La sostenibilità ambientale nel settore cimiteriale: la soluzione verde della tumulazione aerata in uno studio – 1/2

Il problema della mancanza di spazi per le sepolture nei cimiteri è ormai diffuso in molti Paesi, sia per l’aumento della popolazione mondiale ormai vicina agli otto miliardi, sia per la diminuzione della quantità di terra disponibile per le sepolture, soprattutto in Paesi piccoli e densamente popolati.
L’emergenza negli spazi cimiteriali determina anche difficoltà gestionali, aggravate sia dal sistema di sepoltura dominante in Italia – quello a tumulazione stagna, con le metodologie attualmente impiegate – ma anche dalla durata stessa, molto elevata, delle concessioni dei manufatti cimiteriali.
Il tempo di decomposizione dei più comuni metodi di sepoltura tradizionali è generalmente molto lento ed un corpo arriva anche ad impiegare diversi decenni per decomporsi.
Inoltre, va considerato che l’intero processo di trattamento dei cadaveri, dall’autopsia alla sepoltura, alla cremazione o allo smaltimento finale dei “resti mortali” se cremati, presenta anche aspetti di potenziali contaminazioni dell’ambiente.
I frammenti di legno e di metallo delle bare, permanendo nel terreno, rilasciano sostanze chimiche nocive attraverso vernici, additivi conservanti e antiputrefattivi o leghe.
Ciò può indurre cambiamenti nei componenti microbiologici del suolo e delle acque sotterranee e aumentare la concentrazione di metalli pesanti e inquinanti organici tossici.
La stessa pratica di cremazione, sempre più diffusa, presenta degli inquinanti, derivanti dalle emissioni dei crematori, nei composti (PCDD/F e mercurio) e altri come NOx, CO, SO2, IPA, ecc., ancora oggetto di studi ed approfondimenti.
In Italia la normativa nazionale del settore prevede che le più diffuse sepolture a sistema di tumulazione debbano essere di tipo stagno, cioè impermeabili ai liquidi e ai gas. E ciò rallenta fortemente, fino a bloccare in alcuni casi, la decomposizione del cadavere con conseguenti effetti nocivi di lunga durata sull’ambiente.
Ma anche l’inumazione, quando il suolo o il livello della falda non sono idonei, presenta ritardi nella decomposizione dei cadaveri, anche se in rapporto di almeno 1:5 rispetto alla tumulazione stagna.
La scelta più sostenibile dal punto di vista ambientale è pertanto riconducibile a ciò che può permettere al corpo di decomporsi e scheletrizzarsi, il più rapidamente possibile, in pochi anni.
Il processo di decomposizione è influenzato da numerosi fattori, quali l’umidità, il tipo di sepoltura o pratica funebre scelta (inumazione, tumulazione e cremazione), l’accesso agli insetti necrofagi (insetti e artropodi), dagli scavatori agli scarificatori che consumano l’animale morto e il materiale vegetale, fino ai decompositori che completano questo processo.
Nella continua e variegata ricerca di soluzioni di sepoltura innovative, una “soluzione verde” potrebbe essere rappresentata dalla sistemazione dei cadaveri in una tomba, chiamata “sepoltura aerata”.
La sepoltura aerata prevede – all’interno dei loculi di una tomba – una lenta circolazione dell’aria, prodotta sia da sistemi naturali che artificiali, che permette ai batteri, coinvolti nel processo di decomposizione, di lavorare in un ambiente aerobico, accelerando così il naturale processo di scheletrizzazione.
In questo tipo di tumulazione non è previsto l’uso di una bara di zinco o di rivestimenti interni impermeabili, proprio per consentire all’aria di raggiungere il cadavere, facilitando l’evacuazione dei liquami cadaverici solitamente tramite raccolta in una vasca posta sotto la bara, dotata al suo interno di prodotti assorbenti biodegradanti.
Inoltre, all’interno della bara, vengono utilizzate soluzioni temporanee di raccolta dei liquidi per garantirne l’impermeabilità.
Il meccanismo favorente la scheletrizzazione si presenta come il combinato disposto di diversi elementi, quali la presenza di ossigeno nel tempo che, producendo condizioni aerobiche all’interno del tumulo, accelera i processi di decomposizione o l’evacuazione dei liquami cadaverici dall’interno del feretro, per eliminare la stagnazione della parte del cadavere a contatto con la notevole quantità di liquidi cadaverici e per ridurre così i fenomeni contrari alla decomposizione.
In Europa diversi Paesi hanno già consentito l’uso di tombe aerate nei cimiteri, in primis la Francia e la Spagna, mentre in Italia sono soprattutto le regioni del Nord quelle interessate.
Un interessante studio (*), realizzato a fine 2016 in un cimitero della città di Ferrara, ha condotto una specifica sperimentazione sulla circolazione d’aria con sistemi naturali, basata su una debole ventilazione per espandere e ridurre il volume dei gas all’interno della tomba, con la variazione di temperatura tra giorno e notte e la radiazione solare all’esterno, inducendo i gas interni a fuoriuscire dalla tomba, passando prima dentro un filtro con specifiche caratteristiche.
L’arco temporale di sperimentazione è stato pari a 60 mesi ed effettuato su otto loculi prefabbricati, disposti su due piani.


