldamente la consultazione di questo link: https://www.funerali.org/normativa/le-procedure-di-adozione-ed-omologazione-per-i-regolamenti-comunali-di-polizia-mortuaria-794.html

    Ad ogni modo, pure in difetto di fonte regolamentare comunale che, comunque, dovrebbe esser presente, anche se magari un po’datata si dovrebbero pur sempre applicare l’Art. 823 del Cod. Civile secondo cui i beni demaniali (nel nostro caso i sepolcri ex Art. 824 comma 2 Cod. Civile) non possono formare oggetto di diritti per i privati cittadini se non secondo le leggi speciali con cui è disciplinata la materia (appunto delle concessioni cimiteriali) e l’Art. 92 comma 4 del Regolamento Statale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 con cui il legislatore vieta, a pena di decadenza, operazioni di lucro e speculazione sulle tombe; esse, allora, risultano extra commercium, cioè non sono cedibili per atti negoziali inter vivos a contenuto privatistico, né usucapibili. Ricordo come il vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria (DPR n. 803/1975)poi ripreso nella sua formulazione dall’odierno DPR 10 settembre 1990 n. 285 abbia abrogato ogni precedente disposizione (in particolare Art. 71 commi 2 e segg. Regio Decreto n. 1880/1942) in contrasto con esso e per il principio di gerarchia tra le fonti del diritto i regolamenti comunali debbono adeguarsi a questa vigente normativa. Dico questo perché in alcuni regolamenti comunali, specie se molto risalenti nel tempo, potrebbero esser rimaste tracce dell’istituto del trasferimento “cortocircuito” tra privato e privato dei titoli di sepoltura, si tratta di un retaggio del passato, oggi non più proponibile né praticabile alla luce delle norme prima richiamate.

  7. Buongiorno Sig. Carlo
    La ringrazio innanzitutto della risposta che mi ha fornito. Le vorrei chiedere un ulteriore informazione riguardo il regolamento cimiteriale del comune, quasi al termine della sua risposta fa riferimento all’omologa del regolamento, pena la sua inefficacia. Come faccio io a sapere se è stato omologato? In caso non sia omologato, e quindi inefficace, esiste una regolamentazione di legge cimiteriale? Grazie della sua disponibilità

  8. X Stefano,

    Oggi sono più criptico ed oscuro del solito quindi: H.M.H.N.S! …ovvero H-oc m-onumentum h-eredem n-on s-equitur, giusto per non citare Cicerone sull’indisponibilità del sepolcri per acta inter vivos
    in estrema sintesi: La possibilità da Lei ventilata, per quanto di qualche fascinazione privatistica, non è ammissibile ed ogni atto in questa direzione sarebbe nullo di diritto.

    La Legge, infatti, proibisce il…”cortocircuito” della cessione dei titoli di sepoltura tra privato e privato. I sepolcri, ed i diritti su di essi insistenti, infatti, sono extra commercium.

    Il Legislatore, in effetti, vede con diffidenza la libera circolazione dei diritti d’uso sui manufatti sepolcrali, anzi pare proprio volerla impedire con diverse norme con le quali statuisce:

    La demanialità delle aree cimiteriali e, quindi, dei sepolcri in essa edificati (Art. 823 ed Art. 824 comma 2 Cod. Civile.

    Il rapporto tra concessionario e comune, quale ente concedente, che appunto si configura come una CONCESSIONE amministrativa (è quasi tautologico, ma giova ripetere questo concetto!) e non come un diritto di proprietà liberamente trasferibile. (Capo XVIII del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR n.285/1990).

    Il divieto di lucro e speculazione sulle concessioni cimiteriali (Art. 92 comma 4 DPR n. 285/1990).

    L’abrogazione esplicita di tutte le vecchie disposizioni (Art. 71 commi 2 e segg. Regio Decreto n. 1880/1942) che avrebbero permesso la trasmissione per atti negoziali a contenuto privatistico dello Jus Sepulchri, ora divenute incompatibili con il nuovo ordinamento di polizia mortuaria introdotto con l’avvento del DPR n.803/1975 e ripreso, quasi in toto, dall’odierno e vigente DPR 10 settembre 1990 n. 285.

