TAR Sicilia, Catania, Sez. II, 23 gennaio 2020, n. 181

TAR Sicilia, Catania, Sez. II, 23 gennaio 2020, n. 181

MASSIMA
TAR Sicilia, Catania, Sez. II, 23 gennaio 2020, n. 181
Per giurisprudenza assolutamente consolidata, il vincolo cimiteriale determina a tutt’oggi un regime di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, e ciò in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico-sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla sepoltura e il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 15 ottobre 2018, n. 5911; 9 marzo 2016, n. 949; 27 ottobre 2009, n. 6547; Sez. V 3 maggio 2007, n. 1934; 23 agosto 2000, n. 4574; Sez. II, 28 febbraio 1996, n. 3031; CGA, 26 giugno 2000, n. 299; 5 gennaio 2011, n. 2), per cui ne consegue che la presenza di manufatto all’interno della fascia di rispetto rappresenta, per applicazione diretta dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ragione di per sé ostativa alla regolarizzazione dell’abuso edilizio.
NORME CORRELATE
Pubblicato il 23/01/2020
N. 00181/2020 REG.PROV.COLL.
N. 05127/1993 REG.RIC.
N. 00457/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5127 del 1993, proposto da
I. Sebastiano B. Maria, rappresentati e difesi dagli avvocati Emanuele Carta, Giuseppe Lo Carmine, con domicilio eletto presso lo studio Fiorella Russo in Catania, via Aloi n. 26;
contro
Comune di Priolo Gargallo (Sr), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Elena Procopio, con domicilio eletto presso la Segreteria del TAR Catania;
sul ricorso numero di registro generale 457 del 2015, proposto da
Sebastiano I., Maria B., Francesco I., Carlo Sebastiano I., rappresentati e difesi dagli avvocati Emanuele Carta, Giuseppe Lo Carmine, con domicilio eletto presso lo studio Fiorella Russo in Catania, via Aloi n. 26;
contro
Comune di Priolo Gargallo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Elena Procopio, domiciliato presso la Segreteria del TAR Catania, via Milano 42a;
Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 5127 del 1993:
-del provvedimento Commissario Straordinario al Comune di Priolo Gargallo del 3 luglio 1993 n. 10616 recante rigetto della concessione edilizia in sanatoria presentata il 31 dicembre 1986;
quanto al ricorso n.r.g. 457/2015:
– del parere contrario sulla detta istanza in sanatoria, della Commissione per il recupero edilizio del 10 Marzo 1993;
– delle ordinanze del 2 dicembre 2014, distinte dai nn. 33. 35 e 36;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Priolo Gargallo e dell’Assessorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione Siciliana;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2019 la dott.ssa Agnese Anna Barone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con istanza del 31 dicembre 1986, i coniugi Sebastiano I. e Maria B. (all’epoca proprietari del fabbricato per cui è causa) chiedevano al Comune di Priolo Gargallo il rilascio del titolo in sanatoria per una costruzione industriale realizzata in assenza di alcun titolo edilizio in contrada Vignazza, in catasto al foglio n. 6, part. 2.
Con provvedimento n. 10616 del 3 luglio 1993 il Commissario Straordinario del Comune, in conformità al parere contrario espresso dalla CEC, respingeva la richiesta poiché l’opera era collocata all’interno della zona di rispetto cimiteriale, e pertanto, non suscettibile di sanatoria.
Avverso tale provvedimento i proprietari proponevano ricorso iscritto al ruolo generale n. 5127/93 deducendo censure di violazione di legge e di eccesso di potere a mezzo delle quali – senza contestare l’ubicazione delle opere all’interno della fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri – sostenevano:
-che l’amministrazione avrebbe dovuto tenere conto delle deliberazioni del Consiglio comunale di Priolo Gargallo n. 260/88 e n. 74/89 con le quali si manifestava l’intenzione di avvalersi, quale comune con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti, della previsione contenuta nel regolamento di polizia mortuaria approvato con D.P.R 21/10/1975 n. 803, che consentiva alla predetta tipologie di ente, la possibilità di “riduzione” della fascia di rispetto cimiteriale a metri 50;
– che, in ogni caso, il vincolo cimiteriale non poteva ritenersi un vincolo di inedificabilità assoluta.
Il Comune di Priolo Gargallo si costituiva in giudizio per resistere al ricorso.
Con sentenza n. 655 del 16 marzo 2004 il giudizio veniva dichiarato interrotto per morte del difensore della parte ricorrente.
Nelle more della definizione del giudizio avverso il diniego di sanatoria, il Comune di Priolo emetteva ordinanza di demolizione n. 51 del 7 ottobre 1994; anche tale atto veniva impugnato dagli interessati con ricorso n.r.g. 6997/1994 dichiarato estinto con decreto n. 2791/2018.
In seguito alla mancata esecuzione dell’ordinanza di demolizione n 51/94, il Comune, accertata l’inottemperanza all’obbligo di demolizione, disponeva l’immissione in possesso e l’acquisizione gratuita del manufatto abusivo. Anche contro tale provvedimento gli interessati proponevano ricorso iscritto al n.r.g. 807/1998 dichiarato estinto con decreto n. 2261/2018.
