SEFIT dopo i fatti di Staglieno dirama circolare ai propri associati per la vigilanza sulle pratiche utilizzate in occasioni di operazioni cimiteriali

La notizia delle indagini delle forze dell’ordine su presunti comportamenti illeciti di sette dipendenti del Comune di Genova, operanti al cimitero di Staglieno, ha avuto larga eco sulla stampa e sui media italiani. La magistratura ipotizza i reati di vilipendio di tombe, sottrazione, distruzione e soppressione di cadavere, peculato, furto di arredi di interesse storico ed artistico.

Alla incredulità delle prime ore hanno fatto seguito dichiarazioni e indicazioni nazionali della SEFIT.

Gli episodi riferiti al cimitero di Staglieno sono particolarmente gravi e vanno sempre contrastati, con decisione. – afferma Paola Colla, Presidente della Commissione Funeraria SEFIT – “I comuni e le società da questi partecipate che hanno l’affidamento dei servizi cimiteriali hanno ben presente queste problematicità, incluso lo stesso comune di Genova, che recentemente ha provveduto a segnalare all’Autorità giudiziaria comportamenti illeciti.” “L’indirizzo che SEFIT fornisce ai propri associati è quello di rendere maggiormente trasparente ogni attività o azione che si svolge all’interno dei cimiteri per evitare che possano crearsi o laddove esistano per interrompere circuiti di illeceità. Ogni Comune o Società deve quindi intraprendere quelle azioni di verifica e controllo che possano garantire la correttezza dell’attività cimiteriale. Particolare attenzione inoltre deve essere riposta nella formazione etica del personale che, in ogni momento, siano ben coscienti della responsabilità che loro hanno nei confronti dei resti mortali e degli eventuali famiglie coinvolte.

SEFIT ha temnpestivamente diffuso la circolare n. 2434/AG del 22 giugno 2010, avente per oggetto:”Operazioni cimiteriali – Oggetti da recuperare”, con indicazioni dettagliate per vigilare su questa attività.

Aggiungiamo che sarebbe utile una riflessione approfondita sul burnout cimiteriale, non soffermandosi solo sulla patologia, ma individuando spesso le cause scatenanti comportamenti deviati.

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  1. Cassazione penale, Sez. VI, 13 giugno 1997, n. 8621 Non sono qualificabili come “res nullius” e neppure come “res derelictae” gli oggetti rinvenuti sulle salme inumate nei cimiteri ovvero durante le operazioni di bonifica dei campi cimiteriali, trattandosi di oggetti da ritenere, quanto meno presuntivamente, appartenuti ai defunti o a coloro che hanno inteso testimoniare a questi ultimi il loro affetto ed onorare la memoria, ed ai quali, quindi, in tal modo, è stata data da chi poteva disporne, sia jure successionis, sia a titolo di mero possesso, una specifica destinazione, la quale può dirsi venuta meno solo in presenza di rinuncia, come nel caso in cui la persona legittimata, pur posta in condizioni di intervenire alle operazioni di riesumazione o informata del rinvenimento di cose che potrebbero appartenerle, non si presenti ovvero ponga in essere altro comportamento manifestante inequivoco disinteresse verso gli oggetti rinvenuti o rinvenibili. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto che correttamente fosse stata ritenuta la penale responsabilità, a titolo di appropriazione indebita aggravata, di taluni dipendenti comunali, addetti al settore cimiteriale, i quali si erano impossessati di oggetti preziosi rinvenuti su salme delle quali era stata disposta la riesumazione, ovvero nel terreno del cimitero, nel corso di operazioni di bonifica).

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