    Salvo che non vi sia diversa previsione nel Regolamento comunale di polizia mortuaria, il concessionario può solo rinunciare alla concessione ottenuta nei confronti del comune, senza nulla pretendere.

    Dato il forte mix tra diritto pubblico (concessione si area demaniale al fine di costruzione di un sepolcro privato a sua volta al fine di dare sepolture alle salme cui essa e’ riservata, cioè del concessionario e delle persone appartenenti alla sua famiglia) e quello privato (Art. 63 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285), occorre fare riferimento (art. 823 Cod. Civile) ad istituti di diritto privato, in particolare per quanto riguarda il manufatto eretto e, nella specie, agli artt. 934 Cod. Civile.

    Agli effetti concreti, il manufatto diventa di proprietà e disponibilità del comune (essendo l’area demaniale) che ne entra così in possesso, e se l’ex (ormai, dopo la retrocessione) concessionario non richiede, prima della rinuncia, di rimuovere quanto costruito, retrocedendo l’area solo quando essa sia stata ripristinata nelle condizioni presenti al momento della concessione, o ciò non sia possibile senza pregiudizio (e mi pare proprio questo il caso; anche per il fatto che édecorso il termine dell’art. 935 Cod. Civile sulla notizia dell’incorporazione, se non altro per il fatto che la concessione aveva come finalià’ immediata proprio la l’erezione del sepolcro),v a corrisposto il valore dei materiali (non dell’edificio in sè, ma delle opere, cioè del corpus compositum di cui il sepolcro è costituito), al prezzo in cui sono stati acquistati, senza alcun aggiornamento o attualizzazione (art. 1277 CC), sulla base di titoli idonei a provarne il relativo costo, come fatture, contratti registrati, ecc.

    In difetto di prove sulla consistenza economica dei materiali impiegati, il manufatto diventa semplicemente di proprietà del comune (salvo che i concessionari non vogliano richiedere un accertamento giudiziale del valore di quest’ultimi, operazione, la quale parrebbe forse anche sproporzionata).

    RIPETO: salva diversa previsione del Regolamento comunale di polizia mortuaria. Infatti, molti comuni, anche al fine di assicurare una maggiore trasparenza nei rapporti concessori, prevedono, con tale strumento, delle misure di retrocessione, magari anche forfetizzate (es. con percentuali rispetto a tariffe di questo o quel tipo), in modo da assicurare comunque una regolazione uniforme di tali casi.

    Poiché la stretta e ferrea ?applicazione del principio nominalistico (art. 1277 codice civile) potrebbe non facilitare la rinuncia a favore del comune, di concessioni di aree per sepolcri privati nei cimiteri, determinando una situazione di difficile gestione ed una diffusione dello stato di abbandono, cui si dovrebbe, comunque, porre rimedio con la procedura di decadenza, risulta che molti comuni, in sede di regolamento comunale di polizia mortuaria, debitamente omologati (condizione di efficacia) corrano il rischio della responsabilità patrimoniale prevedendo meccanismi di determinazione dei corrispettivi per le retrocessione di tipo diverso: si tratta di una prassi che, a parte il rischio anzidetto, risponde a criteri di recupero e ottimale riutilizzo del patrimonio cimiteriale, il quale com’è noto, non è dilatabile all’infinito.

