Usurpazione di sepolcro

Desidero sottoporre alla Vs. attenzione un caso davvero singolare che ho intitolato, appunto, “usurpazione di sepolcro”.

Alla morte di Tizio Tiziani, la famiglia si reca presso il locale cimitero e riesce in qualche modo può anche esser surrettizio – ma ancora da accertare – a convincere l’impiegato addetto che il defunto Tizio è titolare del diritto di sepoltura nel sepolcro della famiglia Tiziani.
Indotto probabilmente in errore, l’impiegato omette di chiedere l’autorizzazione al fondatore del sepolcro così come omette di accertare il contenuto dell’atto di fondazione del sepolcro (che stabilisce chi sono gli aventi diritto) nonché il grado di parentela del defunto con il fondatore.
A sepoltura avvenuta, dopo qualche giorno, si presenta al cimitero il Sig. Caio Tiziani, il quale fa rilevare – chiedendo spiegazioni in merito – che nel sepolcro di famiglia è stata allocata la salma di tale Tizio Tiziani che, a parte lo stesso cognome ed una lontana parentela forse nemmeno esistente, non ha nulla in comune con la famiglia di esso Caio Tiziani e, quindi, ancor più lontanamente può considerarsi titolare di Jus sepulchri nella tomba della famiglia Tiziani.
Giorni dopo giunge, inoltre, al Comune formale diffida di Caio Tiziani a rimuovere la salma del defunto Tizio Tiziani dal sepolcro della famiglia Tiziani in quanto ad essa estraneo e, dunque, privo di diritto di sepoltura a qualsiasi titolo.
Quid juris nella fattispecie ?

Probabilmente la famiglia Tiziani titolare dello jus sepulchri potrà rivolgersi all’A.G. per ottenere la estumulazione della salma del defunto Tizio Tiziani, per mancanza di titolo.
Ma il Comune, che ha commesso l’errore, può porre in essere qualche rimedio per evitare di rispondere dei danni arrecati alla famiglia Tiziani?
Quali comportamenti virtuosi può tradurre in atto per ripristinare lo status quo ante, magari in limine litis?
Potrebbe imporre d’ufficio l’estumulazione dell’usurpatore e disporne d’ufficio l’inumazione nella terra, visto che la famiglia del defunto non possiede loculi nel cimitero locale?

La questione va affrontata – preferibilmente – dalle parti in sede giudiziale, ma nel frattempo …..

Il Comune potrebbe, forse, avvalersi del potere di auto-tutela, annullando (motivatamente) le autorizzazioni indebite impropriamente rilasciate e assegnando un termine perentorio per i familiari del defunto “sine titolo”, affinchè procedano, a propria cura, diligenza ed onere (chiedendo le prescritte autorizzazioni ecc. ecc.) a dare diversa destinazione al feretro.
Il problema e’, semmai, quello relativo al da farsi in caso di inadempimento, per cui (da valutare) si potrebbe operare un rinvio agli artt. 2028-2032 Cod. Civile.

