Concessioni cimiteriali perpetue: stanno modificandosi gli orientamenti della giurisprudenza?

Dopo che la giurisprudenza ordinaria, in primis quella di legittimità (Corte di Cassazione) per diverso tempo ha aderito all’impostazione per la quale le concessioni cimiteriali, specie quando aventi a proprio oggetto porzione di area cimiteriale, al fine della costruzione, da parte del soggetto concessionario, di un manufatto sepolcrale a sistema di tumulazione, ritenendo che con la concessione venisse a sorgere un diritto reale, assimilabile al diritto di superficie e, soprattutto, che esse, quando sorte prima dell’entrata in vigore del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 (avvenuta, come noto, il 10/2/1976) seguissero il regime loro proprio quale operante al momento del sorgere della concessione cimiteriale, impostazione che comportava una sorta di persistenza delle disposizioni dell’art. 71 R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880 (o delle norme ad esso corrispondenti nella normativa antecedente), dapprima alcuni T.A.R. (ma anche il Consiglio di Stato) hanno iniziato a mettere in dubbio questa impostazione.
Si tratta, ex plurimis: Consiglio di Stato, Sez. V^, 27 settembre 1960, n. 690; Consiglio di Stato, Sez. V^, 24 novembre 1964, n. 1447; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, 25 novembre 1993, n. 616; Corte di Cassazione, Sez. Un. Civ., 27 luglio 1988, n. 4760: Corte di Cassazione, Sez. III^ Civ., 15 settembre 1997, n. 9190; Consiglio di Stato, Sez. V^, 8 ottobre 2002, n. 5316: T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II^, 14 gennaio 2009, n. 138; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III^, 5 agosto 2010, n. 9197; Consiglio di Stato, Sez. V^, 8 febbraio 2011, n. 842; T.A.R. Sardegna, Sez. II^, 28 ottobre 2013, n. 679, propendendosi, da alcuni anni, a considerare come concessioni cimiteriali caratterizzate da un’assenza di un termine finale contrasti con la natura demaniale propria delle concessioni cimiteriali, demanialità che, per definizione, esclude sia l’alienabilità, sia l’usucapibilità dei beni, per cui l’assenza di un limite temporale rischia di occultare un’inammissibile alienazione: in particolare possono richiamarsi: (ex plurimis: Consiglio di Stato, Sez. V^, 28 maggio 2001, n. 2884; Consiglio di Stato, Sez. V^, 11 ottobre 2002, n. 5505; T.A.R. Veneto, Sez. III^, 11 dicembre 2007, n. 3940; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II^, 14 gennaio 2009, n. 138; T.A.R. Basilicata, Sez. I^, 26 luglio 2010, n. 531; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II^, 3 maggio 2011, n. 812; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II^, ’8 gennaio 2012, n. 70; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III^, dicembre 2013, n. 2341; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II^, 31 gennaio 2014, n. 289; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III^, 12 agosto 2014, n. 2175; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III^, 7 novembre 2014, n. 3732; Consiglio di Stato, Sez. V^, 10 febbraio 2015, n. 683; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III^, 22 gennaio 2016, n. 187; inoltre merita cenno la pronuncia del T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II^, 8 aprile 2016, n. 966, con la quale si considera, non solo l’ammissibilità di una revoca delle concessioni cimiteriali perpetue, ma anche in quanto la concessione perpetua imporrebbe un vincolo per l’amministrazione eccessivo che va espressamente definito, alla luce anche del tradizionale sfavore che l’ordinamento nel suo complesso dimostra per i vincoli perpetui, e – soprattutto – che, in mancanza di una chiara prova fornita dalla parte, la concessione rilasciata originariamente non può interpretarsi come perpetua, dovendo emerge elementi chiari univoci in tal senso e, nel dubbio, non può che interpretarsi la concessione come limitata nel tempo (in qualche modo introducendo una presunzione di temporaneità).
A ciò merita di doversi fare riferimento alla pronuncia del T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 29 aprile 2019, n. 299, con cui, tra le altre considerazioni, si è fatta distinzione tra il <u>diritto al sepolcro</u>, considerandolo, secondo diffusa giurisprudenza (cfr. : ex multis</i> Cons. St. sez. V, 27.10.14 n. 5296; T.A.R. Campania, Napoli sez. VII, 14.10.13 n. 4589), quale diritto ad essere seppellito, ovvero a seppellire altri in un determinato sepolcro che può essere ereditario o familiare (o gentilizio), rispetto al  diritto sul sepolcro consistente nei diritto sul manufatto che accoglie i feretri. Non solo, ma ancora più recentemente, vanno considerate le pronunce del Consiglio di Stato, Sez. IV^, 8 maggio 2019, n. 2947 e T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII^ 9 maggio 2019, n. 2482, per le quali, per giurisprudenza costante, “<i>Il diritto spettante al titolare di concessione cimiteriale ad essere tumulato nel sepolcro si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi con la conseguenza che nei rapporti tra privati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento, garantendo al concessionario ampi poteri di godimento del bene. Nel caso in cui il diritto di godimento del bene riguardi un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri costituisce, nei confronti della pubblica amministrazione concedente, un diritto affievolito in senso stretto, soggiacendo ai poteri regolativi e conformativi di stampo pubblicistico e conseguentemente non preclude l’esercizio dei poteri autoritativi da parte della Pubblica amministrazione concedente (quali (e.g.) prevedere, in sede di Regolamento comunale di Polizia Mortuaria, un divieto di cessione del sepolcro, anche se sorto prima dell’entrata in vigore del d.P.R. 21/10/1975, n. 803), cosicché sono configurabili interessi legittimi quando sono emanati atti di autotutela, atteso che dalla demanialità del bene discende l’intrinseca cedevolezza del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su un bene pubblico. In questa prospettiva, infatti, dalla demanialità del bene discende l’intrinseca cedevolezza del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 12/03/2018, n. 1554). Dunque, è vero che va distinto dal diritto reale, assimilabile al diritto di superficie, lo ius sepulchri, vale a dire il diritto di essere tumulato all’interno della sepoltura edificata; ma tale diritto, necessariamente di natura personale, se avente ad oggetto sepolcro di natura gentilizia o familiare, sorge in forza della concessione amministrativa e in coerenza con le disposizioni dei regolamenti comunali che regolano la materia, contestualmente in capo al concessionario (c.d. fondatore) e ai suoi familiari iure proprio e iure sanguinis (cfr.: Cons. Stato, Sez. V^. 23 dicembre 2013, n. 6198; Cass. Sez. II^ civ., 29 gennaio 2007, n. 1789). In altre parole, se è vero che lo ius sepulchri va tenuto distinto dal diritto reale, è altrettanto vero che tale diritto non è liberamente cedibile a terzi: ciò è confermato dall’art. 92, comma 4 d.P.R. 10/9/1990, n. 285, ai sensi del quale “Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o di speculazione.”; nonché dall’art. 93 dello stesso d.P.R., ai sensi del quale “Il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari; di quelle concesse ad enti è riservato alle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall’atto di concessione. In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro.” Il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è dunque riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari e non è liberamente cedibile a terzi, proprio per evitare operazioni speculative. Il trasferimento dello ius sepulchri  deve essere preventivamente valutato dall’amministrazione concedente in capo alla quale preesiste il diritto sul bene, in base al criterio dell’intuitu personae, al fine di garantire gli interessi dell’ordine pubblico all’igiene e sanità e al rispetto delle norme urbanistiche.
Sembra che sia in corso l’elaborazione di criteri ermeneutici che non solo portano a dover distinguere tra gli effetti, per così dire “patrimoniali” sulla natura del sepolcro (manufatto), rispetto a quelli “personali” (appartenenza alla famiglia), sull’uso del sepolcro stesso, ma, altresì, a considerare lo ius sepulchri inteso come modalità di esercizio del diritto da valutare “nel presente” e, quindi, secondo la normativa generale attualmente in vigore.

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Sereno Scolaro

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2 thoughts on “Concessioni cimiteriali perpetue: stanno modificandosi gli orientamenti della giurisprudenza?

  1. X Roberto,
    una prima risposta standard a quesiti simili al Suo, è reperibile a questo link interno al sito:
    https://www.funerali.org/cimiteri/e-se-manca-latto-di-concessione-quali-le-possibili-conseguenze-48629.html.

    Se dovessero sussistere ulteriori problemi o necessità di più approfondite delucidazioni, non esiti a ri-contattarci, sempre in questa sede, ponendo, dopo un primo inquadramento della fattispecie, una domanda più circostanziata e specifica, magari sul piano procedurale ed amministrativo. Come ultima pre-osservazione (confidando, così, di instaurare con Lei un proficuo carteggio su queste pagine web) ricordo solo che l’allora vigente R.D. n. 1880/1942, abrogato il 10 febbraio 1976, con l’avvento, appunto, del D.P.R. n.803/1975, avrebbe previsto sepolture private nei cimiteri tanto a tempo determinato, quanto in regime di perpetuità. Quest’ultima fu vietata proprio con il D.P.R. n. 803/1975. Quindi non è sempre scontato ritenere eterne le concessioni molto risalenti nel tempo, solo perchè sorte ante D.P.R. n. 803/1975.

  2. Mia suocera ha acquistato un loculo biposto “perpetuo” e pagato nel gennaio 1975, prima de l’entrata in vigore dell DPR 803 del 21/10/1975. Sulle ricevute di pagamento in mio possesso (rilasciate dall’esattoria comunale) è chiara la dicitura “PERPETUO”.
    Non trovando l’atto di assegnazione mi sono rivolto al comune per averne copia. NON si trova copia, mi è stato proposto (ovviamente a mia moglie) di fare un contratto per 99 anni. All’interno del loculo vi sono mio suocera e mio suocero. Anche se il mio comune avesse modificato il regolamento cimiteriale, non ritengo sia nel giusto in quanto non ha custodito o redatto l’atto, mentre ha incassato il pagamento. In deroga si dovrebbe regolarizzare la posizione applicando il regolamento vigente al momento del pagamento del loculo. Penso sia una bassa speculazione dei comuni per rimpinguare le casse. Gradirei un vostro parere.

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