  9. Per il Sig. Carlo
    Ho un quesito da porLe, riguardo la concessione delle aree per la costruzione delle tombe a Cappella presso il cimitero di Grottaferrata. Ho acquistato la concessione novantovennale nell’anno 2007, ho provveduto alla realizzazione parziale della suddetta tomba, sono da completare le rifiniture interne, l’esterno è completo in ogni sua parte. A causa delle avverse condizioni economiche mi trovo nella necessità di recuperare denaro ed avrei pensato alla vendita della tomba. A questo punto mi sono trovato davanti un muro dettato dal regolamento di polizia cimiteriale del suddetto Comune. Le spese sostenute tra la concessione Comunale ed il costo per la realizzazione parziale del manufatto si aggirano intorno ai 100 mila Euro. Avrei anche trovato l’acquirente disposto a pagare esattamente quanto da me sostenuto, quindi senza lucro alcuno. Ora mi sento dire dal personale preposto al servizio cimiteriale che io devo operare il recesso della concessione e che il rimborso a me spettante risulta essere pari al 50% del costo della concessione pagato all’epoca, ovvero, il 50% di Euro 45 mila. E che il comune provvederà a rivendere detta concessione alla persona prima in graduatoria della pubblicazione all’albo pretorio della disponibilità della concessione, al costo del valore attuale dell’area detratto della somma rimborsatami. Quindi alla luce di quanto esposto potrebbe anche non essere la persona mio acquirente. Inoltre io avrei perso circa 77,5 mila Euro. Esiste qualche strada percorribile? Grazie della disponibilità

  10. X Margherita,

    “aridaje” con la faccenda degli eredi, vabbè, mi sono già spigato nei precedenti post, quindi soprassiedo; io preferisco, ad ogni modo, parlare di famigliari subentrati all’originario fondatore in qualità di nuovi concessionari.

    Comunque: secondo le procedure del locale regolamento di polizia mortuaria può esser richiesta ai concessionari un’ autorizzazione preliminare all’immissione di un nuovo feretro nel sepolcro, specie se il nominativo del defunto non è contemplato dall’inizio nell’atto di concessione. L’autorizzazione vera e propria alla tumulazione, però, sarà rilasciata solo dal comune sulla base dei titoli formali di sepoltura prodotti agli atti. Come, infatti, ci ricorda il Consiglio di Stato, con alcune sentenze storiche in tema di diritto di sepolcro, per rendere effettivo ed esercitabile lo jus sepulchri occorre una preventiva istruttoria tesa a verificare la legittimità di tale diritto supposto o vantato, poiché nel sepolcro, specie se di tipo famigliare, hanno diritto ad esser ricevute le salme, non di estranei o di chicchessia, ma di persone le quali in vita fossero legate da rapporto di consanguineità con il concessionario primo.

    La zia, essendo, rispetto ai Suoi nonni, il parente più prossimo e stretto, ancora in vita, in quanto figlia dei defunti nonni, è l’unico soggetto legittimato a chiedere ed ottenere la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario o la cremazione degli eventuali resti mortali (cadaveri non scheletrizzati). Le cassette ossario o le urne cinerarie dovranno permanere nello stesso sepolcro affinchè non si estingua “ex se” la funzione precipua del sepolcro stesso sancita dall’atto di concessione (= dar sepoltura proprio ai suoi nonni!).

    Lo spazio così liberato servirà alla tumulazione di un nuovo feretro di persona avente titolo, non necessariamente in modo simultaneo (poi, per economicità del procedimento, si potrebbero, certo, concentrare tutte le operazioni in un unico momento). Lo jus sepulchri è l’unico diritto che si faccia valere per il post mortem; quando dovrebbe ritenersi esaurita la capacità giuridica, esso pone i soggetti che ne siano titolari su di un piano di pari ordinazione, lasciando decidere alla naturale cronologia degli eventi luttuosi (= chi prima muore meglio alloggia, siccome la morte è evento in sé sì ineluttabile, ma al tempo stesso non prevedibile!), sino alla saturazione della tomba stessa, quale sarà l’ordine di ingresso nel sacello mortuario delle salme aventi diritto.

    Post scriptum: il titolo di accoglimento non è da intendersi solo per feretri, ma anche per loro trasformazioni di stato (principalmente: cassette ossario o urne cinerarie) e ciò senza dubbio dilata la capacità ricettiva del sepolcro.

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