La pietas cristiana come requisito indispensabile per lavorare nei cimiteri del Comune di Padova. L’idea appartiene all’assessore Giorgio Castellani, che sembra intenzionato ad applicarla quanto prima. Dovrà fare i conti con i Verdi, che annunciano con Gianni Belloni di aver incaricato il loro staff legale di predisporre un esposto-denuncia. «L’assessore Castellani è una sorta di Borghezio in doppiopetto. Quello che sostiene è di inaudita gravità, tanto più se ne conseguono atti amministrativi, magari nei criteri di selezione del personale o delle cooperative che lavorano nei cimiteri padovani. Non accettiamo né discriminazioni né il suo messaggio culturale. La presunta superiorità cattolica nella cura dei morti significa che ebrei, ortodossi, musulmani gettano i loro cadaveri in discarica?». I Verdi, quindi, sfidano apertamente Castellani. Dal punto di vista politico, ma perfino da quello giudiziario. «E’ difficile liquidarci come i soliti bastian contrari in questo caso – insiste il portavoce del Sole che ride – E se dovessimo restare una voce isolata, sarebbe grave per l’intera città. E’ una questione di minima decenza amministrativa. E al di là dei pruriti pre-elettorali sui cattolici, ci piacerebbe che su questo caso tutti parlassero finalmente forte e chiaro. E per prendere posizione non occorre appellarsi al vescovo…». Intanto, sono sul piede di guerra anche i dipendenti comunali addetti ai servizi cimiteriali. Nelle scorse settimane, è stata convocata un’assemblea sindacale in cui sono emersi non pochi problemi. A cominciare dalla ormai cronica carenza di organico, che rischia di mettere in pericolo perfino la normale apertura dei cimiteri periferici. «Mancano almeno 6-8 persone rispetto alle necessità – sottolineano i sindacalisti – Inoltre da circa un anno il settore è passato alle dipendenze dei servizi demografici con una riorganizzazione che ancora non ha preso definitivamente corpo, mentre si intuisce il rischio che si faccia strada il ricorso ad appaltare all’esterno pezzi di gestione dei cimiteri. Infine, anche sul fronte dell’applicazione della legge 626 non mancano contenziosi con l’Amministrazione».
Di norma la risposta al quesito è data entro 3 giorni lavorativi.
Per quesiti complessi ci si riserva di non dar risposta pubblica ma di chiedere il pagamento da parte di NON operatori professionali di un prezzo come da tariffario, previo intesa col richiedente
Risposta a quesiti posti da operatori professionali sono a pagamento, salvo che siano di interesse generale, previa conferma di disponibilità da parte del richiedente.