Il consigliere della Lega Nord, Giovanni Airola (che di professione, e da anni, fa il medico) chiede al sindaco Chiamparino di conservare, almeno per una decina di anni, il Dna dei defunti che scelgono di farsi cremare, con lo scopo di «Salvare il codice genetico dalla cremazione». «Perché ho scritto quest’interpellanza? Perché ho in mente l’insegnamento del grande anatomopatologo Armado Businco che all’ingresso della Sala Settoria dell’Istituto di Bologna fece scrivere: questo è il luogo ove la morte gode di istruire la vita» La risposta dell’Amministrazione comunale non fa tardi ad arrivare, per bocca dell’assessore ai Servizi Demografici, Beppe Lodi: «questo problema non può essere affrontato con iniziative estemporanee, attiene alla definizione del concetto di civiltà, si colloca sulla linea di confine dei rapporti tra individuo, morale e Stato, richiede norme giuridiche chiaramente definite dai soggetti (Stato e Regioni) in grado di intervenire legislativamente». Un passo indietro: oggi il prelievo di parti di cadavere o di reperti biologici può avvenire d’ufficio esclusivamente per trapianti, per interesse di giustizia, per tutela della salute pubblica da epidemie, per dubbio sulle cause di morte, per la risoluzione di specifici quesiti di natura medico scientifica, per la ricerca e la didattica sono rispetto a quanti hanno espresso la volontà di donare il proprio corpo alla scienza o su deceduti “abbandonati”. Lodi parte da questa realtà: «Per tutti gli altri casi di manipolazione corporea a fini terapeutici o di ricerca occorre far riferimento al consenso dell’interessato: va salvaguardato il diritto personalissimo, tenendo presente che è vietata la vendita di organi, l’eutanasia, la clonazione». La legge 130 del 2001 stabilisce l’obbligo per il medico necroscopico di raccogliere dal cadavere e conservare per dieci anni campioni di liquidi biologici a prescindere dalla pratica funeraria prescelta, ma – precisa Lodi – manca il regolamento di attuazione, e il campo non può essere lasciato all’interpretazione dei singoli Comuni: «Governo e Parlamento stabiliscano le regole». Ci saranno i vantaggi nel dotarsi di codici genetici, ma i rischi sull’uso sono facilmente ipotizzabili. La proposta di Airola è dunque inattuabile? «È stimolante – sostiene Lodi -, prefigura una sorta di banda dati dei campioni biologici dei defunti, come memoria genetica della comunità, ma di complessa soluzione. Richiede il consenso politico su una specifica normativa, l’individuazione di soggetti deputati alla tutela della riservatezza dei dati e delle eticità delle iniziative di ricerca, di sperimentazione o di semplice statistica delle informazioni raccolte».
Di norma la risposta al quesito è data entro 3 giorni lavorativi.
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