Il regolamento comunale di polizia mortuaria e le fonti del diritto funerario

Le leggi generali dello Stato fissano i principi nell’ambito dei quali i Comuni, come cellula della macchina amministrativa su cui si fonda la nostra architettura costituzionale, esercitano la loro autonomia.
Essi trovano piena ed ultima attuazione con la disciplina di dettaglio stabilita nel regolamento comunale di polizia mortuaria, ad esempio ex art. 62, D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, all’adozione di un regolamento comunale ed un piano regolatore cimiteriale, per governare in sede locale i servizi funerari.
Nell’ambito di tale cornice ordinamentale lo statuto fa assumere a ciascun Comune il ruolo che esso intende svolgere per la cura degli interessi e lo sviluppo del suo territorio.

La dottrina sottolinea lo scarso utilizzo che finora è stato fatto della potestà statutaria (E. BALBONI, G. FORTUNATO, E.M. MARENGHI, S. MERUSI, A. PIRAINO, Il governo locale oggi, 1999, 16).
Si deve notare, comunque, che gli statuti comunali già introdotti dall’art. 4 della L. 142/1990, sost. dall’art. 6, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, nel regolare la partecipazione ai provvedimenti di amministrazione per gli atti generali, ad esclusione di quelli regolamentari, possono dettare norme per favorire l’accesso della popolazione residente alle informazioni necessarie alla fruibilità dei servizi pubblici e privati in materia funeraria, con particolare riferimento ai profili economici e alle diverse pratiche funerarie recepite dall’ordinamento italiano.

Tale obbligo da parte del Comune nella specifica materia, ad es. è pure dettato dall’art. 5, L.R. Emilia Romagna n. 19/2004.
Lo statuto può demandare al relativo Regolamento le disposizioni di attuazione della normativa statale.
Il regolamento comunale di polizia mortuaria nella sua trasversalità, poiché interessa varie fasi dell’azione amministrativa e filoni dell’Ordinamento Giuridico, si presenta formalmente come un atto si di secondo grado a contenuto pur sempre normativo, ma soprattutto atipico, viste le molteplici fonti da cui trae legittimità.
L’art. 7 del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, riconosce l’attribuzione della potestà regolamentare ai comuni, negando loro quella legislativa, altrimenti sarebbe il caos.

L’approvazione del regolamento municipale, che costituisce un corpus normativo a rilevanza igienico-sanitaria, e per questa ragione, si tratta di diritto speciale, prevalente su quello comune, è richiesta dall’art. 344  T.U.LL.SS, anche se ora non è più necessaria l’omologazione ministeriale quale procedimento integrativo per la sua efficacia.
Si tratta di un potere regolamentare generale che riguarda l’intera zona di azione dell’attività amministrativa dell’ente locale nelle materie di competenza.
In particolare i regolamenti comunali disciplinano l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, il funzionamento degli organi e degli uffici e l’esercizio delle funzioni attribuite all’ente locale.

Nucleo di tutti i servizi funerari è il Comune che è proprietario ex art. 824 comma 2 Cod. Civile di quell’impianto cimiteriale a rotazione  di cui deve in ogni caso disporre, ai sensi del art. 337 T.U.LL.SS. Abbiamo quindi due norme di fonte primaria a conferma della natura squisitamente pubblica del cimitero italiano.
Acuta ed erudita dottrina scorge nella concreta applicazione dell’art. 117 comma terzo, sesto periodo Cost. una riserva addirittura costituzionale di regolamento di polizia mortuaria, siccome è direttamente la legge statale a conferire al Comune, sia con il Cod. Civile, sia con il T.U.LL.SS, questa importante funzione: essa allora può esser esercitata solo previa approvazione di uno specifico regolamento.

Il regolamento di polizia mortuaria è classificato fra i regolamenti esecutivi o di attuazione, secondo un certo orientamento accademico.
Per la dottrina i regolamenti comunali hanno la natura di regolamenti liberi ossia di norme primarie di secondo grado detti regolamenti delegati. (S. ROSA, Cimitero, in Enc. dir., VI, 1960, 997).
Essi possono modificare, in relazione alle condizioni locali, le norme generali.
In caso contrario si deve ritenere che la potestà regolamentare comunale sia praticamente nulla.
La materia è, infatti, regolata minuziosamente dal t.u. leggi sanitarie e dal regolamento statale di polizia mortuaria ed ora anche dalle Leggi Regionali.

Il regolamento trova applicazione nell’ambito di una materia sottoposta a riserva assoluta di legge, sia statale sia regionale, poiché pur sempre attiene alla potestà legislativa tra Stato centrale e Regioni.
Esso ha il compito di attuare, specificare e a volte integrare il precetto contenuto nella norma di carattere primario cui esso è comunque è subordinato.
Tale normativa ha il fine precipuo di puntualizzare e rendere operativa, in un particolare distretto territoriale la disposizione di carattere generale.
Nel sistema delle fonti il regolamento comunale si trova in una posizione subordinata alle leggi dello Stato e allo statuto comunale (R. GALLI, Corso di diritto amministrativo 1996, 35).

Nella tassonomia del diritto italiano la disposizione regolamentare non può essere in contrasto con le disposizioni statutarie; in caso di antinomia fra una disposizione dello statuto comunale ed una disposizione contenuta in un regolamento dello stesso comune, occorre dare prevalenza alla disposizione statutaria e disapplicare quella regolamentare (Cons. St., sez. V, 25 gennaio 2005, n. 148, in Riv. corte conti, 2005, 1, 302).
La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4 disp. prel. c.c.
La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è venuta a trovarsi in contrasto con la disposizione di cui all’art. 92, D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.

Nella normativa statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate anteriormente al D.P.R. n. 803 del 1975, l’esercizio del potere di revoca nell’interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti: il superamento di 50 anni dall’ultima tumulazione e la grave insufficienza del cimitero.
Qui si rileverebbe, invece, una certa autonomia gestionale da parte del sempre più centrale regolamento comunale di polizia mortuaria nell’attivare l’iter per la revoca delle concessioni (motivo superiore di pubblica utilità) secondo gli istituti del diritto amministrativo che traggono fondamento dalla rispettiva L. 241/1990
Entrambe le condizioni devono concorrere per la legittimità del provvedimento di revoca, solo secondo il dettato del D.P.R. n. 285/1990, è ciò renderebbe una “MISSION IMPOSSIBLE” il governo del cimitero, soprattutto in casi di grave emergenza, magari di saturazione degli spazi da adibire a sepolture.
La decadenza viene consentita rispetto all’inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario da precisare con l’atto di concessione o con la convenzione che sovente l’accompagna. Essa ha effetto dichiarativo, e non costitutivo.

Con l’entrata in vigore del D.P.R. n. 803 del 1975, debbono ritenersi abrogate in parte qua le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione ogni trentennio e deve, pertanto, ritenersi illegittimo il provvedimento di decadenza fondato sulla persistenza della vigenza di tali disposizioni comunali. (Cons. St., sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505, in Com. It., 2002, 1682).
La giurisprudenza si è posta il problema della legittimità delle norme del regolamento comunale che limitano il diritto di sepoltura ai soggetti morti o residenti nel comune.
Alla domanda è stata data risposta affermativa.

È stato, pertanto, dichiarato legittimo il regolamento di polizia mortuaria che limita la sepoltura nel cimitero comunale solo a coloro che sono morti nel territorio del Comune o che, all’atto del decesso, erano residenti nel Comune stesso (T.A.R. Campania Napoli, 3 settembre 1997, n. 2262, in T.A.R., 1997, I, 4063).
Secondo alcune opinioni nel dibattito giuridico, del tutto minoritarie le conclusioni di tale teoria apparirebbero aberranti poiché in tal caso si negherebbe un diritto ai componenti di una stessa famiglia di riposare insieme nello stesso cimitero.
Ogni decisione, tuttavia, andrebbe contestualizzata, in quanto ad es. l’art. 50 D.P.R. n. 285/1990 contiene criteri minimi, e per questo da garantire sempre, sull’accoglimento dei feretri in cimitero, nel regolamento governativo, infatti, spesso il Legislatore affida al Comune molti doveri inderogabili, ma quasi altrettante facoltà, da esplicarsi con la discrezionalità tutta politica insita nel buon governo del camposanto.

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