Vendita di tombe: “ribaltone” in… Consiglio di Stato???

Ho reperito sul web (guarda caso…Consiglio di Stato, Sez. V, 15 luglio 2021, n. 5333 su funerali.org) l’estratto di una sentenza shock emessa, appunto, dalla giurisdizione amministrativa in tema di negoziabilità degli aspetti patrimonialistici di cui lo jus sepulchri – comunque consta…
Si possono, insomma, “cedere” tra privati i sepolcri? Addirittura vendere le tombe?
La pronuncia è, tra l’altro, già stata ampiamente esaminata dal Dr. Sereno Scolaro nella sua storica rubrica, sempre su funerali.org, dedicata alla giurisprudenza di settore, e reperibile sempre su questa pubblicazione on line.
Riemerge, nei miei incubi lavorativi peggiori, il c.d. “Diritto sul sepolcro in sè”.
Di seguito un estratto del commento del Dr. Scolaro.

“[…omissis…] la sez. V del Cons. di Stato, con la sentenza 15 luglio 2021 n. 5333, interviene sulla cessione di suolo cimiteriale (sepolcro, rectius tomba di famiglia) in assenza della preventiva autorizzazione del Comune, delineando una negozialità del titolo concessorio tra privati (vendita del sovrastante manufatto), dove l’Amministrazione rimane parte attiva nei confronti del concessionario (sul dominio del suolo) ed estranea al rapporto di scambio del sepolcro eretto sul bene demaniale concessionato.
Nel caso di specie, veniva disposta la revoca decadenziale della concessione di suolo cimiteriale (con conseguente acquisizione del manufatto), poiché il Comune riteneva che i beni concessionati non potessero essere ceduti a terzi (tra privati) in assenza di una procedura di evidenza pubblica (prevista dalla disciplina regolamentare) e dell’autorizzazione preventiva;
diversamente, il privato appellante evidenziava che la proprietà superficiaria di un manufatto realizzato su di un’area demaniale concessa fosse liberamente trasmissibile inter vivos, non potendo l’Amministrazione interferire sull’autonomia privata ed il regime di circolazione dei diritti reali, in violazione del criterio di gerarchia delle fonti (legge rispetto al regolamento) oltre che del principio di irretroattività delle norme (il ricorso risultato fondato)”.

Solo qualche dubbio mio, poi lascerei a Voi la parola, per ulteriori chiose:
1) anche in caso di traslazione della proprietà di manufatto sepolcrale in capo a soggetto privato estraneo, originariamente, all’instaurarsi del rapporto concessorio, sarebbe comunque mantenuto il vincolo ontologico della funzione sepolcrale.
2) Lucro e speculazione sono vietati a pena di decadenza sanzionatoria non a norma di legge, ma dal regolamento nazionale di polizia mortuaria (disposizione replicata in tutti i regolamenti municipali), quindi da una fonte di rango secondario, seppur speciale.
3) Il diritto di superficie in effetti parrebbe proprio civilisticamente trasferibile, allora perchè non vedere nella concessione un solo e semplice diritto di uso sibi familiaeque suae di un bene infruttifero?
Onestamente continuo a nutrire diverse personalissime perplessità sul dictum della sentenza de qua – pur se mitigato da una lettura integrale e più smaliziata del testo in oggetto, sulla reale portata di questa pronuncia comunque contro-corrente, sarebbe bene soffermarsi.
Giusto per non declinare sempre latinorum, si vedono due poli in antitesi, in ultima analisi.

1) Alcuni vedono prevalere su diritto superficiario puro l’intrinseca demanialità del bene sepolcro, da cui scaturiscono tutti gli jura sepulcri, (inalienabilità, non usucapibilità…)
Domina sovrano l’art. 823 Cod. Civile, e di conseguenza ogni norma che da esso derivi (normativa sanitaria speciale——->reg. naz. polizia mortuaria con annesso sistema di diritto punitivo = decadenza sanzionatoria!).

2) Altri propendono, invece, in un molto distopico ed irreale conflitto tra l’art. 952 e il cit. art. 823 sempre del Cod. Civile, per una visione più “patrimonialistica” del sepolcro, legittimando la negoziabilità del diritto di superficie, vincolato, però, ad uso funebre. (…ma l’impianto di un campetto d’inumazione da adibirsi a sepolcreto privato nel cimitero configura solo superficie o anche uso?).

Ai ferri corti: come risolvere la malaugurata antinomia, quand’essa dovesse esser sollevata nelle opportune sedi, non solo di dibattito accademico?
Prima o poi il quesito potrebbe venir posto e non è peregrino perchè, attesa l’ipotesi n. 2), per i COMUNI sarebbero guai seri.

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Carlo Ballotta

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