Le cause estintive delle concessioni cimiteriali: l’ABBANDONO AMMINISTRATIVO.

Si consiglia preliminarmente la consultazione di questi due link propedeutici all’argomento sviluppato qui di seguito:
(https://www.funerali.org/cimiteri/le-cause-estintive-nel-rapporto-concessorio-il-fattore-temporale-46074.html).
(https://www.funerali.org/cimiteri/lo-stato-di-abbandono-del-sepolcri-percorsi-giurisprudenziali-e-regolamentari-di-definzione-45924.html)

171353325-85586a64-166a-4475-8c4c-09b6587d7ecc
L’art. 4 comma 4 del regolamento regionale emiliano-romagnolo 23 maggio 2006 n. 4 ci offre lo spunto per qualche riflessione critica e… “di sistema”, questa disposizione, difatti, è sicuramente implementabile anche in altre realtà territoriali, pure recependola nella semplice regolamentazione comunale, nelle more, dunque, di una specifica normazione regionale in materia funeraria.

Con esso, infatti, si introduce, con precisione quasi chirurgica, una soluzione al problema della perpetuità (o della lunga, quasi eccessiva, durata) delle concessioni cimiteriali. Difatti viene definito come l'”abbandono amministrativo” di una tomba quello stato di fatto che è determinato dall’essere trascorso almeno un ventennio dalla data della morte (e non di sepoltura in quel particolare sepolcro) dell’ultimo concessionario avente diritto.

Tale situazione configura la concreta possibilità per il Comune di pronunciare la decadenza (o l’estinzione? Figura giuridica concettualmente diversa ma che conduce ai medesimi esiti, con il Comune che rientra in possesso dell’edificio funerario) della concessione e conseguentemente il recupero ed il riutilizzo del manufatto per nuove sepolture.

Il regolamento comunale delineerà le procedure, nel dettaglio, per la traslazione di cadaveri, resti mortali, ceneri ed ossa in sepoltura comunale (che può anche essere individuata in campo comune, ossario e cinerario comune).

La questione è di grande rilevanza per le notevoli implicazioni che ne derivano, tra le quali una finalmente chiara normativa regolamentare comunale per individuare il concessionario avente diritto (originario o quelli avvicendatisi nella titolarità per effetto di subentro o successione mortis causa legittima o testamentaria). Le concessioni perpetue, notoriamente, non sono soggette ad atti ablativi ex art. 92 comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (https://www.funerali.org/cimiteri/la-revoca-delle-concessioni-330.html).

Dobbiamo sempre rammentare e ribadire la radicale differenza tra la caducazione del rapporto concessorio ed estinzione della famiglia, l’ultima ipotesi nasce dallo spirare della funzione per esaurimento dei soggetti destinatari di essa.

Si ha la scomparsa della famiglia, con rinvio al criterio meramente cronologico del decorso di 20 anni dalla morte (si badi, non dalla sepoltura) dell’ultimo concessionario avente diritto, cioè anche quando tale persona sia stata collocata in altro sepolcro.

Si tratta di un elemento essenziale da conoscere, in quanto l’ultimo concessionario avente diritto, potrebbe lasciare persone ancora in vita che siano prive della qualità di concessionario (https://www.funerali.org/cimiteri/voltura-della-concessione-disgiunta-dallo-jus-sepulchri-i-possibili-effetti-distorsivi-rispetto-al-normale-sigificato-di-cessione-di-un-diritto-reale-48121.html), ma detengano ancora diritti personali di jus sepulchri passivo; così il compimento del termine ultimo travolge anche il loro diritto di sepolcro, quale diritto (nei fatti, mera aspettativa legittima) personale.

Qui si riafferma con grande evidenza il dilemma annoso circa la posizione del concessionario, degli istituti regolatori di un qualche subentro (https://www.funerali.org/cimiteri/la-morte-del-concessionario-e-listututo-del-subentro-7523.html), della “qualità” dello stesso, che vanno affrontati e risolti all’interno del Regolamento comunale di polizia mortuaria, quest’ultimo, sempre di più, assume la veste di strumento fondamentale per ogni programmazione di buon governo cimiteriale, ma anche per la tutela dei diritti dei concessionari.

Pur in presenza di questa dirimente centralità del Regolamento comunale di polizia mortuaria, uno schema di riforma statale del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (che, come già indicato, è stato poi abbandonato, per impulsi di vario ordine, nei primi anni del 2000) avrebbe individuato tra soggetti aventi diritto le persone fisiche che per successione legittima o testamentaria fossero state titolari di una quota di concessione.

