Norme correlate: Art. 3 L. 30/3/1990, n. 130
Massima
Il principio del tempus regit actum va effettivamente inteso nel senso che, nei procedimenti ad istanza di parte, l’amministrazione è tenuta ad applicare la disciplina vigente alla data dell’adozione del provvedimento, non quella vigente alla data dell’istanza, salvo eccezioni di legge.
In tema di cremazione di persona deceduta nel 1967, è legittima l’autorizzazione comunale fondata sull’art. 3 L. 130/2001 e sul regolamento locale: in mancanza di volontà contraria del defunto, basta il consenso della maggioranza dei parenti di pari grado. Opera il giudicato (TAR Marche n. 234/2024) che vincola la riedizione del potere, precludendo di riesumare discipline previgenti o transitorie (DPR 803/1975, DPR 285/1990, circ. 1993) e questioni sull’estumulazione. Irrilevanti condotte dei genitori all’epoca del decesso; lo ius sepulchri e la perpetuità della concessione attengono al giudice ordinario. Appello respinto.
Testo
Pubblicato il 27/08/2025
N. 07121/2025REG.PROV.COLL.
N. 00981/2025 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 981 del 2025, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Anna Laura Posa, Matteo Annunziata, con domicilio eletto presso lo studio Matteo Annunziata in Roma, via Po 9;
contro
Comune di San Benedetto del Tronto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Marina Di Concetto, con domicilio eletto presso lo studio Livia Ranuzzi in Roma, viale delle Medaglie D’Oro 266;
nei confronti
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Sergio De Santis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
-OMISSIS-, non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Seconda) n. 964/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Benedetto del Tronto e di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 giugno 2025 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Annunziata, Ranuzzi, in sostituzione dell’avvocato Di Concetto, e De Santis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha respinto il ricorso proposto da -OMISSIS- contro il Comune di San Benedetto del Tronto e nei confronti di -OMISSIS- per l’annullamento del provvedimento di “autorizzazione alla cremazione della salma del sig. -OMISSIS-” del 12 settembre 2024, prot. n. -OMISSIS- comunicato a mezzo pec in pari data.
1.1. La sentenza premette in fatto quanto segue:
– -OMISSIS- e -OMISSIS-, fratelli dell’odierna ricorrente, con richiesta in data 29 settembre 2022, esprimevano la volontà di cremare l’altro fratello -OMISSIS-, defunto nell’anno 1967, tumulato nel cimitero di San Benedetto del Tronto;
– il Comune, pur rilevando la presenza di una terza sorella del defunto, -OMISSIS- (odierna ricorrente), dato che i richiedenti -OMISSIS- ed -OMISSIS- erano la maggioranza assoluta dei “parenti più prossimi” (ai sensi degli art. 74-75 -76 -77 c.c.), accoglieva la richiesta in base all’art. 59 comma 2 lett. c) del Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 27 aprile 2012 (di seguito anche, semplicemente, Regolamento);
– conseguentemente i servizi cimiteriali procedevano all’estumulazione della salma di -OMISSIS-, al fine di attivare la procedura di cremazione, ospitando provvisoriamente il feretro negli appositi locali di attesa e deposito;
– in data 30 settembre 2022 veniva a mancare il sig. -OMISSIS- che, su richiesta dei familiari, veniva tumulato nel loculo precedentemente occupato da -OMISSIS- (il quale dopo la cremazione sarebbe stato ricollocato nel medesimo loculo);
– in data 5 ottobre 2022, l’odierna ricorrente -OMISSIS-, tramite il suo procuratore, trasmetteva una PEC nella quale venivano formulate eccezioni in merito alla procedura di cremazione del sig. -OMISSIS- e chiedeva al Comune la sospensione ed il rigetto della richiesta depositata dai fratelli;
– a seguito di ciò il Comune disponeva il rinvio della cremazione al 20 ottobre, in attesa di valutazione delle eccezioni formulate;
– con nota del 21 ottobre 2022, al termine della valutazione, il Comune confermava la cremazione richiesta, da effettuarsi nella data del 17 novembre 2022;
– con successive note del 18 e del 21 ottobre 2022 l’avvocato della sig.ra -OMISSIS- formulava nuove eccezioni;
– di seguito, in data 27 ottobre 2022 la sig.ra -OMISSIS- depositava agli atti una propria “dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà” con la quale si attestava che il fratello Dario era deceduto il 13 luglio 1967 “senza lasciare disposizioni testamentarie in merito alla destinazione del proprio corpo; e che il de cuius aveva espresso contrarietà alla cremazione“;
– dopo ulteriori interlocuzioni con le parti, in data 11 novembre 2022, il Comune di San Benedetto del Tronto comunicava la sospensione del procedimento di cremazione;
– con ordinanza 9934/2022 del 14 novembre 2022 R.G. 1760/2022, notificata all’ente nella stessa data, il Tribunale di Ascoli Piceno inibiva al Comune di San Benedetto del Tronto di procedere alla cremazione a seguito di parziale accoglimento del ricorso ex art.700 cpc, proposto da -OMISSIS-;
– con PEC prot. 44228 del 7 giugno 2023, il Comune comunicava ai sigg. -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- (per il defunto -OMISSIS-) “il rigetto dell’istanza di cremazione del defunto -OMISSIS- presentata in data 29 settembre 2022” e la conseguente estumulazione del sig. -OMISSIS- per la ricollocazione nella sepoltura originaria, invitando altresì i familiari a fornire precise disposizioni circa la sepoltura definitiva del sig. -OMISSIS-;
– successivamente (15 giugno 2023), il Tribunale ordinario di Ascoli Piceno (N.R.G. 2022/1760) dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sul ricorso di -OMISSIS- revocando il provvedimento emanato in data 14 novembre 2022;
– rispondendo a istanza dell’erede -OMISSIS- in data 16 giugno 2023 il Comune di San Benedetto del Tronto, con PEC prot. 46914 confermava il proprio provvedimento di rigetto della richiesta di cremazione di -OMISSIS- e di ordine di estumulazione di -OMISSIS-;
