La dilatazione sempre più extra moenia del trasporto ‘a cassa aperta’…

Spesso, si può osservare, nelle legislazioni locali, dove più si è estremizzato il concetto di mobilità di una spoglia mortale, prima dell’officio delle esequie, o più laicamente del rito di commiato,  che in queste disposizioni modificate e sempre più “aggressive” sul problema-opportunità, si presentano determinate incongruenze su alcuni temi rilevanti, che potrebbero ingenerare difficoltà non solo ermeneutiche, ma pure applicative.

La Regione Piemonte, per esempio, ha intrapreso ed esplorato questa direzione con la L.R. 12 marzo 2020 n. 6. Oggi ci concentriamo su questa Regione, ma il caso è emblematico e di grande valore didattico, confermandosi, quasi un paradigma su cui rapportarsi, per le condende leggi regionali, magari ancora in itinere, o in via d’approvazione.

Così ad esempio, i richiedenti il trasporto sono da una parte individuati nei “familiari o […] altri aventi titolo del deceduto” (art. 3, co. 5), in un’altra parte della L.R. essi possono essere semplicemente gli “aventi titolo del deceduto” (art. 8, co. 6-bis), senza alcuna subordinazione a criteri di precedenza nell’esercizio di titolarità che la Legge e, prima di questa, la giurisprudenza, invece, individua gerarchicamente, specie in caso di conflitti.

E ancora: mentre in un comma il defunto deve essere trasportato (“la salma è riposta”) in una struttura per il commiato o in una abitazione privata mediante “contenitore impermeabile non sigillato” (art. 3, co. 4) in altri commi la stessa modalità di trasporto diviene facoltativa e può avvenire, in idoneo contenitore non sigillato” (art. 3, co. 5 e art. 8, co. 6-bis).

Si segnala poi come, agevolando in maniera così anticipata lo spostamento del defunto, si operi una rilevante interferenza nelle attribuzioni dell’ufficiale di Stato Civile “naturale” (cioè quello del luogo di decesso) in seguito alla disposizione che prevede ciò: la visita necroscopica ed il relativo certificato sono “effettuati a cura dell’A.S.L. territorialmente competente sul luogo di osservazione” (art. 8, co. 6-bis). Per cui l’ufficiale di stato civile di un Comune dovrebbe ricevere notizie da un medico di un’altra A.USL, la quale potrebbe non solo essere fuori dal Comune, ma anche fuori dalla Regione.

Altro elemento da evidenziare è che la disposizione dell’art. 8, co. 6-bis riguarda anche trasferimenti effettuati “successivamente al termine di ventiquattro ore nei casi di prelievo di organi, autopsia giudiziaria o riscontro diagnostico” per i quali è improprio riferirsi all’osservazione medesima (che potrebbe non aver avuto luogo o essere stata ritenuta superflua). In ogni caso, in considerazione della locuzione utilizzata dal legislatore, si tratta comunque di defunti per i quali sia già stata accertata la morte, altrimenti né l’espianto di organi, né l’autopsia o riscontro diagnostico avrebbero potuto aver luogo.
Volendo dare una lettura sistemica, si riscontra come le disposizioni in esame sembrino proprio intervenire, essendo irrilevante per la loro efficacia che si sia compiuto o meno l’accertamento della morte, sulla generalità dei trasporti funebri, per i quali il D.P.R. n.285/1990 prescrive l’impiego del feretro chiuso, e non solo su quelli effettuati durante il periodo di osservazione, per i quali appunto è lo stesso regolamento nazionale a prevedere l’obbligo del trasferimento del deceduto in contenitore non sigillato per non ostacolare la manifestazione di segni di vita.

In altre parole, una parte delle stridenti contraddizioni ravvisate sembrerebbero spiegarsi con un’indebita sovrapposizione, da parte del legislatore regionale, di norme che regolano il periodo di osservazione (materia di ordine igienico-sanitario) con la disciplina di altre esigenze, come quelle che attengono all’uso delle sale del commiato, la cui natura va rinvenuta sul piano degli atti con funzione cerimoniale, inerenti alla composizione del defunto e alla veglia funebre.

Relativamente all’adozione di previsioni legislative regionali difformi rispetto al D.P.R. n.285/1990, si ricorda che alcune leggi regionali sono divenute oggetto di impugnazione da parte del Governo sulla base di questa considerazione:
il regolamento nazionale contiene i principi che il legislatore statale è chiamato ad indicare in materia di tutela della salute ed essi devono essere rispettati dalle Regioni.
E, sebbene ai fini dell’impugnazione della legge in esame ai sensi dell’art. 127 della Cost. i termini siano scaduti, si dovranno considerare gli effetti, ovviamente indiretti, che potrebbero derivare dalla pronuncia della Corte Costituzione sugli altri ricorsi governativi presentati e già scrutinati, da ultimo con la recentissima sentenza del “caso Lombardia”, dove la Consulta ha chiarito che il D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 è un regolamento, seppur atipico e trasversale, e dunque speciale, ma, tuttavia, soccombe dinanzi alla normazione legislativa regionale.

Infine, si evidenzia che anche nelle modifiche legislative analizzate nella presente disamina ricorrono alcuni temi oggetto di altri interventi regionali (v. Circolare SEFIT n. 1451 del 05/02/2020) quali:
– l’introduzione di una “certificazione del medico curante o di medico dipendente o convenzionato con il Servizio sanitario nazionale intervenuto in occasione del decesso” (art. 3, co. 5 e art. 8, co. 6-bis) non prevista dal D.P.R. n. 285/1990 come “titolo valido e sufficiente per il trasferimento della salma dal luogo di decesso al luogo di osservazione” (art. 3, co. 4) che però sembrerebbe utilizzabile anche per i deceduti per i quali non sia più necessaria altra osservazione o che abbiano concluso il periodo;
– la lesione tanto dei poteri di verifica preventiva in capo ai Comuni, quanto dei loro ricavi, questi ultimi tutelati dai principi sull’autonomia finanziaria di cui all’art. 119 Cost., determinata dal fatto che tale certificazione esenterebbe le imprese funebri dal dover richiedere, per i trasporti presso le proprie case funerarie, l’autorizzazione comunale al trasporto prevista dal D.P.R. n.285/1990; e, per di più soggetta sin dall’origine all’imposta di bollo.
– la condizione di reciprocità, vale a dire l’applicazione della disciplina per trasporti in Comuni di altre regioni quando la normativa dei luoghi di destinazione sia compatibile, ma su quest’ultimo aspetto ci soffermeremo in seguito.

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Carlo Ballotta

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