Si trattava, forse, di un’impostazione che si appoggiava sulla visione ereditaria, sostanzialmente abbastanza “patrimonialistica”, e dunque anacronistica, del sepolcro, inteso come “oggetto” attorno a cui ruotano suprattutto diritti reali (e non anche personalissimi), concezione che, come largamente noto, interviene e si reifica solo quando il sepolcro privato abbia assunto carattere ereditario, rispetto a quello familiare originario.

In effetti, storicamente, i sepolcri privati nascono come tombe familiari, per le quali la titolarità della concessione e gli jura sepulchri da essa scaturenti sono disciplinati dall’atto di concessione e dal Regolamento comunale di polizia mortuaria.

Il sepolcro familiare cessa di essere tale, smarrendo, così, la sua primitiva natura, quando vengano ad esaurirsi i prefati soggetti appartenenti ad un nucleo famigliare,e si tramuta in ereditario, se vi siano eredi, ma non più persone facenti parte dlla famiglia del concessionario, fondatore del sepolcro (o, comunque, di persona (o persone) avente/i la qualificazione di concessionario) (cfr.: da ultimo: Consiglio di Stato, sez. 5^, sent. n. 1081 del 16 marzo 2016, nonché ex plurimis almeno a partire da Corte di Cassazione, Sez. 2^ civ., sent. n. 5015 del 29 maggio 1990, omettendosi, per ragioni di brevità l’ampia, e sostanzialmente uniforme, ed ormai consolidata serie di pronunce, tanto da parte della giustizia civile quanto da quella amministrativa).

Assodata ed individuata tale qualità di fondatore primigenio del sacello gentilizio, la trasmissione dei diritti, dei doveri e degli atti di gestione connessi alla concessione ed al suo uso, a questo punto, dovrebbe seguire le comuni regole di successione per il trapasso del patrimonio, e costituirebbe una limite che rischierebbe di rendere difficilmente esperibile, o addirittura di inficiare, la soluzione dell’abbandono amministrativo, siccome bisognerebbe preventivamente sincerarsi del venir meno della famiglia, in tutti i suoi rami, attraverso complesse ricerche anagrafiche la transizione, o trasformazione, del sepolcro da famigliare (gentilizio) in ereditario e, quindi, l’assenza di eredi di quota di concessione, anche solo a fine di obbligazione manutentiva ex art. 63 D.P.R. n. 285/1990 (https://www.funerali.org/cimiteri/la-manutenzione-dei-sepolcri-ex-art-63-dpr-n2851990-927.html) (a prescindere dall’eventuale titolarità dello jus sepulchri o del fatto che sussistano soggetti i quali ne dispongano senza, per questo, essere diretti eredi del concessionario https://www.funerali.org/cimiteri/eredi-o-discendenti-283.html).

Su questa sciarada potrebbe pure innestarsi una variabile subordinata ed “impazzita”, ad esempio: in un sepolcro ereditario, o divenuto tale, i relativi diritti possono essere oggetto di devoluzione testamentaria?

Una plausibile risposta si rinviene nelle considerazioni qui immediatamente precedenti, in questo senso: se un sepolcro è ereditario (e ciò potrebbe aversi sia fin dal suo sorgere, sia per trasformazione da sepolcro familiare in sepolcro ereditario, a seguito dell’estinzione della famiglia) il suo assetto giuridico si adegua alle comuni norme del diritto successorio,, inclusa quella testamentaria.

Per stabilire con certezza il dante causa (de cuius) ancora una volta si dovrà fare riferimento all’atto di concessione e al Regolamento comunale di polizia mortuaria, verificando anche la particolare declinazione attribuita all’istituto del subentro e gli altri aspetti che tale previsione comporta siano valutati attentamente.

Mentre L’accesso, seppur astrattamente, alla logica del sepolcro ereditario avrebbe provocato non poche noie interpretative per i sepolcri privati di carattere familiare, questo parametro normativo, tuttavia, sarebbe risultato, comunque, ed a maggior ragione, pressoché inapplicabile nel caso di sepolcri privati in concessione ad enti, poiché per essi la “successione” interviene con modalità del tutto diverse rispetto alle persone fisiche e, spesso, neppure è ipotizzabile, pervenendosi immediatamente allo scioglimento dell’ente, senza alcuna “subentro nella titolarità di diritti,” in senso proprio, al più, forse, si contemplano particolari forme, di diritto squisitamente privato, per la devoluzione del patrimonio dell’ente sciolto od estinto.

L’estinzione comporta, ad ogni modo, l’acquisizione delle opere e delle aree da parte del comune, senza alcuna forma di ristoro, questa affermazione apodittica discende anche da siffatta considerazione: essa comporta necessariamente che non vi siano soggetti potenzialmente destinatari di un risarcimento (tranne il caso dell’estinzione dichiarata in correlazione alla soppressione del cimitero che ha una sua propria regolamentazione in relazione a questa fattispecie, la quale, altrettanto esclude tassativamente l’eventuale indennizzo, forse concepibile in caso di rinuncia alla concessione https://www.funerali.org/cimiteri/la-rinuncia-nelle-concessioni-cimiteriali-modi-forma-e-natura-dellatto-45953.html).