– -OMISSIS- impugnava il diniego comunale con ricorso n. 283/2023, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere; si costituivano, resistendo al ricorso, il Comune di San Benedetto del Tronto e, quale controinteressata, l’odierna ricorrente -OMISSIS-;
– con sentenza 8 marzo 2024 n. 234, non impugnata, il Tribunale, dopo avere affermato la propria giurisdizione e respinto le eccezioni preliminari, accoglieva il ricorso di -OMISSIS- sotto il profilo del difetto di istruttoria e motivazione;
– in particolare, il Tribunale individuava, quali cause di illegittimità del diniego, la mancata autonoma valutazione da parte del Comune della dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata dall’odierna ricorrente, non avente valore probatorio, e l’omessa considerazione della revoca, da parte del Tribunale ordinario di Ascoli Piceno, dell’ordinanza n. 1760/2022;
– alla luce di ciò, il Tribunale inoltre disponeva che il Comune si dovesse pronunciare con piena cognizione sulla richiesta di cremazione di -OMISSIS- del 29 settembre 2022, garantendo il pieno contraddittorio e valutando le allegazioni delle parti ai sensi di quanto disposto dall’art. 3 commi 1-4 Legge n.130/2001 e dall’art. 59 del Regolamento di Polizia Mortuaria;
– inoltre, il Tribunale esortava il Comune, per quanto possibile, a favorire l’incontro delle parti per giungere a una soluzione condivisa relativa alla cremazione e al collocamento dei resti;
– il Comune, conclusa l’istruttoria dopo avere senza successo ricercato l’accordo delle parti, con provvedimento del 12 settembre 2024 prot. n. -OMISSIS- ha autorizzato la cremazione della salma di -OMISSIS- alla luce del consenso della maggioranza dei parenti dello stesso grado del de cuius e dell’assenza di valore probatorio delle dichiarazioni relative alla volontà contraria del defunto prodotte dalla controinteressata;
– per la completa esecuzione della sentenza 234/2024, passata in giudicato, -OMISSIS- ha presentato ricorso ex art. 112 cpa (definito con sentenza di improcedibilità in pendenza del presente giudizio);
– con il ricorso introduttivo del presente giudizio, a sua volta, -OMISSIS- ha impugnato invece il suddetto provvedimento di autorizzazione del 12 settembre 2024.
1.2. Il T.a.r. ha dato atto che la ricorrente:
– col primo motivo ha dedotto l’errata valutazione dei presupposti e la violazione del DPR 285/1990, della circolare del Ministero salute n. 24/1993 e del DPR 803/1975 per quanto applicabile, nonché la violazione del Regolamento comunale di polizia mortuaria e lo sviamento di potere, affermando che solamente in caso di volontà esplicitamente espressa in vita dal defunto o di tutti parenti sarebbe possibile procedere alla cremazione dei resti di -OMISSIS- e che la presupposta sua estumulazione sarebbe illegittima a causa della natura perpetua della concessione del loculo. Ancora, vi sarebbe eccesso di potere in quanto tutta la procedura sarebbe stata diretta a collocare nel loculo la salma di -OMISSIS-;
– col secondo motivo ha contestato essenzialmente l’illegittimità della disposta estumulazione della salma di -OMISSIS-, sempre ricostruendo la normativa applicabile la quale richiederebbe la dichiarazione espressa in vita o l’unanimità dei parenti prossimi per procedere all’estumulazione e alla riduzione o cremazione dei resti, trattandosi in particolare di “resti mortali” disciplinati dagli artt. 54 e 60 del Regolamento di Polizia Mortuaria comunale e non dal citato art. 59 comma 2.
1.2.1. Il T.a.r. – dato atto della resistenza del Comune di San Benedetto del Tronto e del controinteressato -OMISSIS- – ha deciso con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. e, dopo avere respinto un’eccezione di improcedibilità avanzata dal Comune, ha ritenuto i motivi di ricorso inammissibili per la vigenza del giudicato venutosi a formare a seguito della sentenza n. 234/2024. Ha peraltro trattato entrambi i motivi nel merito, ritenendo gli stessi infondati.
1.3. Le spese processuali sono state compensate.
2. -OMISSIS- ha proposto appello con tre motivi.
Il Comune di San Benedetto del Tronto e -OMISSIS- si sono costituiti per resistere all’appello.
2.1. Con ordinanza cautelare del 28 febbraio 2025 n. 765 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza gravata, ritenendo prevalente la necessità del mantenimento della res adhuc integra fino alla decisione nel merito.
2.2. All’udienza del 12 giugno 2025 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie difensive delle due parti private.
2.3. In via preliminare rispetto all’esame dei motivi, va dichiarata inammissibile l’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado, sollevata dal Comune di San Benedetto del Tronto per l’asserita mancanza della natura provvedimentale dell’atto impugnato, in quanto meramente esecutivo della sentenza n. 234/2024, di cui si dirà.
Il T.a.r. ha trattato ed espressamente respinto l’eccezione, già proposta in primo grado, sottolineando come detta sentenza abbia disposto “la riedizione del potere amministrativo”.
Data tale pronuncia esplicita, il Comune appellato non si sarebbe potuto avvalere della facoltà di cui all’art. 101, comma 2, c.p.a. per riproporre l’eccezione, ma avrebbe dovuto avanzare un appello incidentale.
Invero, questo può essere evitato soltanto quando l’eccezione non sia stata esaminata o sia stata assorbita, non quando -come accaduto nel caso di specie – sia stata trattata e respinta.
Essa, così come riproposta in appello, soltanto con la memoria di costituzione del Comune, è inammissibile.
3. Col primo motivo (Error in procedendo e/o in iudicando: sulla decisione del T.A.R. Marche di definire il giudizio in sede cautelare in violazione dell’art. 60 c.p.a., nonché in violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti) si sostiene che il collegio di primo grado si sarebbe pronunciato in violazione della disciplina che consente -soltanto in presenza di determinati presupposti- la definizione del giudizio con sentenza semplificata in esito all’udienza cautelare.
