Certificato necroscopico: quale contenuto minimo?

Cara Redazione,

nella mia zona, il medico necroscopo, forse per prudenza, non firma il relativo certificato se prima non ha consultato la Scheda Istat, in caso contrario minaccia di richiedere il riscontro diagnostico (https://www.funerali.org/polizia-mortuaria/autopsia-giudiziaria-e-riscontro-diagnostico-quali-differenze-di-fondo-45226.html). E’ legittima questa prassi? A me, francamente, sembra assurda!

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Dopo la Legge di Revisione Costituzionale n. 3/2001, implementata, poi, dalla Legge ordinaria n. 131/2003 in forza delle quali, trattandosi la polizia mortuaria di materia anche a rilevanza sanitaria, la normativa sui servizi funebri, necroscopici e cimiteriali è stata “regionalizzata” (gravissimo errore strategico!) alcune regioni hanno adottato, magari da tempo, una propria modulistica per la stesura del certificato che il medico nescoscopo è tenuto a rilasciare della visita eseguita per accertare l’incontrovertibilità del decesso.

Giova ricordare che, come ha recentemente osservato la Suprema Corte di Cassazione Penale sez. V 7/11/2006 n. 36778, “Il certificato necroscopico, rilasciato dal medico necroscopo, che agisce quale“delegato” dell’ufficiale dello stato civile, costituisce atto pubblico, mentre altrettanto non può dirsi del certificato rilasciato dal medico curante (https://www.funerali.org/attivita-funebre/attivita-necroscopica-e-sua-natura-giuridica-medico-necroscopo-e-medico-curante-diversita-di-funzioni-10229.html), che, a sua volta, assolve la funzione di incaricato di servizio di pubblica necessità ex Art. 359 Cod. Penale”.

 

Nonostante ciò, non mancano AA.SS.LL. che non adottano tali schemi “regionali”, ma ritengono di apportare a questi moduli prestampati modifiche ed adattamenti (ma anche omissioni di talune indicazioni ritenute superflue) e, a volte, paiono “prediligere” ciclostilati molto risalenti nel tempo (ad esempio, recanti la superatissima indicazione di “ufficiale sanitario”).

Tra l’altro, non mancano neppure pretese di alcuni dirigenti dei servizi delle AA.SS.LL. sulla fornitura degli stampati a carico del bilancio comunale,

Viene, quindi, a porsi la questione su quali siano i contenuti davvero necessari, od indispensabili, del certificato di effettuata visita necroscopica.

 

Dal versante operativo dell’Ufficiale dello stato civile, chiamato al perfezionamento dell’autorizzazione all’inumazione o, separatamente, dell’autorizzazione alla tumulazione, le preoccupazioni non possono non essere quelle che dal certificato del medico necroscopo emergano gli elementi minimi che sono funzionali a questo fine, specie considerando che, a rigore (ma, a volte, accade) che la denuncia delle cause di morte (art. 103, comma 1, lett. a) r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 e art. 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, pur sempre transitando dallo Stato Civile, per ragioni squisitamente organizzative, anche se è procedimento avulso dal dettato del DPR n. 396/2000, e venga consegnata in un secondo momento (entro le 24 ore dall’accertamento della morte), diventando, a certe condizioni, rilevante il momento e la causa della morte, spetta infatti al segnatamente necroscopo (ma anche a qualunque altro sanitario nell’esercizio delle sue funzioni ex Art. 365 Cod. Penale) segnalare eventuali indizi di morte violenta o, peggio ancora dovuta a reato ex Art. 74 comma 2 DPR n. 396/2000.

La visita necroscopica (art. 4 dPR 10 settembre 1990, n. 285) ha il compito di accertamento della morte, espressamente allo scopo di accordare l’autorizzazione, da parte dell’Ufficiale dello stato civile, l’autorizzazione all’inumazione o, distintamente, l’autorizzazione alla tumulazione (art. 74 dPR 3 novembre 2000, n. 396) e, dal punto di vista dell’Ufficiale dello stato civile, dovrebbe riportare – in termini di contenuto minimo – le generalità del defunto, il luogo e data (anzi, momento, cioè data ed orario) di morte e l’attestazione che è stata accertata l’effettività della morte (rilevamento o attraverso i inequivocabili signa mortis o in modo stumentale con il cosiddetto tanatogramma).