Nel 2014, il Comune di Priolo Gargallo a seguito di consultazione telematica presso l’Ufficio del Territorio di Siracusa, riscontrava che l’immobile in questione era stato trasferito ai figli I. Francesco e I. Carlo Sebastiano e adottava contestualmente i seguenti provvedimenti:
-ordinanza n. 33/2014 con la quale disponeva nei confronti dei trasgressori, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi, non demoliti nei termini di legge;
-ordinanze n. 35 e n. 36 con le quali rinnovava il procedimento sanzionatorio nei confronti dei nuovi proprietari, mediante l’emanazione di due distinte ordinanze di demolizione rispettivamente emesse nei confronti di I. Carlo Sebastiano e di I. Francesco.
Con ricorso iscritto al n.r.g. 457/2015, notificato il 2 febbraio 2015, gli originari proprietari e i loro aventi causa hanno impugnato, per quanto di rispettivo interesse, le ordinanze del 2014, deducendo censure di illegittimità derivata dal provvedimento di diniego del titolo in sanatoria già impugnato con il ricorso r.g. n. 5127/1993 e violazione di legge (art. 44 della legge n. 47/1985 e artt. 3-7-8 della legge n. 241/1990), mentre gli aventi causa hanno impugnato il diniego di sanatoria “mai loro in precedenza comunicato”.
Il Comune di Priolo Gargallo si è costituito in giudizio e ha chiesto il rigetto del ricorso rilevando in particolare che le deliberazioni di Consiglio Comunale del 1988 e del 1989 richiamate dai ricorrenti costituivano meri atti di indirizzo politico, presupposti di una eventuale richiesta al Prefetto di autorizzazione a ridurre la zona di rispetto, mai rilasciata.
Infine, con atto notificato il 15 aprile 2015 e depositato nell’ambito del ricorso n.r.g. 5127/1993 i ricorrenti hanno riassunto il citato giudizio dichiarato interrotto per morte del difensore della parte ricorrente sostenendo di aver avuto conoscenza dell’evento interruttivo solo in data 26 marzo 2015 con l’acquisizione, da parte del Comune di Priolo Gargallo, della sentenza n. 655/2004.
Con successive memorie depositate in entrambi i ricorsi il Comune di Priolo ha contestato la tardività dell’atto di riassunzione e ha insistito per il rigetto di entrambi i ricorsi, fornendo ulteriori precisazioni in ordine all’adozione di successivi provvedimenti sanzionatori adottati nei confronti degli aventi causa degli originari ricorrenti in relazione all’inadempimento delle ordinanze di demolizione del 2014 (ordinanza dirigenziale n.2 del 21 marzo 2019 di applicazione della sanzione pecuniaria).
Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione, come da verbale.
DIRITTO
In via preliminare il Collegio dispone la riunione, ai sensi dell’art. 70 c.p.a. dei due ricorsi indicati in epigrafe sussistendo la parziale connessione soggettiva ed oggettiva tra gli stessi.
Il ricorso n.r.g. 5127/1993 proposto avverso il diniego di sanatoria è manifestamente infondato e, per tale ragione il Collegio ritiene di poter prescindere dalla verifica della tempestività dell’atto di riassunzione del 2015 sollevata dall’Amministrazione resistente, in applicazione del principio di economia dei mezzi processuali che, secondo consolidata giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 5/2015; Sez. IV, n. 3225/2017 e n. 3225/2017) e di legittimità (Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 26242/2014 e n. 26243/2014), consente di derogare all’ordine delle questioni da esaminare previsto dall’art. 276 c.p.c. privilegiando lo scrutinio della ragione “più liquida” sulla scorta, peraltro, del paradigma sancito dagli artt. 49, comma 2, e 74 del c.p.a..
Premesso che nella controversia in esame non è messa in discussione la costruzione abusiva del manufatto all’interno della fascia di rispetto di ml 200 dal cimitero, ma l’applicabilità e la natura del vincolo, si osserva che relativamente alla presunta omessa valutazione delle delibere di C.C. del 1986 e del 1988 – che secondo parte ricorrente avrebbero determinato la riduzione della zone di rispetto cimiteriale – tale circostanza oltre a non essere adeguatamente documentata dalla parte ricorrente è, in ogni caso, smentita dagli atti difensivi del Comune dai quali emerge che a tali delibere, costituenti meri atti di indirizzo, non ha mai fatto seguito nessuna formale richiesta di autorizzazione di riduzione della fascia cimiteriale, ai sensi dell’art. 338 del r.d. 1265/1934, vigente ratione temporis (autorizzazione del Prefetto previo acquisizione parere sanitario). Invero, l’asserita riduzione della zona di rispetto del cimitero a 50 metri poteva, all’epoca, conseguirsi solo con provvedimento del Prefetto non essendo sufficiente la sola delibera comunale, mentre solo con le modifiche introdotte dall’art. 28 della legge n.166/2000 il relativo potere (peraltro limitatamente alle opere pubbliche e di interesse pubblico ivi indicate) è stato conferito al Consiglio comunale, previo parere favorevole della competente ASL.