In proposito, l’appellante argomenta che dal verbale della camera di consiglio del 5 dicembre 2024 risulterebbe che le parti non sarebbero state consultate sulla possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata, né sarebbe stato verificato il contraddittorio: “e ciò pur non essendosi costituita in giudizio -OMISSIS- (che non ha, infatti, preso parte alla camera di consiglio, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione)”.
Ad avviso dell’appellante, il risultato in violazione del diritto di difesa delle parti – prodotto dall’operato del primo giudice, che non ha accordato nemmeno termine per memorie e repliche scritte “nella successiva fase di merito”, successivamente alla richiesta di rinvio formulata dalla difesa della ricorrente – sarebbe che il giudice di primo grado avrebbe frainteso la “portata contenutistica” delle censure della ricorrente, non aventi ad oggetto questioni di ius sepulchri (come sostenuto nelle conclusioni della sentenza, al punto 2.5), bensì l’atto emesso dal Comune in evidente difetto di istruttoria.
La signora -OMISSIS- chiede quindi l’annullamento della sentenza con rinvio al primo giudice ex art. 105, comma 1, c.p.a. per violazione dell’art. 60 c.p.a. e per la connessa violazione del diritto di difesa, nonché per violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo.
3.1. Il motivo è infondato.
3.1.1. Dal momento che la signora -OMISSIS- era ricorrente, non sono appropriati i riferimenti della difesa dell’appellante ad un’asserita mancata sua costituzione ovvero al difetto di integrità del contradditorio.
3.1.2. La sentenza dà atto che “il legale di parte ricorrente non ha dichiarato alcuna di queste esigenze [n.d.r. intenzione di proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza ovvero regolamento di giurisdizione] e non si è formalmente opposta all’adozione della decisione in forma semplificata, svolgendo peraltro difese orali. Non è altresì stata posta alcuna questione sulla completezza del contraddittorio e dell’istruttoria. Inoltre, la ricorrente ha depositato memoria difensiva nel termine previsto [dall’] articolo 55 comma 5 cpa, successivamente ai depositi delle altre parti (sia pure lo stesso giorno con riguardo al controinteressato)”. Si tratta di attestazione che, in punto di fatto, laddove si riferisce alle “difese orali” svolte dal legale di parte ricorrente smentisce quanto sostenuto in appello sulla mancata comparizione della parte ricorrente all’udienza camerale.
Peraltro quanto affermato nell’atto di appello è smentito anche dal verbale, dal cui estratto presente nel fascicolo telematico e pure prodotto dall’appellante, si evince sia la presenza dell’avvocato “A.L. Posa per la parte ricorrente” sia che il Collegio “ai sensi dell’art. 60 c.p.a., dà avviso della possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata”.
Né la sentenza né il verbale risultano impugnati con querela di falso.
D’altronde, con l’atto di appello si assume soltanto che l’avviso alle parti ex art. 60 c.p.a. non risulterebbe attestato dal verbale dell’udienza camerale: tale ultima circostanza appare comunque irrilevante, sol che si considerino l’ampia motivazione resa dalla sentenza gravata sull’ammissibilità della decisione in forma semplificata e il fatto che in alcun punto dell’atto di appello si afferma che l’avviso alle parti ex art. 60 c.p.a. non sia stato dato dal Presidente del collegio di primo grado.
In conclusione, al fine del rispetto della norma di legge, rilevano il compimento effettivo dell’attività ivi considerata (compreso l’avviso alle parti) e l’attestazione di detta attività e della sussistenza degli altri presupposti dell’art. 60 c.p.a. contenuta nella sentenza.
3.1.3. E’ vero peraltro che, oltre che il verbale, la stessa sentenza – quest’ultima, dopo aver dato atto della sussistenza dei presupposti di legge per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata – afferma che “la parte ricorrente ha chiesto un termine per il deposito di note difensive sulla memoria del controinteressato<” e che “le altre parti si sono opposte al rinvio”.
Orbene, così come correttamente ritenuto dal primo giudice, la mera istanza di rinvio per memoria difensiva non osta all’adozione della sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. (cfr. Cons. Stato, III, 12 dicembre 2022, n. 10840), quando appunto l’esigenza difensiva non sia riferita- come non lo era nel caso in esame – alle fattispecie (motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamenti di competenza o di giurisdizione) che siano ostative per legge.
3.2. Esclusa perciò la violazione di legge denunciata col primo motivo, va altresì precisato che il giudice di primo grado non è affatto incorso in fraintendimenti a causa della menomazione del diritto di difesa che sarebbe stata inferta alla parte ricorrente con la sentenza pronunciata senza trattazione di merito.
Il riferimento allo ius sepulchri contenuto nella parte finale non ne costituisce affatto la ratio decidendi – per come risulterà dal prosieguo della presente decisione – ma è argomento ad abundantiam, giustificato peraltro da alcuni dei rilievi difensivi della ricorrente, basati sulla natura perpetua e personale della concessione del loculo, di cui si dirà.
3.3. Il primo motivo di appello va quindi respinto.
4. Col secondo motivo (Error in procedendo e/o in iudicando sul I motivo di ricorso per erroneità e contraddittorietà della declaratoria di inammissibilità e per omessa e/o erronea pronuncia e/o pronuncia apparente: errore/errata valutazione dei presupposti – violazione e/o falsa applicazione di legge e di norme regolamentari DPR 285/1990, Circolare Ministero Salute n. 24/1993, DPR 803/1975 per quanto applicabile – violazione e/o falsa applicazione del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria, sviamento di potere) si critica, in primo luogo la decisione di inammissibilità del primo motivo del ricorso introduttivo per violazione del giudicato nascente dalla sentenza n. 234/2024.
4.1. Il T.a.r. ha ritenuto che in tale sentenza << passata in giudicato e nella quale l’odierna ricorrente era controinteressata, la normativa applicabile è stata individuata come presupposto esplicito e indefettibile della decisione e come vincolo nella riedizione del potere da parte del Comune (pur dotato di piena cognizione). La sentenza [n.d.r. n. 234/2024] così recita “L’art. 3 della legge n. 130/2001, ripreso dall’art. 58 del Regolamento di Polizia Mortuaria Comunale, subordina l’autorizzazione alla cremazione alla dichiarazione di volontà resa in tal senso dal defunto quando era in vita (comma 1, lett. b) n. 1 e 2). In mancanza di disposizione testamentaria o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la volontà di cremare il medesimo deve essere manifestata dal coniuge o, in difetto, dal parente più prossimo individuato ai sensi degli artt.74,75, 76 e 77 del codice civile o, nel caso di concorso di più parenti nello stesso grado, dalla maggioranza assoluta di questi manifestata all’Ufficiale di Stato Civile del comune di decesso o di residenza (art. 59 comma 2 lett. c del Regolamento citato)”. Ancora, la sentenza [n.d.r. n. 234/2024] dispone che dall’accoglimento del ricorso “deriva l’obbligo del Comune di pronunciarsi con piena cognizione sulla richiesta di cremazione di -OMISSIS- del 29 settembre 2022, garantendo il pieno contraddittorio e valutando le allegazioni delle parti ai sensi di quanto disposto dall’art. 3 commi 1-4 Legge n.130/2001 e dall’art. 59 del Regolamento di Polizia Mortuaria”. >>.
Con la sentenza qui appellata, il T.a.r., in applicazione del principio del ne bis in idem, come interpretato dalla giurisprudenza ivi richiamata (T.a.r. Campania – Napoli, 4 novembre 2022 n. 6864 e la giurisprudenza citata), ha ritenuto contrastante col giudicato di cui sopra il motivo di ricorso “volto ad applicare alla fattispecie la differente disciplina del DPR 803/1975 e del DPR 285/1990, che sarebbe applicabile in forza della circolare del Ministero della Salute n. 24 del 24 giugno 1993”.
4.2. L’appellante critica la decisione di inammissibilità, sostenendo che il Comune in fase di riedizione del potere “con piena cognizione” avrebbe dovuto prendere in considerazione l’effettiva situazione di fatto sottoposta al suo esame e fare applicazione della vigente normativa di settore, soltanto se ritenuta concretamente applicabile al caso di specie.
Secondo la signora -OMISSIS-, la sentenza passata in giudicato avrebbe disposto un “integrale remand” all’amministrazione comunale, di modo che quest’ultima – contrariamente a quanto ritenuto con la sentenza qui appellata – non si sarebbe potuta ritenere vincolata ad applicare disposizioni ratione temporis inapplicabili e/o estranee alla fattispecie oggetto della sua attività provvedimentale.
4.2.1. Nell’atto di appello vengono quindi svolte considerazioni in fatto e in diritto al fine di sostenere che la normativa applicabile sarebbe quella antecedente all’entrata in vigore del DPR n. 285/1990: troverebbe cioè applicazione la circolare n. 24 del 24 giugno 1993 del Ministero della Salute, esplicativa del Regolamento di Polizia Mortuaria approvato appunto con d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, che consentirebbe la cremazione dei cadaveri di persone decedute prima del 27 ottobre 1990 solo per espressa volontà del de cuius.
4.2.2. Nello stesso atto si sostiene inoltre che, anche a voler ammettere che -come ritenuto dal T.a.r. – il Comune fosse vincolato ad applicare “quanto disposto dall’art. 3 commi 1-4 legge n. 130/2001 e dall’art. 59 del regolamento di Polizia Mortuaria” (quoad non), il provvedimento di autorizzazione gravata sarebbe comunque illegittimo per i denunciati vizi di difetto di istruttoria e di erroneità dei presupposti.
L’appellante evidenzia come la disciplina richiamata ritiene tuttora prevalente la volontà del defunto, ricavabile in modo atipico da “qualsiasi altra espressione di volontà” e – solo in via subordinata – quella dei parenti più prossimi: ad avviso dell’appellante, anche a non voler considerare quanto dichiarato da -OMISSIS- sulla volontà del fratello Dario di non essere cremato, i parenti più prossimi dovrebbero essere considerati i genitori (ed in specie il padre, -OMISSIS-) che, all’epoca del decesso, avrebbero agito in modo conforme a detta volontà del defunto, richiedendo il rilascio di una concessione perpetua per un loculo destinato unicamente alla sepoltura dello stesso; non sarebbe infatti previsto da alcuna disposizione normativa né ricavabile dalla ratio legis il rilievo del T.a.r. secondo cui la volontà del parente più prossimo dovrebbe essere espressa contestualmente alla domanda di cremazione.
4.2.3. A completamento delle censure di cui al primo motivo di appello, si sostiene infine che il vizio di difetto di istruttoria e di erroneità dei presupposti sarebbe comunque evidente applicando il principio tempus regit actum, per il quale la legittimità di un atto amministrativo deve essere verificata sulla base degli elementi di fatto e di diritto sussistenti al momento della sua adozione.
Nel caso di specie, la sentenza n. 234/2024 ha sancito l’obbligo del Comune di pronunciarsi “con piena cognizione” sulla richiesta di cremazione, “garantendo il pieno contraddittorio”, effettuando una “autonoma valutazione di quanto riportato dai diversi parenti dello stesso grado del defunto, per giungere a una motivata decisione”.
Dato ciò, ad avviso dell’appellante, l’amministrazione avrebbe dovuto svolgere un’attività istruttoria puntuale e completa sulla scorta della “effettiva situazione di fatto esistente al momento dell’adozione del provvedimento, garantendo la partecipazione di tutti i soggetti interessati”. Questi sarebbero, oltre alle due sorelle Enrica (ricorrente) ed -OMISSIS- – essendo frattanto deceduto il fratello -OMISSIS- – i parenti di pari grado rispetto a -OMISSIS-, tra cui -OMISSIS-, figlia di -OMISSIS- (già partecipante alla riunione indetta dal Comune per giungere ad una soluzione condivisa), e nipote di -OMISSIS-, nello stesso grado quindi di -OMISSIS-, figlio di -OMISSIS-. In sintesi, il difetto di istruttoria sarebbe da riferire alla situazione di fatto esistente al momento della riapertura del procedimento.
4.2.4. L’appellante -OMISSIS- ripropone quindi -ove necessario anche ai sensi dell’art. 101 c.p.a. – un ulteriore profilo di illegittimità, già prospettato col primo motivo di ricorso, sul quale il T.a.r. non si è pronunciato: il Comune, disponendo la cremazione della salma assecondando la richiesta di -OMISSIS-, avrebbe omesso di considerare che si tratta di soggetto privo di legittimazione e in conflitto di interessi, la cui domanda sarebbe stata finalizzata a collocare la salma di -OMISSIS- nel loculo già occupato da -OMISSIS-
4.2.5. Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile o improcedibile.
4.3. Passaggi fondamentali della sentenza Tribunale amministrativo regionale per le Marche, 8 marzo 2024, n. 234, passata in giudicato, sono i seguenti:
<< 2. Nel merito, il ricorso è fondato sotto il denunciato profilo del difetto di istruttoria e motivazione. L’art. 3 della legge n. 130/2001, ripreso dall’art. 58 del Regolamento di Polizia Mortuaria Comunale, subordina l’autorizzazione alla cremazione alla dichiarazione di volontà resa in tal senso dal defunto quando era in vita (comma 1, lett. b) n. 1 e 2). In mancanza di disposizione testamentaria o di qualsiasi altra espressione di volontà da parte del defunto, la volontà di cremare il medesimo deve essere manifestata dal coniuge o, in difetto, dal parente più prossimo individuato ai sensi degli artt. 74,75, 76 e 77 del codice civile o, nel caso di concorso di più parenti nello stesso grado, dalla maggioranza assoluta di questi manifestata all’Ufficiale di Stato Civile del comune di decesso o di residenza (art. 59 comma 2 lett. c del Regolamento citato).
2.1 Nel caso in esame la maggioranza dei parenti dello stesso grado del de cuius ha affermato la volontà di procedere alla cremazione e l’assenza di una volontà contraria del defunto.
[…]
3. Dall’accoglimento del ricorso deriva l’obbligo del Comune di pronunciarsi con piena cognizione sulla richiesta di cremazione di -OMISSIS- del 29 settembre 2022, garantendo il pieno contraddittorio e valutando le allegazioni delle parti ai sensi di quanto disposto dall’art. 3 commi 1-4 Legge n.130/2001 e dall’art. 59 del regolamento di Polizia Mortuaria. Il Comune dovrà, per quanto possibile, favorire l’incontro delle parti per giungere a una soluzione condivisa relativa alla cremazione e al collocamento dei resti.>>.
Non vi è alcun dubbio che il T.a.r. abbia individuato nelle disposizioni da ultimo citate le uniche applicabili al caso di specie.
Contrariamente a quanto si sostiene con l’appello, il remand all’amministrazione comunale non è stato “integrale”, nel senso di rimettere al Comune di San Benedetto del Tronto anche l’individuazione della disciplina applicabile.
Questa, d’altra parte, è stata ritenuta applicabile al caso di specie, in presenza dei presupposti fattuali già dedotti nel giudizio concluso con la sentenza n. 234/2024, vale a dire, per quanto rileva ai fini della presente decisione: il decesso di -OMISSIS- nel 1967; la sua sepoltura in un loculo in concessione (mentre resta controverso che questa fosse perpetua e nominativa, ma – come si dirà – la circostanza è irrilevante); la richiesta di cremazione in data 29 settembre 2022, sottoscritta dai fratelli -OMISSIS- e -OMISSIS- (con sottoscrizione di quest’ultima mai contestata, se non nell’ultima memoria d’appello).
L’ambito della riedizione del potere era pertanto quello – esattamente inteso dall’ente comunale nella rinnovazione del procedimento che ha portato ad adottare il provvedimento del 12 settembre 2024, qui impugnato – di favorire il contraddittorio per giungere ad una “soluzione condivisa relativa alla cremazione e al collocamento dei resti”, ma, in caso di esito negativo, di dare applicazione alla disciplina che prevedeva -come pure specificato in sentenza – che, mancando la volontà espressa dal defunto, dovesse prevalere quella della maggioranza assoluta dei parenti prossimi, non potendosi attribuire alcuna valenza probatoria alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata da -OMISSIS- per sostenere la volontà contraria alla cremazione del fratello Dario (punto 2.2. della sentenza n. 234/2024).
4.3.1. Sono quindi infondate le censure dell’appellante volte a sostenere che il Comune non fosse vincolato ad applicare la disciplina sull’autorizzazione alla cremazione dettata dall’art. 59 del Regolamento di polizia mortuaria approvato dal Comune di San Benedette del Tronto con deliberazione del Consiglio comunale n. 33 del 27 aprile 2012, in conformità a quanto previsto dall’art. 3, lett. b) della legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri), nonché – giova aggiungere – in conformità all’art. 6 (Cremazione) della legge della Regione Marche 1 febbraio 2005, n. 3 (Norme in materia di attività e servizi necroscopici funebri e cimiteriali) – il quale, al primo comma, prevede che “L’autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto dei principi e delle modalità di cui alla legge 30 marzo 2001, n. 130 […]”.
Poiché il vincolo nei confronti dell’amministrazione comunale derivava dal precedente giudicato tra le stesse parti, è corretta la conclusione del primo giudice sull’inammissibilità di dette censure per violazione del divieto del bis in idem.
4.3.2. Ne consegue che sono carenti di interesse le critiche rivolte alla sentenza gravata nella parte in cui ha trattato nel merito il primo motivo del ricorso introduttivo, già dichiarato inammissibile.
Invero, si tratta di una parte della sentenza che, secondo un orientamento giurisprudenziale, è da ritenersi priva di portata decisoria diretta nei confronti della ricorrente, tale quindi da escludere in radice l’interesse della signora -OMISSIS- alla relativa impugnazione (cfr., in tal senso, da ultimo, Cass. 12 dicembre 2024, n. 32092, secondo cui “Ove il giudice si sia spogliato della potestas iudicandi statuendo l’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, le eventuali ulteriori considerazioni sul merito della controversia costituiscono mere argomentazioni ipotetiche e virtuali, le quali non possono formare oggetto di impugnazione proprio per l’assenza di valenza decisoria, potendosi l’impugnazione stessa appuntare esclusivamente sulla statuizione in rito relativa all’ammissibilità della domanda”).
Sul tema si registra un altro orientamento giurisprudenziale che ritiene ammissibili le censure rivolte alla decisione di merito del giudice di grado inferiore che si sia spogliato della controversia per ragioni di rito, purché venga contestualmente impugnata la decisione di rito ad effetto preclusivo (cfr., in tale senso, tra le altre, Cass. 11 agosto 2023, n. 24550, secondo cui “i motivi che, a fronte della dichiarazione di inammissibilità del gravame, attingano direttamente l’apprezzamento di merito operato dal giudice d’appello, senza censurare l’error in procedendo cui questi è incorso, così da rimuovere la ragione in rito che aveva impedito la valutazione nel merito delle censure mosse con l’atto di appello, determinano l’inammissibilità del ricorso, derivando da tale omissione il passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità e il conseguente venir meno dell’interesse della parte a far valere in sede di legittimità l’erroneità delle ulteriori statuizioni della decisione impugnata”).
Tuttavia, nel caso di specie, essendo stato respinto in via definitiva il motivo che censura l’asserito error in procedendo del T.a.r., le censure di merito risultano comunque carenti di interesse.
Si tratta delle censure svolte dall’appellante per criticare la decisione di merito del T.a.r., che ha ritenuto comunque applicabile alla cremazione del cadavere di soggetto deceduto nel 1967 la disciplina vigente alla data della richiesta di cremazione (sopra specificata), piuttosto che quella (vigente alla data della morte e/o a portata transitoria) dettata dal d.P.R. n. 803/1975 o dal d.P.R. n. 285/1990 (volti entrambi a dare rilevanza alla sola volontà espressa dal defunto; il secondo, anche a quella dei parenti più prossimi, ma all’unanimità).
In particolare, la signora -OMISSIS-, ha sostenuto l’applicabilità del secondo dei detti d.P.R. (di “approvazione del regolamento di polizia mortuaria”) sulla base di una circolare del Ministero della sanità, quella del 24 giugno 1993, n. 24 (che ha dettato una disciplina transitoria riferita ai decessi intervenuti prima dell’entrata in vigore del regolamento), tuttavia precedente l’entrata in vigore della legge sulla cremazione n. 130/2001. Quest’ultima è stata valorizzata invece dal T.a.r. per ritenere implicitamente abrogate tutte le discipline previgenti, compresa quella transitoria.
Non è dato approfondire ulteriormente la questione con la presente sentenza, atteso che, come detto, le argomentazioni di merito svolte dall’appellante (in particolare al punto 2.1. dell’atto di appello) sono inammissibili per carenza di interesse originaria o comunque improcedibili per carenza di interesse sopravvenuta.
4.4. Sono inoltre infondate le censure dell’appellante – formulate, in sostanziale subordine, con riferimento alla disciplina dettata dalla legge n. 130/2001 – in merito al momento cui riferire l’espressione della volontà, contraria o favorevole, alla cremazione del defunto o dei suoi parenti prossimi (punti 2.2. e 2.3 dell’atto di appello).
4.4.1. Va rimarcato che la sentenza n. 234/2024 è giunta a conclusione di un processo amministrativo introdotto da -OMISSIS- per l’annullamento della nota comunale trasmessa a quest’ultimo con PEC prot. 46914 del 16 giugno 2023 di conferma del provvedimento del 7 giugno 2023 trasmesso con PEC prot. 44228 di “rigetto dell’istanza di cremazione del defunto -OMISSIS- presentata in data 29 settembre 2022” e conseguente estumulazione del sig. -OMISSIS- per la ricollocazione di -OMISSIS- nella sepoltura originaria, con invito ai familiari di -OMISSIS- di fornire precise indicazioni circa la sepoltura di quest’ultimo.
Pertanto, in esecuzione del giudicato di accoglimento della domanda caducatoria avanzata da -OMISSIS-, il Comune ha dovuto riesercitare il proprio potere.
La riedizione del potere – oltre che vincolata dal giudicato sulla disciplina applicabile, di cui sopra – presupponeva necessariamente che quanto disposto appunto dall’art. 3, comma 1, lett. b, della legge n. 130 del 2001 e dall’art. 59 del Regolamento comunale di polizia mortuaria, andasse verificato in relazione all’istanza del 29 settembre 2022.
Il procedimento amministrativo sul quale si è pronunciata la sentenza n. 234/2024 è infatti quello introdotto con quest’ultima istanza: una volta annullato il provvedimento conclusivo negativo, per difetto di istruttoria e di motivazione, la riapertura del procedimento non avrebbe potuto che prendere le mosse dalla medesima istanza del 29 settembre 2022, andata esente dall’annullamento giurisdizionale.
4.4.2. Quindi è manifestamente infondata la pretesa della signora -OMISSIS- che il Comune raccogliesse, a proposito della cremazione di -OMISSIS-, una nuova manifestazione di volontà proveniente dei parenti prossimi, come risultanti in vita alla data di riapertura del procedimento dopo la sentenza n. 234/2024.
Il principio del <em va effettivamente inteso nel senso che, nei procedimenti ad istanza di parte, l’amministrazione è tenuta ad applicare la disciplina vigente alla data dell’adozione del provvedimento, non quella vigente alla data dell’istanza, salvo eccezioni di legge.
Tuttavia, nel caso di specie, il principio non si applica come preteso dalla ricorrente, per i due ordini di ragioni risultanti da quanto sopra esposto:
– in primo luogo, la data e i contenuti della richiesta di cremazione non hanno nulla a che vedere con la disciplina applicabile, costituendo essi meri presupposti fattuali di tale disciplina;
– in secondo luogo, come appena detto, la sentenza n. 234/2024, oltre ad avere fissato con efficacia di giudicato la disciplina applicabile, ha, con la stessa efficacia, mantenuto in vita l’istanza del 29 settembre 2022, quale atto d’impulso del procedimento oggetto del nuovo esercizio del potere amministrativo.