(*) Studio originato da protocollo di intesa tra Ferrara TUA spa e Euroact Web srl con il concorso di AUSL Ferrara, Unità operativa Igiene Pubblica AUSL Ferrara, Unità operativa Attività Veterinarie IZSLER, Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna Università di Ferrara, Istituto di medicina legale e delle assicurazioni
Elenco dei co-autori:
– Dr. Paolo Bonilauri, IZSLER – Sede di Reggio Emilia
– Dr. Francesco Defilippo, IZSLER – Sede di Brescia
– Dr.ssa Annalisa Grisendi, IZSLER – Sede di Reggio Emilia
– Dr.ssa Martina Munari, IZSLER – Sede di Ferrara
– Dr. Silva Rubini, IZSLER – Sede di Ferrara
– Ing. Dario Bernardi, Euroact WEB srl
– Ing. Daniele Fogli, Euroact WEB srl
– Dr. Paolo Frisoni, Medico legale, AUSL Ferrara, Istituto di Medicina legale e delle assicurazioni dell’Università degli studi di Ferrara
– Prof.ssa Rosa Maria Gaudio, Docente, Istituto di Medicina legale e delle assicurazioni dell’Università degli studi di Ferrara.

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One thought on “La sostenibilità ambientale nel settore cimiteriale: la soluzione verde della tumulazione aerata in uno studio – 1/2

  1. In attesa della II parte di questo articolo, in calendario nei prossimi giorni, dove forse molti miei dubbi potranno esser fugati, vorrei render pubbliche alcune riflessioni basate su un mero dato empirico, dovuto alle mie risapute ed insane frequentazioni cimiteriali.

    Ora: non vorrei che il processo ossidativo sulla salma, innescato dal ricircolo dell’aria (naturale o forzato?) all’interno del loculo, se troppo accelerato provocasse una certa spontanea tendenza del cadavere alla naturale mummificazione. Fenomeno del post mortem, quest’ultima, di tipo trasformativo-conservativo, -potremmo dire – intermedio rispetto alla completa distruzione dei tessuti organici molli o al loro, per converso, mantenimento in un tempo indefinito, o comunque, ben oltre il periodo legale di sepoltura. Come abbiamo letto, i liquidi della decomposizione dovrebbero esser evacuati al di sotto della schiena e raccolti in apposita vaschetta di contenimento, perchè non abbiano a disperdersi in ambiente esterno, producendo gli stessi inconvenienti della tumulazione stagna (scoppio del feretro). Se però il dorso della salma resta a lungo a contatto con gli stessi fluidi corporei rilasciati c’è il rischio concreto della saponificazione, magari anche solo limitata alle zone di prolungato contatto. In ogni caso la presenza residua di parti molli o tegumenti essiccati renderebbe impossibile l’immediata raccolta ossa. Bisognerebbe quindi procurarsi di creare una sorta di intercapedine stabile (in modo meno aulico: infilare sotto l’imbottitura della bara uno spessore di materiale leggero e traforato, sufficientemente resistente per reggere il peso del cadavere) cosicché – appunto – la schiena rimanga sollevata dal piano di posa ed i liquami putrefattivi non ristagnino attorno ad essa, ma siano liberi di defluire, per gravità verso il basso, attuando così la stessa liscilviazione cadaverica che si avrebbe nel terreno o in altro micro-ambiente “controllato”. L’operazione sarebbe anche fattibile, al momento mi parrebbe solo un po’macchinosa almeno per certi colleghi necrofori molto tradizionalisti nella preparazione dei cofani mortuari. Da profano, quindi, mi pongo dei problemi, fors’anche speciosi, ma pur sempre plausibili. Se all’atto dell’estumulazione si dovessero rinvenire non semplice ossame, ma resti mortali con un’incidenza importante il rimedio sarebbe comunque la loro diretta cremazione, passaggio ineludibile e definitivo per la vera mineralizzazione dei corpi che, però, il loculo areato si sarebbe proposto di evitare, rendendola sin anche superflua. Il vantaggio innegabile sarebbe, ad ogni modo, una maggior rotazione dei posti salma disponibili, vista la durata inferiore della concessione. Sulla perfetta scheletrizzazione ottenuta in tempi ragionevolissimi, dopo tutto, continuo a nutrire qualche piccola perplessità, anche perchè la fattispecie medico-legale del resto mortale è conosciuta anche pure dalla polizia mortuaria di altre esperienze nazionali, non per forza sempre europee. Insomma laddove sia diffusa, in qualunque sua forma, la pratica funebre della tumulazione (persino Oltreoceano!) la criticità degli “indecomposti”, pare esser ancora una difficoltà gestionale non del tutto risolta, né forse ancoraappieno compresa. Sarei lietissimo di esser smentito e sconfessato in questo mio astrologare speculativo da fatti e dati che ci sarranno senz’altro esposti nelle prossime giornate.

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