Dalle casse del Comune di Imperia erano spariti soldi per un miliardo e 400 milioni. Il giudice Filippo Maffeo è riuscito a rintracciarne e recuperarne 800, compreso il denaro ricavato dalla vendita di una Mercedes appartenente a un indagato. Sono alcune delle cifre che fanno da corona all’indagine sullo scandalo dei loculi, giunta a conclusione dopo due anni di accertamenti, l’audizione di mezzo migliaio di testi, l’esame di migliaia di documenti. Per il pm Maffeo, quelli che in qualche modo hanno gestito la vendita dei loculi del cimitero d’Imperia, tra il `93 e il `99, avevano costituito una sorta di organizzazione, di cui facevano parte tre impiegati comunali e due delle maggiori società di pompe funebri di Imperia, la Arof e la Siof, che incassava e si spartiva i soldi ricavati dalla cessione dei loculi, falsificando ricevute e concessioni. Naturalmente all’insaputa del Comune e di chi, forse, doveva controllare. Per tutti l’accusa è di associazione a delinquere, peculato e falso. Secondo l’accusa, tre impiegati comunali, di cui uno si è già dimesso e altri due sono stati destinati ad altri incarichi in attesa dea sentenza, avevano messo in piedi un sistema quasi infallibile, con la complicità delle imprese di pompe funebri: i familiari del defunto andavano dalla polizia mortuaria, acquistavano il loculo, pagavano. I soldi, invece di finire nella casse comunali, sarebbero stati spartiti fra i tre impiegati e gli impresari delle onoranze funebri. Una somma che è andata col tempo ingrossandosi fino a raggiungere un miliardo e 800 milioni. L’inchiesta non è nemmeno partita dalla denuncia di una delle vittime, ma da alcuni episodi che potevano apparire slegati: misteriosi furti di documenti all’ufficio di polizia mortuaria.
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