Quanto alle ulteriori censure, il provvedimento di diniego di sanatoria è adeguatamente motivato con riferimento alla norma che reca il divieto di edificazione nella fascia di rispetto di 200 metri dal centro abitato e a tale riguardo il Collegio evidenzia che il primo comma dell’art. 338 del r.d. 1265/1934, così come ab origine formulato e vigente all’epoca della presentazione della domanda di sanatoria, non lasciava adito a dubbi sulla natura assoluta del vincolo con esso imposto (“I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. E’ vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri“).
Inoltre, per giurisprudenza assolutamente consolidata, il vincolo cimiteriale determina a tutt’oggi un regime di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, e ciò in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico-sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla sepoltura e il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale ( cfr. tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 15 ottobre 2018, n. 5911; 9 marzo 2016, n. 949; 27 ottobre 2009, n. 6547; Sez. V 3 maggio 2007, n. 1934; 23 agosto 2000, n. 4574; Sez. II, 28 febbraio 1996, n. 3031; CGA, 26 giugno 2000, n. 299;5 gennaio 2011, n. 2)
Ne consegue che la presenza del manufatto all’interno della fascia di rispetto rappresenta, per applicazione diretta dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ragione di per sé ostativa alla regolarizzazione dell’abuso, con conseguente infondatezza del ricorso n.r.g. 5127/1993 e delle censure di illegittimità derivata formulate nel ricorso r.g.n. 457/2015 con riferimento alle censure di illegittimità derivata e ai vizi dedotti nei confronti del provvedimento di diniego di sanatoria.
Quanto al ricorso n.r.g. 457/2015 va, inoltre, osservato che i fratelli Carlo Sebastiano e Francesco I. sono subentrati nella titolarità dell’immobile abusivo e, pertanto, succedono, in qualità di aventi causa, in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi relativi al bene ceduto facenti capo ai precedenti proprietari, ivi compresa l’abusiva trasformazione, subendo gli effetti del diniego di sanatoria e della conseguente ingiunzione di demolizione pur essendo l’abuso commesso prima del passaggio di proprietà (Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2018, n. 6983
Per la rimanente parte (ordinanze del 2014) il ricorso è infondato poiché:
– il provvedimento di diniego del titolo in sanatoria è stato legittimamente adottato sulla sussistenza del vincolo di rispetto cimiteriale e, pertanto, non è configurabile alcuna illegittimità derivata;
– nel caso di specie non è configurabile alcuna violazione delle regola procedimentale che impone la sospensione dei procedimenti sanzionatori atteso che i provvedimenti sanzionatori e repressivi (ordinanza di demolizione n. 51/1994 e ordinanza di acquisizione n. 610/1998) sono stati adottati all’esito della definizione della pratica di sanatoria e sono stati “rinnovati” nel 2014 tenuto anche conto che nelle more il fabbricato per cui è causa era stato trasferito ad altri soggetti;
– il mero decorso del tempo non è sufficiente a far insorgere un affidamento sulla legittimità dell’opera o comunque sul consolidamento dell’interesse del privato alla sua conservazione, né, per conseguenza, ad imporre la necessità di una specifica motivazione in ordine all’esistenza di un interesse pubblico prevalente. Infatti, il potere di irrogare delle sanzioni in materia edilizia ed urbanistica può essere esercitato in ogni tempo, posto che esso riguarda una situazione di illiceità permanente (giurisprudenza consolidata, cfr. tra le tante, Cons. Stato Ad. Plen. n. 9 del 17 ottobre 2017; Cons. Stato Sez. VI, 22 gennaio 2019, n. 540, 8 maggio 2018, n. 2759, 5 marzo 2018, n. 1392; 17 maggio 2017, n. 2338; 27 marzo 2017, n. 1386; 6 marzo 2017, n. 1060; 11 maggio 2011, n. 2781; T.A.R. Sicilia – Catania Sez. I, 22 gennaio 2019, n. 91; T.A.R. Lombardia – Milano Sez. II,8 novembre 2007, n. 6200; T.A.R. Toscana Sez. III, 13 aprile 2005, n. 1596).
In conclusione, per tutto quanto sopra esposto i ricorsi indicati epigrafe sono infondati e vanno respinti.
Le spese seguono la soccombenza secondo la liquidazione operata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), riuniti i ricorsi indicati in epigrafe, li respinge.
Condanna tutti ricorrenti in solido al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Priolo Gargallo che liquida nella somma complessiva di € 1500,00 (euro millecinquecento/00), oltre IVA e CPA;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Brugaletta, Presidente
Federica Cabrini, Consigliere
Agnese Anna Barone, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Agnese Anna Barone)
IL PRESIDENTE (Francesco Brugaletta)
IL SEGRETARIO

Written by:

Sereno Scolaro

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