Illegittimità costituzionali: alcune considerazioni – 2/2

Si tratta di aspetti (ma si dovrebbe dire: effetti) che vanno affrontati alla luce delle modalità e procedure per pervenire – eventualmente – ad una dichiarazione d’illegittimità costituzionale. L’art. 127 Cost. (nel testo vigente; è interessante confrontarlo col testo originario) prevede che il Governo possa (se lo ritiene) promuovere questione di legittimità costituzionale di leggi regionali.
Così come le regioni nei confronti di atti aventi valore di legge dello Stato e/o di legge di altra regione (in entrambe le situazioni, entro 60 giorni).
Si tratta comunque di una facoltà, rispetto a cui il soggetto potenzialmente ricorrente valuta le condizioni per provvedere in tal senso, non solo sulla base di principi di diritto, ma anche di altre valutazioni non esenti da ragioni di opportunità, in senso molto lato.
A parte questa disposizione, la fonte di base è sempre la L. 11 marzo 1953, n. 87 “Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale”.
In particolare a partire dall’art. 23, in cui è previsto che nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza, con le indicazioni prescritte.
Si trascurano, intenzionalmente, le fasi procedimentali, limitandosi qui a richiamare l’art. 27, per cui la Corte costituzionale, quando accoglie una istanza o un ricorso relativo a questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, dichiara, nei limiti dell’impugnazione, quali sono le disposizioni legislative illegittime e, ove occorra, dichiara altresì quali sono le altre disposizioni legislative, la cui illegittimità deriva come conseguenza dalla decisione adottata.
Ne emerge come ben possano aversi, quali promotori (leggi: ricorrenti) il Governo, contro altre regioni, oppure regioni contro atti aventi forza di legge tanto dello Stato come di altre regioni, nonché che la questione di legittimità costituzionale sia sollevata in sede giurisdizionale.
Cosa che porta a considerare come sia tutt’altro che irrituale che una (eventuale) dichiarazione d’illegittimità costituzionale possa produrre i propri effetti non solo sull’intero territorio nazionale, ma anche “limitatamente” al territorio di una sola regione o, perfino, di una sola regione rispetto ad altra.
Una sorta di illegittimità costituzionale “a macchia di leopardo” …
Tuttavia le questioni fatte oggetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 62 del 29 aprile 2025 sono tutt’altro che secondarie.
Basterebbe ricordare come l’art. 74, comma 6, lett. d) e comma 8 L. R. (Lombardia) 4 marzo 2019, n. 4 “Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità): abrogazione del Capo III ‘Norme in materia di attività e servizi necroscopici, funebri e cimiteriali’ del Titolo VI e introduzione del Titolo VI bis ‘Norme in materia di medicina legale, polizia mortuaria, attività funebre’” prevedano disposizioni decisamente prossime, se non pressoché sovrapponibili a quelle qui considerate.
Se ne fa cenno solo per la quasi totale identità e per il fatto che non essendo questa state oggetto di ricorso (anche se tale L. R. è stata interessata, su altri temi, da pronuncia della Corte Costituzionale), per cui continuano a produrre i propri effetti.
Almeno fino a che non vi sia giudizio nel corso del quale venga a trovare applicazione l’art. 23 L. 11 marzo 1953, n. 87.
Per altro, la sentenza può, da subito, produrre effetti nei casi in cui, successivamente ad essa, quale realtà intendesse adottare previsioni in qualche modo prossime a quelle per cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale. Sempre che abbiano conoscenza di una tale sentenza.
Tuttavia la questione specifica appare non coerente con i principi di cui all’art. 117, comma 2, lett. e) Cost. (ed art. 41 Cost. …), dal momento che si rende sempre più evidente come l’esercizio di un’attività economica, come l’attività funebre non possa sottrarsi da avere una regolazione omogenea in ambito nazionale (e ad essere precisi, altresì dell’Unione europea).
Il che rende indifferibile l’esigenza di una (seria ed adulta) legge nazionale, dato che il mero ambito regionale rischia di inibire quella libertà cui gli operatori economici aspirano. Altrimenti, conseguirebbe che chi operi in una data realtà, non possa operare in altra.
In difetto, ci si accontenta di operare per il “paesino” o di svolgere il ruolo di agente (art. 1742 C.C.) per procacciare, quali venditori al minuto, servizi a pro di operatori con maggiore consistenza imprenditoriale.

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