Ritorno sull’argomento con alcune riflessioni ” ad alta voce” che Vi sottopongo.
Ritengo si possa correttamente affermare questo:
il Comune, quando ha concesso il suolo su cui è stata eretta la cappella funeraria, era tenuto a vigilare perchè le prescrizioni contenute nell’atto concessorio siano rispettate.
Infatti è il Comune che autorizza la sepoltura nella cappella previo accertamento della rispondenza dei requisiti della salma con quelli previsti dalla concessione ai fini della tumulazione (ad es., se la tumulazione è consentita al coniuge, agli ascendenti e ai discendenti legittimi del defunto, il Comune dovrebbe verificare tale rapporto di parentela prima di acconsentire alla tumulazione).
Se così è, il Comune può sicuramente intervenire qualora l’autorizzazione alla tumulazione sia stata erroneamente rilasciata o, addirittura, qualora sia avvenuta senza che il Comune ne fosse al corrente.
In entrambi i casi la salma non avrebbe titolo – in base alla concessione – ad essere tumulata nella cappella perchè l’operazione de qua sarebbe avvenuta in contrasto col titolo concessorio.
Se il Comune fosse totalmente estraneo alla tumulazione, ritengo potrebbe intervenire a posteriori sia nei confronti dei soggetti legittimati a disporre della salma, sia nei confronti dei titolari della concessione nei confronti dei quali, forse – mi chiedo – potrebbe irrogare sanzioni o addirittura minacciare la decadenza dalla concessione.
Se, come nel caso presente si ipotizza, il Comune ha erroneamente assentito alla tumulazione in contrasto con il titolo concessorio, l’Ente – come sussiste autorevole dottrina in materia – potrebbe agire in autotutela annullando l’autorizzazione illegittima invitando, altresì, gli aventi diritto sulla salma abusivamente tumulata in primo luogo alla estumulazione e successivamente alla collocazione del feretro, entro un dato termine, in altro legittimo sito.
In caso di inadempimento degli intimati, il Comune potrebbe (come ? ordinanza del Sindaco o provvedimento dirigenziale ? ) disporre d’ufficio la rimozione della salma abusiva ponendola – come è stato scritto (Ospite) – provvisoriamente, in attesa di sistemazione definitiva, in altro loculo non ancora concesso, in camera mortuaria se per poco tempo, ovvero – mi chiedo – in via definitiva, nella terra.
A questo proposito si è ipotizzata una “negotiorum gestio” da parte dell’Ente.
Tra gli elementi che caratterizzano tale istituto giuridico vi è l’”absentia domini“, intesa tuttavia sempre meno come assenza fisica, ma come semplice impossibilità soggettiva od oggettiva a provvedere.
La giurisprudenza, inoltre, ha esteso ulteriormente questa impostazione giungendo a formulare il principio in virtù del quale ai fini della configurabilità della absentia sarebbe sufficiente la mancata opposizione da parte del dominus; il che equivale a dire che può configurarsi un valido atto di gestione purché non vi sia prohibitio ( Cass. 12280/2007).
Ma allora cosa succederebbe se vi fosse la prohibitio da parte degli aventi diritto sulla salma, informati della rimozione proprio dal provvedimento che tale estumulazione exta ordinem va a disporre ?

Se mancava la legittimazione alla tumulazione in quel sepolcro, in effetti mancherebbe la legittimazione ad opporsi alla rimozione da quel sepolcro.
Ma se assumiamo che la negotiorum gestio postula – secondo la giurisprudenza più evoluta – la non opposizione dell’interessato, dovremmo anche ritenere che tale opposizione sia esercitabile da chi sia legittimato ad opporsi e, tuttavia, non lo faccia.
Voglio dire che la mancanza di prohibitio domini richiede che chi intenda opporsi all’utile gestione sia astrattamente legittimato a farlo e, tuttavia, nel caso concreto non intenda opporsi.
Se manca tale legittimazione ad esercitare, o meno, il potere di opporsi, manca la possibilità di concretizzare, volendolo, la prohibitio:
ergo, manca del tutto la possibilità che si configuri uno dei requisiti essenziali per la sussistenza della figura della negotiorum gestio che si avrebbe, invece, quando versandosi in diversa situazione, nella quale il “gestito” potrebbe opporsi – essendone legittimato – questi ritenga di non fare così.

Se ragionassimo, poi, alla stregua della giurisprudenza più risalente nel tempo, alla configurazione della negotiorum gestio nel caso di specie mancherebbe l’impossibilità di agire dell’interessato, che rende necessaria o utile la gestione:
qui, infatti, più che di impossibilità di agire si tratterebbe di pervicace  assenza di volontà di agire.
Sotto altro profilo, perchè ricorra l’istituto in parola, si deve trattare dello svolgimento di un’attività svolta nell’interesse del dominus, il che non si riscontra tutte le volte in cui il gestore abbia un interesse proprio, talvolta addirittura contrastante o potenzialmente contrapposto a quello del dominus stesso.
E qui l’interesse della P.A. al ripristino della situazione di legalità è certamente in contrasto con quello del dominus (= l’abusivo): perchè tende addirittura a reprimere il comportamento dell’abusivo dominus.
Ecco il motivo per cui nutrivo perplessità circa la configurazione di una negotiorum gestio nel caso di specie.
Do per scontata invece – almeno così sembra – la legittimazione dei concessionari del sepolcro ad agire con azione possessoria nei confronti dell’abusivo.
Ma qui si discute del ruolo del Comune….

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Carlo Ballotta

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