L’istruttoria provvedimentale non avrebbe potuto che prendere le mosse da tale richiesta di cremazione, senza di certo poterne sollecitare delle altre.
4.4.3. Infondato è parimenti l’assunto dell’appellante che, malgrado detta richiesta, vi sarebbe nel caso di specie una volontà contraria alla cremazione, se non espressa già dal defunto -OMISSIS-, quanto meno manifestata dai parenti più prossimi all’epoca della morte, cioè i suoi genitori.
La normativa ritenuta applicabile attribuisce rilevanza alla volontà dei parenti prossimi soltanto nel momento in cui questa venga manifestata “all’Ufficiale dello Stato civile del comune di decesso o di residenza” (art. 3, comma 1, lett. b, n. 3 della legge n. 130/2001 e 59, comma 2, lett. c, del Regolamento comunale), di modo che: i) si deve trattare di manifestazione di volontà rivolta ad ottenere l’autorizzazione alla cremazione (rilevando la volontà contraria solo se espressa direttamente dal defunto); ii) si deve trattare di manifestazione di volontà formalizzata con un’apposita istanza rivolta all’Ufficiale dello Stato civile, non desumibile da un comportamento concludente (quale sarebbe quella che la ricorrente intende desumere, appunto, dalla sepoltura assicurata dai genitori al figlio -OMISSIS-).
4.5. La censura sul difetto di legittimazione del controinteressato -OMISSIS- non merita accoglimento, considerato che si tratta del destinatario del provvedimento già impugnato ed annullato dal T.a.r. con la sentenza n. 234/2024 (la quale ha pure deciso espressamente in merito alla legittimazione ad agire del ricorrente in quel giudizio) e il Comune di San Benedetto del Tronto è stato chiamato a rieditare il potere amministrativo relativamente ad una richiesta di cremazione avanzata da -OMISSIS-, del quale l’odierno controinteressato è erede, anche come tale quindi legittimato a partecipare al relativo procedimento.
Quanto, invece, alle censure concernenti l’asserito conflitto di interessi, esse in realtà concernono il diritto alla sepoltura del de cuius -OMISSIS- nel loculo oggetto di concessione che la ricorrente -OMISSIS- assume essere perpetua e nominativa nei confronti di -OMISSIS-. In proposito, non può che essere ribadita l’estraneità alla giurisdizione amministrativa, già affermata dal T.a.r.
4.6. In conclusione, il Comune risulta essersi effettivamente conformato al vincolo nascente dal giudicato e aver condotto un’istruttoria completa ed articolata prima di adottare il provvedimento conclusivo del 12 settembre 2024, dal momento che:
– ha convocato le parti, ammettendo all’incontro anche la signora -OMISSIS-;
– ha valutato la mancanza di una manifestazione di volontà del defunto -OMISSIS- circa il luogo o il modo della propria sepoltura o circa la sua contrarietà alla cremazione;
– ha constatato l’impraticabilità di una soluzione condivisa;
– ha fatto prevalere la richiesta di cremazione proveniente dalla maggioranza dei parenti più prossimi, presentata in data 29 settembre 2022.
Il secondo motivo di appello va nel suo complesso respinto.
5. Col terzo motivo (Error in procedendo e/o in iudicando sul II motivo di ricorso per erroneità e contraddittorietà della declaratoria di inammissibilità ed omessa e/o erronea pronuncia e/o pronuncia apparente: errore/errata valutazione dei presupposti – difetto di istruttoria – violazione e/o falsa applicazione di legge e di norme regolamentari – DPR 285/1990, Circolare Ministero Salute n. 10/1998 – violazione e/o falsa applicazione del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria) è criticata la dichiarazione di inammissibilità del secondo motivo di ricorso per contrasto col giudicato formatosi a seguito della sentenza n. 234/2024.
5.1. In proposito, nella motivazione della sentenza qui appellata si afferma che “l’estumulazione non è oggetto della sentenza 234/2024, passata in giudicato”, ma si precisa che, avendo questa indicato esplicitamente la normativa applicabile alla riedizione del potere da parte del Comune, individuata nell’art. 3 Legge n.130/2001 e nell’art. 59 del Regolamento di Polizia Mortuaria, ha perciò escluso che “si dovesse rivalutare la normativa relativa alla estumulazione”.
5.2. Secondo l’appellante si tratterebbe di pronuncia contraddittoria, perché il T.a.r. ha ritenuto la violazione del giudicato, pur avendo affermato l’estraneità dell’estumulazione alla sentenza passata in giudicato.
5.3. Viene poi criticata dall’appellante la parte della sentenza con la quale il giudice di primo grado ha ritenuto, ad abundantiam, di trattare nel merito il motivo di ricorso, ritenendo lo stesso infondato.
5.4. Il motivo di appello va respinto nella parte in cui censura la statuizione di inammissibilità; va reputato inammissibile o improcedibile nella parte in cui critica la motivazione di rigetto nel merito.
5.4.1. Non vi è alcuna contraddittorietà della sentenza appellata.
La circostanza che la sentenza n. 234/2024, passata in giudicato, non si occupi esplicitamente dell’estumulazione, non vale ad escludere quest’ultima dall’ambito oggettivo del giudicato, sia per la ragione ritenuta dal T.a.r. esplicitamente che per un’ulteriore ragione riguardante sempre tale ambito oggettivo.
5.4.2. Giova premettere che l’assunto di fondo dell’appellante -OMISSIS- è che, in caso di cremazione di cadavere di soggetto defunto e già sepolto, dovrebbe trovare applicazione l’art. 60 del Regolamento comunale di polizia mortuaria (che disciplina la fattispecie di “Autorizzazione alla cremazione di resti mortali e di resti ossei”) e di conseguenza che le norme che regolano le estumulazioni (in particolare quelle dell’art. 54 dello stesso Regolamento e della Circolare n. 10 del 31 luglio 1998 del Ministero della Salute, richiamata dal comma 11 dell’art. 54) dovrebbero prevalere sulle norme che regolano la cremazione.
Secondo l’appellante, inoltre, le norme sulle estumulazioni straordinarie comporterebbero (ai sensi dell’art. 5 della citata Circolare, sulla “cremazione dei resti mortali”, nonché dell’art. 79 del d.P.R. n. 285/1990, del quale si è detto sopra, richiamato a sua volta dall’art. 4 della stessa Circolare) il consenso dei parenti prossimi all’unanimità (punto 3.1 dell’atto di appello).
Ai detti profili si connette – quello ulteriore – ribadito con l’atto di appello (punto 3.2) che deduce la violazione dell’art. 66 (Durata delle concessioni) del Regolamento comunale di polizia mortuaria il quale al primo comma sancisce la durata a tempo determinato delle concessioni funerarie, salvo quelle che, rilasciate in data antecedente all’art.93 del D.P.R. n.803 del 21.10.1975 e s.m.i., sono state fissate come perpetue dall’atto di concessione a suo tempo stipulato e che, quindi, rimangono tali. In collegamento, sarebbe stato violato l’art. 86 del d.P.R. n. 285/1990, che sottrae alle estumulazioni regolate dal sindaco le salme tumulate in sepolture private a concessione perpetua.
5.4.3. Le censure dell’appellante sono sintetizzabili nel senso che il Comune di San Benedetto del Tronto avrebbe dovuto, in applicazione degli artt. 54 e 60 del proprio Regolamento e 86 del d.P.R. n. 285/1990, prima verificare la sussistenza dei presupposti di legge e/o regolamentari per l’estumulazione e solo in caso positivo la sussistenza di quelli della cremazione di “resti mortali”.
Il T.a.r. – affrontando il merito delle questioni poste dal motivo, pur dopo la dichiarazione di inammissibilità dello stesso – ha ritenuto che “essendo la cremazione successiva all’inumazione necessariamente comprensiva dell’estumulazione, all’intero procedimento debba essere applicata la normativa sulla cremazione (compresa quella regolamentare), a meno di considerare la disciplina della cremazione applicabile solo alle spoglie non inumate, cosa in alcun modo rinvenibile dalla normativa in vigore, la quale presenta un maggiore favore per l’istituto della cremazione rispetto alla normativa precedente. Non è quindi rilevante la perpetuità della concessione individuata dalla ricorrente, la quale come conseguenza ha solo la presenza di differenti presupposti per l’estumulazione e non per la cremazione (si veda l’art. 54 del Regolamento di Polizia Mortuaria comunale).”.
La conclusione raggiunta dal T.a.r. – che non appare del tutto convincente, considerato che finisce per applicare la medesima disciplina della cremazione delle salme alla cremazione dei resti mortali di soggetti sepolti, rispetto ai quali il decorso del tempo finisce per rendere mutevole l’individuazione dei soggetti legittimati a richiedere la cremazione, laddove invece la disciplina sull’estumulazione tiene conto proprio di tale dato temporale – sarebbe perciò, in linea di principio, meritevole di approfondimento riguardo ai rapporti tra le due discipline, rispettivamente sull’estumulazione e sulla cremazione, tenuto conto della diversità di ratio legis che supporta ciascuna, nonché riguardo alla successione nel tempo delle leggi che hanno regolato, e regolano, l’una e l’altra.
Tuttavia tale esame nel merito in appello è da ritenersi precluso, per inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione per carenza di interesse, in quanto va confermata la dichiarazione di inammissibilità del motivo per violazione del divieto di bis in idem affermata in principalità dalla sentenza qui impugnata.
5.4.5. Infatti, come sopra anticipato, la questione in merito all’applicabilità delle norme sull’estumulazione è da ritenersi compresa nell’ambito oggettivo del giudicato formatosi sulla sentenza n. 234/2024; ciò, per due ordini di ragioni:
– in primo luogo, perché la sentenza ha ritenuto applicabile l’art. 59 del Regolamento comunale, con ciò stesso escludendo l’applicabilità dell’art. 60, trattandosi di norme la cui applicazione è da ritenersi alternativa;
– in secondo luogo, perché, come già affermato nella sentenza appellata, ritenendo applicabile unicamente la normativa sulla cremazione, la sentenza n. 234/2024 ha escluso, sia pure implicitamente, che su questa potesse prevalere la normativa sull’estumulazione.
Poiché, come è noto, il giudicato copre il dedotto e il deducibile (cfr., da ultimo, sul tema, Cass. 11 gennaio 2024, n. 1259, secondo cui “Il principio in virtù del quale il giudicato copre il dedotto e il deducibile concerne i limiti oggettivi del giudicato, il cui ambito di operatività è correlato all’oggetto del processo e riguarda, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, estendendosi non soltanto alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia”), sarebbe stato allora onere della controinteressata nel giudizio concluso con detta sentenza – vale a dire l’odierna appellante -OMISSIS- – introdurre in via di argomentazione difensiva la tesi della prevalente applicabilità delle norme sull’estumulazione, che -a suo dire- avrebbero impedito (anche) la cremazione di -OMISSIS-. Questa tesi è stata sostenuta invece soltanto nel presente giudizio, quando oramai la questione è da reputarsi preclusa per la ridetta vigenza del giudicato.
5.5. L’accertamento preliminare sullo stato del cadavere, richiesto in subordine da parte di -OMISSIS-, attiene alla materia dell’estumulazione, piuttosto che a quella della cremazione. Pertanto, la richiesta è da ritenersi inammissibile per le ragioni già sopra esplicitate.
Essa d’altronde avrebbe senso se riferita alla possibile “riduzione” del cadavere di -OMISSIS-, proposta nel corso delle trattative, ma non accettata dalla signora -OMISSIS-.
6. In conclusione l’appello va respinto.
6.1. Le spese processuali si compensano per giusti motivi, considerate la natura familiare della controversia e la particolarità della materia trattata, e tenuto conto altresì della conferma in appello della decisione di rito, adottata in via principale dal giudice di primo grado, ferma restando la controvertibilità delle questioni di merito poste dal ricorso.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dei signori -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2025 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Consigliere
Gianluca Rovelli, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere
L’ESTENSORE (Giuseppina Luciana Barreca)
IL PRESIDENTE (Francesco Caringella)
IL SEGRETARIO
[ In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. ]