Servizi di pulizia e cura delle tombe offerti “in nero” a cifre variabili tra i 20 e i 40 euro. Settori di competenza suddivisi – ufficiosamente – a “zone” in modo da “poter lavorare tutti e bene, perché solo così riusciamo a portare avanti la famiglia ed essere sicuri che ognuno di noi non tradisce l’altro”. Guadagni mensili che, in alcuni casi – e per un impegno di tre giorni la settimana – riescono anche ad aggirarsi su diverse migliaia di euro, naturalmente esentasse, a persona. È questo solo uno dei tanti business che ruotano attorno al Gran Camposanto di Messina, luogo di culto dei morti ma anche centro di “malaffare”, più volte teatro la notte di furti di decori antichi da tombe abbandonate e che, in molti casi, sono state totalmente “spogliate” degli addobbi nel silenzio e nel disinteresse generale. Centinaia le denunce, spesso solo verbali, che giungono ai custodi del Cimitero che, però, ben poco possono fare per arginare il fenomeno. In quei lunghi viali, la notte privi di una adeguata sorveglianza e di un impianto di illuminazione, nelle ore di chiusura al pubblico probabilmente accade proprio di tutto. Ma ciò che avviene dentro il Gran Camposanto sembra essere ben “controllato” da chi gestisce il sistema. “Fino a poco tempo addietro – sostiene una delle persone da poco “uscite dal giro” – qui non si consentiva a nessun “estraneo” di avere in affidamento la cura, a qualsiasi livello, delle tombe. Solo in questo modo riuscivamo a mantenere i prezzi che decidevamo noi e, soprattutto, garantirci introiti sempre maggiori. A chi cercava di fare il furbo bastava ricordare le “regole””. Intanto è tornata l’emergenza nel deposito dove il numero delle bare in attesa di sepoltura è in costante aumento per la cronica carenza di loculi: un problema che ormai si ripresenta costantemente ma che non ha ancora trovato una soluzione definitiva.
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