L’indicazione sul momento della chiusura del feretro non incide dal punto di vista del procedimento di polizia mortuaria demandato all’Ufficiale dello stato civile (quello di cui all’art. 74 dPR 3 novembre 2000, n. 396), tanto più che la stessa c.d. verifica del feretro è attività che spetta, in via esclusiva , all’ASL (punto 9.7) Circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993), laddove questa non sia stata “demedicalizzata” con trasferimento della responsabilità in capo all’addetto al trasporto.

La denuncia causa di morte (formalizzata nella scheda ISTAT) non ha particolare importanza ai fini dell’art. 74 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, ma potrebbe averla, a certe condizioni, ai fini dell’art. 76 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, ma, in questo caso, la “fonte” ufficiale/formale dell’eventuale indizio è quella del certificato rilasciato dal medico necroscopo della visita fatta e, conseguentemente, questo è un dato “necessario” del certificato di avvenuta visita necroscopica, che, oltretutto, si colloca anche all’interno dell’art. 4 dPR 10 settembre 1990, n. 285, il quale (comma 3) fa esplicitamente riferimento a questa ulteriore fattispecie.

In dottrina (Dr. Graziano Pellizzaro) si ritiene, pertanto illegittima la pretesa del medico necroscopo di visionare la scheda ISTAT prima di sottoscrivere il certificato necroscopico, in base, anche a queste acute ed intelligenti considerazioni di diritto:

1) Il D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”, all’art. 16 prevede:
“Al fine di tutelare la riservatezza dei dati personali di cui agli articoli 22 e 24 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, i certificati ed i documenti trasmessi ad altre pubbliche amministrazioni possono contenere soltanto le informazioni relative a stati, fatti e qualità personali previste da legge o da regolamento e strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità per le quali vengono acquisite”. Tale norma di non eccedenza è rinvenibile anche nell'(art. 11 comma 1, let. d) D. Lgs. 196/2003.
Qual è la finalità ultima dell’azione del medico necroscopo? L’accertamento dell’effettività del decesso, per conto dell’ufficiale dello stato civile che dovrà rilasciare l’autorizzazione alla inumazione/tumulazione o alla cremazione. Nient’altro!

2) l’art. 1, comma 6, del DPR 285/1990 consente che la scheda Istat – denuncia della causa di morte – possa essere redatta anche 24 ore dopo l’accertamento di morte! Come può il medico necroscopo dover esaminare dati clinici da un documento che può essere prodotto ben oltre il suo intervento? Ma soprattutto, queste ultime informazioni sanitare, desumibili dalla sullodata Scheda ISTAT non sono di alcuna utilità per l’ufficiale dello Stato Civile, unico originale destinatario dell’accertamento di morte. Si veda a tal proposito anche Min. Grazia e Giust. 25 marzo 1988, n. 1/50/FG /15(87) (NO allegazione della scheda istat a denuncia o avviso di morte).

 

Ogni Regione, cui oggi, ormai, spetta normare la materia per espressa previsione costituzionale, e ogni unità sanitaria locale, si organizzano come meglio credono, compresa l’attività necroscopica, ma ci sono aspetti e ricadute estranei e alle competenze regionali che andrebbero meglio considerati en attendent una riforma dell’intero settore su base nazionale e finalmente unificante, per superare queste discrasie procedurali, non solo nella tempistica degli adempimenti legali.

Una certa isteresi (= compressione temporale) semplificativa nella catena dei vari passaggi amministartivi susseguenti all’evento morte, potrebbe pure esser valutata positivamente, purchè rimangano ben separati forma e funzione dei diversi documenti da inoltrare nel circuito della polizia mortuaria.

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Carlo Ballotta

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