Poiché l’estinzione è prima di tutto un evento, un fatto giuridico, che esula da ogni volontà, anche per essa trovano piena operatività le indicazioni fornite circa la decadenza, sulla sua natura meramente dichiarativa degli atti con cui è riconosciuta (https://www.funerali.org/cimiteri/atti-ablativi-sulle-concessioni-cimiteriali-e-principio-di-pubblicita-del-procedimento-ex-artt-7-8-e-21-bis-legge-n-2411990-46199.html) e sulla sua obbligatorietà, come sugli effetti, ex art. 93 D.Lgs n. 267/2000, in caso di ritardo od omissione nella dichiarazione di decadenza (https://www.funerali.org/cimiteri/la-decadenza-delle-concessioni-cimiteriali-915.html).

 

Nota dell’autore: si ringrazia per la preziosa consulenza il Dr. Sereno Scolaro , (senza il suo aiuto questo breve saggio non avrebbe mai visto la luce!)

Written by:

Carlo Ballotta

781 Posts

View All Posts
Follow Me :

2 thoughts on “Le cause estintive delle concessioni cimiteriali: l’ABBANDONO AMMINISTRATIVO.

  1. Le cappelle funerarie in uso alle confraternite rientrano tra i sepolcri privati nei cimiteri in concessione ad un ente, in quanto le confraternite sono, generalmente, enti ecclesiastici (quali, oggi, regolati dalla legge 20 maggio 1985, n. 222, a seguito delle modifiche al Concordato ed ai Patti Lateranensi di cui all’Accordo firmato a Villa Madama il 18.2.1984). In quanto tali il potere di rappresentanza dell’ente spetta a chi ne abbia la rappresentanza legale (ci si scusi per la apparente ripetizione dei termini) cioè spesso il priore o altro soggetto individuato sulla base dell’atto costitutivo dell’ente ed è unicamente tale soggetto che ha titolo a compiere atti giuridici in nome e per conto dell’ente ecclesiastico. Nel caso di avvenuta soppressione o scioglimento dell’ente, la rappresentanza può essere individuata nel soggetto che sia subentrato all’ente soppresso o sciolto e, quindi probabilmente, l’autorità ecclesiastica diocesana. La soppressione deve risultare da atto autentico, così come deve essere venuto meno il riconoscimento oppure preso atto della soppressione o scioglimento dall’autorità civile, sulla base delle norme, citate, che regolano i rapporti degli enti ecclesiastici nei confronti delle autorità civili. Nell’ipotesi, come sembrerebbe anche se non risulta sia stata data prova di ciò, di scioglimento o soppressione dell’ente con contestuale subentro dell’autorità ecclesiastica diocesana nei rapporti attivi e passivi facenti capo all’ente, la rinuncia dell’ordinario diocesano potrebbe configurarsi come rinuncia, di cui il comune si limita a prendere atto, secondo le competenze esclusive di cui agli artt. 107 e seguenti D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Fermo restando che gli obblighi di manutenzione gravano sul soggetto titolare della cappella fino al momento in cui non sia stato preso atto della rinuncia, la rinuncia produce il trasferimento della titolarità del manufatto sepolcrale al comune, che ne può disporre per l’assolvimento della funzione cimiteriale, anche provvedendo, in conformità a quanto previsto dal piano regolatore cimiteriale, alla concessione del manufatto a terzi, concessione dell’area ed eventualmente del manufatto, una volta ripristinato, che viene regolata dal vigente regolamento comunale di polizia mortuaria. Gli oneri per assicurare l’ulteriore sepoltura delle salme, o dei resti, tumulate, per gli eventuali trasferimenti necessari per il loro trasferimento in altra sepoltura a seguito della rinuncia, così come le comunicazioni ai familiari ed ogni altra attività ed intervento che si renda necessario per liberare la cappella funeraria rinunciata, sono integralmente a carico del soggetto titolare o, già titolare della cappella funeraria. La presa d’atto della rinuncia potrà essere adottata una volta che il soggetto titolare, ed obbligato, abbia provveduto all’integrale sgombero del manufatto.

  2. Come parroco, sono il referente ultimo della confraternita sottocitata, concessionaria di una cappella al cimitero. Qualora dovesse essere soppressa la confraternita, come ci si regola con la concessione? Ognuno diventa semplicemente concessionario del singolo loculo acquisito? Ci sono altre cose ed elementi di cui tenere conto?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Scopri di più da funerali.org

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading